Incontri - 3
di
Flavia1988
genere
saffico
Febbraio 2024
Sono le 10 passate, ancora non ti vedo. Ti ho scritto un messaggio ma non hai ancora risposto. Comincio ad essere impaziente. E comincia anche a darmi della stupida per aver guidato fino a qui. Con la nebbia e l’improvviso acquazzone con cui mi sono svegliata. Ma sapevo che se non fossi venuta me ne sarei pentita e mi sarei data della stupida comunque. Quindi tanto vale essere qui e sperare. Ha anche smesso di piovere da una ventina di minuti e il sole sta finalmente uscendo. “Dai che se continua così una bella sgambata la faccio comunque, prima che arrivi troppa gente." Infatti, nonostante sia sabato, il parcheggio è vuoto e anche al bar sembra non esserci nessuno. È tanto che non vengo qui. Di solito vado al parco vicino casa, che ha anche una bella pista di atletica aperta a tutti in alcuni orari. Ma la gioia migliore è partire da casa e correre sull’argine del canale, costeggiando campi e fattorie prima di chiudere il circuito tornando verso casa per stradine secondarie senza traffico. Una decina di chilometri di pace e serenità, senza quasi mai nessuno con cui scambiare anche solo un saluto. In Villa invece non ci vengo da anni, sia perchè c’è da prendere la macchina e farsi almeno mezz’ora di viaggio, sia perchè, se non è cambiato nulla, è tutto sterrato e io e le mie caviglie lo odiamo. E poi mi fa venire in mente un momento ben preciso che non vorrei ricordare. “Ok, si parte. Fanculo Maria.” Scendo dall’auto. Inizio a fare un po’ di riscaldamento, nulla di particolare, giusto per riattivare i muscoli dopo il tempo passato in auto. Preparo e controllo la connessione dell’orologio e delle auricolari. “10 secondi.” Sistemo il telefono nella fascia sul braccio dopo aver selezionato la solita playlist. “5.” Qualche passo per avvicinarmi al cancello. “3. 2. 1.” Parto. E con me anche i REM. “This one goes out to the one I love…this one goes out to the one I've left behind…” Non è cambiato nulla: è tutto sterrato. E la pioggia appena caduta rende il percorso quasi completamente impraticabile. Provo a saltare qualche pozza, cambiando direzione: ricordo che intorno la palazzina settecentesca resistevano ancora dei vialetti. Magari lì vicino riesco a correre. Sbuffo e forzo un po’, superando e saltando qua e là pozze d’acqua e fango. Quando ti vedo in piedi che fumi fuori dall'edificio, sorridente e tranquilla. Con un’altra ragazza. Stoppo la musica e mi fermo quasi di colpo. “Ma che cazzo…” Mi avvicino e la tua interlocutrice mi indica. Tu allarghi le braccia, venendomi incontro. "Flavia! Dov’eri finita? Ti aspettiamo da più di mezz’ora!” “Alle 10 al parcheggio dietro al bar. Ecco dove cazzo ero finita! E ti ho anche scritto quando sono arrivata." “Ah sì? Era così l’appuntamento? Mi ricordavo male allora. Non ho nemmeno portato il cellulare. Scusami.” E mi baci, cogliendomi di sorpresa. Ma la tua lingua in bocca mi scioglie e mi lascio stringere a te come se fosse la cosa più naturale del mondo. Nella testa vivo come se tutto intorno fosse immobile e in bianco e nero e solo noi fossimo l’unico segno di vita e colore: la mia tuta azzurra, la tua maglia verde. Ti stacchi. Ci guardiamo. Mi tocchi delicatamente la punta del naso con un dito. “Te lo dovevo da ieri sera. Ora vieni. Sara ci aspetta.” In quel brevissimo attimo mi ero completamente scordata l’esistenza della ragazza. Ci avviciniamo e io e Sara ci presentiamo stringendoci la mano. “La famosa Flavia! Che piacere! In dipartimento sei ancora un mito per come hai risolto quel problema!” Guardo in modo interrogativo sia la ragazza che Maria. “Si, lo