La mia prima ragazza - cap. 5

di
genere
tradimenti

La mattina dopo mi alzai pensando che 48 ore prima mi ero sentito il ragazzo più felice di questa terra e, in quel momento, mi sentivo vinto da un destino crudele perché Alice mi aveva detto di sì, ma solo per divertirsi alle mie spalle. Ecco! Quello poteva essere l’unico motivo per cui mi aveva detto di sì.

Volli metterla alla prova e le mandai un messaggino: “Ciao Alice, oggi ci sediamo vicini in aula?”
La risposta fu immediata: “No, Lucio. Non essere appiccicoso.”
Lessi e mi vennero le lacrime agli occhi. Le scrissi: “Ma tu non sei la mia ragazza! Mi prendi in giro.”

La sua risposta mi rincretinì del tutto: “Lucio non dire mai più queste scemenze. Io sono la tua ragazza e noi ci sposeremo e tu sarai il padre dei miei figli, non ci voglio più tornare su questo discorso. Ora devo andare perché ho un appuntamento importante, devo vedere un amico e chiarire delle cose. Non mi chiedere mai chi è di cosa dobbiamo parlare, ricordati che tu che non puoi chiedermi nulla.”
“Ma, Alice. Mi stai dicendo che ti vedi con uno che ti scopa. Che dovrei chiederti, quando me lo dici tu?”
“Lucio, non hai capito.”

Che potevo fare? Lasciarla? La ragazza più bella dell’università era la mia ragazza, uno sfigato, e dovevo lasciarla? Però, non la capivo proprio.

Entrai in cucina, dove trovai mio padre.
Dopo uno scambio di battute di poca importanza e con poca voglia da parte di entrambi di parlare, improvvisamente, mio padre mi fece una domanda ed a me cadde a terra la tazza del latte, per lo stupore: “Lucio, Alice ti ha detto se è vergine?”

Diventai rosso, presi la scusa di raccogliere i cocci per non guardarlo negli occhi e farfugliai parole senza senso.

Mio padre si alzò e si chinò vicino, aiutandomi a raccogliere i frammenti da terra. “Ragazzo, lo capisco che per te è dura, ma hai voluto una ragazza bella e questo vuol dire che avrai a che fare con mille squali. Quel Marcello, ad esempio, è uno di loro.” Mi scompigliò i capelli, sorridendomi.
“Ma tu non devi preoccuparti di questi squali che, alla tua età, insicuro e inesperto come sei, ti sembrano avversari imbattibili, ma che, in effetti, sono quattro coglioncelli. Io, noi ti abbiamo fatto una promessa e la manterremo, ma tu devi fare la tua parte.”
“Papà, io non lo so se Alice è vergine, ma due sere fa, in discoteca, Marcello ha detto…”
“Lascia perdere cos’ha detto quel coglione. Per te, Marcello è passato remoto.”
Non capii cosa volesse dirmi. Mi vestii ed andai all’Università.

Appena arrivai, mi accorsi che tutti stavano parlando di qualcosa. C'era un continuo bisbigliare e un continuo riportare nuove notizie. Parlavano di Alice!

Alcuni avevano sentito voci sempre più forti provenire da un’aula dove non si tenevano lezioni, con la porta chiusa a chiave, e in molti avevano riconosciuto, in quelle voci, quelle di Alice e di Marcello.

Poco dopo, quando ancora i presenti, radunatisi lì vicino, cercavano di comprendere cosa stesse succedendo, la porta fu aperta e, dall’aula, uscì Marcello che, vendendo il capannello davanti a sè, sorrise a tutti e si dileguò. Due minuti dopo, uscì Alice, piangendo. Tutti dissero che Marcello avevano rotto con Alice, la mia ragazza!

Ripensai alle parole di Marcello dell’altra sera, al telefono, fuori dalla discoteca. Si era mostrato sicuro che Alice, lasciandola, dopo una settimana di pianti e di depressione, sarebbe tornata ai suoi piedi, per farsi sborrare in bocca da lui e dai suoi amici. Immaginai la scena e mi si indurì la minchia. Non pensai minimamente a quanto mi aveva detto mio padre, in cucina.

