A Venezia - 5

di
genere
saffico

La nottata era stata ancora lunga e si sarebbe conclusa poco prima delle 4. Linda raccontò quello che sapeva di Mirko, il numero di telefono e qualche altra informazione che poteva essersi fatto sfuggire. Sicuramente tramite la prenotazione al ristorante sarebbero riusciti a risalire alla famiglia. L’agente ci disse di non preoccuparci. Ma per sicurezza decise di accompagnarci all’hotel, facendosi nuovamente raggiungere dai colleghi alle Fondamente Nuove e poi con la loro motovedetta arrivammo a Murano. L’arrivo con l’agente al nostro fianco non passò ovviamente inosservato al portiere di notte, anche perchè prima entrammo per chiedere se qualcuno ci avesse cercato e poi solo io uscii per tranquillizzare la poliziotta. Mi venne naturale abbracciarla ringraziandola.
- Tutto bene signore?
- Si grazie. Ora va molto meglio. Abbiamo solo avuto una brutta avventura. - parlai accarezzandomi il collo. Solo allora mi ricordai di avere ancora indosso la tuta del nipote di Piera. Mi venne da sorridere al pensiero dello spettacolo che dovevo essere: trucco sfatto e un elegante vestito addosso, coperto dalla tuta del Milan.
- Se posso fare qualcosa…
- Ho solo una richiesta: vista la nottata che abbiamo passato non ci sentiamo di partire domani…- strinsi forte la mano di Linda, girandomi verso di lei e vedendola annuire -...avete una stanza per una notte in più? Se poi fosse proprio la stessa, sarebbe meraviglioso. Non mi interessa il prezzo.
Lo vidi annuire e lavorare al computer. Linda si appoggiò sulla mia spalla, stringendomi il braccio. Le diedi un dolce bacio fra i capelli.
- Ora andiamo a dormire tesoro mio.- sussurrai, mentre la sentii singhiozzare in silenzio.
- Ecco fatto. Avete la vostra camera per un’altra notte. Non è stato un problema.
- Davvero?
- Si. Tutto sistemato. Potete dormire sonni tranquilli quanto volete.- e ci sorrise.
Feci la mossa di dargli una mancia. Ma rifiutò.
- Ci mancherebbe. È il mio lavoro.
Lo salutammo, ringraziandolo nuovamente, e andammo in camera.

Appena entrate Linda si buttò sul letto. La sentii piangere e la raggiunsi. La accarezzai dolcemente fra i capelli, lasciandola sfogare. Scesero le lacrime anche a me. La tensione accumulata necessitava di sfogarsi e decisi di non fermarla. Linda si girò verso di me.
- È colpa mia! Scusa!
- No Linda, non è colpa tua. Non è colpa di nessuno. È tutta colpa sua. E del suo essere così. Quindi togliti dalla testa di avere colpe.
Si tirò su. Ora eravamo occhi negli occhi a poca distanza.
- Ma se io non…
- Smettila.- la interruppi - Se tu…se io…nessun se. È successo. È passato. Non pensiamoci più.- feci una pausa accarezzandole il viso - Anche perchè probabilmente dovremmo già pensarci abbastanza nei prossimi giorni.
A Linda scappò un sorriso. Io la guardai con aria interrogativa.
- Mi sa che la zia malata smetterà di esistere a breve.
Sorrisi anch’io.
- Già. Anche se gli agenti mi hanno detto che potrebbe non essere necessario chiamarti in causa, visto che non eri presente. Quindi teniamola convalescente ancora per un po’!
Ci abbracciammo nuovamente.
- Ora ho solo voglia di dormire abbracciata a te.- e la baciai.
Senza nemmeno spogliarci ci sdraiammo vicine.
La sua testa nell’incavo della mia spalla.
Lentamente il respiro di entrambe si tranquillizzò e la stanchezza ebbe la meglio, non prima degli ultimi pensieri di una notte infinita.
- Ti voglio bene Ale…
- Anch’io Linda, tanto.

