Quant'è buono il latte materno
di
Supersex
genere
etero
Era un venerdì sera del 1965, quando il treno regionale attraversava la buia campagna, lasciandosi alle spalle la frenesia della grande città per addentrarsi in zone periferiche. All'interno dei vagoni, un insieme eterogeneo di volti raccontava storie diverse, tutti in attesa di raggiungere le loro destinazioni.
Dopo alcune soste, nella semi-oscurità di uno scomparto, rimanevano soltanto due persone. Marisa, una donna di circa trent'anni, con un fisico prorompente, avvolta in un tailleur che esaltava la sua bellezza. Nella cesta di vimini che portava con sé riposava la sua bambina di tre mesi, un piccolo tesoro di tenerezza che dormiva tranquilla.
Di fronte alla donna, sedeva Flavio, un giovane al primo anno di università. Alto poco meno di un metro e settanta, di corporatura leggera e con qualche brufolo sul viso sembrava più un timido quindicenne che un ragazzo di vent'anni.
Flavio tornava a casa dopo lunghe giornate trascorse a studiarsi pagine di libri e a seguire le lezioni all'ateneo. Ogni tanto, alzava gli occhi dal libro che stava leggendo per osservare Marisa e le sue curve. Era senza dubbio una donna bella ed elegante, abituata ad attrarre l'attenzione, sia degli uomini maturi che dei più giovani.
Marisa, con lo sguardo fisso sul paesaggio che scorreva oltre il finestrino, sembrava annoiata e in cerca di una distrazione. Aveva notato gli sguardi furtivi di Flavio e, nel tentativo di rompere il silenzio, si rivolse a lui chiedendo quale scuola frequentasse.
Flavio, colto di sorpresa dall'interesse di una donna così affascinante, arrossì visibilmente, mostrando così il suo imbarazzo. Con una voce tremolante, rispose: «Studio ingegneria all'università... signora». «Complimenti!» replicò lei, sorpresa dall'idea che quel ragazzo dall'aspetto così giovane potesse essere già iscritto all'università.
Dopo un attimo di silenzio, aggiunse: «Mi presento, sono Marisa, e direi che potremmo darci del tu, che ne pensi?». «Certo, Marisa, io sono Flavio», le rispose il ragazzo con un sorriso, cercando di superare la sua timidezza.
Marisa e Flavio continuarono a chiacchierare tranquillamente, affinando la loro fresca amicizia. Tuttavia, la loro allegria fu interrotta da un dolce pianto proveniente dalla cesta. Era la piccola bimba che, tra un singhiozzo e l'altro, si faceva sentire anche lei.
«Oh, accidenti quanto mi dispiace! Adesso l'abbiamo svegliata» esclamò Flavio, dispiaciuto per l'accaduto. «Niente affatto», rispose Marisa con un sorriso, «non è colpa nostra se la signorina si è svegliata. È solo che ha fame e me lo ha comunicato piangendo!».
«È l'ora della poppata», disse Marisa prendendo in braccio la sua piccola. Si assicurò che non ci fosse nessuno lungo il corridoio del vagone. Quindi richiuse la porta scorrevole dello scomparto e tirò la tenda, per garantire maggiore privacy e proteggere la sua intimità da possibili intrusi mentre allattava la bimba.
Il timido Flavio si sentì d'impiccio e a disagio. Salutò frettolosamente la donna, deciso a lasciarla tranquilla. «Aspetta, ho bisogno del tuo aiuto» affermò Marisa «Me la tieni un attimo?» Con un gesto delicato e carico d'affetto, la donna trasferì la piccola dalle sue braccia a quelle di Flavio, che rivolse un sorriso alla piccola.
Marisa, con la bambina ora tra le braccia del giovane, poté liberarsi della giacca del suo tailleur. La camicia bianca in seta, simbolo di eleganza e raffinatezza, seguì a ruota, lasciando a bocca aperta Flavio quando vide apparire il generoso reggiseno nero che, a fatica, conteneva quel gran paio di tette. Sebbene il seno della donna fosse già considerevole per natura, durante la gravidanza era aumentato di altre due taglie.
Con naturalezza e, non curante della presenza del ragazzo, Marisa sganciò il reggiseno facendolo scivolare via dalle braccia sotto lo sguardo sbalordito di Flavio che non riusciva più a togliere gli occhi dal generoso seno della donna, incantato dalla vista delle areole brune e larghe.
