Margherita: la Madama e la Leonessa

di
genere
sentimentali

di Tilde & (un poco di) Chicken.
Voce Narrante: Cecilia (...sì, QUELLA Cecilia)

Roma, via di Ripetta
AD1636

Ormai le mie fortune sono legate ai Chigi e vivo con loro da cinque anni.
All'inizio fu dura, con la Marchesa Berenice che non si lasciava scappare occasione per umiliarmi, soprattutto di fronte a Flavio; poi qualcosa cambiò, forse per intervento di Mario. Ma quante volte sono fuggita al mio vecchio appartamento, dalla mia Perla che mi aspetta sempre premurosa e quante lacrime le ho rovesciato addosso!

Negli ultimi due anni ci vado anche per gioco, espongo il cuscino rosso ed aspetto qualche voce dalla strada: da questa strada che mi ha vista crescere.

Un appuntamento quasi fisso per il mio vecchio padrone di casa. Sembra che passi le giornate a guardare il mio davanzale: non scorrono che pochi minuti da quando espongo a quando chiama.

Quella sera non fece diversamente.

Cenai insieme a Perla, collocai il velluto carminio e mi immersi nell'acqua alla menta. Le finestre aperte lasciavano entrare il fresco ponentino ed il canto dei grilli; della luna s'intuiva la leggera falce nel cielo. Un trambusto strano s'alzava dal lastricato sotto le mie finestre, riuscivo a distinguere la voce del principe, ma non capivo l'altra, anche se mi suonava vagamente familiare.

"Nina -dissi piano- chi c'è?"
"Il principe di certo, poi un birro ed un altro che non ho ancora visto, aspetta..."
"Che succede??"
"Aspe'... Il birro è andato via con appresso il tizio"

Il principe non tardò a farsi aprire.

Da ragazzina avevo una cotta esagerata per Marcantonio e tuttora mi dona sempre un brivido vederlo. In pochi, a Roma, sanno che è diventato uomo con me, dopo che però suo padre ebbe riscosso la propria pigione.

"Antonio, che bello vedervi"
"Dolce Cecilia è bello per me, non avete idea di quanto lunghe siano state queste settimane!"
"Suvvia sono mancata soltanto da luglio. Potevate raggiungermi; ero a Formello, ospite dei vostri parenti"
"Camilla non mi ha detto nulla ed è voluta andare in villeggiatura al castello al lago con i miei suoceri e pochi altri. Come rifugge la mondanità lei..."
"La faranno santa! Eppure si sarebbe divertita, con sua cugina che ha organizzato belle feste chiamando attori fin da Spoleto"
"Ma non è finita -disse divertito- neppure la vostra Perla mi ha detto nulla, benché l'abbia implorata"
"Solo implorata?"
"Confesso a voi, Cecilia, che l'ho tentata a suon di Paoli, ma nulla!"
"Sul serio?! Mi fate morire, vi adoro"
"Non è più vero, voi siete Chigi ormai"
"Ho avuto una occasione con dei senesi come voi, ma presso loro faccio solo l'istitutrice al piccolo Flavio"
"Conosco Mario e non vi credo, so come tratta i suoi famigli"
"Giusto: famigli, non famiglia"
"Accidenti, voi e le vostre sottili attenzioni! Com'è che i miei ci cascano sempre? Grande perdita non avervi condotta all'altare..."
"Antonio, che avrei mai avuto da offrirvi più di quello che già avete?"
"La cosa più preziosa, Cecilia, la felicità"
"Non siete felice con Camilla? Di solito me ne dite bene"
"Sì, ma la libertà che ho con voi, la gioia che..."
gli posai due dita sulle labbra e continuai
“Un sidro? Di Perla, ovviamente. Ho anche del rosolio e dell'ottimo brandy spagnolo, un regalo dell'arcivescovo Spinola, l'anno che fu camerlengo"
"Brandy"
"Perla -dissi accigliata e sorridente- ne sarà oltremodo dispiaciuta"
"Rischio voi?"
"Forse no"
"Brandy"

