Incontri - Fine

di
genere
saffico

Con le righe che seguono si conclude il mio racconto. Ho finito la scorso capitolo con un'idea di finale in testa. Ho iniziato a scrivere questo con un'altra idea ancora. L'ho terminato con le parole che mi sono venute man mano che le due protagoniste agivano davanti ai miei occhi. Spero di aver fatto un buon lavoro e di aver reso loro il giusto onore. Grazie ancora e buona lettura.
Flavia




Febbraio 2024

Hai paura. Lo vedo. Lo percepisco. Ma è facile capirlo. Ce l'ho anch'io. Ma è una bella sensazione. Per la prima volta. E per la prima volta sento un controllo su di te che non ho mai avuto. E quindi infierisco. "Hai paura Maria?" Tu annuisci. Aggrappata alla maniglia dell'auto. "Rallenta Flavia. Ti prego. Fermiamoci e parliamo." "Non preoccuparti. Siamo quasi arrivate." Ancora pochi tornanti. Saliamo dalla valle, un bosco leggermente ombreggiato in cui la strada si infila, prima con dolci curve e poi con le ultime più accentuate. Finalmente ritorna il cielo. Ormai gli acquazzoni del mattino sono dimenticati e il sole è tornato a splendere. Sopra di noi una chiesetta. Qualche casa. Abbiamo appena superato una fattoria. Ho sbandato perchè un furgone stava per tagliarmi la strada e ho dovuto evitarlo. Tu hai gridato. Io ho riso. "È brutto quando non si ha il controllo, vero?" La verità è che sono terrorizzata anche io. Ma è colpa tua. Stamattina non dovevi giocare con me. Come se niente fosse passato. L'orgasmo che mi hai regalato è stato liberatorio. In tutti i sensi. Lo attendevo da così tanto tempo. Da così tanto tempo aspettavo di nuovo di baciarti, di gridare il tuo nome. E poi anche di amarti. Sei rimasta sorpresa anche tu quando dalle lacrime sono passata al baciarti con foga. All'aprirti la giacchetta e metterti le mani sotto la maglia. A scoprirti il seno e farlo nuovamente mio. E poi scendere lungo il ventre. Mentre il diluvio iniziava a cessare. Tirarti via i pantaloni. Mentre mi sembrava di sentire dei passi avvicinarsi. Incurante del mondo intorno, ti ho baciata e sentita fremere. Incurante del mondo, e di quei passi che si fermavano, vicini, mi hai costretto la testa fra le gambe e hai assecondato la mia lingua e il tuo desiderio. Tutto come se niente fosse successo. Fra noi. In questi dieci anni. "Dieci anni, Maria. Dieci. Cazzo. Di. Anni." Mi giro a guardarti. Mentre la macchina continua a salire. "Guarda la strada Flavia! Guar...ah!!!!! Cazzo!! Cazzo!! Che cazzo t'è preso?" Recupero la carreggiata appena sentita la ghiaia sotto le ruote. Un cane abbaia. A noi? Al lupo e alle pecore? Alla sera che si sta avvicinando sempre più? Un'ultima curva a destra. Un lungo rettilineo, che finisce nel parcheggio della chiesa. "Eccoci. Perfetto per noi. Sante e puttane." Accellero. Ti sento imprecare. La strada girerebbe a sinistra. Altro tornante. Altra vita. Entro nel parcheggio. Questa vita. Ghiaia. La valle davanti. La chiesa a sinistra. Gialla. Tetto rosso. Un rosone al centro della facciata. L'occhio di Dio che ci fissa. Due scalini che salgono al portale. Una statua della Madonna all'angolo. È incredibile come in certi momenti anche i particolari inutili prendano fuoco nell'occhio. E poi le due vetrate laterali. I denti di Dio che cannibalizzano noi peccatrici. Il campanile attaccato all'abside. E poi più nulla che chiude lo sguardo e finalmente la vista totale della vallata. I prati in alto. Le rocce calcaree che scendono nel fiume. Ere geologiche che assistono ai nostri fallimenti. Boschi sparsi. Un paese su uno sperone a destra. La valle che degrada verso la pianura afosa e gialla di smog a sinistra. "Flavia...Flavia...che cazzo vuoi fare? Che...cazzo...vuoi fare?" Grido. Un unico forte grido. Animalesco. Che copre lo stridio dei freni e l'attrito della ghiaia sotto le ruote. Io sono aggrappata al volante. Tu alla maniglia sopra il finestrino. Intorno a noi la polvere creata dalla frenata si sta diradando. Ancora quei cani che abbaiano. Ansimiamo insieme. Ognuno al suo ritmo. Io