Sogni, incubi e cose che non ho mai fatto - 1

di
genere
etero

Un viaggio nella fantasia lo abbiamo fatto tutte, almeno uno. Non ditemi di no, non ci credo. E ok, anche i maschi. Ve li raccomando quelli. Anzi, pensano di avere il monopolio. Soprattutto quando sono convinti di essere loro i cacciatori e le femmine le prede. Prede da spogliare, in senso figurato, dalla loro corazza di romanticismo e timidezza e, soprattutto, da istruire. Tipo "con me farai cose che non avevi mai neanche lontanamente immaginato". Ah, davvero?

Ce ne sono, hai voglia se ce ne sono. Di solito sono quelli con la testa piena di stereotipi e che di fantasia ne hanno proprio pochina. Che pensano che le ragazze non dovrebbero sognare a occhi aperti cose disdicevoli perché, è chiaro, le cose disdicevoli sono un privilegio maschile. Non mi sembra di avere mai fatto dediche nei miei racconti (o pochissime, se le ho fatte) ma stavolta faccio un'eccezione a beneficio proprio di questi tipi qui.

Ok, non a tutte piace quello che piace a me. Lo so benissimo. Alcune sono davvero romantiche, e va bene così. In fondo siamo diverse, questo è il bello. Tuttavia, miei cari, proverò a svelarvi una cosa che nel 2024 non dovrebbe essere un segreto già da un bel pezzo, ma che evidentemente per voi lo è ancora: la maggior parte di noi fa sogni peggiori della maggior parte di voi, solo che li fa in modo differente e spesso incomprensibile a una certa rozzezza maschile. Abbiamo fantasie più ardite e desideri più raffinati. Siete voi che non capite.


SCEMA ABBASTANZA

Scema abbastanza da rispondere al messaggio di uno che manco so chi sia ma che ho in rubrica. Cinque minuti interi per capire chi è e dove l'ho conosciuto.

Scema abbastanza da accettare l'invito a un dopocena, ma non mi va di restare a casa.

Scema abbastanza da arrivare all'appuntamento e accorgermi che... cazzo, ma questi quanti sono? Ah, no, gli amici del calcetto. Si salutano e se ne vanno, un paio mi squadrano. Non era una trappola. Attraversiamo la strada e entriamo in una specie di club dove va forte la tequila.

Scema abbastanza da essere me stessa, senza mettermi addosso qualche travestimento dei miei: supponente ragazza viziata, oca fulminata, studentessa brillante ma repressa, povera vittima appena tradita dal fidanzato, ragazza con fidanzato gelosissimo ma perdutamente troia. Nulla di tutto ciò, sono Annalisa, sono quella che hai conosciuto a Testaccio quella sera che ero insieme a Tiziana e al suo manzo.

Scema abbastanza da non riconoscere in tempo che sì, è un ragazzo a posto, però alla fine un po' mi stavo annoiando.

Scema abbastanza da accettare un secondo invito, ma il dj set è allettante e lui ha gli ingressi.

Scema abbastanza da passare a prenderlo IO, anziché lui, per arrivare quasi dall'altra parte di Roma in orario.

Scema abbastanza da non avere pensato che, a partire dall'orario previsto, bisogna calcolare almeno un'ora in più prima che il beat cominci a martellare.

Scema abbastanza da salire da lui a farci quattro parole, una birra e ridere un po' generosamente alle sue battute.

Scema abbastanza da pomiciucchiarci.

Scema abbastanza da fargli un bocchino prima di andare: "Ti va di succhiarmelo?", "ahahah pensavo che non me lo chiedessi più".

Scema abbastanza da permettergli di toccarmi una coscia mentre guido. Lo fa senza particolare arroganza, più che altro con la certezza di avere fatto una conquista.

Scema abbastanza da scatenarmi e baciarlo mentre ballo, giusto per far credere ai suoi amici che sì, ha fatto una conquista. Sempre quelli del calcetto, i suoi amici, più un altro paio, più due ragazze che vanno e vengono e non ho mai capito se facessero parte della banda.

Scema abbastanza da familiarizzare.

Scema abbastanza da familiarizzare perché mi sono calata di madama e ho esagerato con la vodka.

Scema abbastanza da sghignazzargli addosso "al ritorno guidi tu".

Scema abbastanza da rispondergli "sì" quando mi domanda "dopo passiamo da me?".

Scema abbastanza da mettermi a guardare i suoi amici così attentamente che uno quasi quasi ci prova. Ma c'è da dire che a parte un paio non sono niente male. Non che siano una squadra di pallavolisti brasiliani, ma sappiamo che non succede spesso di trovare tanti ragazzi carini tutti insieme.

Scema abbastanza da osservarli spingendomi quasi ai confini del flirt.

Scema abbastanza da rispondere ancora una volta "sì" quando mi dice "andiamo?".

