La studentessa si confessa, il prete la tromba
di
Supersex
genere
etero
Questo racconto è ambientato negli anni 80, in un rinomato collegio cattolico gestito da preti e suore.
Era l'ultima settimana del mese di luglio, nell'aria aleggiava l'eccitazione per il week-end tanto atteso: quello della consegna dei diplomi di maturità. Il programma della festa prevedeva al sabato pomeriggio la confessione per gli studenti. La domenica mattina, ore 10.00, la santa messa con la partecipazione di studenti e famiglie. Alle ore 11, la cerimonia di consegna dei diplomi, alla presenza di autorità e del Vescovo. A seguire, un pranzo conviviale per tutti, per un momento di gioia e di condivisione.
Carlotta aveva superato l'esame di maturità, dimostrando non solo la sua intelligenza ma anche la sua determinazione. La giovane ragazza era anche dotata di un fascino naturale: capelli color castano ramato che incorniciavano un viso delicato, occhi verdi-azzurri che brillavano di vivacità, pelle candida, un fisico armonioso ed un seno alto e sodo.
Il collegio, dove Carlotta aveva trascorso cinque anni della sua vita, aveva lasciato un segno indelebile nel suo cuore. Lei stimava i suoi insegnanti e amava i suoi amici, con cui aveva condiviso momenti indimenticabili. Ma la prospettiva della confessione le faceva venire i brividi. Carlotta era una ragazza timida e riservata, e l'idea di dover confessare al prete i suoi peccati, in particolare quelli che la Chiesa cattolica definisce 'atti impuri', le provocava un profondo senso di vergogna e imbarazzo.
Non aveva mai avuto rapporti sessuali con nessuno, neanche con il ragazzo che aveva frequentato per un certo periodo. A sedici anni aveva iniziato a esplorare il suo corpo, masturbandosi nel modo classico con la mano e, in seguito, anche utilizzando degli oggetti o il getto della doccia. Quel piacere solitario era diventato una necessità, ma Carlotta lo riteneva una questione intima, qualcosa che desiderava conservare per sé. Non aveva alcun desiderio di condividere questo aspetto personale con altri, nemmeno nel confessionale.
Carlotta non riusciva a smettere di pensarci: cosa faccio? Aveva pensato di evitare la confessione, un rito obbligatorio per gli studenti di quella scuola cattolica prima della cerimonia di consegna del diploma. Sapeva che, se scoperta, i sacerdoti che gestivano la scuola avrebbero potuto escluderla dalla cerimonia e consegnare il diploma ai suoi genitori in un momento successivo. Per la sua famiglia, quella esclusione, sarebbe stata motivo di enorme imbarazzo. Carlotta immaginò i volti delusi e mortificati dei suoi genitori e sentì una stretta al cuore. «No, non posso permettere che accada» pensò. «Devo affrontare la confessione».
Il sabato pomeriggio, giorno previsto per le confessioni, mentre si avvicinava alla chiesa, il suo cuore batteva forte nel petto per l'agitazione. Le mani le sudavano e la gola le si strinse. Cercò di fare un respiro profondo e di distrarsi pensando ai suoi amici, che erano lì con lei, a condividere la stessa esperienza.
Entrò nella chiesa, illuminata da una suggestiva luce dorata che filtrava dalle vetrate. Il silenzio era rotto solo dal mormorio delle preghiere e dal suono delle campane. Si inginocchiò nel confessionale. Il prete, dall'altra parte, attendeva pazientemente che la ragazza iniziasse a parlare. «Padre, ho peccato», disse Carlotta con un filo di voce. «In che modo hai peccato, figlia mia?» chiese il prete con gentilezza.
Lei elencò alcuni peccati che aveva commesso, ma mancava proprio quello della masturbazione e dei pensieri impuri che la accompagnavano. Carlotta si era improvvisamente ammutolita. «È tutto? O c'è dell'altro...» le chiese il prete. Lei prese coraggio e disse «Si c'è dell'altro… Ho commesso degli atti impuri». Seguì un breve silenzio interrotto dal sacerdote: «Figliola, dovresti essere più precisa, atti impuri è un termine generico. Specifica più dettagliatamente».
