Agente Lucy - 9 - I mercenari

di
genere
pulp

Ho dormito due giorni di seguito rifocillata ad orari regolari. Non male la cucina di bordo, molto meglio però gli antidolorifici e le cremine lenitive ed idratanti. Ora sto bene. Oddio, sto bene come chi è prigioniera in una cabina di lusso e non conosce la propria sorte.
Anche lo yacht in questi due giorni è stato in un dormiveglia continuo: viaggiava di notte e si riposava di giorno come deve fare la casa di un milionario in vacanza. Ma sempre nel silenzio più totale. Non un anima, solo il cameriere filippino che apriva la porta tre volte al giorno con vassoio in mano ed il povero Tuttostanco che gli toccava slegarmi e controllarmi. Credo sia sordomuto. O finge benissimo.
C'è stato però qualche traffico sospetto, come quando nella notte abbiamo abbordato un peschereccio, probabilmente per svuotare il congelatore. Già, Vargas, il mio innamorato.
Due giorni di una palla incredibile! Ma non sono sola, i ragazzi del centro si fanno vivi con continui bip nell'orecchio. Davanti allo specchio ho anche chiacchierato con Steven, ma solo muovendo le labbra, c'è una telecamera nascosta che mi controlla H24. L'ho ringraziato d'avermi salvata, con la nazifetente è stato superbo, e gli ho promesso una vacanza romantica nello Josemite Park. In risposta ho ricevuto tenerissimi bip.
Ma questa sera, dopo il tramonto, lo yacht s'è risvegliato. No nessun party od orgia da ricchi sul ponte, solo movimenti e voci, ed i motori che rombano a tutta forza come se avesse finalmente un posto dove andare. Sono scema, questo senso di potenza e velocità mi dà la carica, anche se so che per me saranno solo casini.
E non è una grande sorpresa quando s'apre la porta ed appare il vassoio con grigliata di pesce e sadoallegra invece del filippino. Mi sorride come un'amica mentre lo poggia sullo scrittoio a parete. “Ti sei persa due giornate spettacolari, un mare fantastico.”
Grazie al cazzo! Ma va' a lavorare, stronza!
S'è messa sportiva, leggings mezza coscia dipinti sulla figa e tesi sulle chiappe di marmo e top bianco abbagliante con i capezzoli chiodati in rilievo, uno schianto di figonanera che stordisce maschietti e femminucce. Oggi vuole fare la civettuola con me, mi fissa tenendo la mano poggiata sul fianco buttato in fuori. Sì, sei figa, ma non è proprio storia.
“Sei incazzata con me?! Dovevo farlo, lo sai.”
Questa stronza m'ha massacrata otto ore di seguito e vuole essere ringraziata, “Già, è il tuo lavoro.” dico e non aggiungo altro.
“Sì, è il mio lavoro.” Si china come per baciarmi, ma mi sfiora appena le labbra, vuole annusarmi. “Forse mi son lasciata andare un po' troppo...” Mi scocca un sorriso di complicità. “Ma è colpa tua.”
Cazzo, è a dieci centimetri da me e nei suoi occhi neri rivivo in un solo istante le tre ore in palestra. Mi si arroventa il pube al ricordo di ogni singola bastardata. Socchiudo le labbra, ma perché non mi bacia? “Spero che adesso sei in vacanza, che non devi lavorare.”
Ride, sono una che la diverte.
“Fammi vedere come va.”
E chi cazzo la riconosce più? È diventata una lesboinfermiera. Con una delicatezza allarmante slaccia il moschettone che mi tiene bloccata le mani dietro la schiena e mi leva il pigiamino frou-frou celeste. “Va molto molto meglio.” Dice sorpresa valutando ogni livido e segno.
Mi slaccia anche i polsini di ecopelle, un sollievo incredibile! La pelle è raggrinzita, ma non mi hanno scarnificato i polsi. La sadoamante me li friziona con olio profumato. “Questo è miracoloso.” Non mi guarda mai negli occhi mentre mi massaggia tutto il corpo. La tigre ha perso le sue unghie e quelle mani mi regalano un benessere che non vorrei; mi ricordo bene di cosa è capace questa degenerata e cerco d'essere fredda e distaccata, passiva come l'impasto della frolla.
Mi rigira sul letto e mi mette nella posizione preferita dai porci: a gattoni, ginocchia larghe, culo ben alzato e figa a disposizione. La mano ora è un po' meno delicata, insiste a lungo come e dove non farebbe un bravo massaggiatore.
Non resiste, la lesbostronza è troppo ninfomane. Dapprima mi lecca la figa abbracciata alle mie chiappette, poi mi s'incolla a ventosa e succhia peggio di unaspirapolvere fuorigiri. Cazzo, così mi svuota il cervello.
Allento ogni freno e penso solo a godere; mi scordo della missione, dei chip al cervello e dei guardoni al Centro e sogno d'essere in vacanza su uno yacht, chiusa in cabina con una magnifica belva da sesso.
Mi fa sentire i denti, le unghie affondano nei glutei, urlo strozzata come se non ne avessi mai avuto un orgasmo. Quasi piango riconoscente.
È soddisfatta, si leva il top e le bocce esplodono fuori. “Sei una cagnetta.”
S'allunga sul letto, cazzo che schianto, i leggins glieli levo coi denti abbracciata alle sue cosce.
Con una mano prende il vassoio e se lo rovescia addosso, un'intera grigliata di pesce sui suoi addominali tesi. La maionese la usa come detergente intimo. È una maledetta bastarda, poi sono sempre gli altri a dover pulire!
Maialeggio grufolando sulla sua pelle unta, limoniamo masticando crostacei, divoriamo il pesce tra i nostri capelli, in piena beatitudine ci inarchiamo e frizioniamo le fighe con le gambe a forbice.
La fame vien mangiando. La mia amante mi trascina fuori, per i capelli, e mi porta sul ponte.
Il più felice di rivedermi è il brasiliano tatuato, mi zompa all'istante tra le gambe sul mio ex-divano. Quasi non lo riconosco, non è più il trivellatore professionista, stasera è passione animale pura, ha fame da leone e mi sbrana, sono la sua cerbiatta e mi arpiona impazzito, mi devasta il cervello, è un magnifico maschio latino in pieno raptus stupratorio.
Whow, mi sento in colpa con la mia lesboamante, ma con un cazzo è tutta un'altra cosa. Non se la prende, è ninfocagna anche lei, sta carezzando la schiena tatuata dello stallone che mi sfianca.
Ne viene fuori un'orgia di quelle allegre, di fine vacanza. Ma la mia nuova amica di trombate è pur sempre una ninfobastarda, è gelosa di Tuttostanco, il megacazzone nero è solo per lei. Pazienza, io dopo la grigliata spalmata in un gustosissimo sandwich tra il vichingo ed il brasiliano. Sono scopatori professionisti in vacanza, si godono la scopata incitandomi, alternano i colpi facendomi schizzare a getto di fontana e muoiono dal ridere.
Anche i ragazzi del Centro sono allegri, mi fischiano continuamente nelle orecchie. Poveri sfigati!