Scema abbastanza da non dirgli l'unica cosa che andrebbe detta, l'unica cosa che andrebbe fatta e che ovviamente non dirò né farò.

Non mi va di scopare con te.
A dire il vero non mi va di scopare neanche con loro.
Dovreste portarmi su quel cazzo di campo di calcetto.
Dovreste disporvi in circolo e mettermi in mezzo.
Nuda, inginocchiata, con le mani sulle cosce.
Sorridente e a occhi chiusi
Ascoltando i rumori e i sospiri mentre ve li menate.
Aspettando i vostri schizzi caldi sulla pelle.
Giocate, divertitevi. Se volete do il calcio di inizio, poi me ne vado a casa.


MEZZI PUBBLICI (PENSIERI PRIVATI)

La scelta se mettersele o non mettersele è in genere meditata. È una cosa che da subito ti impone una certa disciplina. Sai che dovrai stare attenta a come ti muovi, a come cammini, a come ti siedi. Probabilmente dovrai scegliere un'altra gonna o un altro vestito, perché ciò che avevi in mente è davvero troppo corto. E inoltre, sapere più o meno come e con chi finirai la serata è un conto, prima o poi lui se ne accorgerà e a quel punto tu gli lancerai ridacchiando, perché quasi sempre scappa un risolino imbarazzato, un'occhiata del tipo "era ora". Se invece non hai nessuna idea di quale sarà lo sviluppo degli eventi, beh, le cose cambiano radicalmente. Ci sarà sempre una sorta di autocontrollo che ti impone di ricordarti che non le hai, e questo autocontrollo ti manterrà per tutta la sera in uno stato di leggera ma costante tensione. In alcuni momenti l'accumulo di questa tensione ti porterà pure a pensare "madonna, perché sono così zoccola?".

Quando invece non si tratta di una decisione che hai preso tu è tutta un'altra cosa ancora. E non mi riferisco a quei giochini in cui soddisfi, eccitata, qualche piccolo ordine come "ci vediamo alle undici, vieni senza". No, non sto parlando di questo.

Sto parlando invece di me stessa avvolta in un accappatoio e con i capelli ancora bagnati che, piegata sopra una panca, rovista dentro la borsa della palestra smadonnando: ma come CAZZO È POSSIBILE che le ho lasciate a casa? Può succedere, non è la prima volta.

Ho sempre frequentato palestre abbastanza vicine a dove abitavo/abito, per cui rimettersi la tuta o anche degli indumenti sudati non sarebbe un dramma. È però la prima volta che non solo non devo tornare a casa, ma che mi sono portata anche un cambio per l'aperitivo con le amiche: il vestito preso alla Rina una settimana fa e un paio di tronchetti che io chiamo "da guerrigliera" ma che costano una vergogna (un regalo) e che non vedevo l'ora di mettere.

Vaffanculo.

Rapida ricognizione mentale dei negozi qui in zona: non mi viene in mente niente, neanche uno straccio di Intimissimi. Niente.

Vaffanculo 2, la vendetta.

A tornare a casa non faccio in tempo, rimettersi quelle sudate e starci tutta la sera è escluso. Rinunciare all’aperitivo mi sembra eccessivo, anche se per un po' ammetto che ci penso. Per cui si fa buon viso a cattivo gioco e soprattutto si fa molta molta attenzione.

Nello specchio vedo una donna che si sta dando l’ultima controllata prima di andare via. Ero così incazzata e distratta da non avere fatto caso a lei. Chissà se ha visto la gonna del vestito coprire le mie chiappe nude e, nel caso, cosa ha pensato. È mille volte più imbarazzante questo che girare come mamma mi ha fatta per lo spogliatoio. Mi siedo per infilarmi gli ankle boots, faccio molta cura a tenermi la gonna del vestito incollata alle cosce. Faccio manovre innaturali, soprattutto ora che mi sono accorta di essere guardata. Lei continua a osservarmi per qualche secondo, se ne va. Chiudo il borsone nell'armadietto e vado anch'io, sperando che tra stasera e domani non faccia la muffa. Mentre cammino mi accendo una sigaretta per distrarmi e non pensare al fresco che sento al piano di sotto.

Per raggiungere il luogo dell’appuntamento devo prendere il tram. È lo stesso che uso per andare all’università, solo in direzione opposta. Faccio un'attenzione pazzesca per salire i gradini, sembro legata alle caviglie per quanto sono goffa. Eppure in altre situazioni sono stata molto più disinvolta, ma magari ero arrapata, magari ero brilla. Il tram è abbastanza vuoto, grazie al cielo. Odio essere strizzata dalla calca. Per non parlare delle mani. Ci sono luoghi in cui trovo divertente che, in modo clandestino, qualcuno si ingegni di toccarmi il culo, tipo in disco, ma sui mezzi pubblici proprio no, ecco. Va bene che qui parlo delle mie fantasie, ma questa non l'ho mai avuta. C'è chi le ha, beninteso: conoscevo una tipa che, nel corso degli anni, era partita da una tastata fugace per finire a raccontare di un ditalino vero e proprio. I gusti sono gusti.