Stavo ancora pensando ad Alice con lo sperma di Marcello in bocca, quando mi raggiunse Armando: “Lucio, hai sentito la notizia?”
Risposi: “ben gli sta. Andiamo a cercare dove sono Marcello e Alice, così capiamo la situazione."

Trovammo il gruppo di Marcello al piano di sotto. Marcello era sorridente e si stava vantando con gli amici, gesticolando in maniera eloquente. Gli amici lo idiolatravano, continuando a fare segno di si con la testa ad ogni suo gesto, e ridevano tutti.
Non ebbi difficoltà a comprendere quei gesti: “mi segava così”, “me lo succhiava sino alle palle”, “l’ho scopata a pecora.” “Eravamo in due.” In verità, non mi aspettavo una reazione simile da Marcello.

Nella parte opposta dell’Università, in una piccola aula studio, trovammo Alice con le due amiche più fidate, Melissa e Giorgia. Era visibilmente triste, con il broncio. Tentai di avvicinarmi, ma Giorgia ci cacciò via in malo modo.

Mi chiesi se, passata una settimana, sarebbe accaduto quanto aveva predetto Marcello. Mi allontanai da Armando e telefonai a mio padre, anche se stava lavorando. Ero sicuro che lo avrei disturbato come la volta precedente, quando mi rispose con la voce affannata e quando una delle segretarie gli aveva fatto male, ma non mi importava.
Invece, mi rispose al primo squillo e con voce serena.
Lo aggiornai e rimasi sorpreso dalla sua indifferenza, come se già sapesse cosa fosse accaduto, poi gli feci le due domande per cui lo avevo chiamato:
“Papà, tu pensi che Alice tornerà insieme a lui?”
“Lucio, caro ragazzo, Alice vorrà tornare con quel deficiente, ma non ne avrà la possibilità.”
Non compresi le parole di mio padre e feci la seconda domanda: “papà, ma se ci torna assieme, Lei, accetterà di fare i pompini a tutti i ragazzi del suo gruppo, ed ingoierà la loro sborra?”
Mio padre fu duro: “Lucio, a noi non interessa cosa vorrebbe Alice, ma la sborra di quei ragazzi non la ingoierà.” e chiuse la telefonata.

Mi sentii tranquillizzato dalle parole di mio padre. Solo dopo qualche giorno ripensai a quello che mi aveva detto. “A noi”, ma noi chi? Di chi parlava? E poi: “la sborra di quei ragazzi non la ingoierà.” Perché aveva specificato che non avrebbe ingoiato la sborra di “quei ragazzi”? Di altri, si? Ma mio padre come faceva a sapere tutte queste cose su Alice?

La settimana passò ed io non vidi segni di riavvicinamento tra Alice e Marcello. Ogni giorno, seguivo entrambi per capire la situazione. Da una parte, vidi Marcello sempre raggiante, fiero di sè e della sua decisione. Dall’altra, vedevo Alice sempre imbronciata, intrattabile, con gli occhiali neri, come per coprire le tracce di pianto.
In quella settimana, Alice prese tre cappuccini con me, seduti al bar insieme alle sue due amiche, e non spiccicò mai una parola.

Erano trascorsi otto giorni dalla loro lite quando vidi Alice, fuori dall’Università, al braccio di Marcello. Iniziai a seguirli, sotto la pioggia. Camminavano a braccetto, parlavano e ridevano, sembrava che si fossero riappacificati. Dopo dieci minuti, arrivarono sotto casa di Alice e si fermarono al riparo della pensilina del portone, rimanendo a parlare.

