Papà va soddisfatto. Parte seconda
di
Gregorio
genere
incesti
Quella che descriverò adesso è la situazione che si è venuta a creare dopo circa un anno dal primo episodio incestuoso nella nostra famiglia, nella quale nostro padre ha cominciato ad usare me e mio fratello come giocattoli sessuali.
Superata la fase in cui, come ho scritto nella prima parte di questo racconto, “tutti ci abbiamo fatto l’abitudine”, è iniziata la fase in cui io e mio fratello abbiamo cominciato a sviluppare un desiderio sempre più forte nei confronti di nostro padre, del suo cazzo poderoso e in particolare del suo sperma abbondante e denso.
Ormai eravamo noi a provocare nostro padre, anche quando lui non tornava a casa già in erezione. La scena tipica era la seguente.
Lui seduto in poltrona e noi che ci presentavamo di fronte a lui in mutande, coi cazzi duri come il marmo, la stoffa delle mutande già tutta bagnata di presperma, balbettando parole sconnesse tanta era la voglia, che ci mozzava il fiato:
“Papà… non riusciamo a pensare ad altro…” dicevo io. “La mia fidanzata l’ho dovuta lasciare, papà… non riesco più a trombarla… desidero soltanto il tuo cazzo in bocca e nel culo” diceva Marco. In effetti lui, che era cresciuto come un classico ragazzo etero, si era trasformato, a furia di subire gli assalti di papà, in un gay cazzo-dipendente, ma soprattutto sborra-dipendente.
Papà ci guardava sorridendo, abbassava lo sguardo sulle nostre mutande scandalosamente gonfie e macchiate di bagnato, e diceva: “Ma lo sapete cosa siete diventati? Siete diventati peggio di due troie, siete diventati due cagne in calore permanente!”. Era un rimprovero, ma intanto noi, con lo sguardo fisso sul su pacco, potevamo constatare che iniziava a ingrossarsi.
Non poteva resistere a quella visione, andava in tiro e a quel punto ci faceva fare una cosa che gli dava un piacere immenso: laccargli insieme il cazzo. Per lui avere due bocche che si occupavano di dargli piacere sul cazzo contemporaneamente era fra le cose più eccitanti in assoluto, e noi due, appena lo tirava fuori ci inginocchiavamo e ci davamo dentro avendo imparato i punti nei quali godeva di più lungo l’asta, sul filetto della cappella, al centro dei coglioni. In genere poi era Marco, che era diventato più gay di me, che si girava mostrando il culo bene aperto e iniziava a reclamare il cazzo: “Dai papà, adesso però ci devi fottere, basta con la pompa che non ne posso più, ho il culo che mi brucia per la voglia. Infilalo tutto su per bene, dai!”. Di solito poi Marco, tanta era la voglia che aveva, Non appena papà glielo aveva introdotto tutto fino in fondo e aveva iniziato a spingere come uno stallone, al terzo colpo veniva senza neanche toccarsi (da notare che nostra madre, che ormai aveva visto ripetersi la scena, si preparava davanti al cazzo di Marco per ricevere in bocca la sborra, mentre si sgrillettava il clitoride, e mandandola giù avidamente raggiungeva l’orgasmo). Poi però Marco pretendeva di ingoiare la sborra di papà, quindi glielo sfilava dal culo e iniziava a menarglielo con mano esperta. A quel punto però anch’io mi avvicinavo alla cappella di papà con la bocca spalancata, perché lui, arrivato all’orgasmo, la distribuiva equamente nelle nostre due bocche pronte a ricevere, come se innaffiasse dei vasi da fiori. “Ecco, troie, adesso per un po’ sarete soddisfatti… Aaahh, che meraviglia vedere come le vostre bocche si riempiono e poi le gole ingoiano… Sì cazzo!! Bevetela tutta, cagne sfondate!”
Eravamo così fissati ed abili nel dargli piacere, che nostro padre concepì l’idea di mandarci a lavorare come prostituti nel bordello per uomini che un suo amico aveva messo su di recente-
Marco ed io all’inizio eravamo un po’ reticenti. Quando però scoprimmo che lavorare in quel posto voleva dire farsi almeno venti cazzi al giorno, fummo sopraffatti dalla voglia e ci dedicammo con gusto a quell’attività. Il padrone del locale ci impose di avviare la PrEp e ci teneva sempre monitorati, in modo che potessimo ingoiare lo sperma di tutti i clienti, perché quella nostra passione per l’ingoio era molto richiesta, piaceva molto ai clienti (spesso uomini sposati insospettabili, con una voglia di maschio che li portava via, che volevano fottere ma anche succhiarci l’uccello, ma che gradivano sopra ogni cosa farselo succhiare e sborrarci in gola).
Nostro padre veniva a trovarci spesso, al bordello, e organizzava sessioni a cinque, nelle quali Marco ed io ci occupavamo insieme del suo cazzo mentre altri due prostituti gli ciucciavano i capezzoli, uno da una parte e uno dall’altra. Con questo servizio multiplo andava in visibilio e poi godeva lungamente, con fiotti di sperma caldissimi, rantolando come un mulo.