Sul tram trovo addirittura un posto a sedere, me ne approprio cercando di rimanere composta e ripetendo le stesse rigide manovre di prima nello spogliatoio. Vorrei incollarmi le cosce l'una all'altra. Sistemo gli auricolari e faccio partire la musica, sposto le gambe per fare spazio a una donna che si è piazzata davanti a me. Alzo lo sguardo per scusarmi: è la donna della palestra. Non avevo idea che fosse salita anche lei.

Ci guardiamo, ci sorridiamo come a dirci di esserci riconosciute, lei continua a fissarmi per un po’, qualche secondo.

E per qualche secondo penso che stia per dirmi che sa tutto. Che stia per chiedermi una cosa tipo “ti capita spesso di uscire senza?”, con quel mix di ironia e leggera riprovazione di chi ti ha già giudicata e con quella domanda in realtà ti sta dicendo “le conosco quelle come te”. Oppure, peggio ancora: "come mai ora sei in trouble mentre certe sere accavalli le gambe scommettendo con te stessa su chi se ne accorgerà per primo?".

E io… beh, io trattengo il respiro immaginando che me lo dica, che anche se rimarrà una cosa tra noi due mi svergogni. Lo vorrei tantissimo, lo avverto quasi come un bisogno, mi sembra di sentire la sua voce severa: "Puoi metterti tutti i Michael Kors che ti pare, camminare su tutte le Louboutin che vuoi, ma ti si legge in faccia cosa sei".

Varrebbe per tutte le volte che sono uscita di casa senza o che sono tornata a casa senza, per tutte le volte che le ho consegnate a qualcuno, che la mano di qualcuno (o qualcuna) si è fermata sorpresa. Che qualche ragazza ha lodato il mio coraggio e la mia troiaggine sorridendo e ironizzando "bella ceretta", che qualche ragazzo mi ha infilzata di nascosto con un dito sussurrandomi "ingresso libero, vero?".

Dimmelo dimmelo dimmelo, imploro in silenzio mentre mi stringo in me stessa, stringo le gambe e anche la fica mi si stringe in un crampo. Non riesco più a guardare la donna, mi sento rossa in viso e ho abbassato gli occhi. Quando rialzo lo sguardo non c’è più, è scesa o ha cambiato posto. Deve avere pensato che sono strana, pazza, bene che vada che mi sento male.

Scendo. Una fermata prima di quando dovrei. Sono sempre stravolta ma un po' più presente a me stessa, ora. Chissà come fanno certe cose ad entrarmi in testa, a prendere il dominio di tutti i miei pensieri.

Ho voglia. Una di quelle voglie che dovrò soddisfare in un modo o nell’altro. Mi do tempo massimo due o tre giorni, mi conosco.

Ho voglia di vedere le amiche, di bere e di parlare di maschi. Ho voglia di eccitarmi così, di conoscere qualcuno e fare la civetta. Ho voglia di domandare “hai la macchina? mi accompagni a casa? o prima vuoi portarmi da qualche parte?”. Ho voglia di sentire questo fresco di sotto, questo caldo di sotto.


DOMOPACK

- Devo dirti una cosa, non ti offendere.
- Dimmi.
- Il domopack gusto fragola mi fa schifo.
- Perché?
- E anche gli altri gusti, troppo artificiali.

Non ho mai capito il piacere di farsi succhiare il cazzo con un preservativo. Voglio dire, mentre scopi magari sì, ci sono dei momenti in cui un richiamino ti va di farlo oppure è lui che chiede/obbliga. E se usate il preservativo, beh, mica puoi stare lì a toglierglielo e rimetterglielo, no? Non mi sono mai stati simpatici, i preservativi, anche se ne riconosco l’utilità e, molte volte, l’indispensabilità. Ma un pompino... l'ho sempre odiato. Eppure c'è chi li preferisce così... E non avete idea delle facce disgustate che ho incrociato due-tre volte quando ho chiesto "me lo svuoti in bocca?". Cavolo, che c'è? Due ore fa nemmeno ci conoscevamo e adesso ti ho fatto venire dentro un cazzo di pezzo di lattice, pensi che sia Santa Maria Goretti? Era solo un pompino, ok, ma pur sempre sesso! Ce la vorrai mettere un po' di perversione, no?

(se però volete un consiglio, provate in un bicchiere e aggiungete un po’ di vodka).

Comunque, la verità è che il gusto dei preservativi mi facesse schifo l’ho sempre pensato ma non l'ho mai detto a nessuno, è una delle cose che avrei voluto fare e che non ho fatto. Ho subìto sempre, sono sempre stata troppo buona.


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2024-01-31
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