Sogni, incubi e cose che non ho mai fatto - 2
di
RunningRiot
genere
etero
EURO
Non è mai stata una delle mie fantasie preferite, anche se un paio di volte sono andata vicino a realizzarla davvero, soprattutto la seconda. In compenso so benissimo come e quando mi è venuta in mente, e perché. Per il momento lasciate però che vi racconti di una Annalisa che fa il suo ingresso in un hotel elegante e si dirige al bar. Anziché sedermi a un tavolino, vado dritta al bancone, mi accomodo e chiedo un gin tonic. Sono vestita bene, leggermente truccata, ho una borsa griffata per non sfigurare. Ci sono un mucchio di uomini in giacca e cravatta, c'è anche una donna. Potrebbe essere ospite dell'albergo anche lei, o forse è una come me, chi lo sa. Un uomo si avvicina, si siede, mi domanda "posso offrirti quello che stai bevendo?". Accetto, sono qui per questo. È un uomo grande, nel senso dell'età. Potrebbe essere mio padre o appena più giovane, chissà perché me lo sono sempre immaginato così, è molto strano. Ma ciò non significa che non sia un uomo tutto sommato piacente.
Facciamo due chiacchiere, gli domando se alloggia in questo hotel. Mi dice di sì e mi chiede se voglio andare in camera con lui. Io gli chiedo se prima vuole sapere il prezzo. Annuisce.
Il prezzo è molto alto. Non per una mia particolare megalomania ma perché non ho la minima idea di come, nella vita reale, funzionino queste cose. "Mille e cinquecento", gli dico. Annuisce un'altra volta senza fare una piega.
- Aspettami qui cinque minuti, per cortesia - mi fa.
- Dove vai?
- Non credo che tu abbia il Pos - risponde sorridendomi.
Sorrido anche io, si allontana, ritorno al mio gin tonic. Il barista mi osserva, ha capito tutto. Un altro uomo mi osserva, ha capito tutto anche lui, mi sta scansionando con gli occhi. Si avvicina. È sensibilmente più giovane del precedente, più bello, più prestante. Indossa un completo blu e una camicia bianca, cravatta tortora.
- Non avete trovato l'accordo?
- Oh sì, invece - rispondo senza alcun imbarazzo.
- Peccato...
- Se vuoi ti do il mio numero di telefono...
Persino nella mia immaginazione, questo è l'unico momento in cui c'è una scena di vero sesso. Sesso con lui, sesso in cui provo molto piacere, sesso che mi fa andare quasi fuori di testa. Non tanto fuori di testa, però, da non rispondergli "con un piccolo extra" quando mi chiede se accetto di farmi sodomizzare. Cazzo, sono una professionista!
Il flash come è venuto scompare, l'uomo con cui ho concluso l'affare ritorna, saliamo in camera. Appena entriamo prova a baciarmi, mi sottraggo.
- Prima i soldi? - domanda.
- No, non è quello, è che...
Ho letto da qualche parte, oppure qualcuno mi ha detto, che le escort non baciano i loro clienti. Non so se sia vero, ciò che invece è vero è che questa cosa di fare sesso senza nemmeno baciarsi la trovo di una troiaggine assoluta, aggiunge qualcosa di più ai miei pensieri morbosi.
Lui prende dal portafoglio il denaro appena ritirato e me lo porge. E questo è il vero momento top.
Quando ero al liceo, ho saputo che una ragazza che stava a scuola con noi si è prostituita. Una ragazza insospettabile, per tanti motivi. La cosa era certa, ma il passaparola aveva fatto sì che alla fine non vi fosse chiarezza né sul tipo di "prestazione" né sulla sua, diciamo così, tariffa. La versione più probabile è che per dargliela avesse preso 150-200 euro. Non penso di più, so di ragazze che facevano bocchini per una cazzo di ricarica telefonica (alcune di queste avevano famiglie che avrebbero potuto tranquillamente regalare loro un iPhone al mese). Ecco, a me della ricarica telefonica non è mai fregato nulla, e nemmeno della trasgressione in sé, o dell'ebbrezza della prostituzione. Tantomeno della cifra. Forse sarò addirittura più perversa, ma quando me l'hanno raccontato ho pensato a ben altro.