Nelle immediate vicinanze del confessionale c'erano Alessandro e Valerio, due suoi compagni di classe in attesa, anche loro, della confessione. Carlotta temeva che potessero sentire le sue parole, l'ammissione che anche lei si masturbava e le sue fantasie erotiche. Carlotta si bloccò, e il prete la esortò nuovamente a essere più specifica, chiedendole di descrivere i suoi peccati, altrimenti niente assoluzione.
La ragazza, quasi piangendo, spiegò al sacerdote che provava imbarazzo a parlare di quell'argomento intimo nelle vicinanze di altre persone. Compresa la sua situazione emotiva, il prete le propose di portare a termine la sua confessione in un luogo più tranquillo. «Ci troviamo tra un'ora davanti alla chiesa… Va bene?» Carlotta, non avendo alternative, accettò.
Lei non sapeva nulla del sacerdote con cui aveva parlato. La penombra del confessionale aveva celato il suo volto, le sue sembianze, persino la sua età. Lei aveva visto solo una sagoma, un'ombra che ascoltava le sue parole. Ora, in attesa di incontrarlo di nuovo, questa volta per parlare in privato dei suoi atti impuri, la sua mente si interrogava sulla sua identità. «Che aspetto avrà?» si chiese sempre più incuriosita.
La fantasia di Carlotta, sollecitata dalla curiosità, cercò di dare un volto a quella figura indefinita. Un'immagine sfumata prendeva forma, alimentata da un certo timore. Lo immaginava come un prete corpulento, severo e di una certa età. L'attesa era carica di un'insolita tensione per l'incontro con un uomo che conosceva solo attraverso la sua voce e un'ombra.
Attese seduta su una panchina nei pressi della chiesa. All'improvviso una voce armoniosa richiamò la sua attenzione: «Ciao, sono don Marco». «Piacere, io mi chiamo Carlotta» rispose lei, sorridendo per la piacevole sorpresa. Il prete che si trovò di fronte non era affatto il burbero uomo di una certa età che aveva immaginato. Al contrario era un giovane sui trent'anni, con capelli scuri come i suoi occhi intensi. Alto circa 1,80, aveva un fisico asciutto e atletico.
Il contrasto tra la sua aspettativa e la realtà davanti ai suoi occhi fu immediato, generando in lei sensazioni positive. Don Marco le raccontò di avere un alloggio in una delle strutture del collegio. «Lì potrai aprire il tuo cuore senza temere che qualcuno possa ascoltare la tua confessione», le disse, notando la trepidazione che ancora affiorava dalla sua voce. Lei lo seguì in fiducia, pronta a confidare i suoi segreti in quel luogo sicuro e riservato.
Entrarono in una grande struttura. Carlotta ebbe la sensazione che non ci fosse anima viva, quel luogo sembrava quasi surreale. Nonostante la frenesia delle suore e dei preti che si affaccendavano all'esterno per preparare la grande festa del giorno seguente, all'interno regnava un silenzio inquietante.
La ragazza, accompagnata da don Marco, attraversò un lungo corridoio al primo piano. La penultima porta a destra recava il nome del sacerdote. Don Marco estrasse una chiave dalla tasca, aprì la porta e fece cenno alla ragazza di entrare. La stanza era piccola e spartana: uno scrittoio con una sedia, un armadio e un letto addossato al muro.
Don Marco si sedette sul letto e, con un gesto quasi automatico, batté leggermente la sponda con la mano, invitando la ragazza a sedersi accanto a lui. «Mettiti qui, vicina a me» disse con voce bassa, «qui puoi parlarmi liberamente dei tuoi peccati, ci siamo solo io, te e Gesù».
La ragazza inspirò profondamente e cominciò a raccontare la sua storia. «Ho avuto pensieri impuri e ho commesso atti impuri», disse, prima di entrare nel dettaglio. Don Marco prese la mano di Carlotta, avvolgendola delicatamente tra le sue. Il suo tocco, leggero, la aiutò a sciogliere ogni tensione. L'ondata di calore, emanata dalle mani del prete, si diffuse lungo il corpo della ragazza, raggiungendo le sue guance che diventarono rosse.