ammetto. Non smetto di tormentare i miei studenti dicendo frasi del tipo “se ci fosse Flavia, lo risolverebbe subito, come quella volta che…”, indicando la foto del nostro congresso. Quindi il tuo fantasma continua ad aleggiare per quelle stanze!” Arrossisco e ringrazio. “Quindi anche tu sei una studentessa della prof?” Mentre parlo, mi rendo conto del ridicolo di chiamare prof una che in pubblico mi ha appena messo la lingua in bocca. “Si, Maria è la mia relatrice. Conto di finire entro l’estate.” Si guardano. Sorridono. Capisco. Sara è la nuova me. E io sono la solita stupida. "Ok. Io vado. È stato un piacere Sara. Noi magari ci sentiamo un'altra volta." Non aspetto nemmeno una risposta. Mi giro. Corro. Forzo. Sento il fango sotto le scarpe. La vista annebbiata. Le lacrime sulle guance. Mi oriento verso l'uscita senza problemi e la vedo in fondo al viale, proprio mentre inizia nuovamente a piovere. Uno scroscio forte che mi lava completamente in quegli ultimi metri prima di entrare in auto. Piango. Sul volante. Butto telefono e auricolari sul sedile posteriore. Piango. E ti vedo correre verso l'auto. Provi ad entrare. Bussi al vetro. "Fammi salire!" Piango. Piove. Sei tutta bagnata, i capelli davanti al viso, la maglia ormai aderente al tuo corpo. "Sei una stronza Maria!" "Probabile. Ma fammi salire!" Apro. Entri. Sbuffi. "Perchè mi hai fatto venire qui Maria? Avevi bisogno di un trofeo da mostrare alla tua nuova amante?" "Smettila di fare la bambina gelosa! Sara è solo una studentessa come un'altra. Lavora qui in biglietteria nel weekend e mi ha solo dato un passaggio fin qui." "Si, certo, come no! Ho visto come vi guardavate. Almeno non raccontiamoci puttanate!" Grido per la rabbia e perchè ha anche iniziato a grandinare e il rimbombo nell'auto è fortissimo. Guardo fuori. Si vede quasi nulla oltre il cofano dell'auto, il cancello del parco sbatte forte per il vento e la tenda del bar si gonfia sempre più pericolosamente, mentre il gestore prova disperatamente a riavvolgerla. "Vabbè, se proprio dobbiamo essere sollevate e portate via da un tifone, almeno sono in buona compagnia." Sorridere mi viene naturale, ma non c'è gioia o divertimento. Ho le mani sul volante e continuo a guardare fuori. Metti la tua mano sulla mia. "Se non c'entra un volo noi non siamo contente, eh?" "Smettila Maria. Perchè ti ostini a non capire quanto mi faccia male ricordare certe cose?" Mi stringi la mano. Le tue dita si infilano fra le mie. "Respira Flavia mia. Chiudi gli occhi e respira." "Ti ho detto di smetterla." Ma sono sempre meno convinta. "Flavia. Ok. Hai ragione. Ti ho fatta venire qui per un motivo: è dove ci siamo date l'ultimo bacio." "Lo so. Pensi che non ci abbia mai pensato in questi dieci anni?" "Lo so, lo immagino. E quindi quale migliore posto per darcene un altro?" Mi lasci la mano e la porti sulla mia guancia, costringendomi a guardarti. Ti avvicini. Mi accarezzi la pelle. "Intanto, via queste lacrime." Sento le tue dita che scendono sul collo, dietro l'orecchio, giocano con il lobo, ritornano verso la guancia con il dorso e continuano ad accarezzarmi dolcemente. "Poi vediamo di fare qualcosa per queste labbra screpolate." Il tuo indice ci passa sopra. Lentamente le socchiudo. Mentre chiudo gli occhi. "Maria..." "Dimmi tesoro..." Sento il tuo fiato vicinissimo. Distinguo l'odore della sigaretta che fumavi prima. "Maria...perchè? Dimmi perchè dovrei?" Finisco appena di parlare e la tua lingua gioca lentamente con il mio labbra inferiore. Sospiro. "Perchè siamo entrambe fradicie, fuori e dentro. Da ieri sera." E mi baci. Di nuovo. Le nostre bocche si uniscono. Le