Sogni, incubi e cose che non ho mai fatto - 3

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genere
etero

UNA INSOLITA GANG BANG - All'improvviso tutti cominciarono ad andarsene, come se qualcuno avesse dato un segnale, e la casa si svuotò in fretta. Sbracata su una poltrona, io stessa cercavo il coraggio e la forza per alzarmi. Non mi ero divertita granché, ma sticazzi. Per diversi motivi era un periodo un po’ così: studiavo compulsivamente e con poco costrutto, avevo messo in stand by i miei fine settimana folli e da poco frequentavo un tipo, neanche tanto grande, che si stava separando dalla moglie. Non mi piaceva moltissimo, non era stronzo ma neanche di una simpatia travolgente. Non era uno scopamico e nemmeno un mago del sesso, tutt'altro. Mi parlava spesso del suo fallimento matrimoniale, giusto per mettere un po' di tempo tra il momento in cui io entravo in casa sua e quello in cui lui entrava dentro di me. Aprivo le gambe, si infilava in mezzo e mi scopava. Fine. Però mi diceva che gli piacevo e che era "preso". Misteri. Soprattutto miei. Tutto ebbe termine subito dopo questa serata che vi sto per raccontare e solo allora mi domandai finalmente cosa cazzo ci facesse una come me con uno come lui.

Quella sera mi aveva dato buca, oppure non mi andava di vederlo, boh. Però c'era sempre la festa di Ilaria. Ci andai, sperando almeno di alleggerirmi il cervello. Incontrai gente poco più che simpatica, ma probabilmente ero io poco ricettiva. Quando tutti se ne andarono, dicevo, rimase questo ragazzo, Enrico. Tra il caruccio e il bello, molto civile, non tanto il mio tipo. Sembrava anche un po' tonto, forse solo perché aveva bevuto o preso altro. C'erano però due ragazze che si contendevano le sue attenzioni, le osservavo da un po' dalla mia postazione di sbracata-su-una-poltrona. Non le conoscevo ma era palese che tra loro l'ostilità stesse silenziosamente crescendo. Ilaria, la padrona di casa, intervenne con la grazia di un ippopotamo e disse "ragazze, non litigate perché ora ce lo scopiamo tutte". Alè.

Dalla reazione delle presenti capii due cose: a) in casa, me compresa, erano rimaste solo quelle più ubriache o fatte; b) anziché essere la solita cazzata buttata lì, a tutte quell'idea sembrò la conclusione perfetta della serata. Per me, anzi, le parole di Ilaria furono come uno spruzzo di acqua gelata in faccia che mi risvegliò. Una addirittura, già pronta per andare, lasciò cadere la borsa per terra e si tolse il soprabito senza dire una parola, ma con una gestualità ostentata che lasciava intendere "se la cosa si fa interessante, rimango". Non era una strafiga anche se a guardarla bene aveva un suo perché: un bel viso ma con dei segni che lo appesantivano, strano per la sua (nostra) età; dei bei capelli boccolosi di un biondo quasi albino che però infastidiva. Ammetto che mi dissi "ammazza che troia" e ritirai subito tutto quello che avevo pensato sul fatto che non ci fosse gente stuzzicante.

Questo ragazzo, Enrico. Beh, doveva sentirsi molto osservato. Dapprima sorrise, poi rise proprio. Poi ci guardò meglio e il suo sorriso svanì. La padrona di casa non stava scherzando, nessuna stava scherzando. Eravamo sei contro uno, ed eravamo chiaramente e completamente on fire, come se qualcuno avesse passato un accendino sulla benzina. Di certo eravamo in grado di farlo. Ilaria si piazzò davanti al ragazzo e lo fissò a lungo. Enrico sembrava che stesse sul patibolo, lei sembrava il boia. Alla fine gli intimò di inginocchiarsi. E lui lo fece! Cazzo, incredibile... A quel punto pensai, come tutte credo, "ok, è andata". Chi ci avrebbe mai scommesso? Però si fa.

- Devi giurare due cose – gli disse senza domandare il suo parere - la prima è che non dovrai mai raccontare nulla a nessuno, mai, la seconda è che non dovrai venire dentro nessuna di noi.