Fu un sonno agitato. Rivedevo quanto successo. Mi vedevo circondata da quei quattro uomini. Mi vedevo da fuori. Le loro mani su di me. La gola di nuovo stretta. Mi svegliai di colpo un paio di volte. L’ultima volta vidi già del sole e pensai di alzarmi a chiudere le tende, ma non ne avevo forza e voglia. Chiusi gli occhi, provai a rilassare il respiro e un po' alla volta sentii rallentare il cuore, che ancora batteva forte dall’ultima improvvisa sveglia, fino a prendere finalmente sonno e riuscire a dormire serenamente fino a quasi mezzogiorno.

Apro gli occhi lentamente e sbattendo più volte le palpebre. La luce è ormai intensa nella stanza. Ho la bocca impastata da sonno e sete. Mi giro e vedo Linda che mi guarda sorridendo, appoggiata su un gomito.
- Buongiorno…- mi saluta dolcemente, spostandomi i capelli dal viso. Faccio un mugolio come risposta.
- Che ore sono?
- L’ora in cui di solito si pranza. Non ho voluto svegliarti. Sembravi così serena e non volevo disturbarti.- ci sorridiamo - E poi ero così affascinata che mi sono persa in mille pensieri…
-Addirittura affascinata?- biascico una risposta sfregandomi la faccia cercando di riattivare un po’ la circolazione. - E cosa ti affascinava di più? Il mio dormire con la bocca aperta? Il trucco sfatto? La tuta del Milan?
La vedo sorridere mentre si sistema meglio, appoggiando la testa sul braccio. Mi sposto leggermente così da avere entrambe il viso sullo stesso cuscino. Mi dà un bacio sul naso.
- Allora…la tuta non la commento nemmeno…penso che Flavio odierebbe più che abbia dormito con una cosa simile vicino che con una donna!- ridiamo e mi dà un altro bacio sul naso, accarezzandomi il viso.
- Il trucco…beh, non penso di essere messa tanto meglio…- continua a parlarmi, baciandomi dolcemente il viso.
Guance, naso, occhi.
Parla sussurrandomi, non perdendo un centimetro di pelle senza baciarlo. Io mi godo questa pace ritrovata ad occhi chiusi. Ma li apro, quando arriva alle labbra.
Mi viene naturale avvicinarmi. Ma lei si allontana.
- La bocca aperta invece…- un altro bacio al labbro inferiore, mentre continua a sussurrare -...invece…- facendo passare le sue labbra leggere sulla mia bocca, sfregando i nasi fra loro -...invece…-
Sono dolci torture questi suoi sussurri e questi baci, ma sono anche brividi di cui sento la necessità.
Me li godo nuovamente ad occhi chiusi. E decido di giocare anch’io.
- Invece…
- Eh Ale…invece…sapessi…-, mozzica delicatamente il mio labbro inferiore, lo succhia, lo lecca con la punta della lingua, ci soffia sopra.
- Ah ok…comincio a capire…ma sei sicura?- tiro fuori la mia lingua. Cerco la sua. Trovo un labbro già umido.
- Eh sì…proprio invece…-, le sue labbra si chiudono intorno alla punta della mia lingua e sento un delicato succhiare.
Siamo nuovamente occhi negli occhi.
Il suo celeste. Il mio nero. La nostra eccitazione.
Non resisto e mi alzo dal letto.
- Vieni.
Come se i vestiti mi stessero bruciando addosso, mi spoglio veloce. Lei fa altrettanto.
Senza mai staccarci gli occhi di dosso.
Sono tre giorni che ci vediamo nude ma per me ogni volta è un’emozione e un brivido.
L’abbraccio e bacio in profondità. I nostri seni iniziano a sfregarsi fra loro. Le mani scorrono sulle schiene. Il suo sedere sodo nella mia mano. I miei fianchi nelle sue. I nostri sessi sono così vicini. Mi scosto leggermente per fare passare la mano fra di noi. Il suo calore. I suoi umori. Il suo ansimare.
- Ale…Ale…
Mi stacco da lei per guardarla meglio. Ad occhi chiusi ansima e si lecca le labbra. Mi abbasso ad assaporare un suo capezzolo. Con la lingua risalgo fino al collo. Al viso. Ancora il collo. La mordo mentre un dito le entra facilmente nel sesso ormai fradicio. Lei è aggrappata al mio seno e ansima sempre più forte.
Risalgo verso l’orecchio. Ne lecco e succhio il lobo. Soffio.
Devo ancora farmi perdonare una cosa di questi giorni insieme.
Gliela sussurro.
- Ti devo ancora una doccia insieme…
E ne raccolgo i brividi e il desiderio sulle dita.