Quello che mi ha eccitata è stato immaginare il contatto con le banconote, intendo dire proprio i polpastrelli sulla carta moneta. Quel momento lì, una specie di feticismo. La percezione fisica e la certificazione di un corpo che non è più mio, è venduto. Tendo la mano e lui mi dà il denaro. Come quando uno dice "dai, fammi vedere" e poi me lo spinge dentro. Mano-uguale-fica, soldi-uguale-cazzo. Non sono più me stessa, missione compiuta. Immaginando quel momento lì smettevo di accarezzarmi il grilletto, chiudevo gli occhi e mi infilzavo.
Poi la mia fantasia piano piano svaniva. Al massimo mi raffiguravo mentre mi sfilavo il vestito e rimanevo senza nulla sotto davanti a lui, gli dicevo sorridendo "tutta tua". Se mi spingevo un po' oltre mi vedevo prenderglielo tutto in bocca mentre delirava "dove sei stata tutto questo tempo". Sì, era piacevole, ma per venire dovevo finire di masturbarmi pensando ad altro, o non pensando a niente. Ma questo non era importante, a conti fatti. Non è detto che il momento più luminoso sia l'orgasmo.
IL REGALO DI COMPLEANNO
- Cazzo, però sei un porco...
Glielo dissi mentre cercavo di sedermi sulla sabbia fredda nel tentativo, più scemo che ingenuo, di poggiare solo un lato del mio sedere. Glielo dissi in modo quasi neutro - la verità è che, eufemismo, ero stanchina - ma avevo un milione di motivi per dirglielo. Credetemi. Quello che non mi aspettavo è che me ne fornisse altri.
Mi guardò, non rispose. O se vogliamo la risposta restò nel suo sguardo che diceva qualcosa tipo "senti chi parla".
Ok, non mi metterò a dare patenti di moralità. Tu però dammi una sigaretta, e accendimela pure.
Ne accese una per me e una per lui, ce le fumammo in silenzio.
- Quando vai via?
- Domenica - risposi.
- Dopodomani è il compleanno di Vince.
- Bene.
Ancora silenzio. Un lungo intermezzo di silenzio durante il quale pensai al bel Vince.
- Devo fargli il regalo - disse.
- Mi sembra giusto.
Pensai alla sera precedente, al bar dove io e Raki ci eravamo rifugiate vestite eleganti ma zoccoline e strafatte di Bianca. Dove ci eravamo lasciate rimorchiare dal toscano e dal mestrino, dove dopo un po' di chiacchiere e drink avevamo confessato di avere tirato.
"Siete due ragazzacce, allora".
"Per quello che mi riguarda non sono una brava ragazza".
"Chi baceresti tra me e lui?".
Per tutta risposta, avevo sparato un lingua in bocca a Raki di almeno mezzo minuto. Poi ci eravamo rimesse composte davanti a loro. Lello si era avvicinato e aveva baciato me, Vince si era avvicinato e aveva baciato Raki. Il bar non era nemmeno così vuoto, avevo evitato di osservare le reazioni degli altri avventori. Ce la filammo dopo una mezzoretta.
- Che regalo pensavi di fargli? - domandai.
Silenzio.
Poco male. Non era la mia preoccupazione principale in quel momento. Avrei voluto andarmene. Iniziavo ad avere freddo, la sabbia mi dava fastidio e, in più, stava cominciando a sporcare zone che non avrebbe dovuto sporcare. Avrei voluto dirgli "andiamo in camera da me a farci una doccia". Avrei voluto aggiungere "però poi dormiamo". Cercavo la forza di alzarmi.
- Sei mai stata un regalo? – mi fece all'improvviso.
- Cioè? - chiesi sovrappensiero.
