Verso Venezia - La versione di Linda

di
genere
saffico

Ho ancora il suo sapore in bocca. Mi guardo allo specchio del bagno mentre mi lavo e vesto veloce e mentre gli grido di raccogliere le ultime cose che ho lasciato in giro e di buttare tutto dentro la valigia.
Due settimane lontana da casa. Prima il viaggio in Olanda, poi gli ultimi giorni in riviera e ora devo fare entrare tutto questo mondo a due stagioni in un trolley enorme.
E tutto questo ancora con il suo sapore in bocca. E tutto questo ancora con la voglia che, come sempre quando facciamo le cose velocemente, non è soddisfatta. Ma stamattina non avevamo tempo e ho pensato più al suo piacere che al mio. E ovviamente a lui la cosa non è dispiaciuta.
- Smettila di gridare. Facciamo in tempo, non preoccuparti.
Con lo spazzolino in bocca gli rispondo che invece mi preoccupo e che se perdo questo treno mi salta l’appuntamento che ho preso con la padrona di casa a Trieste. E già dovrò discuterci, figuriamoci se faccio tardi come potrebbe prenderla, acida com’è.
- Ok, io ci sono. Valigia chiusa?
Esco dal bagno e trovo Flavio seduto sul trolley.
- Alla fine ho vinto io!
- Quanto sei scemo! - ridiamo insieme, prima che lui, alzandosi, mi stringa a se e mi baci a lungo.
- Mi mancherai, topina mia.
- Anche tu, Etto mio. Ora però muoviamoci, andiamo.
Un ultimo sguardo allo specchio vicino la porta per finire di mettermi il rossetto.
- Smettila di guardarti. Sei bella, non temere. E poi dici a me che faccio tardi.
Una pacca leggera sul sedere. La mia linguaccia come risposta. E siamo fuori.

Com’era prevedibile, il traffico del lunedì mattina ci ha complicato l’arrivo in stazione.
- Binario 3. C’è già il treno, cazzo. Corri!!!!!!
Mi fiondo verso il sottopasso. Flavio dietro di me che trascina il trolley. Salgo di corsa.
- Aspetta!!!!
Vedo il capotreno due carrozze davanti a me: grido e mi sbraccio per fargli capire che devo salire. Mi fa cenno di avermi visto.
- Vai topina, eccoci. Ti lascio la valigia qui, altrimenti parto con te.
- Tranquillo, me la cavo da sola.
Ci baciamo velocemente e poi ci salutiamo con un cuore attraverso le porte che si stanno chiudendo. Sbuffo per la corsa appena fatta. Mi rilasso un minuto appoggiata alla parete della carrozza e poi comincio a guardarmi intorno per cercare un posto. Mi affaccio su per le scale e sopra mi sembra più libero. Inizio la scalata, mettendo davanti a me gradino dopo gradino la valigia. “Maledetta me. E chi mi ha convinto a portare tutta questa roba!”
- Vieni, ti aiuto io.
Ringrazio questa sconosciuta voce femminile e molto più facilmente finisco i pochi gradini rimasti. Sistemata la valigia, mi viene naturale seguire questa signora e mettermi davanti a lei. La osservo, mentre la ringrazio: non penso arrivi a quarant’anni, ne avevo prima notato il fisico asciutto, quasi atletico, stretto in un jeans e una maglietta colorata. Mi trovo, non so perchè, ad invidiarle fisico e seno, ma è un pensiero veloce. Grandi occhi neri mi ammiccano sorridenti, lanciando una battuta su come sia facile perdere la cognizione del tempo. “Già..”, penso mentre lei continua a parlarmi, “...troppo poco tempo… Però anche tu che dici di non essere giovane ne devi sapere di come saper usare il tempo…guarda che…” Il telefono mi salva da ulteriori pensieri che non aiuterebbero la mia voglia repressa.
- Ciao amore…