"Non vi ho chiesto del baccano di poco fa"
"Un piccolo banditello, già noto al birro che lo inseguiva; come lo ha chiamato?... C'è l'ho, non temete... Sì, ecco: Giovanni di Gentili"
"Vi fidate del birro? A nome non mi appare pericoloso"
"Voi vedete il buono ovunque"
"Non proprio, è che conosco alcune guardie di cui dubitare ed una di esse è spesso di ronda qui"
"Non parliamo di cose... Tosto, raccontatemi un pezzo che la compagnia ha recitato"
"Uh! Sì, c'è ne fu uno spassoso, un poco spinto che dovetti chiudere occhi ed orecchie a mio fi.. al piccolo Flavio"
"Mi piace, raccontate, ma prima… un altro brandy"

"Antonio, mettetevi comodo: vi ho visto nudo che eravate poco più di un ragazzino"
"Voi anche"
"E vi amavo... ma non divaghiamo"
"Con quella luce non me lo avevate mai detto"
"Forse -mi schermii- perché la storia riguarda due giovani del secolo passato"

Storia di serve e nobili uomini trafitti dai dardi di Cupido. Storia di dame e santi porporati ammaliati dalle sirene del potere. Storia d'arme, tradimenti e terre.

Era il 1538 quando la sedicenne Margherita sposa, recalcitrante, un ancor più piccolo Ottavio, comprata a suon di titoli e terre regalate da papa Paolo III al giovane nipote.
Cresciuta a corte Medici, sposa del Moro, voleva solo tornare a Firenze; era il 37 quando scappò a Prato, rifugiandosi presso gli Alberti, pur di mettere distanza con i Farnese.

Ma il fato aveva altri piani in serbo.

Convolati a nozze, i due, dormirono anni in stanze separate. Ottavio avrebbe voluto godere dell'avvenente moglie, ma era proprio lei che lo schivava, dandogli di moccioso puzzolente e, la notte, chiudendosi a chiave nel proprio appartamento.
Passò mesi sognando di fuggire e di raggiungere la Toscana, meditando come ottenere un annullamento delle nozze.

Un giorno riuscì ad eludere il picchetto e, vestita da uomo, salì a cavallo e galoppò fino a Leonessa, uno dei feudi preferiti fra quelli ricevuti dal padre, ai piedi del monte Urulu. Un posto fuori dal tempo, quello, di confine, lontano dalle pressioni che il suo ruolo le imponeva, dove cercare pace e raccoglimento. Lì chiese asilo al convento di san Francesco, stando attenta a non farsi riconoscere.

Aprì un frate, di mezza età e con una barba sfiammata di bianco
“Chi s’è?”
“Un viandante in cerca di rifugio”
“Oh, viandante, saria stanco. entrate, entrate cal pija freddo”
“Scusate padre, se giungo a quest'ora della notte”
“Fiolo, sen te benito, ten voi nu poco de zuppa?”
“Non vorrei disturbare troppo”
“Qual disturbo è il piacere chel dise Cristo nella carità”
“Saria più tranquilla… ehm, sereno, se tanta misericordia fosse confermata anche dal padre guardiano, che necessiterei di asilo per più d’una notte in questo incantevole luogo…”
“Delle anime foreste me occupo io: ‘ndateve pena che approverà, venite”

Il francescano l’accompagnò in refettorio e, sotto la volta affrescata da una bellissima “ultima cena”, lo consegnò alle cure di un novizio.

“Non vorrei appofittare troppo…”
“Una ciotola di zuppa non è certo troppo, sedete” disse il giovane

La futura “Madama” si accomodò ad un tavolaccio, mentre il fraticello spariva nelle cucine, per riemergere poco dopo con due ciotole di coccio ed due cucchiai di legno.