- Ti piacerebbe essere il regalo per qualcuno?
- Non ho capito - risposi.
Silenzio. Come poco prima, mi guardò senza dire una parola. Lello aveva uno strano modo di parlare con gli occhi, ormai l'avevo imparato. Un modo che non prevedeva l'uso della voce. In quel momento mi stava dicendo:
"Sì che hai capito".
Era vero, ovviamente.
- Ma c'è la sua ragazza... - dissi.
Altro silenzio, altro sguardo. Stavolta domandava "e allora?".
Altre cose invece non le ho mai capite davvero. Ad esempio se:
dicesse sul serio;
e in caso dicesse sul serio, perché non ci tornò più sopra;
e in caso ci fosse tornato sopra, quale sarebbe stata la mia risposta.
Non ha importanza. Quello che ha importanza è che non smisi di pensarci per un mese, molto spesso con le mani tra le gambe.
LA PROPOSTA
Il titolo alternativo di questo capitoletto potrebbe essere "una fregatura dopo l'altra" oppure "mica è sempre domenica". In realtà era venerdì e sin dal principio le cose avevano cominciato ad andare come non avrebbero dovuto. Dovevamo essere dieci e invece arrivavamo a sette, di cui quattro (tre ragazzi e una ragazza) mai visti prima di allora. Anche per gli altri tre (due ragazzi e una ragazza) il verbo "conoscere" è decisamente relativo: dei due ragazzi non avevo nemmeno i contatti, l'unica con cui c'era una certa confidenza era Simona. Carina e piccoletta di statura, sull'uno e sessanta. Teoricamente greca ma di genitori italiani e, di fatto, italiana lei stessa. Insieme agli altri due l'avevo conosciuta a una festa dove, dopo avere bevuto un po' più del consentito, mi confessò in modo esclusivo che faceva soldi con i video. Avrebbe potuto essere una tiktoker o una di Onlyfans, che però erano stati appena inventati e non so nemmeno se fossero arrivati in Italia, non credo. Non capii quanto hot fossero questi video, se cioè fossero proprio porno, lei disse solo che "ci faceva dei soldini" mostrandosi un po'. Quei "soldini" comunque erano più del triplo del suo reddito da lavoro: due e cinque-tremila euro, dipendeva dai mesi. Rimasi a bocca aperta e pensai: a) scema io che perdo tempo a studiare; b) scema io che ho sempre mandato in giro gratis sia foto che video. È vero che non lo facevo spesso e di sicuro non per denaro, è vero che proteggevo la mia riconoscibilità, in genere, ma... cazzo, avevo trovato una più zoccola di me! Strana e simpatica, in ogni caso. Eravamo rimaste saltuariamente in contatto, poi una sera organizzammo: l'idea era quella di farci una pizza e andare a ballare. Ci eravamo pure smessaggiate scambiandoci informazioni sull'outfit, lei in particolare aveva insistito molto per sapere se mi sarei messa i tacchi, cosa che mi strappò un sorriso e - poiché la modestia è uno dei miei pregi migliori - delle considerazioni da perfetta stronza: cazzo, non mi raggiungi nemmeno se io vengo scalza e tu ti metti dei tacchi da prostituta... ho delle gambe perfette e ieri ho pure fatto le unghie, tu con quei cotechini... Esageravo, non aveva dei cotechini. Ero io che mi sentivo molto molto competitiva. La verità era che, tra ciclo appena finito e stress da studio, ero caricata a molla e mi sarei consegnata molto volentieri nelle mani di qualcuno che ci sapesse fare ben oltre pomiciate, pompini e ditalini. Avevo proprio voglia ma, come dicevo, praticamente nulla andò come previsto. Mi presentai bardata con piumino e maglione, autoreggenti sì, ma sotto i jeans per il freddo: su Roma si era abbattuta di colpo un'ondata di pioggia e di gelo davvero inusuale (era novembre). La seconda fregatura era che nel gruppo dei ragazzi non ce ne era uno che fosse scopabile, parlo dei tre nuovi perché degli altri due già lo sapevo.