Lei cercò di trovare le parole giuste per descrivere le sue azioni. «Ho toccato me stessa in modo impuro», padre, «e ho utilizzato degli oggetti per procurarmi piacere», confessò. Dopo una breve pausa Carlotta proseguì con la sua descrizione: «Mentre mi toccavo, immaginavo di baciare un ragazzo, di essere desiderata e desiderante. Immaginavo le sue mani sul mio corpo nudo, le mie labbra sul suo pene duro e pulsante. Immaginavo il sapore del suo seme e avvertivo il calore di una passione travolgente».
«Lo fai spesso? Con che frequenza ti masturbi?» le chiese il prete senza mezzi termini. «Quasi tutti i giorni» rispose lei, abbassando lo sguardo per l'imbarazzo. Poi aggiunse: «Quando il piacere dell'orgasmo è sfumato provo rimorso per quello che ho fatto, ma il giorno dopo non resisto e cedo nuovamente alla tentazione».
«Un rapporto sessuale può farti sentire realizzata e soddisfatta, al contrario della masturbazione che spesso ti porta a sentimenti di colpa, ansia, vergogna o disprezzo di sé dopo aver compiuto l’atto.» sentenziò il prete. Carlotta rimase stupita dalle ultime parole del sacerdote e sentì un brivido correre lungo la schiena quando lui iniziò ad accarezzarle la mano che teneva fra le sue.
Don Marco aveva compreso di aver fatto centro con le sue parole e decise di approfittare dell'occasione per gestirla a suo piacimento. «Liberarsi dall'assuefazione alla masturbazione non è facile, ma è possibile con l'aiuto della persona giusta che ti faccia comprendere le differenze che ci sono tra la masturbazione e un rapporto sessuale. Posso aiutarti io se sei d'accordo» le disse il giovane sacerdote.
Carlotta cadde vittima del suo fascino, incapace di resistere alla sua eloquenza. Lui spostò la mano della ragazza sulla patta dei pantaloni facendole sentire il calore emanato dalla sua virilità e le disse: «È ora che le tue fantasie diventino realtà». Lei reagì con debolezza, tentando di allontanare la mano in modo poco convinto.
Era nervosa, ma eccitata allo stesso tempo. La forte emozione le fece accelerare i battiti del cuore mentre udiva la voce del prete, diventata roca per l'eccitazione, che le sussurrava: «Tiralo fuori e prendilo in mano». La mano tremante di Carlotta si mosse impacciata nell'atto di sbottonare i pantaloni del prete. Aperta la patta, abbassò lentamente l'elastico delle mutande, liberando il suo pene.
Carlotta lo guardò con un'espressione timorosa, ma anche eccitata. Lo prese in mano delicatamente, le sue dita appena lo sfioravano. Lui la guidò, avvolgendo la sua mano nella sua, per insegnarle il giusto movimento. In breve il pene del prete cambiò aspetto diventando lungo, duro ed eretto. Lui avvicinò la testa della ragazza con una mano, desideroso di baciarla. Fu un bacio lungo e passionale, in cui le loro lingue s'intrecciarono con una crescente e inaudita avidità.
Mentre la baciava, le accarezzava una gamba, spostando lentamente la gonna che indossava. Raggiunse le mutandine e le spostò di lato, permettendo al dito medio di arrivare a contatto con la fessura che divideva le labbra vaginali, già bagnate. Lui cominciò a solleticarle il clitoride, mentre Carlotta gemeva sommessamente, lasciandosi andare alla sensazione di piacere che stava crescendo dentro di lei.
La ragazza strinse con più forza le dita che cingevano il pene del prete diventato duro come il marmo e accelerò il ritmo della mano provocandogli scintille di bruciante piacere. Proseguirono a masturbarsi a vicenda per un paio di minuti, scanditi dai loro sospiri e lamenti, poi don Marco sbottonò la camicetta della ragazza e le sfilò lentamente la gonna, rivelando la biancheria intima, umida e eccitata.