lingue iniziano una danza fra loro che mi regala dolcezza e passione. Le mani di entrambe sono perse fra i nostri capelli. Delirio e passione. Ritrovarti è questo. Un cuore a mille, una voglia che vuole esplodere, un corpo che aspettava da anni di riappropriarsi di questi sapori. Hai già le mani sui miei seni e sai come farmi impazzire giocando con i capezzoli. "Queste tettine dolcissime. Fammele vedere." "Maria...ti prego...ci potrebbero vedere..." "Come se fosse la prima volta...puttanella mia...muoviti, tira su questa maglietta." Scendi con le mani lungo il mio ventre. Le mani nella tuta. Mi baci violentemente mentre le tue dita entrano nelle mutandine e iniziano a darmi i brividi che ieri mi avevi negato di avere. "Maria...oddio..." Sento il tuo fiato sul collo e sulla pelle ora scoperta del seno. "Brava Flavia. Sono bellissime. Ancora meglio di come le ricordavo. Ora ti mangio tutta." Lecchi e mordi i miei capezzoli. Ansimo forte, per i tuoi baci e per le tue dita che già mi stanno penetrando. "E secondo me più giù trovo un nettare ancora più dolce. Vero?" La mia risposta è nei fatti. Tremo. Alzo il bacino, abbassando i pantaloni. Con le mani nei suoi capelli la faccio chinare sempre di più. "Maria mia...ti prego..." La grandine scende sempre più forte. Non sento niente. A stento la mia voce che ti implora. A stento respiro. A stento resisto per fare durare questo attimo il più possibile. "Maria...Maria...tua..." Conosci ogni mio punto debole. Conosci come e dove baciarmi. Conosci me. Facendomi godere. Facendomi gridare ancora il tuo nome. Facendomi rilassare dopo. Sorridendomi. Baciandomi viso e labbra con ancora il mio piacere sulle labbra. "Flavietta mia..." Riapro gli occhi. Ti abbraccio. In lacrime. E di nuovo i REM in testa. "A simple prop to occupy my time...Fire..."
Sono le 10 passate, ancora non ti vedo. Ti ho scritto un messaggio ma non hai ancora risposto. Comincio ad essere impaziente. E comincia anche a darmi della stupida per aver guidato fino a qui. Con la nebbia e l’improvviso acquazzone con cui mi sono svegliata. Ma sapevo che se non fossi venuta me ne sarei pentita e mi sarei data della stupida comunque. Quindi tanto vale essere qui e sperare. Ha anche smesso di piovere da una ventina di minuti e il sole sta finalmente uscendo. “Dai che se continua così una bella sgambata la faccio comunque, prima che arrivi troppa gente." Infatti, nonostante sia sabato, il parcheggio è vuoto e anche al bar sembra non esserci nessuno. È tanto che non vengo qui. Di solito vado al parco vicino casa, che ha anche una bella pista di atletica aperta a tutti in alcuni orari. Ma la gioia migliore è partire da casa e correre sull’argine del canale, costeggiando campi e fattorie prima di chiudere il circuito tornando verso casa per stradine secondarie senza traffico. Una decina di chilometri di pace e serenità, senza quasi mai nessuno con cui scambiare anche solo un saluto. In Villa invece non ci vengo da anni, sia perchè c’è da prendere la macchina e farsi almeno mezz’ora di viaggio, sia perchè, se non è cambiato nulla, è tutto sterrato e io e le mie caviglie lo odiamo. E poi mi fa venire in mente un momento ben preciso che non vorrei ricordare. “Ok, si parte. Fanculo Maria.” Scendo dall’auto. Inizio a fare un po’ di riscaldamento, nulla di particolare, giusto per riattivare i muscoli dopo il tempo passato in auto. Preparo e controllo la connessione dell’orologio e delle auricolari. “10 secondi.” Sistemo il telefono nella fascia sul braccio dopo aver selezionato la solita playlist. “5.” Qualche passo per avvicinarmi al cancello. “3. 2. 