In ogni caso, e a sorpresa, serata divertente e pizza davvero ottima. Non andammo nemmeno a ballare ma ci rifugiammo con gli altri in un bar lì di fronte a bere, chiacchierare e ascoltare il nubifragio fino all'una. Simona se ne andò pure un po' prima approfittando di un passaggio, non senza esserci ripromesse di rifarci al più presto, magari anche la sera successiva.
Il desiderio che ero riuscita a sedare andando a letto si ripresentò durante la notte, perché mi risvegliai con il cuscino tra le gambe e il cavallo dei pantaloni del pigiama lievemente inumidito. Nulla di che, ma ero comunque eccitata e le mie cattive intenzioni fecero il resto. Mi toccai in svariati modi tirando anche Simona dentro le mie fantasie. Non era lei il personaggio principale, però: la pensavo che mi leccava da sotto mentre un Lui senza volto ma con un fisico all'altezza mi prendeva da dietro. La voglia che mi portavo appresso da un po' era precisamente quella di essere trattata in un certo modo, per cui sarei stata anche strafavorevole alla partecipazione di Simona ma solo a patto di trovare qualcuno che mi desse quel vibe di schiaffi sul culo (cui letteralmente anelavo) sin dal primo momento. Sognavo le maniere decisamente rudi di un ragazzo che non fosse necessariamente il mio genere di tipo ma da scegliere in base a pettorali ben definiti sotto la maglietta e addominali che ti danno una certa sensazione di potenza; un ragazzo di poche parole cui non ci fosse nemmeno bisogno di dire "usami come useresti una zoccola" perché tanto, nel momento in cui ti allontani con lui, quelle tre o quattro persone intorno a te capiscono che lo farà e come lo farà. Uno cui dire semmai "fammi godere e ti do anche il culo", caso abbastanza inverosimile nella realtà ma non infrequente nelle mie masturbazioni. Insomma, come avrete capito, almeno al livello della mia fantasia ero in pieno delirio. Stavo per finirmi con le dita ma riuscii a fermarmi in tempo; è una cosa che faccio ancora oggi e consiglio a tutte, se non altro, di provarci. Sempre che vi sentiate in grado di dominarvi restando accaldate tutto il giorno. Poi mi fate sapere in che condizioni siete quando uscite la sera per andarvi a divertire.
Per quanto riguarda invece proprio quel tipo di divertimento, la serata all’inizio prometteva bene. Un paio di manzi li trovai, anche se non ricordo perché scartai il primo, che pure mi aveva baciata e toccata sotto. Sta di fatto che invece ricordo bene la faccia incredula del secondo quando Simona si avvicinò e si inserì in una pomiciata che era già arrivata allo stadio "entro cinque minuti filiamo da qualche parte dove non ci vede nessuno". Non ero per nulla contrariata dalla presenza di Simona, tutt'altro, anche se tra noi non ci fu altro che qualche sensuale carezza reciproca. Condividere con lei quell'energumeno arrapato mi sembrava persino un diversivo eccitante. Mai però, mai, mi sarei aspettata la sua proposta. Mi disse: "Ti va di farmi un video?" e poi rivolta a lui "ti va di scoparmi mentre lei ci riprende?". Restai a bocca aperta dalla sorpresa e non ricordo nemmeno cosa rispose il ragazzo, al quale comunque doveva andare bene tutto visto che sparirono insieme. Io non so perché mi tirai indietro, forse perché nonostante fosse una proposta obiettivamente horny non ho mai avuto quella tendenza lì, o forse perché quella richiesta non c'entrava niente con i miei programmi. Sta di fatto che l'unico sesso che ebbi quella notte fu con me stessa e… sì, tra le altre cose accompagnai il ditale con il pensiero di quei due che scopavano. Chissà se lui era davvero porco, chissà se lei era davvero così tanto troia. Mai saputo. E vabbè, è andata così.