Lei lo lasciò fare, oramai era in sua balìa. Le mani del prete scivolarono sulle spalle, sulle braccia e sul ventre nudo di Carlotta. La camicetta finì a terra, presto raggiunta dal reggiseno di pizzo, che lui aveva slacciato. Don Marco rimase estasiato nel vedere il magnifico seno della diciannovenne. Ne prese possesso e vi affondò le dita. Era morbido e sodo allo stesso tempo, prima lo baciò e poi ruotò la lingua sulle areole, che avevano una forma perfetta e un colore rosa acceso.
Le sfiorò i turgidi capezzoli solleticandoli delicatamente con i denti, mentre lei gemeva di piacere. Poi, scese verso la sua vagina, leccandola delicatamente. La giovane si lasciò andare a gemiti e mugolii, mentre il prete le leccava e le succhiava il clitoride. «Sì, sì, così, mi fai impazzire», mormorava tra i gemiti. Carlotta poteva sentire il suo corpo tremare e il suo respiro diventare sempre più pesante. Nel momento di massimo piacere inarcò la schiena e raggiunse l'orgasmo con un tremore che le attraversò tutto il corpo.
Don Marco, in pochi istanti, si spogliò, poi infilò delicatamente un dito dentro la figa della ragazza, mentre continuava a leccarle il clitoride. Carlotta percepì un'ondata di piacere travolgerla, mentre il dito del prete la penetrava e la stimolava muovendolo.
All'improvviso fu consapevole di qualcosa di duro e rigido che premeva all'apice delle sue gambe. «Sono vergine, fai piano per favore...» lo supplicò. Lui le sorrise e annuì con un cenno del capo. Don Marco si posizionò per penetrarla. Lei percepì una grande pressione che accolse con gioia e lui alternò una spinta ad un rilascio, spingendo il pene sempre più in fondo, fino a dare il colpo decisivo che la privò della sua verginità.
L'espressione dolce di Carlotta mutò in una smorfia di dolore. Don Marco si fermò per qualche istante e poi riprese a muoversi lentamente. Lei sentì un po' di dolore all'inizio, ma poi il dolore si trasformò in piacere quando il prete cominciò a muoversi dentro di lei. Gemeva e mugolava, mentre lui la penetrava e le dava piacere.
Don Marco la sentiva così stretta da procurargli delle ondate di intenso piacere. Aumentò la velocità dei suoi movimenti penetrandola sempre più a fondo. Per il gran finale si sollevò sulle braccia e, mentre la sbatteva forte, osservò le sode tette della ragazza danzare al ritmo da lui impresso.
Carlotta poteva sentire i muscoli della sua vagina stringersi intorno al pene del suo partner, segno che era molto vicina all'orgasmo. Le sue braccia cinsero don Marco e le sue unghie ne graffiarono la schiena. Mentre lui martellava il suo sesso stretto, caldo e bagnato con tutte le sue forze, lei reclinò la testa all'indietro, socchiuse la bocca ed emise un lamento: aveva raggiunto il suo secondo orgasmo.
Prossimo a godere anche lui, il prete uscì dal corpo della ragazza, prese in mano il suo cazzo bollente e lo masturbò eiaculando dopo qualche secondo una generosa quantità di sperma sul ventre e sulle tette di Carlotta. I due, ripreso fiato, si abbracciarono baciandosi con grande passione.
Una volta rivestita e, prima di uscire dalla camera del prete, Carlotta ricevette l'assoluzione per i suoi peccati. Lei si sentì sollevata e liberata da un peso enorme. La sua confessione, pur essendo stata un'esperienza particolare, le aveva fatto bene. Le aveva permesso di liberare il suo cuore da un'angoscia che covava in lei da tempo.
La domenica mattina, si recò alla messa con la sua famiglia. Alle 11, finalmente, giunse il momento della consegna dei diplomi. Carlotta, insieme ai suoi compagni, salì sul palco. Il preside, con un sorriso raggiante, le consegnò il diploma, il simbolo tangibile del suo successo e del suo impegno.
