Sottomesso del capo. (Cap. 4) Il processo. Quarta parte.
di
Sebaservizio
genere
dominazione
Tremo come non mai. Il tono di queste ultime parole mi hanno spaventato tantissimo e tremo come una foglia. Sento solo paura e mi viene da piangere mentre mi spoglio delle uniche due cose che ho addosso. Non sento eccitazione per quello che non so cosa sta per succedere come gli altri giorni, ma solo paura. In un secondo sono pronto e resto in attesa del mio imminente destino.
Sento dei rumori provenire dalla casa ed è forte il voler sbirciare cosa sta succedendo ma resto fermo immobile, potrei pentirmi di quello che posso scoprire. Dopo un quarto d’ora si apre la porta e entra uno degli amici del capo. Si sono cambiati perché lui prima non indossava i pantaloni attillati in pelle, si avvicina a me: “Braccia avanti e palmi verso terra.”, eseguo e con uno scatto fulmineo mi mette delle manette che non avevo notato, per la troppa paura, che aveva in mano. Dopo le manette mi mette al collo una catena a mo’ di collare per cani e attacca con un moschettone un altro pezzo di catena che mi arriva alle caviglie, mi fa indossare delle cavigliere e le aggancia alla catena che penzola dal collo, cosi come le manette che ho ai polsi. “Ecco frocetto, ora sei uno schiavo in attesa di giudizio. Sappi che la corte che oggi ti giudicherà è la più crudele che tu possa immaginare, non vanno mai per il sottile. Ora entreremo e come ti è stato detto lascerai che il destino si prenda gioco di te.” Mi da uno spintone sulla schiena e mi spinge a camminare verso la porta. La stanza si è trasformata. Il tavolo ora si trova sul lato lungo con le porte finestre sullo sfondo, le sedie messe in fila un adi fianco all’altra. Di fronte un inginocchiatoio di legno. Vengo lasciato di fronte all’inginocchiatoio e il mio accompagnatore prende posto nella sedia rimasta vuota. Nella postazione di mezzo siede il capo con indosso pantaloni in pelle e una cinghia pettorale che metteva in mostra tutto il suo splendore. Sguardo serio e fulminante come sempre. Prende la parola il socio alla sua destra: “Signori, questa sera siamo qui per due motivi che a questa corte sono ben noti e che ora andiamo a informare anche l’oggetto che è qui di fronte a noi. Frocetto, il mio socio qui seduto alla mia sinistra ci ha convocato a seguito di alcune gravi mancanze che tu hai avuto verso di lui. Per cominciare il fatto che ti sei fatto trovare in ufficio con una cage castity nell’atto di pulirla e questo richiama una mancanza precedente, cioè, il fatto che tu non abbia detto al capo che sei uno schiavo e quindi hai nascosto la tua natura a lui. Di seguito hai lasciato che la persona, a cui eri stato lasciato, abusasse di te con altri prima che questo avvenisse da parte del capo. L’aggravante è che tu non lo abbia avvertito e che solo dopo che i fatti sono avvenuti tu sia uscito allo scoperto. Ora, chiesto un consulto a noi, abbiamo deliberato in prima battuta che la soluzione immediata, prima che le cose sfuggano completamente di mano, vadano ripristinate subito. Per questo chiedo alla corte se qualcuno ha da dire o aggiungere qualcosa.” E si risiede. Il silenzio e gli occhi dei sei sono penetranti e la paura cresce ancora di più. Questa volta però sento un lieve brivido di eccitazione che inizia a salire come sempre. il capo guarda i soci e visto che nessuno vuole prendere la parola fa un cenno ai due soci che sono seduti all’estremità del tavolo che si alzano e scompaiono dietro il muro che da verso la cucina. Dopo qualche secondo ritornano con una croce di sant’Andrea. Da dove è uscita? Mi viene e scoppio a piangere guardando il capo sulla cui faccia spunta un sorriso divertito e malefico. Un terzo socio prende da una borsa che è li vicino al tavolo una serie di fruste e frustini e li appoggia sul tavolo. Il capo si alza e prende il foglio che ha davanti a lui sul tavolo: “Oggi ventotto Luglio, questa corte penale, a seguito dei fatti raccontati e dalle prove raccolte, delibera e emette la sentenza di colpevolezza dell’imputato frocetto. La sentenza non prevede ricorso presso questa corte e nemmeno presso altra corte. La sentenza prevede una condanna con esecuzione immediata che prevede centoventi frustate su sedere e schiena dell’imputato frocetto cosi ripartite: venti colpi per ogni componente di questa corte che diventano boia esecutori per i venti colpi spettanti. Così è deciso. Si leghi l’imputato. Nudo e in preda al panico vengo legato alla croce di sant’Adrea che viene messa girata orizzontale. Il mio culo ora è in attesa della sua tortura. “Urla pure frocetto, tanto non ti sentirà nessuno!”
