Operazione Mincemeat ep.1 - sconosciuti
di
Chicken1973
genere
sentimentali
Di Tilde & Chicken
Guardava la ragazza seduta al bancone, e ne confrontava i lineamenti con la foto che aveva gelosamente conservato – segretamente – anche quando le istruzioni erano state perentorie.
Distruggere ogni prova dell’operazione di depistaggio.
Ad impedirgli di seguire gli ordini, ci fu la coscienza che ciò avrebbe significato perdere lei.
Oltre ad essere il suo punto di forza, quello era il suo punto debole: una immaginazione che spesso travalicava i confini del lecito, fino a rendere reale ciò che era solo narrato.
E, mentre non perdeva occasione per darsi da sé stesso dello stupido, gli era ben chiara la convinzione che la sua emotività straripante l’aveva reso una sventurata marionetta che pensava di controllare gli eventi, mentre dagli eventi era controllato.
E da quella donna sconosciuta, remoto contatto nelle macchinazioni richieste dall’attività di controspionaggio.
Donna sconosciuta che, forse, ora era seduta lì, a pochi metri da lui, i capelli scompigliati dal vento pregno di salsedine che sferzava il chiosco sul mare, mentre lei incurante si bagnava le labbra con un vino bianco.
Le goccioline di condensa sul calice segno che il vino era debitamente fresco.
Avrebbe voluto essere quel bicchiere.
Le settimane passate, quella foto gli era diventata gradualmente sempre più cara.
La foto della fantomatica Pam, di quella ragazza dai capelli castani, i lineamenti delicati ma decisi allo stesso tempo.
Una collanina dorata ad impreziosirne il lungo collo.
Copia della foto lasciata sul cadavere del fantomatico William Martin, giunto sulle spiagge di Huelva, con il suo carico di inganni - false comunicazioni operative, piani di invasione contraffatti - a cui, si sperava, i tedeschi avrebbero dato credito.
Il successo dell’invasione di Sicilia dipendeva anche dallo sguardo di quella ragazza, oltre che da documenti artefatti con sapienza.
Tutti contavano che le iridi di Pam avrebbero convinto i nazisti ad ammassare le forze in Grecia o, in alternativa, in Sardegna, renderli certi così che avrebbero ostacolato le forze inglesi e americane.
Occhi che parlavano al suo cuore con la voce della donna che lui aveva solo conosciuto per telefono e attraverso le missive che si erano scritti nei mesi passati.
La narrazione che insieme avevano elaborato in merito alla compagna di William Martin era diventata passo passo più reale per lui per primo.
Tanto che ora si chiedeva se ciò che i propri occhi gli dicevano, piantati sulla figura elegante, i fianchi adagiati su quello alto sgabello, non lo stessero ingannando.
Avrebbe voluto essere quel bicchiere. Per gustarne le labbra.
Avrebbe voluto essere quello sgabello. Per godere del peso della sua carne su di sé.
Avevano troncato ogni contatto - come da istruzioni - non appena il piano di depistaggio era entrato nella fase esecutiva, il corpo di William Martin rilasciato nelle acque prospicenti le coste spagnole.
(Gli ufficiali iberici avrebbero sicuramente informato i tedeschi del ritrovamento e della relativa documentazione, prima di restituire il corpo all'esercito inglese).
Lui non sapeva che, le avesse lasciato il tempo, lei forse gli avrebbe detto che era d’accordo con lui.
L’aveva dolorosamente abbandonata nel buio e nel silenzio.
Buio e silenzio che, come una cappa funebre, erano calati anche sulla sua esistenza.
Lasciando un vuoto nella sua vita.
La narrazione che insieme avevano elaborato era diventata passo passo più reale.
Se nella sua vita pubblica lui aveva una moglie, di cui era innamorato, con cui affrontava le indicibili sofferenze della guerra in corso, Pam era invece diventata la sua compagna nella vita dell’inganno, il suo amore in quella vita non vissuta, ma solo narrata.
E, il giorno che aveva troncato ogni contatto, ubbidendo agli ordini dei suoi superiori, il vuoto lasciato dalla vita dell’inganno aveva strappato un lembo nella sua vita pubblica.
Un silenzio che supplicava di essere parlato.
Un mondo che gridava il bisogno di essere vissuto, un lamento che si insinuava nelle ore delle sue giornate sotto le esplosioni dei bombardamenti nemici che in ogni istante minacciavano la loro vita.
Lui non aveva potuto che tornare a mettersi sulle sue tracce, seguirne le orme lasciate in mesi di remota frequentazione, tra gli archivi degli uffici sotterranei celati alla vista di tutti, tra le lettere di amanti che mai si erano scritti.
Questa cerca sembrava ora essere culminata nel suo stare seduto a quel tavolo, alla vista di quella ragazza, capelli castani scompigliati dal vento, fianchi morbidi adagiati sullo sgabello, il ginocchio fare capolino sotto la gonna, le labbra a lambire il calice umido che ne bagnava le dita eleganti, un cappello dalle larghe tese che la proteggevano dalla brezza marina.