“Vista l'occasione vi farò compagnia”
“Cenare da solo sarebbe stato triste, siete molto attento e gentile”
“...sola”
“Sst! Come lo avete capito?”
“La voce dolce e la grazia nel muovervi. Brutta gente a palazzo?”
“Siete molto attento, piccolo francescano…”
“Mi ha incuriosito il vostro profumo, appena mi siete passata accanto varcando la soglia”
“Grazie, solo pulita, cosa non comune dove vivo; anche voi odorate di fresco e non di stantio. Siete un bel soggetto, posso vedervi meglio?”
“Aqua fontis -ridacchiò- non certo vorreste qui”
“No certo, ma mi incuriosite; mi nascondete qualcosa, oltre al fatto che non ci siano fontane in paese”
“Vero: niente fontane, giusto. Solo qualche pozzo, ma uno è nel chiostro”
“Siete molto pronto”
“Sentite, per evitarvi i pidocchi scanserei la foresteria, vorrei potervi cedere la mia cella, ma, ahimè, padre guardiano ha il brutto vizio di passare la notte a fare prendere aria alle coperte”
“La penitenza non è mai troppa…”
“No, no -ridendo e mimando- è che si ricorda di una certa novella e non vuole sorprese”
“Ed allora -disse sconsolata- dove troverete riparo per me questa notte? Ed i giorni a seguire?”
“Ci sono due stanze segrete dietro la sagrestia, vi si accende da un confessionale, servivano per proteggere i fuggiaschi dai Borboni. Vi troverete bene, ma per l’alba dovrete esserne fuori”
“Andrà bene, siete un tesoro”

Margherita, una volta accompagnata, salutò il monachello con un bacio sulla guancia, quello arrossì e se ne andò reggendosi la gota con una mano.

La Farnese passò la notte in quella stanza, stranamente tiepida, dove il vento fischiava fuori la piccola finestra e da essa si vedevano i rami del melo danzare in quell'improvviso sospiro di Eolo.
Nel mentre, nell'intimo della sua cella con un mozzicone di cero per luce, l’animo del giovane francescano scivolava su pensieri sconci ed indicibili, provando un'erezione così tenace che cercò di domare, dapprima fustigandosi, poi masturbandosi selvaggiamente.

Erano passati anni dall'ultima volta che le labbra della bella Margherita avevano sfiorato pelle di uomo. Il fraticello, così pulito e così attento rispetto al marito, aveva risvegliato in lei un desiderio sopito.

Ella stessa, quella notte, implorò il perdono del Moro e pensò al giovane nella sua cella.

La situazione a Roma stava esplodendo, con sua santità disperato per la fuga della principessa e l'imbarazzo che stava provando per le beffe che piovevano da ogni corte, dove non si parlava d’altro che del suo nipote prediletto senza ancora un erede dopo ben tre anni di matrimonio. Le malelingue sguazzavano nei pettegolezzi circa i modi rozzi del principe e le sue incontinenze, arrivando fino a dire che la servitù stessa si turasse il naso in sua presenza.
Dalle proprie guardie di confine, papa Paolo III, seppe dove si era rifugiata la fuggitiva e cosa stesse facendo, un guizzo d’ingegno gli fece escogitare una trappola e laggiù spedì un legato in missione segreta al convento.

Nel corso dei giorni, il novizio e Margherita (sempre vestita da uomo), stavano seduti accanto durante le funzioni e vicini in cucina a preparare, ma anche soli nell'orto, a parlarsi ed ascoltarsi, persi in sguardi sempre più intensi e languidi; tanto che al fraticello cresceva quel desiderio carnale che la notte fustigava violentemente con il cingolo.

La mattina del quarto giorno giunse con un’aurora rosata, la dolente Farnese si rinfrescò la faccia con l’acqua fredda di un brocca che vide vicina all'ingresso, acqua in cui galleggiavano tre foglie di menta pestata, ravvivò l'abito ed uscì. Come al solito, raggiunse la cucina per consumare quel poco di colazione fatto di pansecco e latte.
Con una certa sorpresa non trovò il giovane, chiese e gli fu detto che era stato mandato a fare legna; così scappò di corsa, con la scusa di aiutarlo, aprì la porticina accanto ad una spalliera di rose del cortile e si dileguò nella boscaglia.