Pensai con un po' di rammarico che, in realtà, una delle cose che mi è sempre piaciuta di più è immaginare un ragazzo che il giorno dopo si vanta con gli amici, ma ok, ammisi che per alcune la discrezione era importante, non eravamo tutte single lì dentro. L'assenza di uno straccio di preservativo sembrava invece interessare meno, anche se quello di evitare gravidanze indesiderate era forse l'ultimo dei problemi. Preoccupazione per malattie sessualmente trasmissibili, pure quella non pervenuta. Come se nessuna di noi sapesse che il minimo che ti puoi beccare in una situazione del genere è una cistite batterica o un attacco di candida. Quanto a Enrico... beh, lui pensava più che altro a come evitare una figura di merda.

- Cazzo, siete sei... – disse mettendo le mani avanti.

In quella posizione, in ginocchio e con quel tono, avrebbe fatto pena a chiunque, ma non a noi. Eravamo iene, iene fameliche e ubriache. Non avevo idea delle altre, ma contro ogni previsione stavo iniziando a contrarre e a entrare in calore. E poi non vedevo l'ora di sapere come sarebbe andata a finire tra le due che se lo litigavano, chi sarebbe stata la prima a essere presa, volevo masturbarmi guardando.

Tuttavia, ognuna di noi sapeva che in fondo Enrico aveva ragione. Nessuno avrebbe potuto farsene sei di fila, nemmeno un pornostar con una flebo di Viagra in vena. Figuriamoci lui. La ragazza quasi albina si era tolta il soprabito e si era sbottonata la camicetta lasciandola aperta, regalandoci la visione di due tette discrete e di un bra bianco davvero delizioso: fu lei ad avere l'idea. La più semplice, la più banale, ok, ma a nessuna era venuta in mente.

- Faremo a tempo – disse andando a recuperare il telefono.

Wow, genio! Gli ormoni straripavano ed eravamo tutte così arrapate da non renderci conto che, diciamo le cose come stanno, non sarebbe stato tanto semplice. Cioè, in certi casi può anche non fregartene di meno, no? Chi ci bada? Io mica sto a guardare l’orologio mentre scopo! E inoltre c’era un’altra incognita: Enrico. In fondo che ne sapevamo di Enrico? Voglio dire, sono cose che capitano: tu apri le gambe davanti a un ragazzo e lui ti infilza, inizi a incitarlo "sfondami" e lui risponde "sono venuto". Nella concitazione iniziale non te ne sei accorta, ma la conferma arriva dal preservativo pieno. Merda. Succede, eh? Quante di noi hanno fatto l'esperienza?

Tuttavia non ci furono dubbi di questo tipo, l'idea di scoparcelo "a tempo" pareva a tutte una figata pazzesca. C'era solo da definire una cosa: tempo, ok, ma quanto? "Trenta secondi", propose Ilaria. "Ma in trenta secondi non faccio neanche in tempo ad eccitarmi!", rispose una. Alla fine raggiunsero un accordo su un minuto e quindici secondi. Io, pur trovando la cosa ragionevole, non parlai. Come a volte mi capita, ero restata indietro affascinata da quel dettaglio: perché proprio quindici secondi e non venti? O dieci? Mi scossi appena in tempo per seguire la coda di un'altra breve discussione ("che facciamo, ci spogliamo?", "ognuna fa come cazzo je pare", "ok, ma lui pantaloni e mutande tocca che se li toglie", "daje, Enrì") e per vedere le due aspiranti zoccole della prima ora slacciare amorevolmente la cintura dei pantaloni del ragazzo e abbassarglieli insieme ai boxer, non prima di avergli fatto sollevare per un attimo le chiappe dal divano sul quale era tornato a sedersi. Enrico assecondava gli eventi tra l'incredulo e il rassegnato. Pochi secondi di silenzio e sei-sguardi-incuriositi-sei si diressero verso di lui, io stessa dovetti scostarmi un po' perché impallata dal sedere di Ilaria, non esattamente piccolo. Non che si vedesse molto, la camicia nascondeva buona parte della nuclear zone, tuttavia era abbastanza evidente che non fosse poi così in tiro. Cosa molto deludente ma, ne convenimmo, del tutto comprensibile. Una delle ragazze che si erano trattenute dall'andare via (non la quasi albina che aveva proposto di prendere il tempo, l'altra) commentò: "cazzo, ma sei un gorilla!" e tutte ridemmo. In effetti Enrico era abbastanza pelosetto nella parte Sud del suo corpo. Tutto, eh? non solo lì dove era maschietto. Dalle caviglie alle cosce. Ehi, a vederlo vestito non sembrava! Fioccarono battute su una eventuale ceretta.