CONTINUA
Non è mai stata una delle mie fantasie preferite, anche se un paio di volte sono andata vicino a realizzarla davvero, soprattutto la seconda. In compenso so benissimo come e quando mi è venuta in mente, e perché. Per il momento lasciate però che vi racconti di una Annalisa che fa il suo ingresso in un hotel elegante e si dirige al bar. Anziché sedermi a un tavolino, vado dritta al bancone, mi accomodo e chiedo un gin tonic. Sono vestita bene, leggermente truccata, ho una borsa griffata per non sfigurare. Ci sono un mucchio di uomini in giacca e cravatta, c'è anche una donna. Potrebbe essere ospite dell'albergo anche lei, o forse è una come me, chi lo sa. Un uomo si avvicina, si siede, mi domanda "posso offrirti quello che stai bevendo?". Accetto, sono qui per questo. È un uomo grande, nel senso dell'età. Potrebbe essere mio padre o appena più giovane, chissà perché me lo sono sempre immaginato così, è molto strano. Ma ciò non significa che non sia un uomo tutto sommato piacente.
Facciamo due chiacchiere, gli domando se alloggia in questo hotel. Mi dice di sì e mi chiede se voglio andare in camera con lui. Io gli chiedo se prima vuole sapere il prezzo. Annuisce.
Il prezzo è molto alto. Non per una mia particolare megalomania ma perché non ho la minima idea di come, nella vita reale, funzionino queste cose. "Mille e cinquecento", gli dico. Annuisce un'altra volta senza fare una piega.
- Aspettami qui cinque minuti, per cortesia - mi fa.
- Dove vai?
- Non credo che tu abbia il Pos - risponde sorridendomi.
Sorrido anche io, si allontana, ritorno al mio gin tonic. Il barista mi osserva, ha capito tutto. Un altro uomo mi osserva, ha capito tutto anche lui, mi sta scansionando con gli occhi. Si avvicina. È sensibilmente più giovane del precedente, più bello, più prestante. Indossa un completo blu e una camicia bianca, cravatta tortora.
- Non avete trovato l'accordo?
- Oh sì, invece - rispondo senza alcun imbarazzo.
- Peccato...
- Se vuoi ti do il mio numero di telefono...
Persino nella mia immaginazione, questo è l'unico momento in cui c'è una scena di vero sesso. Sesso con lui, sesso in cui provo molto piacere, sesso che mi fa andare quasi fuori di testa. Non tanto fuori di testa, però, da non rispondergli "con un piccolo extra" quando mi chiede se accetto di farmi sodomizzare. Cazzo, sono una professionista!
Il flash come è venuto scompare, l'uomo con cui ho concluso l'affare ritorna, saliamo in camera. Appena entriamo prova a baciarmi, mi sottraggo.
- Prima i soldi? - domanda.
- No, non è quello, è che...
Ho letto da qualche parte, oppure qualcuno mi ha detto, che le escort non baciano i loro clienti. Non so se sia vero, ciò che invece è vero è che questa cosa di fare sesso senza nemmeno baciarsi la trovo di una troiaggine assoluta, aggiunge qualcosa di più ai miei pensieri morbosi.
Lui prende dal portafoglio il denaro appena ritirato e me lo porge. E questo è il vero momento top.
Quando ero al liceo, ho saputo che una ragazza che stava a scuola con noi si è prostituita. Una ragazza insospettabile, per tanti motivi. La cosa era certa, ma il passaparola aveva fatto sì che alla fine non vi fosse chiarezza né sul tipo di "prestazione" né sulla sua, diciamo così, tariffa. La versione più probabile è che per dargliela avesse preso 150-200 euro. Non penso di più, so di ragazze che facevano bocchini per una cazzo di ricarica telefonica (alcune di queste avevano famiglie che avrebbero potuto tranquillamente regalare loro un iPhone al mese). Ecco, a me della ricarica telefonica non è mai fregato nulla, e nemmeno della trasgressione in sé, o dell'ebbrezza della prostituzione. Tantomeno della cifra. Forse sarò addirittura più perversa, ma quando me l'hanno raccontato ho pensato a ben altro.