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Siamo attraccati ad un porticciolo in una baia disabitata sotto una montagna verdissima. È l'alba, sono ancora rintronata per l'orgia e ho dormito sola su un letto che puzzava di pesce.
Entra la lesboguerriera in tenuta da mercenaria, mimetica e cinturone con fondine, una Laracroft mozzafiato, ma nera è più inquietante.
Dà ancora una controllata al mio stato, sempre più sorpresa che segni e lividi del lavoretto in palestra siano già quasi del tutto scomparsi. È un segreto del dottor Hiroshige, non posso svelarle il mistero.
Mi passa da vestirmi. “Mettiti questi.”
“Dove andiamo?”
“Fa' presto!” Anche lei ha i suoi segreti.
Indosso una camicia militare di tre misure più grande, un cappellaccio, calzettoni ed anfibi che mi calzano a pennello. Niente slip e pantaloni, gambe nude e figa al vento. Brutto segno, qui le zanzare massacrano, ma la mia padrona ci tiene a rimarcare i ruoli.
Sul pontile c'è il cambio: i tre stalloni personali della ninfotroia ci affidano a quattro mercenari che temono la lesbozapatista più di me, ma che sarebbe comunque meglio non incontrare nella giungla. I quattro si scambiano cenni di approvazione dopo avermi attentamente valutata. Lo sguardo che odio.
Ma abbiamo fretta.
Il sentiero s'inerpica subito in un bosco verde, caldo e umido. Mi toglie il fiato, i mercenari invece parlottano tra loro.
Dopo quindici minuti di marcia in colonna, a zigzag in salita sul fianco della montagna, la lesbocomandante ferma tutti e mi lega abbracciata ad un albero. “Ragazzi, qui non si scherza, niente cazzate! Sapete che io non le perdono. Quindi occhi aperti ed orecchie tese, non dovete assolutamente distrarvi con la cagna. Vi do un quarto d'ora e poi in marcia.”
M'annusa il collo da dietro, cercandomi il capezzolo, e torna a parlare in inglese: “So che ti eccitano questi ragazzi, ma resisti, non fare la cagna anche con loro, non me li devi distrarre. Capito?” Le unghie stringono il capezzolo facendomi sgorgare una lacrima, ma nessun lamento. “Conviene anche a te che stiano ben attenti, credimi, se succede qualcosa sarai tu la prima a rimetterci.”
La figonanera perde colpi, ha appena ammesso che eccito i soldati più di lei. E vuole vendicarsi. Mi lecca la guancia, mi parte una scossa quando fa così. “Ma non temere, non te li porto via.”
Alza la voce, in spagnolo. “Scaricatevi adesso e come premio, se non mi farete incazzare, al campo avrete un materasso e questa troia per tutta una notte.”
I quattro approvano massaggiandosi i pacchi. La ninfoinvidiosa ci tiene a tradurmi in inglese quello che ho già capito.
“Mi stai portando da lui?” Chiedo.
“Avete quindici minuti.”
Il primo cazzo mi risale in figa. M'inseminano uno dopo l'altro, da dietro.
Abbracciata al tronco fisso il mare sotto di noi, turchese fra le foglie verdi.
Al Centro questa volta devono accontentarsi della ripresa un po' mossa, su e giù, di un bel panorama caraibico.
scritto il
2024-06-29
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