Dovevamo però ancora definire una questione non di poco conto: ce lo scopiamo ok, un minuto e quindici ok, maaaa... chi comincia? Vi ricordo che c'era pur sempre il rischio che solo una o due si divertissero prima che Enrico si scaricasse. A tutte sembrò evidente che fosse una questione da risolvere tra le prime due ragazze. Chi, però, delle due?

- Fate la conta, chi vince comincia - disse Ilaria.
- Ma chi perde lo prepara – rispose una che, immaginai, quella sera non doveva sentirsi molto fortunata. Non avevo mai sentito adoperare il verbo “prepararlo” come sinonimo di “prenderglielo in bocca”, ma riconobbi che sarebbe stato difficile dirlo meglio.

Enrico era così intimidito da quel gruppetto di assatanate che all’inizio ebbe serie difficoltà ad avere un'erezione. Era una situazione molto imbarazzante e, sono sincera, soffrii con lui. In fondo non aveva fatto nulla di male, non aveva fatto la figura di quello che ti dice "mo te faccio vedere io" e poi non riesce a presentare altro che un gamberetto moscio, non aveva fatto proprio niente. Inoltre, la ragazza che doveva “prepararlo” fu troppo impulsiva. Enrico osservava quel carrè corto e scuro agitarsi tra le sue gambe con uno sguardo tra l'impaurito e lo stralunato che diceva tutto. Questo doveva essere il nostro sex toy umano? Macché, questo tra un po' scappa chiamando la mamma, ecco ciò che pensai.

Fu necessario ricominciare tutto da capo e, soprattutto, tranquillizzarlo. Ci pensarono Ilaria e la ragazza che prendeva il tempo. Non c'entrava un cazzo, ma mi venne da ridere, sembravano due sexy infermiere alle prese con un soggetto delirante: la cronometrista si era tolta gonna e mutandine e stava lì seminuda, con la camicetta aperta, il reggiseno in vista e il telefono in mano; Ilaria aveva abbassato la parte superiore del vestito e si era tolta il bra consegnando alla forza di gravità le sue grandi tette. Cercavano di calmarlo dicendogli di non preoccuparsi, che nessuna l'avrebbe giudicato e che poteva prendersi tutto il tempo che voleva. Bacetti, carezze e quasi-coccole. Suggerimenti materni alle due contendenti: "Ragazze, all'inizio andateci piano". A dire il vero, quella destinata a impalarsi per prima non aveva mosso paglia, sino a quel momento. Si era limitata a denudarsi del tutto e a controllare che l'avversaria non si allargasse troppo con il bocchino. Ma capì la situazione e, mentre l'altra aveva ricominciato a "preparare" Enrico in modo finalmente appropriato, salì in ginocchio sul divano iniziando a blandirlo con atteggiamenti e parole dapprima rassicuranti e via via più sexy. Molto sexy, sono onesta: era sincera e il ragazzo le piaceva veramente. Ma anche all'altra piaceva veramente e, in più, lei era davvero carina. Capelli neri, occhi verdi e un po' di efelidi, piccolina ma - come avremmo tutte visto di lì a poco - assemblata molto bene da Madre Natura. Sembrava anche un po' scemotta, come lo stesso Enrico.