Il suo viso è poggiato sulla mano. Il respiro è rilassato. Si è addormentata dopo poco e quasi mi vergogno del volermi mettere vicino a lei, ma proprio non sopporto di viaggiare al contrario del senso di marcia. “Spero di non svegliarla.”
Leggo ma non sono concentrata. Butto un’occhiata fuori dal finestrino. E poi torno a fissarla. “Vediamo…niente fede al dito, ma non vuole dire molto, bagaglio leggero, vestito informale. Va a trovare un’amica. O un amico. Con cui fare tardi prima di prendere il treno.” Sorrido fra me, mentre ammiro ancora le labbra carnose e ripenso alla sua voce. “L’accento con cui parlava prima era emiliano, sembra di sentir parlare quella cugina di Flavio…Parma?” La vedo agitare. Il respiro sembra crescere. Il seno si alza e abbassa più velocemente. “Dev’essere diventato un gran bel sogno! Guarda guarda che capez…”
- Biglietto, prego.
- Si si, certo. Eccolo.
- La signora è con lei?
Al mio diniego prova a chiamarla un paio di volte, poi decido io di provare a svegliarla toccandole leggermente una gamba. Si sveglia all’improvviso. Nel guardarmi noto un rossore e uno stupore che forse va oltre la sorpresa del vedermi vicino a lei. Le sorrido e poi abbasso lo sguardo verso il mio libro, mentre lei parla al controllore.
Iniziamo a parlare. E ammetto che è bello ascoltarla, fissarla negli occhi, vedere come sorride. “Da sola a Venezia. Con la scusa della fotografia. Ci credo? Ma si, dai. Anzi, da sola a Venezia dopo aver…divorziato. Sarò l’ex marito lo stronzo in questione? Certo che lasciarsi sfuggire una donna così ci vuole del coraggio!”
Dopo esserci raccontate di noi decido di vincere la mia timidezza e di chiederle delle sue foto. Anche io adoro la fotografia, ma per ora devo accontentarmi del mio cellulare o di rubare ogni tanto la reflex di Flavio.
- Che genere di foto fai?
Di nuovo quei grandi occhi. Di nuovo che mi fissano, questa volta la bocca. “Smettila Linda, che ti capita? Va bene la voglia, ma ora quasi non ti riconosco… Certo, non sarebbe la prima volta che ti attrae una donna, ma una cosa è il liceo…qui invece…” Anche se i segnali che arrivano dal mio sesso sono inequivocabili. Anche se io stessa faccio fatica a non restare ipnotizzata dalle sue labbra. “Appunto…qui invece…”
Ripeto la domanda e la sua risposta prende una forma che mi lascia senza parole. E ora sono con la sua fotocamera in mano a guardare una foto mia: la banchina immobile intorno a me, la gonna del mio vestito appena alzata, io leggermente girata, probabilmente mentre stavo chiamando Flavio che saliva le scale del sottopasso, i capelli fluttuano nell’aria, scossi dal vento e dal mio movimento. Penso sia una foto bellissima e che lo sarebbe ancora di più se editata in bianco e nero.
Ho una strana idea in testa. “Ora ti faccio vedere io, mia cara sconosciuta parmense…”
Con una scusa, la costringo a guardare fuori.
Scatto: i suoi lunghi capelli castani si stagliano nel riquadro del finestrino.
Si gira. Stupita.
Scatto: uso leggermente lo zoom e catturo lo sguardo di stupore, la bocca leggermente aperta, gli occhi neri brillano per la luce intensa che arriva da dietro le mie spalle.
Scatto: allargo di nuovo l’inquadratura, spostandomi leggermente, e le ombre della mano che si muove si disegnano sul suo seno. “Sei bellissima. E lo sai. E vuoi farmelo sapere.”
Scatto: mi avvicino e mi sorride, quasi timida, entrando completamente nell’inquadratura con le labbra che mimano un “no” non troppo convinto.
Le faccio i complimenti che merita. E che mi fanno capire definitivamente quanto la stia desiderando. Non mi riconosco. Ma è tutto così naturale e spontaneo che quasi non mi stupisco che l’ex marito la fotografasse.
“L’imbarazzo che ha nel dirlo deriva dal dover pensare a lui? O alle foto che le faceva?”
- E sicuramente erano tutt’altro tipo di fo…
“Oh cazzo!!!! L’ho detto ad alta voce!!! Linda sei una cogliona!!”
L’atmosfera intorno a noi è congelata. Ci guardiamo dirette mentre provo subito a scusarmi. Gli occhi le si inumidiscono, poi si gira a guardare fuori e vedo che deglutisce più volte. Sospira forte. Mentre le sfioro una gamba scusandomi ancora. Comincia a guardare le foto che le ho fatto. E il viso sembra tornare a rilassarsi. “Visto, sconosciuta parmense, che non sono così male?”
Mentre propone di stamparmi la foto fatta in banchina mi viene un’altra idea folle.
- Fammene un'altra.
Voglio essere la sua Lolita. “Si…magari…ma ti desidero, sconosciuta…”
Non ho il suo seno così ricco, ma mi sbottono comunque il primo bottone della camicetta. Non smetto mai di fissarla.
“Guardami negli occhi…”
Con le mani raccolgo i capelli, prima in una ciocca sulla testa
“Guardami negli occhi…”
Sorrido.
“Guardami…”
Porto i capelli davanti al viso.
“Guardami…desiderami…”
Scatta.