Approfittai dell’ombrello aperto per avvicinarmi senza farmi riconoscere e mi fermai poco prima di raggiungerli, dando loro le spalle. Potevo sentirli.
“Ci sono i miei, non posso farti salire.”
Ma non hai una cantina?"
“La cantina e' sporca e ci possono essere i topi"
" L'ascensore lo si puo' bloccare?"
"Marcello, non e' possibile, non vivo da sola, nel palazzo"
"Ti ricordi il discorso, che ti ho fatto?"
"E quello che ti ho fatto io, te lo sei gia' dimenticato?"
"Sai che tutte le ragazze, si metterebbero con me?"
"Lo stesso vale per me. Tutti i ragazzi, si metterebbero con me.”
Quello si era messo a ridere. “Ma tu puoi averli tutti i ragazzi che si vorrebbero mettere con te. Tanto lo sai cosa vogliono veramente da te. Vuoi che te lo ricordi? Culo, bocca e fica.”
“Marcello, quando fai così non mi piace.”
“Non mi sembra che l’altra sera non ti sia piaciuto.”
“Ma cosa c’entra? Tu non hai capito?”
“Alice, cosa non ho capito? Adesso mi vuoi dire che non ti piace l’idea di avere un cazzo nella fica mentre ne hai un altro in bocca?”
“Marcello, non ho detto questo!”
“Oppure non ti piace, l’idea di segare cinque cazzi che ti circondano, sino a farli sborrare?”
“Marcello, non ho detto nemmeno questo!”
“Lo sappiamo cosa non ti piace: l’idea che ti sborrino in bocca e di ingoiare lo sperma, quello mio e quello dei miei amici.”
Questa volta Alice rimase zitta e quello continuò.
“Ma non mi importa se non ti piace, se ti fa schifo il sapore dello sprema. Ho deciso che basterà bloccarti la testa con le mani mentre scarichiamo il nostro sperma nella tua bocca, sino in gola. Farai storie, ma poi ti piacerà.”

In quel momento mi chiesi perché mai Alice rimanesse ad ascoltare tutte quelle schifezze, invece di salire subito a casa sua, ma non ebbi il tempo di pensare oltre.
Sentii Marcello dirle: “ è troppo duro. Così non posso rimanere.”
“No! Marcello, ciao.” Vidi Alice dare un bacio sulle labbra di Marcello e girarsi verso l’androne, ma quello l’aveva bloccata: “Ti ho detto che devo scaricare. Almeno una sega me la devi fare!”

Fu la fine! Due ragazzini stavano correndo e uno mi finì di sopra; io volai a terra e Marcello mi vide, Alice rimase immobile.

Io ero ancora a terra, quando gli sentii dire: “Vuoi che lo gonfi di botte? Questo continua a spiarci."
Alice mi guardò negli occhi , mi sorrise, mi diede una carezza e mi aiutò ad alzarmi. Poi si girò verso Marcello e gli disse: "Gonfialo di botte." E Marcello, iniziò a prendermi a pugni.

Prima di perdere conoscenza, vidi Alice allontanarsi.
Seppi solo dopo che Marcello fu fermato da alcune persone scese dalle loro macchine e che fu chiamata la polizia e lui fu arrestato, mentre io fui portato via in ambulanza.
Un amico di mio padre, uno di quelli scesi dalla macchina per difendermi, disse che Alice guardava la scena dalla finestra della sua camera.
Il primo a venire in Ospedale fu mio padre. Non mi chiese come mi sentissi; mi disse solo: “Lucio, hai visto? Quel cretino non sarà più un problema e stai certo che lui, da oggi, non potrà scopare Alice.” e andò via.

Mi sentivo pieno di dolori. Avrei avuto mille cose su cui pensare, ma mi giravano in testa le parole di mio padre “lui, da oggi, non potrà scopare Alice.”. Quindi l’aveva scopata prima! La notte, in discoteca! Poi, perché “Lui”? Allora, altri la scopavano! Mio padre, poi, non aveva citato gli amici di Marcello e, i più fidati, erano quattro. Mi tornò in mente una frase di Marcello, lì sotto la pensilina, davanti il portone di Alice: “non ti piace, l’idea di segare cinque cazzi che ti circondano, sino a farli sborrare?”
Pensai se Alice si sarebbe accontentata di segare quattro cazzi che la circondavano, sino a farli sborrare. E mi si rizzò la minchia.
scritto il
2024-04-10
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