A dull girl - 2

di
genere
etero

3)

Pochi tavoli di distanza fra noi. Decine di teste e di occhi. Centinaia di parole, brusii e risate. Ma sentivo solo te. Sentivo il tuo sguardo. Sentivo i brividi della tua presenza nella stanza. Come poco prima avevo sentito quelli delle tue labbra sulle mie. Delle tue mani fra i miei capelli. Della tua pelle sotto le mie dita. Ci eravamo staccati uno dall’altra. Ansimanti. “Dobbiamo andare…” Trovai la forza di sussurrare, con ancora la mano che ti accarezzava la guancia. “Altrimenti chissà cos'altro potrebbe dire Claudia?” Ridiamo insieme. Mi baci di nuovo. Delicatamente. Chiudo gli occhi. Sospiro. “Dai. Andiamo.” Ti sfioro le labbra con il pollice. E ora mi sfioro quel pollice mentre faccio finta di ridere alle battute delle colleghe vicino a me. Se lo avvicino al naso l'inconscio mi fa sentire il tuo profumo. Subdolo, maledetto inconscio che fa sognare ad occhi aperti. Fra prima e seconda portata, decidiamo di andare a rinfrescarci e poi accompagno Claudia e Stefania a fumare. Lo spettacolo che ci appare dalla terrazza è l’arco alpino che si staglia nel buio di una notte di luna piena, con le deboli luci dei primi paesi. Il bagliore della città in basso. Il rumore soffocato del traffico. “Noi rientriamo.” “Io resto ancora un po' a prendere aria. Lì dentro fa troppo caldo.” Guardando e respirando a pieni polmoni mi perdo in pensieri. Li riassumo in un sussurro. “E adesso?” Sospiro. Mi giro per rientrare. E sei lì. Nell’arco della vetrata. Ti sei allentato la cravatta. Hai un bicchiere in mano. Sorridi, ascoltando quanto ti sta dicendo l'amministratore delegato. Sei a tuo agio ovunque. Vi avvicinate. Io ho occhi solo per te, ma devo mantenere un certo contegno. Reggo la scena. “Sofia. Tutto bene?” “Certo Carlo. Prendevo solo un po’ d’aria.” Stringo la mano al “grande capo” e faccio i complimenti per la location scelta. Tu tessi le mie lodi, sia per il lavoro che per la comune passione per il cinema. Ridiamo insieme del fatto che non troppo distante da qui c’è la villa in cui Dario Argento ha girato Profondo Rosso. “Per carità! Non usiamo certi termini! Sapete che noi AD non amiamo il rosso, ancora meno quello profondo!” Dentro di me penso che sia una battuta orribile, ma ovviamente bisogna ridere e fare scena. “Sofia…Carlo…io rientro. Ribadisco il piacere di averti con noi in sede. Prossima settimana elaboriamo meglio il discorso che abbiamo iniziato.” “Assolutamente Vincenzo, assolutamente. Ci conto.” Restiamo soli. Ti guardo mentre tu resti con lo sguardo a seguire Vincenzo rientrare. “Assolutamente…cosa? O è si o è no.” Sono ormai mesi che ti prendo in giro per questa tua abitudine a rispondere così. Ti volti a guardarmi. “Ad esempio: assolutamente ti voglio baciare ancora.” “Smettila…” “Perchè? Tu non vuoi?” “Certo che…cioè…è che…non so quanto sia giusto quello che abbiamo fatto…quello che è successo…è stato un momento…” “Bellissimo…” “Si…no…si…bellissimo, ma un momento…non so quanto giusto…” “E sti cazzi Sofì!” Non resisto. Scoppiando a ridere, mi piego in avanti e mi appoggio al tuo braccio. Ridi anche tu. Alzo lo sguardo verso di te e siamo di nuovo così vicini. Sei tentazione. “Carlo…io…” “Sofia, non dire nulla. Basta come mi guardi… Sei eccitata. Lo sono anche io.” “Carlo…” “Fammi parlare. Siamo due adulti eccitati. Ci desideriamo. Io voglio nuovamente assaporare la tua lingua con la mia. E tu vuoi lo stesso.” Stringo forte il tuo braccio. Volevi la mia conferma. Hai il mio vibrare. Continui. Avvicinandoti. Sussurrandomi nell’orecchio. “E poi voglio averti. Finalmente.” Sono la bambina alla prima cotta. Sono la ragazza alla prima relazione. Sono la donna alla prima avventura. “Il Paradiso?” “Brava. Fammi sentire quanto sei eccitata.” “Ma…” “Nessun ma. Toccati e fammi annusare il dito.” Ti fisso. Non riesco a reagire. “Sofia. Ora.” Mi guardo in giro, mentre tu non stacchi il tuo sguardo da me. Veloce infilo la mano nei pantaloni e poi nelle mutandine. Mi sento bagnata. Mi sento priva di volontà e colma di desiderio. Ti lascio il dito sotto il naso e inspiri ad occhi chiusi. “Stupenda, Sofia. Stupenda.” “Carlo…” “Ora torna a tavola. Dopo giochiamo ancora.”