Commenti a gregorio19642022@libero.it
Superata la fase in cui, come ho scritto nella prima parte di questo racconto, “tutti ci abbiamo fatto l’abitudine”, è iniziata la fase in cui io e mio fratello abbiamo cominciato a sviluppare un desiderio sempre più forte nei confronti di nostro padre, del suo cazzo poderoso e in particolare del suo sperma abbondante e denso.
Ormai eravamo noi a provocare nostro padre, anche quando lui non tornava a casa già in erezione. La scena tipica era la seguente.
Lui seduto in poltrona e noi che ci presentavamo di fronte a lui in mutande, coi cazzi duri come il marmo, la stoffa delle mutande già tutta bagnata di presperma, balbettando parole sconnesse tanta era la voglia, che ci mozzava il fiato:
“Papà… non riusciamo a pensare ad altro…” dicevo io. “La mia fidanzata l’ho dovuta lasciare, papà… non riesco più a trombarla… desidero soltanto il tuo cazzo in bocca e nel culo” diceva Marco. In effetti lui, che era cresciuto come un classico ragazzo etero, si era trasformato, a furia di subire gli assalti di papà, in un gay cazzo-dipendente, ma soprattutto sborra-dipendente.
Papà ci guardava sorridendo, abbassava lo sguardo sulle nostre mutande scandalosamente gonfie e macchiate di bagnato, e diceva: “Ma lo sapete cosa siete diventati? Siete diventati peggio di due troie, siete diventati due cagne in calore permanente!”. Era un rimprovero, ma intanto noi, con lo sguardo fisso sul su pacco, potevamo constatare che iniziava a ingrossarsi.
Non poteva resistere a quella visione, andava in tiro e a quel punto ci faceva fare una cosa che gli dava un piacere immenso: laccargli insieme il cazzo. Per lui avere due bocche che si occupavano di dargli piacere sul cazzo contemporaneamente era fra le cose più eccitanti in assoluto, e noi due, appena lo tirava fuori ci inginocchiavamo e ci davamo dentro avendo imparato i punti nei quali godeva di più lungo l’asta, sul filetto della cappella, al centro dei coglioni. In genere poi era Marco, che era diventato più gay di me, che si girava mostrando il culo bene aperto e iniziava a reclamare il cazzo: “Dai papà, adesso però ci devi fottere, basta con la pompa che non ne posso più, ho il culo che mi brucia per la voglia. Infilalo tutto su per bene, dai!”. Di solito poi Marco, tanta era la voglia che aveva, Non appena papà glielo aveva introdotto tutto fino in fondo e aveva iniziato a spingere come uno stallone, al terzo colpo veniva senza neanche toccarsi (da notare che nostra madre, che ormai aveva visto ripetersi la scena, si preparava davanti al cazzo di Marco per ricevere in bocca la sborra, mentre si sgrillettava il clitoride, e mandandola giù avidamente raggiungeva l’orgasmo). Poi però Marco pretendeva di ingoiare la sborra di papà, quindi glielo sfilava dal culo e iniziava a menarglielo con mano esperta. A quel punto però anch’io mi avvicinavo alla cappella di papà con la bocca spalancata, perché lui, arrivato all’orgasmo, la distribuiva equamente nelle nostre due bocche pronte a ricevere, come se innaffiasse dei vasi da fiori. “Ecco, troie, adesso per un po’ sarete soddisfatti… Aaahh, che meraviglia vedere come le vostre bocche si riempiono e poi le gole ingoiano… Sì cazzo!! Bevetela tutta, cagne sfondate!”
Eravamo così fissati ed abili nel dargli piacere, che nostro padre concepì l’idea di mandarci a lavorare come prostituti nel bordello per uomini che un suo amico aveva messo su di recente-
Marco ed io all’inizio eravamo un po’ reticenti. Quando però scoprimmo che lavorare in quel posto voleva dire farsi almeno venti cazzi al giorno, fummo sopraffatti dalla voglia e ci dedicammo con gusto a quell’attività. Il padrone del locale ci impose di avviare la PrEp e ci teneva sempre monitorati, in modo che potessimo ingoiare lo sperma di tutti i clienti, perché quella nostra passione per l’ingoio era molto richiesta, piaceva molto ai clienti (spesso uomini sposati insospettabili, con una voglia di maschio che li portava via, che volevano fottere ma anche succhiarci l’uccello, ma che gradivano sopra ogni cosa farselo succhiare e sborrarci in gola).
Nostro padre veniva a trovarci spesso, al bordello, e organizzava sessioni a cinque, nelle quali Marco ed io ci occupavamo insieme del suo cazzo mentre altri due prostituti gli ciucciavano i capezzoli, uno da una parte e uno dall’altra. Con questo servizio multiplo andava in visibilio e poi godeva lungamente, con fiotti di sperma caldissimi, rantolando come un mulo.
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