I due mondi, le due vite, quella vera e quella dell’inganno si stavano toccando presso quel chiosco fronte-mare.
***
Lei stava guardando la baia attraverso il vetro ricurvo del calice, nella luce cangiante del vino, quando sorrise alla carezza di un pensiero.
Si sentiva osservata; il ché non era una novità, di nuovo c’era che percepiva occhi conosciuti su di sé.
Occhi incrociati su cartoline stampate nei toni del seppia e del carbone, occhi di saggezza che tradivano qualche anno in più di lei e, forse, del reale; occhi fissi nell'obbiettivo che avevano scavato nel suo animo lasciando indelebile segno.
Aprì la piccola Chanel e trasse fuori, piegata in quattro, quell'unica cartolina rimasta. Il timbro, sbiadito, recava ancora la scritta “Misurata” sul verde acqua del bollo fascista.
“Mi hai ingannato, Pam” rilesse fra sé “la tua bellezza è stata un di più non necessario all'intelligenza che mi aveva già folgorato, ma non è questo, bensì gli impegni e gli obblighi mi impongono di chiudere la nostra liason epistolare. A malincuore, ti prego di credermi. Alcune nostre missive intercettate pare, per fortuna, che non siano riusciti a decifrarle. È, ormai, pericoloso continuare, specie per te (e sai quanto mi sia affezionato); distruggi ogni traccia, io farò altrettanto. Addio”
Lei non obbedì, tenendosi quell'ultimo cartoncino che stava rigirandosi fra le unghie laccate di rosso. Riguardò ciò che era rimasto dell'immagine acquerellata, quel Colosseo smozzicato con l'arco di Tito visti dal Foro prima dei lavori del ventennio, il sorriso le si mescolò ad un lieve broncio e due lacrime le rigarono le gote; portando con sé una goccia di cipria chiara.
Raccolse con un dito le stille inopportune e bevve, guardandosi attorno, un sorso di vino.
Pochi avventori ai tavolini sotto gli ombrelloni, due uomini intenti a sfidarsi a dama, più lontano tre donne, non più giovanissime, sorseggiavano tè parlando della propria gioventù; un uomo, su di una poltroncina di vimini appoggiata ad una palma, leggeva fumando un sigaro.
Poi vide lui.
AVETE ASCOLTATO:
OPERAZIONE MINCEMEAT, STORIA DI UN INGANNO
Episodio 1: SCONOSCIUTI
Prossimo Episodio: IL SAPORE DELLO SCONOSCIUTO
Degli stessi autori:
- Mal d'Africa: Laura e Said
- Il collasso della funzione donna
- Una notte a Madrid: matematica
- Margherita: la Madama e la Leonessa (di prossima pubblicazione)
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Distruggere ogni prova dell’operazione di depistaggio.
Ad impedirgli di seguire gli ordini, ci fu la coscienza che ciò avrebbe significato perdere lei.
Oltre ad essere il suo punto di forza, quello era il suo punto debole: una immaginazione che spesso travalicava i confini del lecito, fino a rendere reale ciò che era solo narrato.
E, mentre non perdeva occasione per darsi da sé stesso dello stupido, gli era ben chiara la convinzione che la sua emotività straripante l’aveva reso una sventurata marionetta che pensava di controllare gli eventi, mentre dagli eventi era controllato.
E da quella donna sconosciuta, remoto contatto nelle macchinazioni richieste dall’attività di controspionaggio.
Donna sconosciuta che, forse, ora era seduta lì, a pochi metri da lui, i capelli scompigliati dal vento pregno di salsedine che sferzava il chiosco sul mare, mentre lei incurante si bagnava le labbra con un vino bianco.
Le goccioline di condensa sul calice segno che il vino era debitamente fresco.
Avrebbe voluto essere quel bicchiere.
Le settimane passate, quella foto gli era diventata gradualmente sempre più cara.
La foto della fantomatica Pam, di quella ragazza dai capelli castani, i lineamenti delicati ma decisi allo stesso tempo.
Una collanina dorata ad impreziosirne il lungo collo.
Copia della foto lasciata sul cadavere del fantomatico William Martin, giunto sulle spiagge di Huelva, con il suo carico di inganni - false comunicazioni operative, piani di invasione contraffatti - a cui, si sperava, i tedeschi avrebbero dato credito.
Il successo dell’invasione di Sicilia dipendeva anche dallo sguardo di quella ragazza, oltre che da documenti artefatti con sapienza.
Tutti contavano che le iridi di Pam avrebbero convinto i nazisti ad ammassare le forze in Grecia o, in alternativa, in Sardegna, renderli certi così che avrebbero ostacolato le forze inglesi e americane.
Occhi che parlavano al suo cuore con la voce della donna che lui aveva solo conosciuto per telefono e attraverso le missive che si erano scritti nei mesi passati.