L’acqua e il sapone non sono altro che il contorno con cui laviamo via le scorie di quanto successo.
Il resto siamo noi.
Due corpi che si cercano. Due anime che si vogliono. Ridendo, giocando, toccandosi, leccandosi, mordendosi. Le grida di piacere e l’ansimare dell'attesa. Il mio seno schiacciato al vetro della doccia e le sue mani che guidano il mio piacere. Io in ginocchio ai suoi piedi e le sue gambe aperte sul mio volto.
È piacere.
È desiderio da placare.
È reciproco bisogno dell’altra.
È amore.
- La mia signora provocante…-, tremo alla lussuria che vedo in lei.
- La mia ninfa tentatrice…-, spero di restituirle tutte le emozioni che mi sta regalando.
Ci regaliamo un ultimo potente orgasmo baciandoci con le lingue esposte, l'acqua che ci scorre addosso e guardandoci negli occhi.
Ansimando soddisfatta, abbracciandola e baciandola dolcemente, penso a quanto possa essere strano il destino.
Un treno diverso.
Una carrozza diversa.
Un viaggio rimandato.
E nulla sarebbe successo.
Nel bene e nel male.
Magari avrei avuto qualcun altro vicino. Magari la follia di una notte. Magari semplicemente avrei guardato le mie foto e fantasticato su un viso visto e colto al volo nella folla.
Avrei avuto me stessa ad amarmi, come negli ultimi mesi.
“E invece…”

Dopo la doccia decidiamo di andare a goderci la città per un’ultima mezza giornata. Usciamo con due sacchetti di plastica in mano: in una i nostri vestiti di ieri che decidiamo di buttare, come per cancellare tutto ciò che potrebbe ricordarci quei momenti, e nell’altra la tuta da riportare alla legittima proprietaria. Ma la prima vera tappa, prima ancora di andare da Piera, sarà un bar dove mangiare qualcosa. Poi vagheremo in cerca di qualche scorcio dove fare le ultime foto insieme. Per la serata si vedrà.
Ho una mezza idea, ma devo trovare il coraggio.
Piera ci accoglie e abbraccia. Beviamo insieme un caffè e parliamo del più e del meno. Insieme andiamo a trovare Anna che non può uscire di casa perchè ha il marito invalido e non può lasciarlo solo. Ammazza caffè e altre chiacchiere. Mentre ci congediamo Anna ci guarda e sorride.
- Siete proprio una bella coppia.
Io rido.
Vedo Linda arrossire e quasi schermirsi.
- Ma noi…noi…in verità…
Anna le prende le mani fra le sue.
- Non preoccuparti. Ci sono tanti modi per fare coppia. Guarda me e Piera: a modo nostro, inseparabili da 60 anni. Voi dovete solo trovare il vostro modo.
Ci abbracciamo ancora e ci salutiamo. Accompagnamo Piera verso casa. Saluta anche lei ci guardiamo. Ci scappa un sorriso e un sospiro. Io mi giro per guardare quel portico in cui ieri sera ho rischiato. Un po' per incoscienza mia, molto per stronzaggine e schifezza altrui. Linda mi appoggia una mano sulla spalla e me la stringe. Io resto ancora qualche secondo in silenzio.
È lei a darmi la scossa giusta per reagire.
- Dai, andiamo. C’è ancora la luce giusta per quei campi colorati alla Giudecca. Ho voglia di essere ancora la tua modella.- e mano nella mano ci dirigiamo verso il molo dei vaporetti.
scritto il
2024-09-23
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