ridendo. Tu piena di paura. Ci togliamo la cintura quasi in contemporanea. Ti giri e inizi a picchiarmi. Forti e costanti pugni sul braccio. Insultandomi. Io ho appoggiato la testa al volante. E non riesco a smettere di ridere. "Che cazzo ridi? Ci stavi facendo ammazzare!" "Thelma e Louise..." "Co...cosa?" "Thelma e Louise. Ti ricordi? Così ci chiamava Luca." Mi fissi stranita. Come se avessi rivisto un fantasma dimenticato. O peggio. "Luca..." Ripeto. "Luca..." Mi fai da eco, abbassando i pugni e girandoti di nuovo per guardare davanti a te. Io mi alzo dal volante e mi appoggio allo schienale. "Sai una cosa Maria? Non pensavo a lui da anni. Probabilmente da quando si è...dai giorni dopo il suo funerale. Eppure, oggi, dopo averti fatto godere...anzi, no, mi sbaglio, appena ho capito che qualcuno ci stava spiando...ecco, si, proprio in quel momento ho pensato a lui. E ho pensato a noi. E ho pensato a quanto ti amassi in quel periodo. E quanto, anche umiliandomi, facessi di tutto pur di soddisfarti. Forse perchè sapevo che dovevo farmi perdonare. Forse perchè amare è anche questo. Chi lo sa. È passato tanto di quel tempo." Ti guardo. "È passato tanto di quel tempo, Maria. Davvero pensavi di riprendermi come se niente fosse?" "Io...io non..." Continuo come se tu non ci fossi. "La cosa ridicola è che appena ti ho rivista ho capito che nulla era cambiato in me. Nulla. Lo stesso desiderio. La stessa voglia di te. Fisica e mentale. Sei sempre e, probabilmente, sarai sempre la mia Maria e io la tua Flavia. E l'ho pensato per tutta la giornata, mentre come due amiche ritrovate andavamo a mangiare in quella trattoria. O mentre ancora ci regalavamo piacere passeggiando nei boschi giù in valle. E lo penso anche ora." "Ma allora perchè tutto questo?" "Perchè Thelma e Louise?" "Perchè tutto!!! Bastava parlare, bastava dirmelo." "Parlare? Sei seria? Parlare...come l'ultima volta? Che ti ho detto che avevo conosciuto Paolo e tu mi hai dato un bacio e detto che dovevi pensare, lasciandomi su quella panchina in Villa? E non t'azzardare a dirmi ancora che ti dispiace e che ti scusi!" Silenzio. "Si Maria. Hai sempre avuto ragione su tutto. Le scelte all'università. La mia resa al lavoro sicuro, al matrimonio tranquillo e alla casa. Come hai ragione nel dire che alla fine non mi è rimasto nulla." "Uomini..." Sorrido. Ma forse è più un ghigno che un sorriso. "Probabile. Ti ricordi cosa rispondevamo a Luca quando ci chiamava in quel modo?" Sorridiamo entrambe. Probabilmente testimoni dello stesso ricordo. Noi nude sul letto. Lui che ha finito di fotografarci. E che già progetta l'ennesima sua fantasia. Sua e tua. Fantasia proiettata su di me. Vi eravate subito trovati, mettendo me al centro delle vostre attenzioni. A lui non pareva vero vedermi disinibita, anche se con un'altra persona. A te non pareva vero di avere una bambola tutta per te. "Quest'idea di farvi scopare mentre gente sconosciuta vi spia e si masturba da lontano è stupenda. Siete Thelma e Louise. Circondate da uomini che vi vogliono e a cui ostinatamente dite di no." Noi che ridiamo, ancora inebriate dell'amore che ci eravamo appena scambiate. E io che commento. "Tu ci presenti maiali o gente con i cazzi storti e brutti. Presentaci Brad Pitt, come è capitato a loro, e poi ne riparliamo." Torno alla realtà. Mi giro. "Vuoi di nuovo una bambola, Maria? Non ti basta Sara o l'ennesima studentessa?" Abbozzi un sorriso, consapevole di non poter più negare nulla. Alzi le spalle. "Sara...o chiunque altra...non sarà mai te. Hai ragione nel dire che fra e me Sara c'è qualcosa. Ma...tu...tu sei Flavia. Tu sei la persona che più di ogni altra mi è entrata nel cervello. Magari Sara sarà una bambola. Anche se, dopo avermi visto correre nel diluvio dietro di te, avrà capito da sola come stanno le cose. Tu sei stata...tu sei..." "Dimmelo. Per una volta. Dimmi davvero quello che sono." Vedo le lacrime che ti scendono lentamente. Vedo che sbuffi. Non riesci a guardarmi negli occhi. Mentre io non perdo nemmeno un minimo