Quello che mi ha eccitata è stato immaginare il contatto con le banconote, intendo dire proprio i polpastrelli sulla carta moneta. Quel momento lì, una specie di feticismo. La percezione fisica e la certificazione di un corpo che non è più mio, è venduto. Tendo la mano e lui mi dà il denaro. Come quando uno dice "dai, fammi vedere" e poi me lo spinge dentro. Mano-uguale-fica, soldi-uguale-cazzo. Non sono più me stessa, missione compiuta. Immaginando quel momento lì smettevo di accarezzarmi il grilletto, chiudevo gli occhi e mi infilzavo.
Poi la mia fantasia piano piano svaniva. Al massimo mi raffiguravo mentre mi sfilavo il vestito e rimanevo senza nulla sotto davanti a lui, gli dicevo sorridendo "tutta tua". Se mi spingevo un po' oltre mi vedevo prenderglielo tutto in bocca mentre delirava "dove sei stata tutto questo tempo". Sì, era piacevole, ma per venire dovevo finire di masturbarmi pensando ad altro, o non pensando a niente. Ma questo non era importante, a conti fatti. Non è detto che il momento più luminoso sia l'orgasmo.
IL REGALO DI COMPLEANNO
- Cazzo, però sei un porco...
Glielo dissi mentre cercavo di sedermi sulla sabbia fredda nel tentativo, più scemo che ingenuo, di poggiare solo un lato del mio sedere. Glielo dissi in modo quasi neutro - la verità è che, eufemismo, ero stanchina - ma avevo un milione di motivi per dirglielo. Credetemi. Quello che non mi aspettavo è che me ne fornisse altri.
Mi guardò, non rispose. O se vogliamo la risposta restò nel suo sguardo che diceva qualcosa tipo "senti chi parla".
Ok, non mi metterò a dare patenti di moralità. Tu però dammi una sigaretta, e accendimela pure.
Ne accese una per me e una per lui, ce le fumammo in silenzio.
- Quando vai via?
- Domenica - risposi.
- Dopodomani è il compleanno di Vince.
- Bene.
Ancora silenzio. Un lungo intermezzo di silenzio durante il quale pensai al bel Vince.
- Devo fargli il regalo - disse.
- Mi sembra giusto.
Pensai alla sera precedente, al bar dove io e Raki ci eravamo rifugiate vestite eleganti ma zoccoline e strafatte di Bianca. Dove ci eravamo lasciate rimorchiare dal toscano e dal mestrino, dove dopo un po' di chiacchiere e drink avevamo confessato di avere tirato.
"Siete due ragazzacce, allora".
"Per quello che mi riguarda non sono una brava ragazza".
"Chi baceresti tra me e lui?".
Per tutta risposta, avevo sparato un lingua in bocca a Raki di almeno mezzo minuto. Poi ci eravamo rimesse composte davanti a loro. Lello si era avvicinato e aveva baciato me, Vince si era avvicinato e aveva baciato Raki. Il bar non era nemmeno così vuoto, avevo evitato di osservare le reazioni degli altri avventori. Ce la filammo dopo una mezzoretta.
- Che regalo pensavi di fargli? - domandai.
Silenzio.
Poco male. Non era la mia preoccupazione principale in quel momento. Avrei voluto andarmene. Iniziavo ad avere freddo, la sabbia mi dava fastidio e, in più, stava cominciando a sporcare zone che non avrebbe dovuto sporcare. Avrei voluto dirgli "andiamo in camera da me a farci una doccia". Avrei voluto aggiungere "però poi dormiamo". Cercavo la forza di alzarmi.
- Sei mai stata un regalo? – mi fece all'improvviso.
- Cioè? - chiesi sovrappensiero.