“Alessia…”
Bellissima nel nome e nel resto. Anche se siamo in mezzo a troppe persone, quasi pronte a scendere, ho voglia di un ultimo momento solo nostro. Ti sento dietro di me. Sono leggermente più bassa e ho il tuo respiro fra i capelli. Lascio la valigia e con naturalezza sporgo la mano all’indietro. Sei lì. Mi aspettavi? Mi volevi? Mi stringi. E il mio corpo cerca il tuo. E il tuo bacio cerca la mia nuca. È mia impressione o hai ispirato profondamente il mio profumo? È mia impressione o sento il tuo corpo stringersi sempre di più a me e muoversi al mio respiro? “Ho voglia di una sconosciuta e non riesco a controllarmi. È strano…e bellissimo…”
Dura troppo poco. È ora di salutarsi. Una leggera indecisione di entrambe e ci sfioriamo la guancia con un bacio. “Guardami…si, sono la tua modella…”

Ovviamente non ho tempo per pensarci troppo perchè sono di nuovo che corro in una stazione. Con la mia casa ambulante trascinata dietro di me.
Un militare mi vede in difficoltà e mi aiuta.
- Non preoccuparti, ci penso io. Stessa banchina. Purtroppo altro binario.
“Tanto non sei la mia fotografa parmense, non attacca…”
Mi siedo e penso a cosa fare. Mi rigiro fra le dita il foglio che mi scritto. “Se scrivo subito è troppo sfacciato? Aspetto? Resisto?” Nella mia innocente visione del momento, ho la sua immagine che fissa la laguna e con il pensiero già si perde fra le calli con la sua fotocamera. In quella più perversa vedo il suo corpo agitarsi, guardando la mia foto. Vibro anche io a questa visione. Stringo le gambe per dare un leggero sollievo ad un fuoco che sento fremere.
“Lindina…cosa aspetti? Scrivile!”
Mi risponde subito.
Nella foto del profilo mi appare un suo sorriso.
Stringo di nuovo le gambe.
-...e tutto nostro.
“Si, Alessia. Nostro. Tutto.”

scritto il
2024-09-12
1 . 3 K
visite
2 9
voti
valutazione
7.4
il tuo voto
Segnala abuso in questo racconto erotico

commenti dei lettori al racconto erotico

cookies policy Per una migliore navigazione questo sito fa uso di cookie propri e di terze parti. Proseguendo la navigazione ne accetti l'utilizzo.