1.” Parto. E con me anche i REM. “This one goes out to the one I love…this one goes out to the one I've left behind…” Non è cambiato nulla: è tutto sterrato. E la pioggia appena caduta rende il percorso quasi completamente impraticabile. Provo a saltare qualche pozza, cambiando direzione: ricordo che intorno la palazzina settecentesca resistevano ancora dei vialetti. Magari lì vicino riesco a correre. Sbuffo e forzo un po’, superando e saltando qua e là pozze d’acqua e fango. Quando ti vedo in piedi che fumi fuori dall'edificio, sorridente e tranquilla. Con un’altra ragazza. Stoppo la musica e mi fermo quasi di colpo. “Ma che cazzo…” Mi avvicino e la tua interlocutrice mi indica. Tu allarghi le braccia, venendomi incontro. "Flavia! Dov’eri finita? Ti aspettiamo da più di mezz’ora!” “Alle 10 al parcheggio dietro al bar. Ecco dove cazzo ero finita! E ti ho anche scritto quando sono arrivata." “Ah sì? Era così l’appuntamento? Mi ricordavo male allora. Non ho nemmeno portato il cellulare. Scusami.” E mi baci, cogliendomi di sorpresa. Ma la tua lingua in bocca mi scioglie e mi lascio stringere a te come se fosse la cosa più naturale del mondo. Nella testa vivo come se tutto intorno fosse immobile e in bianco e nero e solo noi fossimo l’unico segno di vita e colore: la mia tuta azzurra, la tua maglia verde. Ti stacchi. Ci guardiamo. Mi tocchi delicatamente la punta del naso con un dito. “Te lo dovevo da ieri sera. Ora vieni. Sara ci aspetta.” In quel brevissimo attimo mi ero completamente scordata l’esistenza della ragazza. Ci avviciniamo e io e Sara ci presentiamo stringendoci la mano. “La famosa Flavia! Che piacere! In dipartimento sei ancora un mito per come hai risolto quel problema!” Guardo in modo interrogativo sia la ragazza che Maria. “Si, lo ammetto. Non smetto di tormentare i miei studenti dicendo frasi del tipo “se ci fosse Flavia, lo risolverebbe subito, come quella volta che…”, indicando la foto del nostro congresso. Quindi il tuo fantasma continua ad aleggiare per quelle stanze!” Arrossisco e ringrazio. “Quindi anche tu sei una studentessa della prof?” Mentre parlo, mi rendo conto del ridicolo di chiamare prof una che in pubblico mi ha appena messo la lingua in bocca. “Si, Maria è la mia relatrice. Conto di finire entro l’estate.” Si guardano. Sorridono. Capisco. Sara è la nuova me. E io sono la solita stupida. "Ok. Io vado. È stato un piacere Sara. Noi magari ci sentiamo un'altra volta." Non aspetto nemmeno una risposta. Mi giro. Corro. Forzo. Sento il fango sotto le scarpe. La vista annebbiata. Le lacrime sulle guance. Mi oriento verso l'uscita senza problemi e la vedo in fondo al viale, proprio mentre inizia nuovamente a piovere. Uno scroscio forte che mi lava completamente in quegli ultimi metri prima di entrare in auto. Piango. Sul volante. Butto telefono e auricolari sul sedile posteriore. Piango. E ti vedo correre verso l'auto. Provi ad entrare. Bussi al vetro. "Fammi salire!" Piango. Piove. Sei tutta bagnata, i capelli davanti al viso, la maglia ormai aderente al tuo corpo. "Sei una stronza Maria!" "Probabile. Ma fammi salire!" Apro. Entri. Sbuffi. "Perchè mi hai fatto venire qui Maria? Avevi bisogno di un trofeo da mostrare alla tua nuova amante?" "Smettila di fare la bambina gelosa! Sara è solo una studentessa come un'altra. Lavora qui in biglietteria nel weekend e mi ha solo dato un passaggio fin qui." "Si, certo, come no! Ho visto come vi guardavate. Almeno non raccontiamoci puttanate!" Grido per la rabbia e perchè ha anche iniziato a grandinare e il rimbombo nell'auto è fortissimo. Guardo fuori. Si vede quasi nulla oltre il cofano dell'auto, il cancello