Masturbazioni 1 - Quando la moglie è in vacanza

di
genere
masturbazione

“Non riesco a dormire, non è che ti andrebbe di masturbarmi?”

Io già stavo scivolando nel sonno, ma la richiesta di mia moglie viene a bussare alle porte della mia coscienza e mi risveglia.

“Ci mancherebbe!”
Solleva il bacino facendo leva sui talloni e si sfila i pantaloni del pigiama, restando nuda a parte la maglietta.
Le mie gambe scivolano sotto di lei a sostenerne il peso, e restiamo in quella posizione.
Al buio ne cerco l’intimità, scorro le mani sulle curve della sua pancia morbida, arrivo al monte di venere incoronato dalla sua delicata peluria e lascio che il mio dito medio aderisca alla fessura della sua fica.

“Dimmi un po’: ti sei masturbato i giorni che ero via?”

“Che domande, certo! Il letto è troppo grande senza di te”

Quella citazione da Regatta de Blanc, il disco della mia adolescenza, con il suo reggae e l’impossibile andamento ritmico, su cui solo Sting può cantare con apparente nonchalance, mi torna in mente ogni volta che resto da solo qualche notte.

“E cosa hai usato per eccitarti?” mi chiede, mentre ondeggia il bacino attorno alla mia mano, il mio dito che esplora le pieghe della sua carne.

Rifletto un attimo: mi tocca fare una selezione tra i ricordi, che non posso confessare tutto proprio tutto, e la mia onestà eccessiva è sempre potenziale causa di incidenti diplomatici.

E c’è quell’indicibile segreto che avrei l’insensata tentazione di confessarle con le mie proprie labbra, ma che - non a caso - è indicibile.

“Le tue mutandine, mi mancava il tuo odore...” dico, tralasciando l’inconfessabile particolare aggiuntivo.
Una verità parziale non è necessariamente una menzogna.
Credo.
Così provo ad ingannare il mio senso di colpa.

“Uh! Mi fa piacere! Solo quello? Qualche video porno?”
La sua fica si fa gradualmente più umida. Sentirla bagnarsi sotto i miei polpastrelli è una sensazione sempre uguale e sempre nuova.

Per darmi un tono, potrei citare la lettura di quel passaggio di Kafka sulla Spiaggia di Murakami, in cui la gentile Sakura, con sensuale e complice semplicità, masturba il protagonista. Ma in fondo è mia moglie, non devo impressionarla, e comunque sempre di letteratura finisco a parlare.
“Qualcosa, ma soprattutto un paio di racconti di quel sito”. Dico per sviare il discorso

“Di cosa parlavano?” la sua voce languida, l’ammissione non sembra averla sorpresa. Con la mano libera le accarezzo un seno e le stringo un capezzolo indurito attraverso il tessuto della maglietta.

“Uno racconta delle fantasie di una ragazza che ha bisogno di masturbarsi, e scorre con il pensiero gli uomini con cui vorrebbe soddisfare quel bisogno. Un cantante che suona i synth, coi baffi…un ragazzo che è un po’ invaghito di lei, il sesso con lui che creerebbe qualche problema… un tipo un po’ più grande di lei che sta per raggiungerla...sesso senza troppe complicazioni...”

“E alla fine che fa?” chiede apparentemente interessata, salvo aggiungere: ”avrei voglia di prenderti il cazzo in bocca, ti dispiace?”
Non rispondo alla seconda domanda, non c’è bisogno. Semplicemente cambiamo posizione così che lei possa portare il suo viso sulla mia intimità. Mi tolgo anche io il pantaloncino del pigiama, restando nudo, la mia erezione a sua disposizione.

“Be’, alla fine si masturba...credo...”
“Con cosa?”
“Usa le dita, ma immagina qualcuno che le lecchi la fica” che è quello che a me fa eccitare. Tralascio il dettaglio che in passato usai proprio il sesso orale con mia moglie per incarnare quella ragazza.

Ma non è questo l’indicibile segreto che vorrei ma non posso confessare.

Mia moglie capisce. E quello che era iniziato come un pompino, si trasforma facilmente in un sessantanove, lei che si gira e mi mette la sua vagina sulla faccia.

“Sono indecisa, cavolo” poche parole intervallano il suo dedicarsi al mio glande, la lingua che bagna la mia erezione. “Non so se voglio scopare o voglio succhiarti il cazzo...”
Sono problemi, effettivamente.

Accendo la luce sul comodino, che voglio vederla, che da troppo tempo mi manca.
“E poi? Qualcos’altro?”

“Un altro racconto...” con le mani le allargo le chiappe,
“...una tipa spagnola, ad una festa ai castelli...” la vista della sua fica mi domina
“...che incontra un tipo sconosciuto...” , il suo buchino si contrae pochi centimetri sopra.
“... e finisce per farsi inculare per la prima volta!” le pianto la lingua sul clitoride, mentre la penetro con le dita per affogarle nel bagnato della sua eccitazione.
“Mmm...dimmi di più...” la richiesta la costringe a liberare il mio cazzo dalla sua bocca, ma continua a masturbarmi con la mano.
Cerco di essere telegrafico, che se parlo non posso assaporarla.

“Lui usa un olio al cocco, per massaggiarle la schiena, e poi per lubrificarle il buco del culo”
Torno con la bocca sul suo clitoride ma, in tema con la colta conversazione, anche un dito a massaggiarle il buchino.
Lei non disdegna, ma aggiunge.
“Non farti venire strane idee...” ci tiene a puntualizzare, non replico, troppo impegnato a godere della sua intimità che struscia sulla mia faccia.
“...magari più avanti...” è l’unica concessione. Che io non commento, ma che apre indicibili scenari.

Ed io mi dedico con maggiore foga al suo sesso, che costringe lei ad interrompere la sega.

Ma d’altra parte la prima richiesta era venuta da lei, che cercava un’alternativa più soddisfacente al solito sonnifero, con l’indubbio vantaggio di non tormentare in maniera artificiale la sua chimica.

Stranamente, invece, da lì in poi, l’oblio per quel che mi riguarda. Non ricordo più nulla.
Il mio orgasmo non pervenuto.
Lei invece se ne è concessa uno piccolo…dannate manie di controllo, che ogni tanto la fanno spaventare del piacere, quando il suo sonno, invece, avrebbe bisogno di una bella scarica in piena regola.
Ma tant’è.

E quanto non le ho detto di quelle notti solitarie, biblicamente lo serbo nel mio cuore.
Mi resta un po’ di tensione addosso, il timore che il fragore del segreto non confessato sulle mie masturbazioni, quando lei era al campo con l’Azione Cattolica, squarci il velo del silenzio, che lei troppe volte mi ha letto nel pensiero.
Ma fortunatamente, il sonno giunge prima che lei possa domandarmi: “Paolo: c’è qualcosa
che non mi hai detto?”

Ci rivestiamo, spengo la luce, io mi addormento.
Il suo odore intrappolato nella mia barba.
scritto il
2024-07-10
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