Marisa riaccolse la sua bambina tra le braccia. Bastò avvicinarla al seno gonfio di latte perché, istintivamente, la piccola attaccasse le labbra al capezzolo della madre e iniziasse a succhiare avidamente il nutriente. Dopo appena cinque minuti di poppata, la bimba si addormentò serena. Le sue labbra lasciarono il capezzolo, che continuava a sgocciolare il latte fresco.
«Accidenti, che guaio!» si lamentò Marisa, preoccupata. «Pensavo mangiasse di più, e ora mi ritrovo con il problema del latte in eccesso nel seno. Se non uso il tiralatte, che ho lasciato a casa, rischio di sviluppare un ingorgo, con i dolori che potrebbero derivarne. Devo trovare una soluzione e subito.»
«Flavio ti andrebbe di aiutarmi a risolvere questo problema?» chiese Marisa al ragazzo con una espressione implorante. Lui, che era alle prese con una potente erezione, rispose confuso: «Certo Marisa, se mi spieghi cosa devo fare...». «Una cosa molto semplice» disse la donna «Succhi il latte rimasto nel seno. Ha un buon sapore, fidati.»
Quando Marisa notò l’espressione stupefatta di Flavio di fronte a quella richiesta inaspettata, si adoperò per convincerlo. «Non temere», iniziò con tono rassicurante, «ora ti spiego cosa devi fare». Con delicatezza, la donna sistemò la figlia addormentata nella cesta, assicurandosi che fosse comoda. Successivamente, si sedette invitando Flavio a sdraiarsi rivolto verso di lei. «Fidati di me», concluse con dolcezza.
Sorreggendo la testa del ragazzo con un braccio la avvicinò al seno invitandolo a iniziare l'insolita poppata. Flavio non se lo fece ripetere due volte e, stretto il grosso capezzolo tra le labbra, iniziò a succhiare il latte prodotto dalle tettone della donna. Ben presto si convinse che Marisa aveva effettivamente ragione nell'affermare che il latte materno ha un buon sapore.
Lo studente succhiava avidamente il capezzolone stuzzicandolo con la punta della lingua, mentre con la mano strizzava e pompava il seno che succhiava. Marisa chiuse gli occhi e gemette di piacere, la sua testa si muoveva da una parte all'altra. Allungò l'altro braccio raggiungendo il pube del ragazzo che accarezzò con la mano aperta constatando quanto eccitato fosse Flavio.
Colta dal desiderio di vedere e soprattutto toccare il pisello del giovane studente, mentre lui succhiava il latte dal seno, lei sbottonò la patta dei pantaloni e gli liberò il pene dalla costrizione delle mutande. Marisa lo impugnò stringendolo fra le dita, quel contatto inaspettato provocò a Flavio una contrazione allo stomaco.
Lei accarezzò l'erezione con movimenti rapidi e lui s'irrigidì e gemette: «Vengo!». Durò pochi istanti, impotente nel trattenere l'orgasmo arrembante, il giovane eiaculò un paio di intensi spruzzi e il resto dello sperma scese lungo l'asta fino alla mano della donna.
Marisa portò la mano alla bocca succhiando lo sperma del ragazzo dalle dita. Quelle stesse dita finirono sotto alla gonna e, spostate le mutandine, penetrarono l'orifizio vaginale grondante di umori. Mentre Flavio svuotava le tette di Marisa dall'ultimo latte, lei si masturbava furiosamente fino a irrigidirsi nel momento di massimo piacere.
Il treno iniziò a rallentare gradualmente in vista dell’ultima stazione del suo tragitto, suscitando preoccupazione nei due protagonisti del siparietto erotico. A breve avrebbero dovuto scendere e, purtroppo, non erano affatto nelle condizioni migliori per farlo. In preda all’ansia, cominciarono a cercare di rimediare frettolosamente al loro aspetto, tentando di apparire più presentabili possibile.
Si salutarono brevemente mentre scendevano dal treno. Flavio osservò Marisa mentre abbracciava un uomo dall’aspetto distinto, elegantemente vestito. Era il marito di Marisa, nonché il padre della bambina, venuto appositamente a riceverle per accompagnarle a casa in auto.
Flavio proseguirà i suoi studi fino alla laurea. Continuerà a prendere quel treno per andare e tornare dall’università, ma non avrà più l'opportunità di incontrare Marisa, la donna che gli aveva fatto riscoprire il calore e la dolcezza del latte materno.