Vagò a casaccio per alcuni istanti, poi notò dei rametti spezzati tutti alla stessa altezza ed intuì che potevano rappresentate gli indizi di un sentiero, li seguì ed in breve si trovò vicino ad una fonte con un piccolo laghetto ed un rio che da lì scendeva a valle. L'ascia conficcata in un mozzicone di tronco confermò il sospetto, così come il saio appeso ad un ramo.

In preda ad un improvviso calore, la Madama, si spogliò e s’immerse nel piccolo specchio d’acqua. Completamente nuda, i capelli castani mossi e sciolti le accarezzavano la schiena chiara, scendendo fino a lambirle le natiche con le punte. Le forme morbide del suo corpo sinuoso la rendevano una Venere, su quella liquida superficie che la stava inghiottendo, capace di ammaliare la mente in chi l’osservasse.

Una coltre di vapore cominciò ad addensarsi intorno a lei, poi, un sortilegio la ingannò, facendo assumere le sembianze del Moro al monachello che stava riemergendo dal fondo dello stagno limpido.
Lei, stordita dallo stupore della visione e sollecitata dall'impensabile tepore delle acque, gettò le braccia al collo del giovane e prese a baciarlo, gridandogli contro il nome di Alessandro.
Il frate, che aveva lo stesso nome, non comprese le parole confuse di lei, ma capì.

La sollevò e la sorresse trattenendola per le cosce, poi mise il piede in fallo ed insieme caddero, la Madama sopra di lui.
Il frate si trovò con la faccia sul seno ed inspirò il profumo di lei; perdendo la cognizione del dove e del quando, le baciò la pelle delicata, ne mordicchiò la carne morbida e soda mentre l’eccitazione stava crescendo.
Muovendosi su di lui, in lei stessa saliva quella voglia, quel desiderio represso di sesso che in quel momento la stava divorando.
Aveva il cazzo dell'amante sotto di lei, ma non voleva la penetrazione, amava sentirlo scorrere fra le labbra gonfi, premerci e strofinarci il clito, mentre la testa le sembrava sempre più leggera.

Poi lui le sussurrò un “sì, ti voglio adesso” e lei gli prense il cazzo con una mano, si alzò leggermente e lo guidò dentro di sé, impalandosi su quel chierico maschio.

L’effetto del sortilegio non si era ancora dissolto quando Margherita varcò le porte della sua più potente estasi e crollò sul petto del fraticello, in preda al proprio di orgasmo, gridando: “Moro, mio Moro, ti amerò finché avrò fiato”.
Lui le accarezzò i capelli godendo del calore del ventre di lei e baciandola, come più farà in vita sua.

I piccoli ciottoli e la ghiaia fina su cui erano non avevano arrecato dolore né troppo fastidio alle nobili ginocchia della Madama, ma il masso a cui appoggiava la schiena il novizio aveva una sporgenza che, quasi, gli perforò una spalla. Egli si mosse di lato per scostarsi da quel cilicio e vide sulla riva una piccola orsa che li guardava attentamente, “sciò” intimò e lei si dissolse come nebbia.

“Che diavoleria è mai questa?! - protestò destandosi Margherita - buon Dio, che ci faccio qui, nuda, su di voi?!”
“Domina, ne so men di voi, ma so che mi avete regalato il piacere più alto”
“Voi siete pazzo! Avete abusato di me, vi denuncerò al padre guardiano…”
“Come potrei, mia signora, siete sopra di me”
“Niuna anima dovrà mai sapere, giurate su ciò che vi è più caro!”
“Mai parola uscirà dalla mia bocca, giuro sulla vita mia”
“...Anche perché vi farei impiccare”

Il sortilegio orchestrato da papa Paolo III in quel fine novembre del 1544, proprio l’anno dell'istituzione dell'ordine di Sant'Orsola, ebbe successo e la recalcitrante Margherita dette alla luce due eredi per i Farnese in agosto dell'anno successivo: Carlo, che non sopravvisse, Alessandro, che divenne uno dei più grandi condottieri del secolo passato.