- Ti piacerebbe essere il regalo per qualcuno?
- Non ho capito - risposi.
Silenzio. Come poco prima, mi guardò senza dire una parola. Lello aveva uno strano modo di parlare con gli occhi, ormai l'avevo imparato. Un modo che non prevedeva l'uso della voce. In quel momento mi stava dicendo:
"Sì che hai capito".
Era vero, ovviamente.
- Ma c'è la sua ragazza... - dissi.
Altro silenzio, altro sguardo. Stavolta domandava "e allora?".
Altre cose invece non le ho mai capite davvero. Ad esempio se:
dicesse sul serio;
e in caso dicesse sul serio, perché non ci tornò più sopra;
e in caso ci fosse tornato sopra, quale sarebbe stata la mia risposta.
Non ha importanza. Quello che ha importanza è che non smisi di pensarci per un mese, molto spesso con le mani tra le gambe.
LA PROPOSTA
Il titolo alternativo di questo capitoletto potrebbe essere "una fregatura dopo l'altra" oppure "mica è sempre domenica". In realtà era venerdì e sin dal principio le cose avevano cominciato ad andare come non avrebbero dovuto. Dovevamo essere dieci e invece arrivavamo a sette, di cui quattro (tre ragazzi e una ragazza) mai visti prima di allora. Anche per gli altri tre (due ragazzi e una ragazza) il verbo "conoscere" è decisamente relativo: dei due ragazzi non avevo nemmeno i contatti, l'unica con cui c'era una certa confidenza era Simona. Carina e piccoletta di statura, sull'uno e sessanta. Teoricamente greca ma di genitori italiani e, di fatto, italiana lei stessa. Insieme agli altri due l'avevo conosciuta a una festa dove, dopo avere bevuto un po' più del consentito, mi confessò in modo esclusivo che faceva soldi con i video. Avrebbe potuto essere una tiktoker o una di Onlyfans, che però erano stati appena inventati e non so nemmeno se fossero arrivati in Italia, non credo. Non capii quanto hot fossero questi video, se cioè fossero proprio porno, lei disse solo che "ci faceva dei soldini" mostrandosi un po'. Quei "soldini" comunque erano più del triplo del suo reddito da lavoro: due e cinque-tremila euro, dipendeva dai mesi. Rimasi a bocca aperta e pensai: a) scema io che perdo tempo a studiare; b) scema io che ho sempre mandato in giro gratis sia foto che video. È vero che non lo facevo spesso e di sicuro non per denaro, è vero che proteggevo la mia riconoscibilità, in genere, ma... cazzo, avevo trovato una più zoccola di me! Strana e simpatica, in ogni caso. Eravamo rimaste saltuariamente in contatto, poi una sera organizzammo: l'idea era quella di farci una pizza e andare a ballare. Ci eravamo pure smessaggiate scambiandoci informazioni sull'outfit, lei in particolare aveva insistito molto per sapere se mi sarei messa i tacchi, cosa che mi strappò un sorriso e - poiché la modestia è uno dei miei pregi migliori - delle considerazioni da perfetta stronza: cazzo, non mi raggiungi nemmeno se io vengo scalza e tu ti metti dei tacchi da prostituta... ho delle gambe perfette e ieri ho pure fatto le unghie, tu con quei cotechini... Esageravo, non aveva dei cotechini. Ero io che mi sentivo molto molto competitiva. La verità era che, tra ciclo appena finito e stress da studio, ero caricata a molla e mi sarei consegnata molto volentieri nelle mani di qualcuno che ci sapesse fare ben oltre pomiciate, pompini e ditalini. Avevo proprio voglia ma, come dicevo, praticamente nulla andò come previsto. Mi presentai bardata con piumino e maglione, autoreggenti sì, ma sotto i jeans per il freddo: su Roma si era abbattuta di colpo un'ondata di pioggia e di gelo davvero inusuale (era novembre). La seconda fregatura era che nel gruppo dei ragazzi non ce ne era uno che fosse scopabile, parlo dei tre nuovi perché degli altri due già lo sapevo.