In ogni caso, fosse o meno merito dei sentimenti, funzionò. La lei che aveva vinto il sorteggio era meno bella, e non solo per i miei canoni, però era enormemente più sensuale. Gli sussurrava sulle labbra quanto le fosse piaciuto sin dal primo momento in cui si erano conosciuti, gli sbottonava la camicia e lo accarezzava sul petto. A un certo punto prese le mani del ragazzo e se le portò sui seni, stringendole lì: "E io? Ti piaccio? Ti piacciono le mie tette?". Era evidente che la competizione fra le due fosse ricominciata, anche se in forma diversa. Se lo contendevano. La moretta lo succhiava piano, ogni tanto si interrompeva e si spogliava un po'. Quando iniziò a dargli la testa sul serio, l'altra si portò tra le gambe una mano di Enrico: "Lo senti come sono bagnata?". Lui la penetrò con le dita e lei cominciò a gemere. Cominciò a gemere anche Enrico, e anche l'altra che lo spompinava. Un quadro perfetto.

Boooom!

A mente fredda, avremmo dovuto andarcene tutte e lasciarle sole con lui. Naturalmente nessuna si mosse. Mi ritrovai con la mano infilata nelle mutandine, non mi ero nemmeno accorta di avere allentato i miei pantaloni rave e di essermi sistemata meglio sulla poltrona. Mi stavo masturbando davanti al mondo e senza nessun tipo di vergogna. La ragazza che doveva tenere il tempo se ne accorse e mi guardò con gli occhi puntati sul mio tra-le-gambe coperto. Ricambiai lo sguardo sul suo tra-le-gambe scoperto e ci sorridemmo, lei si mordicchiò il labbro. In quel momento la trovai bellissima ma non ebbi alcuna pulsione nei suoi confronti. Fu comunque uno choc, come se in quello scambio di sguardi mi fossi riconosciuta. Ero davvero io la depressa che, fino al giorno prima, usciva per andare a farsi scopare da uno altrettanto depresso? Non scherziamo, dai! Non può essere, non ero mai stata così!

L'atmosfera divertita e morbosa, le occhiate eccitate, i risolini e i miei pensieri di rinascita furono improvvisamente mandati in frantumi da una specie di strillo. Vidi la moretta interrompere il pompino e tirarsi indietro di scatto:

- Dio, Enrico, che CAZZO GROSSO che hai!!!

Guardammo tutte, non potevamo non guardare. E capimmo che la moretta o esagerava apposta (nulla di strano, io l'ho fatto spesso) oppure la categoria "ragazzi con un bel cazzo" le era totalmente sconosciuta. Enrico ce l’aveva sì bello largo ma anche un bel po’ sotto la media come lunghezza. "Dai, scòpatelo", disse Ilaria alla prima ragazza. Lei afferrò quel cazzo corto e lucido di saliva, e salì sopra Enrico. Al suo primo "siiiiì" (davvero profondo e animale), la cronometrista fece partire il tempo.

Frenate la vostra eccitazione, o voi che leggete. Il primo giro non fu sto granché. Eravamo arrapate, vero, ma ancor di più ubriache. Ridevamo a crepapelle anche di fronte a gridolini e sospiri di genuino piacere. Anzi, a me quella parte scandita dal cronometro e dalla ragazza che urlava "cambio!" sembrò addirittura meccanica, ridicola. Persino la moretta - nonostante avesse occupato il suo tempo cantilenando oddio-che-bel-cazzo-ragazze-quant'è-grosso - finito il suo turno si alzò sghignazzando. Io stessa ci andai piano, non volevo essere aggressiva. Enrico mi sembrava confuso. Gli dissi "facciamolo per gioco, è solo un gioco" e fui la prima dopo la moretta a succhiarglielo e a risvegliarlo per bene. In quel mix di sapori di maschio e di femmine mi sentii una specie di addetta alla manutenzione. Tra un "ma te lo fai così?", un "che faccio, prendo il tempo?" e un "ti prego, non smettere" ebbi qualche secondo in più a disposizione. Ne utilizzai solo una manciata per salirgli sopra e guidarlo dentro di me. Forse esagerai un po' il gemito con cui accompagnai la penetrazione, ma mi piacque e se non altro lo sentii in tutta la sua larghezza. Perciò quando gli dissi "è vero che hai un bel cazzo" mentivo, ma non del tutto.

