Gita in barca

di
genere
tradimenti

“Dario, mi stai dicendo che se uno è maritato o zitu e fotte in altri lidi è uno fico.”

“Alfredo, è sempre stato così. La zita a casa, la moglie a lavare i piatti e con i picciriddi, e lui a fottere ogni fica che incontra. Più ne scopa e più è uno fico. Accussì è.”

“Si, accussì è cosa giusta. Ma chi ci trasi a fimmina? Tu dici che una picciotta, zita o maritata, può futtiri cu’ vuole? E non dobbiamo dire che è una pulla?”

“Alfredo, picchì noi fichi e idde pulle? Nel 2024 siamo. Echecazzo! Ragioni come un vecchio.”

“Darioooo, nun t’allargare. Se una zita futti u cazzu che non è chiddu dello zito, pulla è. E iddu è un cornutazzo.”

“Retrogrado sei Alfredo.”

“E tu si fausu.”

“Alfredo! Che cazzo dici?”

“Dario, uomo moderno! Tu zito sei e, siamo nel 2024. Tu, sabato l’altro, ti futtisti a spagnuola, giovedì la romana e venerdì chistu la bonazza. Uomo fico, sei.”

“Eh! E quindi?”

“Quindi, se sabato l’altro a to’ zita si futtiu u spagnuolo, e giovedì un rumanu l’ho ficcò ‘ntra u so’ culu, come hai fatto tu alla romana, è venerdì Idda ci sucò l’anima e u cazzu a un bonazzo, fica è! Fussi mai na Pulla, Dario?”

Minchia! Lui elencava ed io impazzivo. La mia zita, il mio amore, a scopare con lo spagnolo? No! Mai!

La mia Rita queste cose non le fa!”

“Dario, ma Sebastiano in Spagna come lo chiamano?”

“Che cazzo ne so! Perché lo vuoi sapere?”

“Miiii! Sgorbutico diventasti. Lo cerco su Google. Talia, Sebastian si dice! Buono, accussì non s’e confusa.”

“Alfredo, che cazzo stai dicendo? Di cosa parli?”. Intanto, la mia mente aveva l’immagine, nitida, di Rita messa a pecora, col romano che le trivellava il culo. No! La mia Rita, no!

“Chista troppo bedda è. Tu che sei istruito, come la traduci? Aspetta che la leggo: Sebastian se perdió en el bosque de Rita. Dai! Dario, non prendertela. Siamo nel 2024, la tua zita è una fica. Mica è pulla.”

“Alfredo, stai esagerando.”

“Io? Tu incominciasti. 2024, 2023. Ficchiamo noi, ficcano loro. Chidda m’ha sucò troppo brava assai, ma come fa i pompini la mia zita agli altri non li fa nessuno. Idda è una fica, mica rimane a taliare amici finché non torno a casa, dopo una bella ficcata. No, Dario? Confuso sei?”

“Ma no, Alfredo. Lo so che babii.”

S’è fatto serio. A che rideva, a che si è oscurato.

Il suo sguardo mi ha penetrato gli occhi, il messaggio da siculo a siculo. Picchì dire, quando gli occhi hanno già detto tutto?

“Babbiu, Dario? E picchì devi stare scantato? Chiamala, a Rita. Talia unne. Macari e con le amiche.”

“A quest’ora? Manco le nove del mattino, sono.”

“Chiamala, Dario.”

Siciliani siamo e quando per dire “chiamala, Dario” impieghi lo stesso tempo di uno che sta leggendo gli orari dei treni dell’intera giornata, stai dicendo “io so, t’ha scantare.”

“E chiamiamola. Se si incazza perché l’ho svegliata, glielo dico che sei stato tu a insistere”

“Tranquillo, sveglia è. Troppo sveglia.”

Il telefono squilla, ma lei non risponde; finché non cade la linea.

“Alfredo, u vidisti? Dorme! Non ha risposto.”

“Uhm! E tu richiamala.”

“Ma che caz..”. Mi squilla il telefono, è Lei.

“Rita, amore. Scusami, t’ho svegliata. Io non volevo disturbare, ma sai. Voglia di sentirti.”

Quello che sento è il suo fiatone però.

“Amore, ma hai il fiatone. Sotto la doccia eri?”

“No!..Si! Dario, amore mio..”

“Rita, dimmi. Che successe? Non mi fare stare preoccupato.”

“Amore, a mare sono.”

“A mareeeeee! Con le tue amiche? E picchi non lo dicevi che andavi a mare?”

“No, ma quali amiche. Carmelo e Sebastiano te li ricordi? Universitari come a mia”

Carmelo e Sebastiano?! Due fimminari incalliti! Il sangue alla testa ho.

Stai calmo, Dario. Mi dico. Respira. Uno, due, tre.

“Fammi capire. Tu sei a mare con Carmelo e Sebastiano? E quando fu decisa questa cosa?”

“Ieri, amore. Ma ti da fastidio? Amici sono.”

“E unni siete? Qual è la spiaggia?”

Silenzio!

“Rita?”

Mi risponde con un filo di voce:

“No, amore. Niente spiaggia. In barca siamo. Il cabinato di Sebastiano è. Troppo bello. Dai! Smettetela! Lasciatemi tranquilla! Sono al telefono col mio zito. Smettetela!”

“E che è! Geloso è. Diglielo che siamo nel 2024.” La voce di Sebastiano m’arrivò.

Rita m’ha chiuso la telefonata.

Io, io non capisco. Guardo nel vuoto.

Vedo solo Alfredo che si avvicina e che mi passa un braccio intorno alle spalle. Mi spinge.

“Vieni, amico mio. Andiamo a farci due birre anche se è presto. Brutto assai è, lo so. Ma chiste sunnu i fimmini del 2024. Chidde che ti dicono: ti piaciu futtiri a destra e manca? E futtu anch’io. Uno a destra e uno a manca”.
scritto il
2024-04-04
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