movimento dei tuoi muscoli. "Niente. Non c'è la fai proprio eh? Proviamo così." Rimetto in moto. E mi avvicino sempre di più al bordo del parcheggio. Oltre, il dirupo. E la valle. "C'è sempre un volo nel nostro destino. L'hai detto tu, no? Beh...vediamo..." Lentamente. La ghiaia sotto le ruote finisce. Ancora un paio di metri di prato. "Ok! Ok! Ok! Sei stata la persona che ho amato di più! Contenta?" Ma non mi fermo. "E..." "E...cosa?" "E ora?" "E...ho capito che non mi è passata. Anche ora." Mi fermo. Ti guardo. Intuisco i tuoi tremori e le tue lacrime dalla voce e dai riflessi, ma la luce è sempre più bassa ormai che il sole è calato dietro il monte alle nostre spalle. "Io ti amo Maria. Ti amo." Ripeto il mio amore sussurrando sempre più flebilmente, guardandomi in giro, provando a reprimere la mia emozione. Poi torno a fissarti. "Ti desidero. Ti voglio. Ora. Spogliati." "Ma..." "Spogliati Maria. Voglio ammirarti. Un'ultima volta. Prima che tutto finisca. Thelma e Louise avevano Brad Pitt e il Gran Canyon. Noi dei tossici bavosi e gli Appennini. Nei limiti del possibile, godiamocela fino alla fine." Mi fissi. In silenzio ti spogli. Le tue forme nella penombra. All'improvviso, un gesto di pudore ti fa coprire il seno. "Cosa fai? Ti vergogni? Sei bellissima Maria, degna dea di studenti, artisti, satiri, pervertiti e muse. Vorrei poterne scrivere e renderti immortale. Ma sto delirando...che follia l'amore, vero? Inizia a sfiorarti." "Flavia..." Mi avvicino. "Dimmi Maria...hai ancora paura?" Fai no con la testa. "E allora sfiorati..." Le tue mani iniziano a scendere lungo il tuo corpo. Mentre inizio a baciarti, continuando a ripetere il tuo nome. Tu hai gli occhi chiusi. La bocca socchiusa. Tiri fuori la lingua, cercandomi. Io scappo, evitandola, e continuo a baciarti il viso. Gli occhi. Il naso. Il collo. Le orecchie. "Penetrati con due dita." Lo fai. E sospiri. Mentre sono sempre più sopra di te e ora anche le mie mani iniziano a sfiorarti il corpo scendendo verso il tuo sesso che so già troverò bagnato. Entrano anche le mie dita. Si stringono alle tue. Dentro di te. "Respira Maria. Respira e vedrai che tutto andrà bene." Apri gli occhi. E finalmente lo vedo. Di nuovo. Il tuo amore. Nel buio di questa serata invernale. Il mondo è fermo per concederci questo ultimo ballo. "Siamo circondati dai nostri fantasmi. Ci spiano. Ci desiderano. Ma noi siamo qui. Sole. Nostre. Una dell'altra. Respira al mio ritmo." Inizio a muovere le nostre dita intrecciate. "Respira Maria." Lentamente ti amo. E ti bacio. E le nostre lingue si incontrano fuori dalle labbra. Danzano e giocano. La mia mano libera sul tuo seno nudo. La tua mano libera dietro la mia nuca. "Flavia..." Non ti rispondo. Mentre affondò le dita dentro di te e il pollice inizia a giocare con il tuo clitoride. "Siamo di nuovo noi...non chiudere gli occhi. Ho bisogno di saziarmi di questo tuo amore, in ogni sua forma." Come sempre sono in adorazione del tuo essere. Della tua forma. Della tua sostanza. Dedico il mio amore e la mia passione al tuo piacere. Ti porto al limite. Ti faccio chiedere e implorare. Invochi il mio nome. Tremi e ansimi. Ho perso la cognizione del tempo. Ma ora mi importa solo soddisfare me stessa e la mia necessità, nuova, di controllare e di averti. Le luci di alcune auto che passano nella strada dietro di noi lanciano flash dentro l'auto. Il contorno del tuo corpo. Il tuo viso nello splendore dell'orgasmo atteso e ritardato. Lo scintillio dei tuoi occhi che mi fissano mentre sono chinata per suggellare il tuo sesso con i miei baci. "Dillo Maria...tu sai cosa..." Succhio forte. "Dillo..." Lecco delicatamente. "Forza...sai benissimo cosa devi dirmi..." Ancora succhio. Tremi senza freni. Un lungo mugolio parte dalla tua gola, prima strozzato poi sempre più intenso. "Dillo!" Succhio e ti penetro. "Flaviaaaaa..." "Dillo! E potrai godere..." "Flavia! Si...sono...tua! Tuaaa!" Godi. Si, sei mia.


scritto il
2024-04-20
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