L'ultima ragazza, quella che aveva dato a Enrico del "gorilla", meriterebbe un racconto a parte: fisicamente sembrava un folletto con la faccia vispa e due dentoni da coniglio; molto ridanciana e, at-ten-zio-ne, commessa in una delle mie boutique preferite e pure poco lontana da casa mia; zitta zitta si era spogliata, mettendo in mostra un corpo minuto ma quasi senza fianchi, tette così così e sedere anonimo. In compenso indossava un coordinato modello "chiamami sgualdrina" con le mutandine aperte. Non ne avevo ancora mai visto uno e dubitavo molto che provenissero dal negozio in cui lavorava. Altro contrasto: si avvicinò a Enrico schermendosi e ridacchiando "davero sto a fà sta stronzata?" ma gli si calò sopra dando a lui le spalle e a me l'impressione che si sarebbe scopato chiunque e forse non uno solo. Quando la quasi albina li fermò mi dispiacque, persino. Figuriamoci a lei. Fino quel momento era stata la migliore performance.

- Qui il gioco finisce troppo presto - commentò Ilaria divertita - che dite, ci facciamo tutte un giro di bocca?

La proposta fu accolta, con il patto di ridurre drasticamente i tempi per evitare che Enrico esplodesse prima che ci potessimo impalare su di lui ancora una volta. Anzi qualcuna raccomandò anche "pompini dolci" e io la corressi: "pompini di mantenimento". Tutte risero e Ilaria mi incoraggiò: "dai Annalisa, comincia tu". Mi tirai indietro lasciando campo libero alla prima di noi. La cronometrista disse "vai!" e poi si piazzò dietro di me. Per scoparmi Enrico mi ero tolta la parte di sotto, sentii la sua mano risalire sulla coscia e sul fianco, fermarsi poco più in basso del reggiseno. Gliel'avevo già visto fare a Ilaria, anzi l'avevo proprio vista afferrare una di quelle tette troppo grandi per la sua mano. Ma confesso che l'avevo presa per una cosa tra amiche, senza risvolti sessuali tanto accentuati.

"Non sono brava con i pompini, lo lascio a te", mi sussurrò. Per quanto strana, accolsi invece questa come una avance esplicita nei miei confronti. E avevo ragione. "Tu baci anche le ragazze, vero?", mi domandò subito dopo. Voltai la testa e per un attimo ci sorridemmo come ci eravamo sorrise qualche minuto prima. Non le risposi. O meglio, le risposi con un bacetto a stampo sulle labbra.

- Non le bacio solo... - sussurrai.

Non so se fu la fine di tutto o uno dei tanti inizi di quella sera. Mi girò verso di lei e io mi lasciai girare, mi baciò e mi lasciai baciare. Poi partii all'attacco e cominciammo praticamente a spogliarci del tutto e a scopare in piedi, sentendo qualcuna dietro di noi che scoppiava a ridere domandando "e mo ste due?". Pensai “mi sto facendo una che non so nemmeno come si chiama”. Rimanemmo nude a darci piacere a vicenda, mentre alle nostre spalle la situazione degenerava e Ilaria aveva il suo bel da fare a dirigere il traffico dei pompini. Ma non me ne fregava un cavolo, ormai mi ero appassionata alla quasi albina e le domandai se le andava di andarci a cercare un letto per noi due. Mi era venuto un desiderio terribile di un sessantanove, e poi di sentire la sua fica contro la mia. Rifiutò, dandomi un dispiacere vero.

- No, ho voglia di... - mi disse.
- L'ho capito quando hai deciso di restare che tipo sei - ribattei.
- Dai, vai a succhiarglielo... e lasciamelo bello duro.

Pronunciate queste parole, mi infilzò con le dita. Fu un attimo, ma un attimo che mi fece guaire, se ne accorsero tutte. Tranne forse Enrico e Ilaria, impegnati a godersi il bocchino non so da quanto. Cavallerescamente, quando mi inginocchiai accanto a lei, la padrona di casa si alzò per cedermi il posto. Ma io non avevo voglia di succhiare, la cronometrista aveva fatto scattare il mio count down, che correva veloce. Enrico non aveva alcun bisogno che qualcuna glielo facesse diventare più duro con la bocca, mi appoggiai con il petto sui cuscini del divano e gli dissi “vieni, scopami così”.