del parco sbatte forte per il vento e la tenda del bar si gonfia sempre più pericolosamente, mentre il gestore prova disperatamente a riavvolgerla. "Vabbè, se proprio dobbiamo essere sollevate e portate via da un tifone, almeno sono in buona compagnia." Sorridere mi viene naturale, ma non c'è gioia o divertimento. Ho le mani sul volante e continuo a guardare fuori. Metti la tua mano sulla mia. "Se non c'entra un volo noi non siamo contente, eh?" "Smettila Maria. Perchè ti ostini a non capire quanto mi faccia male ricordare certe cose?" Mi stringi la mano. Le tue dita si infilano fra le mie. "Respira Flavia mia. Chiudi gli occhi e respira." "Ti ho detto di smetterla." Ma sono sempre meno convinta. "Flavia. Ok. Hai ragione. Ti ho fatta venire qui per un motivo: è dove ci siamo date l'ultimo bacio." "Lo so. Pensi che non ci abbia mai pensato in questi dieci anni?" "Lo so, lo immagino. E quindi quale migliore posto per darcene un altro?" Mi lasci la mano e la porti sulla mia guancia, costringendomi a guardarti. Ti avvicini. Mi accarezzi la pelle. "Intanto, via queste lacrime." Sento le tue dita che scendono sul collo, dietro l'orecchio, giocano con il lobo, ritornano verso la guancia con il dorso e continuano ad accarezzarmi dolcemente. "Poi vediamo di fare qualcosa per queste labbra screpolate." Il tuo indice ci passa sopra. Lentamente le socchiudo. Mentre chiudo gli occhi. "Maria..." "Dimmi tesoro..." Sento il tuo fiato vicinissimo. Distinguo l'odore della sigaretta che fumavi prima. "Maria...perchè? Dimmi perchè dovrei?" Finisco appena di parlare e la tua lingua gioca lentamente con il mio labbra inferiore. Sospiro. "Perchè siamo entrambe fradicie, fuori e dentro. Da ieri sera." E mi baci. Di nuovo. Le nostre bocche si uniscono. Le lingue iniziano una danza fra loro che mi regala dolcezza e passione. Le mani di entrambe sono perse fra i nostri capelli. Delirio e passione. Ritrovarti è questo. Un cuore a mille, una voglia che vuole esplodere, un corpo che aspettava da anni di riappropriarsi di questi sapori. Hai già le mani sui miei seni e sai come farmi impazzire giocando con i capezzoli. "Queste tettine dolcissime. Fammele vedere." "Maria...ti prego...ci potrebbero vedere..." "Come se fosse la prima volta...puttanella mia...muoviti, tira su questa maglietta." Scendi con le mani lungo il mio ventre. Le mani nella tuta. Mi baci violentemente mentre le tue dita entrano nelle mutandine e iniziano a darmi i brividi che ieri mi avevi negato di avere. "Maria...oddio..." Sento il tuo fiato sul collo e sulla pelle ora scoperta del seno. "Brava Flavia. Sono bellissime. Ancora meglio di come le ricordavo. Ora ti mangio tutta." Lecchi e mordi i miei capezzoli. Ansimo forte, per i tuoi baci e per le tue dita che già mi stanno penetrando. "E secondo me più giù trovo un nettare ancora più dolce. Vero?" La mia risposta è nei fatti. Tremo. Alzo il bacino, abbassando i pantaloni. Con le mani nei suoi capelli la faccio chinare sempre di più. "Maria mia...ti prego..." La grandine scende sempre più forte. Non sento niente. A stento la mia voce che ti implora. A stento respiro. A stento resisto per fare durare questo attimo il più possibile. "Maria...Maria...tua..." Conosci ogni mio punto debole. Conosci come e dove baciarmi. Conosci me. Facendomi godere. Facendomi gridare ancora il tuo nome. Facendomi rilassare dopo. Sorridendomi. Baciandomi viso e labbra con ancora il mio piacere sulle labbra. "Flavietta mia..." Riapro gli occhi. Ti abbraccio. In lacrime. E di nuovo i REM in testa. "A simple prop to occupy my time...Fire..."
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