La Madama trascorse spesso brevi periodi in quelle terre e, nel 1447, dette ordine di costruire quella fontana che mancava al borgo, con l’impegno che venisse finita per il compleanno del figlio e che prendesse l’acqua dalla piccola fonte dello stagno.

“Come raccontate le storie voi, Cecilia, nessuno mai”
“Suvvia, Antonio!”
“Dico sul serio, la vostra voce è così armonica, il vostro aggiungere piccole allusioni e divertenti scambi poi… Credo bene che i Chigi vi abbiano assoldata per educare l’erede”
“Un'altra volta, dolce Antonio, vi racconterò anche quella”
“Ditemi, Cecilia, ma la storia è vera?”
“Lo domandai pur’io e gli attori mi hanno giurato che c’è un manoscritto, un pezzo di diario, di fra Alessandro da Todi che la descrive, è vergato da Ignazio Loyola e con esso tumulato”
“Il santo gesuita?!”
“Sì, proprio lui, quando è stato: quattordici anni fa?”
“Sì, già mio zio lo aveva fatto beato”
“Ma il testo del fraticello, Antonio, pare che fosse girato in lungo ed in largo per il feudo; tanto che, quando Margherita accennò alla fonte per l’acqua, ci fu un giro di sguardi e ridolini fra i consiglieri”
“Impenitenti! Ed il frate?”
“Tenne fede al giuramento: non una parola dalla sua bocca. Si dice che fu spedito da papa Paolo III, sotto falso nome, a guidare la missione in san Salvador”
“Incredibile come le cose siano così evidenti!”
“Ma se ciò non bastasse, ti invito ad andare a visitare la città di Leonessa teatro di questo racconto, e a recarti nella piazza principale, dove troverai la fontana fatta erigere da Margherita (e ciò è incontestabile): rimirando l'opera, si può scorgere la figura della donna in estasi, sulla sua sommità, trasfigurata in angelo, le ali ad incorniciarne i nudi seni. Si narrava che fossero tre, tanti quanti i godimenti raggiunti dalla ragazza sotto quel dolce sortilegio, ma probabilmente questa è un’esagerazione!”
“Non dite oltre, Cecilia: la mia impertinente fantasia s’accende, e non mi sembra il caso. Preferisco non soffermarmi oltre sull’idea che un santo papa abbia potuto escogitare un tale piano che ha quasi del diabolico. A proposito di Paoli… un bacio da mio figlio per te e vuole sapere quando vieni a pranzo da noi, poi i venticinque per il tuo tempo, di cui abuso sempre”
“Ma… aspetta Antonio, ho raccontato solo io, tu non mi hai detto niente… riprendili”
“Per poterti anche solo vedere ed ascoltare, sono i migliori spesi. Devo andare”
“Galante come solo voi: il più gentiluomo di Roma, parola. Sarò volentieri dei vostri domani, un bacio a Paolo e porterò una nuova storia. Buonanotte Antonio”
“A voi, amata”

AVETE ASCOLTATO:
MARGHERITA: LA MADAMA E LA LEONESSA

Per maggiori informazioni:
PRO-LOCO LEONESSA proloco.leonessa@tiscalinet.it
https://www.leonessa.org/

Degli stessi autori:
- Mal d'Africa: Laura e Said
- Il collasso della funzione donna
- Una notte a Madrid: matematica
- Operazione Mincemeat: Sconosciuti
scritto il
2024-08-28
4 3 6
visite
6
voti
valutazione
7
il tuo voto
Segnala abuso in questo racconto erotico

commenti dei lettori al racconto erotico

cookies policy Per una migliore navigazione questo sito fa uso di cookie propri e di terze parti. Proseguendo la navigazione ne accetti l'utilizzo.