4)

La cena è durata un tempo infinito. La testa completamente altrove. Stordita da quanto successo. Eccitata per quanto potrà succedere. È con questo spirito che saluto i colleghi e mi avvio al tuo fianco verso la tua auto. Mi apri la portiera. Entro. Respiro profondamente. Ti aspetto. Entri. Non dici nulla e metti in moto. Prendi la strada a salire, non verso la città. “Dove vai?” “Fidati di me.” Sorrido annuendo. Ti accarezzo il volto, affascinata e sognante. “Ti va di giocare, Sofia?” Annuisco ancora. “Allora apriti la camicia e poi inizia a toccarti il seno.” Ho un attimo di esitazione. La tua mano mi stringe il seno attraverso la stoffa. Sospiro e chiudo gli occhi. Inizio a sbottonarmi. Comincio a giocare con il seno. Lo sento duro e sensibile. “Brava Sofia. Slacciati il reggiseno e passamelo.” Mi parli in modo fermo, sicuro che eseguirò le tue richieste. A petto nudo. La stoffa della camicia che mi sfiora la pelle. I capezzoli sensibili che puntano dritti. Hai il mio reggiseno in mano e mentre continui a guidare lentamente sulle strade della collina lo annusi. “Il tuo profumo, Sofia. Finalmente il tuo profumo.” Liberi la mano e inizi a torturarmi i capezzoli. Stringi forte. Mi strappi un urlo di sorpresa e di piacere. “Toccati.” Stringo la tua mano che non smette di palparmi e poi scendo lungo il ventre e di nuovo le mie dita solleticano il sesso bagnato. Un leggero sospiro, mentre inizio a toccarmi e mentre la tua mano non smette di pizzicarmi e palparmi. Mi appoggio al sedile, scivolando in avanti. “Brava Sofia. Ora fermati. Siamo quasi arrivati.” “Ma…” “Tranquilla. Arriverà il momento.” Accosti in un parcheggio. Non ci sono altre auto. Alte piante lo circondano. Un viottolo poco illuminato poco distante da noi. Ti avvicini e ci baciamo con passione. Mi lecchi la mano che ho usato per toccarmi. Mi baci ancora. Sono ubriaca di tutta questa situazione. “Dai, andiamo. Ho scoperto per caso un luogo, devi vederlo assolutamente.” Mi rimetto la giacca addosso e scendo con te. Ci inoltriamo a piedi in quella stradina, tenendoci per mano. Un centinaio di metri e si apre in uno spiazzo con una vista sulle luci della città. Il centro è così vicino da poter riconoscere le vie. La Mole illuminata. “Visto? Non ne valeva la pena?” Mi sussurri all’orecchio, stando dietro di me. Mi stringi e mi appoggio al tuo petto. Subito le tue mani tornano a toccarmi. Sono tua. Apri la giacca e la camicia. L’aria della notte mi riempie di brividi e non mi importa che qualcuno possa vederci. Sussurro il tuo nome. Sento il tuo sesso duro attraverso la stoffa e lo stringo in mano. Mi masturbi. Mi tocchi. Ti tocco. La mano si muove veloce mentre la tua mi fa impazzire. Godo. Appoggiandomi a te. Mi giro e ti bacio. Ci guardiamo. Annuisci. E mi abbasso ai tuoi piedi. “Sei stupenda Sofia.” Il tuo sesso è nella mia mano, finalmente libero. “La città è ai nostri piedi.” Muovo la testa, con la tua mano che mi accarezza i capelli e mi guida. “L’ho sognato da subito questo momento.” La mia lingua non perde un centimetro della tua punta, mentre ti masturbo sempre più veloce e mentre ho ripreso a toccarmi. “Lo sapevo che eri tutt’altro che una ragazza noiosa.” Mi tieni ferma la testa, mentre mugulo con la bocca chiusa sul tuo sesso e mentre lo sento sempre più gonfio in me. “Brava Sofia. Godi con me.” Esplodi. Finalmente. Impazzisco. Di nuovo. Mentre la città è testimone della nostra follia.
scritto il
2024-05-29
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