In ogni caso, e a sorpresa, serata divertente e pizza davvero ottima. Non andammo nemmeno a ballare ma ci rifugiammo con gli altri in un bar lì di fronte a bere, chiacchierare e ascoltare il nubifragio fino all'una. Simona se ne andò pure un po' prima approfittando di un passaggio, non senza esserci ripromesse di rifarci al più presto, magari anche la sera successiva.
Il desiderio che ero riuscita a sedare andando a letto si ripresentò durante la notte, perché mi risvegliai con il cuscino tra le gambe e il cavallo dei pantaloni del pigiama lievemente inumidito. Nulla di che, ma ero comunque eccitata e le mie cattive intenzioni fecero il resto. Mi toccai in svariati modi tirando anche Simona dentro le mie fantasie. Non era lei il personaggio principale, però: la pensavo che mi leccava da sotto mentre un Lui senza volto ma con un fisico all'altezza mi prendeva da dietro. La voglia che mi portavo appresso da un po' era precisamente quella di essere trattata in un certo modo, per cui sarei stata anche strafavorevole alla partecipazione di Simona ma solo a patto di trovare qualcuno che mi desse quel vibe di schiaffi sul culo (cui letteralmente anelavo) sin dal primo momento. Sognavo le maniere decisamente rudi di un ragazzo che non fosse necessariamente il mio genere di tipo ma da scegliere in base a pettorali ben definiti sotto la maglietta e addominali che ti danno una certa sensazione di potenza; un ragazzo di poche parole cui non ci fosse nemmeno bisogno di dire "usami come useresti una zoccola" perché tanto, nel momento in cui ti allontani con lui, quelle tre o quattro persone intorno a te capiscono che lo farà e come lo farà. Uno cui dire semmai "fammi godere e ti do anche il culo", caso abbastanza inverosimile nella realtà ma non infrequente nelle mie masturbazioni. Insomma, come avrete capito, almeno al livello della mia fantasia ero in pieno delirio. Stavo per finirmi con le dita ma riuscii a fermarmi in tempo; è una cosa che faccio ancora oggi e consiglio a tutte, se non altro, di provarci. Sempre che vi sentiate in grado di dominarvi restando accaldate tutto il giorno. Poi mi fate sapere in che condizioni siete quando uscite la sera per andarvi a divertire.
Per quanto riguarda invece proprio quel tipo di divertimento, la serata all’inizio prometteva bene. Un paio di manzi li trovai, anche se non ricordo perché scartai il primo, che pure mi aveva baciata e toccata sotto. Sta di fatto che invece ricordo bene la faccia incredula del secondo quando Simona si avvicinò e si inserì in una pomiciata che era già arrivata allo stadio "entro cinque minuti filiamo da qualche parte dove non ci vede nessuno". Non ero per nulla contrariata dalla presenza di Simona, tutt'altro, anche se tra noi non ci fu altro che qualche sensuale carezza reciproca. Condividere con lei quell'energumeno arrapato mi sembrava persino un diversivo eccitante. Mai però, mai, mi sarei aspettata la sua proposta. Mi disse: "Ti va di farmi un video?" e poi rivolta a lui "ti va di scoparmi mentre lei ci riprende?". Restai a bocca aperta dalla sorpresa e non ricordo nemmeno cosa rispose il ragazzo, al quale comunque doveva andare bene tutto visto che sparirono insieme. Io non so perché mi tirai indietro, forse perché nonostante fosse una proposta obiettivamente horny non ho mai avuto quella tendenza lì, o forse perché quella richiesta non c'entrava niente con i miei programmi. Sta di fatto che l'unico sesso che ebbi quella notte fu con me stessa e… sì, tra le altre cose accompagnai il ditale con il pensiero di quei due che scopavano. Chissà se lui era davvero porco, chissà se lei era davvero così tanto troia. Mai saputo. E vabbè, è andata così.
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