La sua presenza, anche se ormai distante, rimarrà un ricordo indelebile nella mente di Flavio. Mentre il treno si allontanava dalla stazione, Flavio si rese conto che, nonostante la vita continuasse a scorrere, un pezzo di quell’epoca sarebbe rimasto per sempre con lui, impresso nella sua memoria.
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Dopo alcune soste, nella semi-oscurità di uno scomparto, rimanevano soltanto due persone. Marisa, una donna di circa trent'anni, con un fisico prorompente, avvolta in un tailleur che esaltava la sua bellezza. Nella cesta di vimini che portava con sé riposava la sua bambina di tre mesi, un piccolo tesoro di tenerezza che dormiva tranquilla.
Di fronte alla donna, sedeva Flavio, un giovane al primo anno di università. Alto poco meno di un metro e settanta, di corporatura leggera e con qualche brufolo sul viso sembrava più un timido quindicenne che un ragazzo di vent'anni.
Flavio tornava a casa dopo lunghe giornate trascorse a studiarsi pagine di libri e a seguire le lezioni all'ateneo. Ogni tanto, alzava gli occhi dal libro che stava leggendo per osservare Marisa e le sue curve. Era senza dubbio una donna bella ed elegante, abituata ad attrarre l'attenzione, sia degli uomini maturi che dei più giovani.
Marisa, con lo sguardo fisso sul paesaggio che scorreva oltre il finestrino, sembrava annoiata e in cerca di una distrazione. Aveva notato gli sguardi furtivi di Flavio e, nel tentativo di rompere il silenzio, si rivolse a lui chiedendo quale scuola frequentasse.
Flavio, colto di sorpresa dall'interesse di una donna così affascinante, arrossì visibilmente, mostrando così il suo imbarazzo. Con una voce tremolante, rispose: «Studio ingegneria all'università... signora». «Complimenti!» replicò lei, sorpresa dall'idea che quel ragazzo dall'aspetto così giovane potesse essere già iscritto all'università.
Dopo un attimo di silenzio, aggiunse: «Mi presento, sono Marisa, e direi che potremmo darci del tu, che ne pensi?». «Certo, Marisa, io sono Flavio», le rispose il ragazzo con un sorriso, cercando di superare la sua timidezza.
Marisa e Flavio continuarono a chiacchierare tranquillamente, affinando la loro fresca amicizia. Tuttavia, la loro allegria fu interrotta da un dolce pianto proveniente dalla cesta. Era la piccola bimba che, tra un singhiozzo e l'altro, si faceva sentire anche lei.
«Oh, accidenti quanto mi dispiace! Adesso l'abbiamo svegliata» esclamò Flavio, dispiaciuto per l'accaduto. «Niente affatto», rispose Marisa con un sorriso, «non è colpa nostra se la signorina si è svegliata. È solo che ha fame e me lo ha comunicato piangendo!».
«È l'ora della poppata», disse Marisa prendendo in braccio la sua piccola. Si assicurò che non ci fosse nessuno lungo il corridoio del vagone. Quindi richiuse la porta scorrevole dello scomparto e tirò la tenda, per garantire maggiore privacy e proteggere la sua intimità da possibili intrusi mentre allattava la bimba.
Il timido Flavio si sentì d'impiccio e a disagio. Salutò frettolosamente la donna, deciso a lasciarla tranquilla. «Aspetta, ho bisogno del tuo aiuto» affermò Marisa «Me la tieni un attimo?» Con un gesto delicato e carico d'affetto, la donna trasferì la piccola dalle sue braccia a quelle di Flavio, che rivolse un sorriso alla piccola.
Marisa, con la bambina ora tra le braccia del giovane, poté liberarsi della giacca del suo tailleur. La camicia bianca in seta, simbolo di eleganza e raffinatezza, seguì a ruota, lasciando a bocca aperta Flavio quando vide apparire il generoso reggiseno nero che, a fatica, conteneva quel gran paio di tette. Sebbene il seno della donna fosse già considerevole per natura, durante la gravidanza era aumentato di altre due taglie.
Con naturalezza e, non curante della presenza del ragazzo, Marisa sganciò il reggiseno facendolo scivolare via dalle braccia sotto lo sguardo sbalordito di Flavio che non riusciva più a togliere gli occhi dal generoso seno della donna, incantato dalla vista delle areole brune e larghe.
Marisa riaccolse la sua bambina tra le braccia. Bastò avvicinarla al seno gonfio di latte perché, istintivamente, la piccola attaccasse le labbra al capezzolo della madre e iniziasse a succhiare avidamente il nutriente. Dopo appena cinque minuti di poppata, la bimba si addormentò serena. Le sue labbra lasciarono il capezzolo, che continuava a sgocciolare il latte fresco.