Enrico si posizionò e fu subito dentro di me. Più che il suo affondo, fu l’eccitazione complessiva a strapparmi un urletto. Tuttavia, essere presa da dietro mi fa perdere la brocca. "Oh sì! – dissi - scopami più forte!". "Scopala più forte Enrico", iniziarono a esortarlo le sisters. Poi fu un coro: "Più for-te, più for-te, più for-te!". Enrico mi afferrò saldamente per le anche e ci diede dentro. Durò credo non più di una trentina di secondi, pensavo "cazzo questo come mi sbatte" e poi che lo stava facendo davanti a quel gruppetto di gattine in calore, le sentivo incitarlo. Era una specie di vortice che mi faceva godere sempre di più, impossibile resistergli. La quasi albina si sedette accanto alla mia testa e mi passò la mano sulla schiena proprio mentre avvertivo l’imminenza dell’orgasmo. Le gridai “oh cazzo, vengo!” e ciao. Tutti nella stanza, e forse anche oltre, appresero che sono un'urlatrice.

Quando mi ripresi, la cronometrista era a gambe spalancate e cigolava sotto i colpi del nostro maschietto. Lui aveva dovuto semplicemente spostarsi un po' di lato e sollevarle le cosce. Forse perché mi ero lasciata dominare da dietro, ma per la prima volta Enrico mi dava l'impressione di essere in controllo, oltre che di possedere una resistenza invidiabile. Ficcai la lingua in bocca alla ragazza e le impugnai le tette, erano davvero belle. Poi me ne presi cura con labbra e denti e lasciai scendere la mano in direzione del grilletto. Mi sarebbe piaciuto che me ne riconoscesse il merito, ma credo che sarebbe venuta lo stesso. Era proprio vero che aveva voglia di un po’ di cazzo… del resto l’aveva detto. Mi affascinò, la amai in quel momento. Una delle cose che ho sempre adorato è il viso delle ragazze con cui sono stata, le loro espressioni così diverse e delicate rispetto a quelle dei maschi, anche quando strillano e sono deformate dal piacere. Io stessa godo, e mi sbrodo a ripensarci, quando un ragazzo me lo fa notare con parole tipo "come sei bella quando vieni". È vero, mi sento bella, bellissima, anche se probabilmente la mia faccia è come la disegnerebbe un pittore cubista. Lei, stravolta, era più bella che al naturale. Precipitammo entrambe sul pavimento. Sapevo che avrebbe avuto bisogno di un po' di tempo per riprendersi e sapevo com'è quando di tempo non te ne lasciano. La baciai, la toccai, le sussurrai zozzerie tipo "ti scopo tutta la notte" e "se ti sborrava dentro te la raccoglievo con la lingua". Volevo assolutamente farmela, volevo quel sessantanove, volevo sforbiciare con lei. E lei voleva me, lo capii dal brivido che la scosse quando passai la mano sulla sua fica ancora aperta e tremante, bagnata. Era un momento perfetto.