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Era l'ultima settimana del mese di luglio, nell'aria aleggiava l'eccitazione per il week-end tanto atteso: quello della consegna dei diplomi di maturità. Il programma della festa prevedeva al sabato pomeriggio la confessione per gli studenti. La domenica mattina, ore 10.00, la santa messa con la partecipazione di studenti e famiglie. Alle ore 11, la cerimonia di consegna dei diplomi, alla presenza di autorità e del Vescovo. A seguire, un pranzo conviviale per tutti, per un momento di gioia e di condivisione.
Carlotta aveva superato l'esame di maturità, dimostrando non solo la sua intelligenza ma anche la sua determinazione. La giovane ragazza era anche dotata di un fascino naturale: capelli color castano ramato che incorniciavano un viso delicato, occhi verdi-azzurri che brillavano di vivacità, pelle candida, un fisico armonioso ed un seno alto e sodo.
Il collegio, dove Carlotta aveva trascorso cinque anni della sua vita, aveva lasciato un segno indelebile nel suo cuore. Lei stimava i suoi insegnanti e amava i suoi amici, con cui aveva condiviso momenti indimenticabili. Ma la prospettiva della confessione le faceva venire i brividi. Carlotta era una ragazza timida e riservata, e l'idea di dover confessare al prete i suoi peccati, in particolare quelli che la Chiesa cattolica definisce 'atti impuri', le provocava un profondo senso di vergogna e imbarazzo.
Non aveva mai avuto rapporti sessuali con nessuno, neanche con il ragazzo che aveva frequentato per un certo periodo. A sedici anni aveva iniziato a esplorare il suo corpo, masturbandosi nel modo classico con la mano e, in seguito, anche utilizzando degli oggetti o il getto della doccia. Quel piacere solitario era diventato una necessità, ma Carlotta lo riteneva una questione intima, qualcosa che desiderava conservare per sé. Non aveva alcun desiderio di condividere questo aspetto personale con altri, nemmeno nel confessionale.
Carlotta non riusciva a smettere di pensarci: cosa faccio? Aveva pensato di evitare la confessione, un rito obbligatorio per gli studenti di quella scuola cattolica prima della cerimonia di consegna del diploma. Sapeva che, se scoperta, i sacerdoti che gestivano la scuola avrebbero potuto escluderla dalla cerimonia e consegnare il diploma ai suoi genitori in un momento successivo. Per la sua famiglia, quella esclusione, sarebbe stata motivo di enorme imbarazzo. Carlotta immaginò i volti delusi e mortificati dei suoi genitori e sentì una stretta al cuore. «No, non posso permettere che accada» pensò. «Devo affrontare la confessione».
Il sabato pomeriggio, giorno previsto per le confessioni, mentre si avvicinava alla chiesa, il suo cuore batteva forte nel petto per l'agitazione. Le mani le sudavano e la gola le si strinse. Cercò di fare un respiro profondo e di distrarsi pensando ai suoi amici, che erano lì con lei, a condividere la stessa esperienza.
Entrò nella chiesa, illuminata da una suggestiva luce dorata che filtrava dalle vetrate. Il silenzio era rotto solo dal mormorio delle preghiere e dal suono delle campane. Si inginocchiò nel confessionale. Il prete, dall'altra parte, attendeva pazientemente che la ragazza iniziasse a parlare. «Padre, ho peccato», disse Carlotta con un filo di voce. «In che modo hai peccato, figlia mia?» chiese il prete con gentilezza.
Lei elencò alcuni peccati che aveva commesso, ma mancava proprio quello della masturbazione e dei pensieri impuri che la accompagnavano. Carlotta si era improvvisamente ammutolita. «È tutto? O c'è dell'altro...» le chiese il prete. Lei prese coraggio e disse «Si c'è dell'altro… Ho commesso degli atti impuri». Seguì un breve silenzio interrotto dal sacerdote: «Figliola, dovresti essere più precisa, atti impuri è un termine generico. Specifica più dettagliatamente».