Sento dei rumori provenire dalla casa ed è forte il voler sbirciare cosa sta succedendo ma resto fermo immobile, potrei pentirmi di quello che posso scoprire. Dopo un quarto d’ora si apre la porta e entra uno degli amici del capo. Si sono cambiati perché lui prima non indossava i pantaloni attillati in pelle, si avvicina a me: “Braccia avanti e palmi verso terra.”, eseguo e con uno scatto fulmineo mi mette delle manette che non avevo notato, per la troppa paura, che aveva in mano. Dopo le manette mi mette al collo una catena a mo’ di collare per cani e attacca con un moschettone un altro pezzo di catena che mi arriva alle caviglie, mi fa indossare delle cavigliere e le aggancia alla catena che penzola dal collo, cosi come le manette che ho ai polsi. “Ecco frocetto, ora sei uno schiavo in attesa di giudizio. Sappi che la corte che oggi ti giudicherà è la più crudele che tu possa immaginare, non vanno mai per il sottile. Ora entreremo e come ti è stato detto lascerai che il destino si prenda gioco di te.” Mi da uno spintone sulla schiena e mi spinge a camminare verso la porta. La stanza si è trasformata. Il tavolo ora si trova sul lato lungo con le porte finestre sullo sfondo, le sedie messe in fila un adi fianco all’altra. Di fronte un inginocchiatoio di legno. Vengo lasciato di fronte all’inginocchiatoio e il mio accompagnatore prende posto nella sedia rimasta vuota. Nella postazione di mezzo siede il capo con indosso pantaloni in pelle e una cinghia pettorale che metteva in mostra tutto il suo splendore. Sguardo serio e fulminante come sempre. Prende la parola il socio alla sua destra: “Signori, questa sera siamo qui per due motivi che a questa corte sono ben noti e che ora andiamo a informare anche l’oggetto che è qui di fronte a noi. Frocetto, il mio socio qui seduto alla mia sinistra ci ha convocato a seguito di alcune gravi mancanze che tu hai avuto verso di lui. Per cominciare il fatto che ti sei fatto trovare in ufficio con una cage castity nell’atto di pulirla e questo richiama una mancanza precedente, cioè, il fatto che tu non abbia detto al capo che sei uno schiavo e quindi hai nascosto la tua natura a lui. Di seguito hai lasciato che la persona, a cui eri stato lasciato, abusasse di te con altri prima che questo avvenisse da parte del capo. L’aggravante è che tu non lo abbia avvertito e che solo dopo che i fatti sono avvenuti tu sia uscito allo scoperto. Ora, chiesto un consulto a noi, abbiamo deliberato in prima battuta che la soluzione immediata, prima che le cose sfuggano completamente di mano, vadano ripristinate subito. Per questo chiedo alla corte se qualcuno ha da dire o aggiungere qualcosa.” E si risiede. Il silenzio e gli occhi dei sei sono penetranti e la paura cresce ancora di più. Questa volta però sento un lieve brivido di eccitazione che inizia a salire come sempre. il capo guarda i soci e visto che nessuno vuole prendere la parola fa un cenno ai due soci che sono seduti all’estremità del tavolo che si alzano e scompaiono dietro il muro che da verso la cucina. Dopo qualche secondo ritornano con una croce di sant’Andrea. Da dove è uscita? Mi viene e scoppio a piangere guardando il capo sulla cui faccia spunta un sorriso divertito e malefico. Un terzo socio prende da una borsa che è li vicino al tavolo una serie di fruste e frustini e li appoggia sul tavolo. Il capo si alza e prende il foglio che ha davanti a lui sul tavolo: “Oggi ventotto Luglio, questa corte penale, a seguito dei fatti raccontati e dalle prove raccolte, delibera e emette la sentenza di colpevolezza dell’imputato frocetto. La sentenza non prevede ricorso presso questa corte e nemmeno presso altra corte. La sentenza prevede una condanna con esecuzione immediata che prevede centoventi frustate su sedere e schiena dell’imputato frocetto cosi ripartite: venti colpi per ogni componente di questa corte che diventano boia esecutori per i venti colpi spettanti. Così è deciso. Si leghi l’imputato. Nudo e in preda al panico vengo legato alla croce di sant’Adrea che viene messa girata orizzontale. Il mio culo ora è in attesa della sua tortura. “Urla pure frocetto, tanto non ti sentirà nessuno!”
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