«Accidenti, che guaio!» si lamentò Marisa, preoccupata. «Pensavo mangiasse di più, e ora mi ritrovo con il problema del latte in eccesso nel seno. Se non uso il tiralatte, che ho lasciato a casa, rischio di sviluppare un ingorgo, con i dolori che potrebbero derivarne. Devo trovare una soluzione e subito.»
«Flavio ti andrebbe di aiutarmi a risolvere questo problema?» chiese Marisa al ragazzo con una espressione implorante. Lui, che era alle prese con una potente erezione, rispose confuso: «Certo Marisa, se mi spieghi cosa devo fare...». «Una cosa molto semplice» disse la donna «Succhi il latte rimasto nel seno. Ha un buon sapore, fidati.»
Quando Marisa notò l’espressione stupefatta di Flavio di fronte a quella richiesta inaspettata, si adoperò per convincerlo. «Non temere», iniziò con tono rassicurante, «ora ti spiego cosa devi fare». Con delicatezza, la donna sistemò la figlia addormentata nella cesta, assicurandosi che fosse comoda. Successivamente, si sedette invitando Flavio a sdraiarsi rivolto verso di lei. «Fidati di me», concluse con dolcezza.
Sorreggendo la testa del ragazzo con un braccio la avvicinò al seno invitandolo a iniziare l'insolita poppata. Flavio non se lo fece ripetere due volte e, stretto il grosso capezzolo tra le labbra, iniziò a succhiare il latte prodotto dalle tettone della donna. Ben presto si convinse che Marisa aveva effettivamente ragione nell'affermare che il latte materno ha un buon sapore.
Lo studente succhiava avidamente il capezzolone stuzzicandolo con la punta della lingua, mentre con la mano strizzava e pompava il seno che succhiava. Marisa chiuse gli occhi e gemette di piacere, la sua testa si muoveva da una parte all'altra. Allungò l'altro braccio raggiungendo il pube del ragazzo che accarezzò con la mano aperta constatando quanto eccitato fosse Flavio.
Colta dal desiderio di vedere e soprattutto toccare il pisello del giovane studente, mentre lui succhiava il latte dal seno, lei sbottonò la patta dei pantaloni e gli liberò il pene dalla costrizione delle mutande. Marisa lo impugnò stringendolo fra le dita, quel contatto inaspettato provocò a Flavio una contrazione allo stomaco.
Lei accarezzò l'erezione con movimenti rapidi e lui s'irrigidì e gemette: «Vengo!». Durò pochi istanti, impotente nel trattenere l'orgasmo arrembante, il giovane eiaculò un paio di intensi spruzzi e il resto dello sperma scese lungo l'asta fino alla mano della donna.
Marisa portò la mano alla bocca succhiando lo sperma del ragazzo dalle dita. Quelle stesse dita finirono sotto alla gonna e, spostate le mutandine, penetrarono l'orifizio vaginale grondante di umori. Mentre Flavio svuotava le tette di Marisa dall'ultimo latte, lei si masturbava furiosamente fino a irrigidirsi nel momento di massimo piacere.
Il treno iniziò a rallentare gradualmente in vista dell’ultima stazione del suo tragitto, suscitando preoccupazione nei due protagonisti del siparietto erotico. A breve avrebbero dovuto scendere e, purtroppo, non erano affatto nelle condizioni migliori per farlo. In preda all’ansia, cominciarono a cercare di rimediare frettolosamente al loro aspetto, tentando di apparire più presentabili possibile.
Si salutarono brevemente mentre scendevano dal treno. Flavio osservò Marisa mentre abbracciava un uomo dall’aspetto distinto, elegantemente vestito. Era il marito di Marisa, nonché il padre della bambina, venuto appositamente a riceverle per accompagnarle a casa in auto.
Flavio proseguirà i suoi studi fino alla laurea. Continuerà a prendere quel treno per andare e tornare dall’università, ma non avrà più l'opportunità di incontrare Marisa, la donna che gli aveva fatto riscoprire il calore e la dolcezza del latte materno.
La sua presenza, anche se ormai distante, rimarrà un ricordo indelebile nella mente di Flavio. Mentre il treno si allontanava dalla stazione, Flavio si rese conto che, nonostante la vita continuasse a scorrere, un pezzo di quell’epoca sarebbe rimasto per sempre con lui, impresso nella sua memoria.
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