Nelle immediate vicinanze del confessionale c'erano Alessandro e Valerio, due suoi compagni di classe in attesa, anche loro, della confessione. Carlotta temeva che potessero sentire le sue parole, l'ammissione che anche lei si masturbava e le sue fantasie erotiche. Carlotta si bloccò, e il prete la esortò nuovamente a essere più specifica, chiedendole di descrivere i suoi peccati, altrimenti niente assoluzione.
La ragazza, quasi piangendo, spiegò al sacerdote che provava imbarazzo a parlare di quell'argomento intimo nelle vicinanze di altre persone. Compresa la sua situazione emotiva, il prete le propose di portare a termine la sua confessione in un luogo più tranquillo. «Ci troviamo tra un'ora davanti alla chiesa… Va bene?» Carlotta, non avendo alternative, accettò.
Lei non sapeva nulla del sacerdote con cui aveva parlato. La penombra del confessionale aveva celato il suo volto, le sue sembianze, persino la sua età. Lei aveva visto solo una sagoma, un'ombra che ascoltava le sue parole. Ora, in attesa di incontrarlo di nuovo, questa volta per parlare in privato dei suoi atti impuri, la sua mente si interrogava sulla sua identità. «Che aspetto avrà?» si chiese sempre più incuriosita.
La fantasia di Carlotta, sollecitata dalla curiosità, cercò di dare un volto a quella figura indefinita. Un'immagine sfumata prendeva forma, alimentata da un certo timore. Lo immaginava come un prete corpulento, severo e di una certa età. L'attesa era carica di un'insolita tensione per l'incontro con un uomo che conosceva solo attraverso la sua voce e un'ombra.
Attese seduta su una panchina nei pressi della chiesa. All'improvviso una voce armoniosa richiamò la sua attenzione: «Ciao, sono don Marco». «Piacere, io mi chiamo Carlotta» rispose lei, sorridendo per la piacevole sorpresa. Il prete che si trovò di fronte non era affatto il burbero uomo di una certa età che aveva immaginato. Al contrario era un giovane sui trent'anni, con capelli scuri come i suoi occhi intensi. Alto circa 1,80, aveva un fisico asciutto e atletico.
Il contrasto tra la sua aspettativa e la realtà davanti ai suoi occhi fu immediato, generando in lei sensazioni positive. Don Marco le raccontò di avere un alloggio in una delle strutture del collegio. «Lì potrai aprire il tuo cuore senza temere che qualcuno possa ascoltare la tua confessione», le disse, notando la trepidazione che ancora affiorava dalla sua voce. Lei lo seguì in fiducia, pronta a confidare i suoi segreti in quel luogo sicuro e riservato.
Entrarono in una grande struttura. Carlotta ebbe la sensazione che non ci fosse anima viva, quel luogo sembrava quasi surreale. Nonostante la frenesia delle suore e dei preti che si affaccendavano all'esterno per preparare la grande festa del giorno seguente, all'interno regnava un silenzio inquietante.
La ragazza, accompagnata da don Marco, attraversò un lungo corridoio al primo piano. La penultima porta a destra recava il nome del sacerdote. Don Marco estrasse una chiave dalla tasca, aprì la porta e fece cenno alla ragazza di entrare. La stanza era piccola e spartana: uno scrittoio con una sedia, un armadio e un letto addossato al muro.
Don Marco si sedette sul letto e, con un gesto quasi automatico, batté leggermente la sponda con la mano, invitando la ragazza a sedersi accanto a lui. «Mettiti qui, vicina a me» disse con voce bassa, «qui puoi parlarmi liberamente dei tuoi peccati, ci siamo solo io, te e Gesù».
La ragazza inspirò profondamente e cominciò a raccontare la sua storia. «Ho avuto pensieri impuri e ho commesso atti impuri», disse, prima di entrare nel dettaglio. Don Marco prese la mano di Carlotta, avvolgendola delicatamente tra le sue. Il suo tocco, leggero, la aiutò a sciogliere ogni tensione. L'ondata di calore, emanata dalle mani del prete, si diffuse lungo il corpo della ragazza, raggiungendo le sue guance che diventarono rosse.