Un momento perfetto distrutto da uno strillo acutissimo che fece sobbalzare me e la quasi albina riportandoci alla realtà. Avevo fatto scuola: la ragazza dai denti da coniglio si era messa anche lei a novanta con il petto sui cuscini del divano. Solo che, beh sì, Enrico le stava scopando il culo. Era una scena allucinante, nessuna di noi parlava, il coro "più for-te, più for-te" si era ammutolito ed era come se tutte trattenessimo il fiato. Io mi accorsi di trattenerlo davvero. La ragazza si lamentava, cercando di afferrare l'afferrabile con le mani. Lanciai uno sguardo interrogativo a Ilaria che alzò le spalle in modo altrettanto interrogativo e poi disse "ha fatto tutto lei...". Dissi tra me e me, e giuro che non saprei spiegarne il motivo, che se c'era una che poteva chiedere di essere inculata era quella lì. Nel silenzio rotto dai lamenti si sentì ancora una volta la voce isolata di Ilaria: "Dovremmo tutte prenderlo dietro?". Seguì dibattito, anche abbastanza acceso, tra lei e le due ragazze innamorate di Enrico. Non vi presi parte ma aderii abbastanza convintamente al partito del Sodomia-No. Anche se, ammetto, l'idea di farmelo spaccare da quell'arnese non così sviluppato mi balenò in testa. Per fortuna scattò l'alert "ricordati che è largo" e l'Angolo della Masochista si richiuse in due-tre secondi così come si era aperto. Per la verità, il partito Sodomia-Yes poteva contare su una sola sostenitrice. Oddio, sostenitrice è troppo, diciamo che la ragazza che era stata scopata per prima si mostrava favorevole ma pretendeva che tutte condividessimo l'identico destino. La quasi albina oppose un netto rifiuto, la morettina insisteva con il suo punto di vista ("siete matte? è troppo grosso") mentre Ilaria era dell'idea che ognuna avrebbe dovuto decidere per sé. In compenso, il partito Sodomia-Yes poteva contare su una formidabile testimonial: il piacere sempre più strillato della zoccolina che subiva gli affondi di Enrico e le parole sempre più oscene con cui li accompagnava. Nulla di speciale, le solite cose che ti vengono in mente quando ti piace, ma vi assicuro che faceva un certo effetto. Non so dire se in quell'istante la invidiai, difficile anche se non impossibile, di certo fu molto molto eccitante.

Eccitante quanto vedere, e ascoltare, Enrico lasciarsi andare completamente. Il suo momento era arrivato e per un po' ci furono solo spinte selvagge e grugniti finché la commessa scoppiò letteralmente a ridere gridando "sì sì sì!" sentendosi allagare dallo sperma, potevo vedere i suoi dentoni a venti centimetri da me. Nessuna si ricordò della condizione posta da Ilaria: non venirci dentro. Anche se onestamente non credo che si riferisse a quello. Calò il silenzio, così come il ragazzo calò sulla schiena della sua ultima preda. O per meglio dire, precipitò. Ansimava, mentre lei continuava a ripetere "sì sì" ma sempre più flebilmente, finché sbottò: "Mamma mia!". Una domanda ronzava nella testa di tutte: è finita qui? Nessuna di noi sapeva se quel poveraccio (oddio, fino a un certo punto...) avrebbe retto un altro giro. La passione tra me e la ormai ex cronometrista si era presa una pausa. Come sempre fu Ilaria a rompere gli indugi:

- Ragazze facciamolo riposare un attimo...

Io aggiunsi che, sì ok, ma sarebbe stato meglio che si riposasse dandosi almeno una lavata, ho sempre avuto una certa attenzione all'igiene dopo i giochini con la porta posteriore. Al momento non sapevo neanche io se mi sarebbe piaciuto fare un altro giro. In realtà sognavo un threesome che sarebbe stato impossibile da realizzare, vista la presenza delle altre. Avrei voluto fare con calma, recuperare Enrico e farmi scopare un'altra volta ma affondando la faccia nella fica della mia amante, o leccarle il viso ricoperto di sperma. O varie altre cose ancora, non sto qui ad elencarvi tutte le possibilità.

Ma niente di tutto questo avvenne. Le due innamorate si presero ancora una volta cura del ragazzo mentre io, Ilaria e la quasi albina restammo a guardarci. Capii che sì, mi andava di fare un altro giro. Sì, non vedevo l’ora che Enrico tornasse e... sì, ero quasi gelosa delle ragazze che lo avevano sequestrato. E guardando le altre due avrei giurato che la pensavano come me. Era scattata qualcosa che non c’era mai stata fino ad allora. Quando Enrico tornò ci ritrovammo tutte completamente nude, come lui. In secondo luogo, eravamo cadute in una specie di servizievole adorazione del nostro maschietto. “Vuoi qualcosa?”, “che possiamo fare per te?”, “un caffè ti andrebbe?”: ognuna di noi si sforzava di mostrarsi premurosa verso di lui. Spuntò addirittura una confezione magnum di Toblerone, come se fosse un invito a fare il pieno di zuccheri e a riprendere presto le forze. Io andai a recuperare una sigaretta dalla borsa e gliela accesi. Era esaltante ma anche un po’ deludente, quello spettacolo di esuberanza femminile si era rapidamente trasformato nell'adorazione di Sua Maestà il Cazzo. Enrico se ne stava lì bello tranquillo a fumare con il suo sorrisino inebetito e noi ad assoggettarci attorno a lui. Persino la quasi albina sembrava avere rapidamente dimenticato le nostre effusioni e essere diventata una etero integralista, ci mancava solo che qualcuna gli mettesse una corona in testa, visto che lo scettro lo aveva in mezzo alle gambe. Ero in disappunto, ma non feci nulla. Se qualcuna mi avesse detto “vattene pure se non ti interessa” non lo avrei tollerato.