La narrazione che insieme avevano elaborato in merito alla compagna di William Martin era diventata passo passo più reale per lui per primo.
Tanto che ora si chiedeva se ciò che i propri occhi gli dicevano, piantati sulla figura elegante, i fianchi adagiati su quello alto sgabello, non lo stessero ingannando.
Avrebbe voluto essere quel bicchiere. Per gustarne le labbra.
Avrebbe voluto essere quello sgabello. Per godere del peso della sua carne su di sé.
Avevano troncato ogni contatto - come da istruzioni - non appena il piano di depistaggio era entrato nella fase esecutiva, il corpo di William Martin rilasciato nelle acque prospicenti le coste spagnole.
(Gli ufficiali iberici avrebbero sicuramente informato i tedeschi del ritrovamento e della relativa documentazione, prima di restituire il corpo all'esercito inglese).
Lui non sapeva che, le avesse lasciato il tempo, lei forse gli avrebbe detto che era d’accordo con lui.
L’aveva dolorosamente abbandonata nel buio e nel silenzio.
Buio e silenzio che, come una cappa funebre, erano calati anche sulla sua esistenza.
Lasciando un vuoto nella sua vita.
La narrazione che insieme avevano elaborato era diventata passo passo più reale.
Se nella sua vita pubblica lui aveva una moglie, di cui era innamorato, con cui affrontava le indicibili sofferenze della guerra in corso, Pam era invece diventata la sua compagna nella vita dell’inganno, il suo amore in quella vita non vissuta, ma solo narrata.
E, il giorno che aveva troncato ogni contatto, ubbidendo agli ordini dei suoi superiori, il vuoto lasciato dalla vita dell’inganno aveva strappato un lembo nella sua vita pubblica.
Un silenzio che supplicava di essere parlato.
Un mondo che gridava il bisogno di essere vissuto, un lamento che si insinuava nelle ore delle sue giornate sotto le esplosioni dei bombardamenti nemici che in ogni istante minacciavano la loro vita.
Lui non aveva potuto che tornare a mettersi sulle sue tracce, seguirne le orme lasciate in mesi di remota frequentazione, tra gli archivi degli uffici sotterranei celati alla vista di tutti, tra le lettere di amanti che mai si erano scritti.
Questa cerca sembrava ora essere culminata nel suo stare seduto a quel tavolo, alla vista di quella ragazza, capelli castani scompigliati dal vento, fianchi morbidi adagiati sullo sgabello, il ginocchio fare capolino sotto la gonna, le labbra a lambire il calice umido che ne bagnava le dita eleganti, un cappello dalle larghe tese che la proteggevano dalla brezza marina.
I due mondi, le due vite, quella vera e quella dell’inganno si stavano toccando presso quel chiosco fronte-mare.
***
Lei stava guardando la baia attraverso il vetro ricurvo del calice, nella luce cangiante del vino, quando sorrise alla carezza di un pensiero.
Si sentiva osservata; il ché non era una novità, di nuovo c’era che percepiva occhi conosciuti su di sé.
Occhi incrociati su cartoline stampate nei toni del seppia e del carbone, occhi di saggezza che tradivano qualche anno in più di lei e, forse, del reale; occhi fissi nell'obbiettivo che avevano scavato nel suo animo lasciando indelebile segno.
Aprì la piccola Chanel e trasse fuori, piegata in quattro, quell'unica cartolina rimasta. Il timbro, sbiadito, recava ancora la scritta “Misurata” sul verde acqua del bollo fascista.
“Mi hai ingannato, Pam” rilesse fra sé “la tua bellezza è stata un di più non necessario all'intelligenza che mi aveva già folgorato, ma non è questo, bensì gli impegni e gli obblighi mi impongono di chiudere la nostra liason epistolare. A malincuore, ti prego di credermi. Alcune nostre missive intercettate pare, per fortuna, che non siano riusciti a decifrarle. È, ormai, pericoloso continuare, specie per te (e sai quanto mi sia affezionato); distruggi ogni traccia, io farò altrettanto. Addio”
Lei non obbedì, tenendosi quell'ultimo cartoncino che stava rigirandosi fra le unghie laccate di rosso. Riguardò ciò che era rimasto dell'immagine acquerellata, quel Colosseo smozzicato con l'arco di Tito visti dal Foro prima dei lavori del ventennio, il sorriso le si mescolò ad un lieve broncio e due lacrime le rigarono le gote; portando con sé una goccia di cipria chiara.
Raccolse con un dito le stille inopportune e bevve, guardandosi attorno, un sorso di vino.
Pochi avventori ai tavolini sotto gli ombrelloni, due uomini intenti a sfidarsi a dama, più lontano tre donne, non più giovanissime, sorseggiavano tè parlando della propria gioventù; un uomo, su di una poltroncina di vimini appoggiata ad una palma, leggeva fumando un sigaro.
Poi vide lui.
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