Lei cercò di trovare le parole giuste per descrivere le sue azioni. «Ho toccato me stessa in modo impuro», padre, «e ho utilizzato degli oggetti per procurarmi piacere», confessò. Dopo una breve pausa Carlotta proseguì con la sua descrizione: «Mentre mi toccavo, immaginavo di baciare un ragazzo, di essere desiderata e desiderante. Immaginavo le sue mani sul mio corpo nudo, le mie labbra sul suo pene duro e pulsante. Immaginavo il sapore del suo seme e avvertivo il calore di una passione travolgente».
«Lo fai spesso? Con che frequenza ti masturbi?» le chiese il prete senza mezzi termini. «Quasi tutti i giorni» rispose lei, abbassando lo sguardo per l'imbarazzo. Poi aggiunse: «Quando il piacere dell'orgasmo è sfumato provo rimorso per quello che ho fatto, ma il giorno dopo non resisto e cedo nuovamente alla tentazione».
«Un rapporto sessuale può farti sentire realizzata e soddisfatta, al contrario della masturbazione che spesso ti porta a sentimenti di colpa, ansia, vergogna o disprezzo di sé dopo aver compiuto l’atto.» sentenziò il prete. Carlotta rimase stupita dalle ultime parole del sacerdote e sentì un brivido correre lungo la schiena quando lui iniziò ad accarezzarle la mano che teneva fra le sue.
Don Marco aveva compreso di aver fatto centro con le sue parole e decise di approfittare dell'occasione per gestirla a suo piacimento. «Liberarsi dall'assuefazione alla masturbazione non è facile, ma è possibile con l'aiuto della persona giusta che ti faccia comprendere le differenze che ci sono tra la masturbazione e un rapporto sessuale. Posso aiutarti io se sei d'accordo» le disse il giovane sacerdote.
Carlotta cadde vittima del suo fascino, incapace di resistere alla sua eloquenza. Lui spostò la mano della ragazza sulla patta dei pantaloni facendole sentire il calore emanato dalla sua virilità e le disse: «È ora che le tue fantasie diventino realtà». Lei reagì con debolezza, tentando di allontanare la mano in modo poco convinto.
Era nervosa, ma eccitata allo stesso tempo. La forte emozione le fece accelerare i battiti del cuore mentre udiva la voce del prete, diventata roca per l'eccitazione, che le sussurrava: «Tiralo fuori e prendilo in mano». La mano tremante di Carlotta si mosse impacciata nell'atto di sbottonare i pantaloni del prete. Aperta la patta, abbassò lentamente l'elastico delle mutande, liberando il suo pene.
Carlotta lo guardò con un'espressione timorosa, ma anche eccitata. Lo prese in mano delicatamente, le sue dita appena lo sfioravano. Lui la guidò, avvolgendo la sua mano nella sua, per insegnarle il giusto movimento. In breve il pene del prete cambiò aspetto diventando lungo, duro ed eretto. Lui avvicinò la testa della ragazza con una mano, desideroso di baciarla. Fu un bacio lungo e passionale, in cui le loro lingue s'intrecciarono con una crescente e inaudita avidità.
Mentre la baciava, le accarezzava una gamba, spostando lentamente la gonna che indossava. Raggiunse le mutandine e le spostò di lato, permettendo al dito medio di arrivare a contatto con la fessura che divideva le labbra vaginali, già bagnate. Lui cominciò a solleticarle il clitoride, mentre Carlotta gemeva sommessamente, lasciandosi andare alla sensazione di piacere che stava crescendo dentro di lei.
La ragazza strinse con più forza le dita che cingevano il pene del prete diventato duro come il marmo e accelerò il ritmo della mano provocandogli scintille di bruciante piacere. Proseguirono a masturbarsi a vicenda per un paio di minuti, scanditi dai loro sospiri e lamenti, poi don Marco sbottonò la camicetta della ragazza e le sfilò lentamente la gonna, rivelando la biancheria intima, umida e eccitata.