L’epilogo però non fu questo. Enrico chiese qualcosa e tutte noi guardammo la morettina schiappettare cinguettando verso la cucina. Seduta accanto a lui, Ilaria gli tracciava disegni tra i capelli con una mano e con l’altra gli accarezzava il cazzo. La vedemmo chinarsi per dargli qualche succhiatina e poi risollevarsi soddisfatta.

- Ragazze, il maschione è tornato – disse.

Quelle parole non annunciavano solo la ricomparsa di un’erezione di cui potevamo accorgerci da sole, erano una specie di segnale che preludeva ad un nuovo colpo di scena.

- Scopiamocelo ancora un po'! – propose quella che se lo era fatto per prima, interpretando il desiderio di tutte.
- Ragazze, me volete ammazzà – rispose Enrico un po’ tronfio, sicuro di sé. Evidentemente pensava tutto il contrario, pensava che se c’era riuscito una volta poteva castigarci ancora e per bene tutte e sei.
- Sì – disse Ilaria salendogli sopra e riprendendoselo dentro – è esattamente quello che faremo… ah!
- Scopiamolo finché non crepa! – ci incitò la commessa.
- E poi continuiamo a scoparlo! - gridò la moretta appena ritornata.
- C’è sempre il rigor mortis... – aggiunse la cronometrista.

Sottomesse un cazzo, mi dissi, le iene sono ancora qui. Era come se fossimo un unico cervello affamato di ormone del piacere, in crisi di astinenza da serotonina. Quella specie di gang bang al contrario ci aveva stravolte, sbavavamo dalle labbra di sopra e da quelle di sotto, si poteva quasi sentire l’odore. Eravamo in uno stato di alterazione anche un po’ spaventoso. Però mi eccitava, non stavo più nella pelle immaginando di godere per me stessa e attraverso le altre. Mentre il corpo matronale di Ilaria saltava sul cazzo di Enrico spronandolo a fotterla, la quasi albina mi accarezzò il culo sussurrandomi “ho delle idee…”, tremai e corsi con le dita a sgrillettarmi.

Ecco, giunta esattamente a questo punto mi svegliai. O meglio, tornai in me. Come alla fine di un dormiveglia, come quando sogni e continui a sognare anche se non sei del tutto addormentata. Nulla di quanto vi ho raccontato era accaduto davvero. Ilaria non aveva mai proposto nulla, la commessa e la quasi albina non erano mai tornate sui loro passi, se ne erano andate. Enrico stava abbandonando la scena quasi sorretto dalle sue pretendenti, palesemente strafatto o straubriaco e comunque incapace di trovare da solo la via di casa. Con tutti i suoi abiti al loro posto, chiaramente, così come altrettanto chiaramente noi eravamo vestite di tutto punto. Ilaria si guardava intorno domandandosi da dove avrebbe cominciato l'indomani a rimettere a posto, io cercavo di sollevarmi dalla poltrona sulla quale mi ero sbracata. Si avvicinò e mi disse “Annalisa, se vuoi restare a dormire c’è posto”. Le sorrisi e rifiutai, assicurandole che avevo già recuperato. Mi preparai a disattendere tutte le raccomandazioni che i miei genitori mi avevano sempre fatto: è meglio sapere che resti a dormire fuori piuttosto che pensarti in giro da sola in piena notte. In effetti avevamo fatto le tre e mezza. Ma non me ne preoccupai. Non mi avrebbe dato fastidio, prima di mettermi a letto, camminare un po’ sentendomi umida tra le gambe. Anzi.


FINE

scritto il
2024-01-31
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