Lei lo lasciò fare, oramai era in sua balìa. Le mani del prete scivolarono sulle spalle, sulle braccia e sul ventre nudo di Carlotta. La camicetta finì a terra, presto raggiunta dal reggiseno di pizzo, che lui aveva slacciato. Don Marco rimase estasiato nel vedere il magnifico seno della diciannovenne. Ne prese possesso e vi affondò le dita. Era morbido e sodo allo stesso tempo, prima lo baciò e poi ruotò la lingua sulle areole, che avevano una forma perfetta e un colore rosa acceso.
Le sfiorò i turgidi capezzoli solleticandoli delicatamente con i denti, mentre lei gemeva di piacere. Poi, scese verso la sua vagina, leccandola delicatamente. La giovane si lasciò andare a gemiti e mugolii, mentre il prete le leccava e le succhiava il clitoride. «Sì, sì, così, mi fai impazzire», mormorava tra i gemiti. Carlotta poteva sentire il suo corpo tremare e il suo respiro diventare sempre più pesante. Nel momento di massimo piacere inarcò la schiena e raggiunse l'orgasmo con un tremore che le attraversò tutto il corpo.
Don Marco, in pochi istanti, si spogliò, poi infilò delicatamente un dito dentro la figa della ragazza, mentre continuava a leccarle il clitoride. Carlotta percepì un'ondata di piacere travolgerla, mentre il dito del prete la penetrava e la stimolava muovendolo.
All'improvviso fu consapevole di qualcosa di duro e rigido che premeva all'apice delle sue gambe. «Sono vergine, fai piano per favore...» lo supplicò. Lui le sorrise e annuì con un cenno del capo. Don Marco si posizionò per penetrarla. Lei percepì una grande pressione che accolse con gioia e lui alternò una spinta ad un rilascio, spingendo il pene sempre più in fondo, fino a dare il colpo decisivo che la privò della sua verginità.
L'espressione dolce di Carlotta mutò in una smorfia di dolore. Don Marco si fermò per qualche istante e poi riprese a muoversi lentamente. Lei sentì un po' di dolore all'inizio, ma poi il dolore si trasformò in piacere quando il prete cominciò a muoversi dentro di lei. Gemeva e mugolava, mentre lui la penetrava e le dava piacere.
Don Marco la sentiva così stretta da procurargli delle ondate di intenso piacere. Aumentò la velocità dei suoi movimenti penetrandola sempre più a fondo. Per il gran finale si sollevò sulle braccia e, mentre la sbatteva forte, osservò le sode tette della ragazza danzare al ritmo da lui impresso.
Carlotta poteva sentire i muscoli della sua vagina stringersi intorno al pene del suo partner, segno che era molto vicina all'orgasmo. Le sue braccia cinsero don Marco e le sue unghie ne graffiarono la schiena. Mentre lui martellava il suo sesso stretto, caldo e bagnato con tutte le sue forze, lei reclinò la testa all'indietro, socchiuse la bocca ed emise un lamento: aveva raggiunto il suo secondo orgasmo.
Prossimo a godere anche lui, il prete uscì dal corpo della ragazza, prese in mano il suo cazzo bollente e lo masturbò eiaculando dopo qualche secondo una generosa quantità di sperma sul ventre e sulle tette di Carlotta. I due, ripreso fiato, si abbracciarono baciandosi con grande passione.
Una volta rivestita e, prima di uscire dalla camera del prete, Carlotta ricevette l'assoluzione per i suoi peccati. Lei si sentì sollevata e liberata da un peso enorme. La sua confessione, pur essendo stata un'esperienza particolare, le aveva fatto bene. Le aveva permesso di liberare il suo cuore da un'angoscia che covava in lei da tempo.
La domenica mattina, si recò alla messa con la sua famiglia. Alle 11, finalmente, giunse il momento della consegna dei diplomi. Carlotta, insieme ai suoi compagni, salì sul palco. Il preside, con un sorriso raggiante, le consegnò il diploma, il simbolo tangibile del suo successo e del suo impegno.
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