La bionda che mi stremma

di
genere
etero

Sono sul 18,22.
Scoppia una lite furibonda quattro sedili avanti, lei contro altre due amiche, e ben presto coinvolge l'intero vagone: urla, insulti, bestemmie, squittii, vergogna!, tu non sai un cazzo... insomma, tutto quello che ci vuole per terminare una deprimente giornata di lavoro.
Lei è quella biondina che incrocio spesso viaggiando: pallida dagli occhi azzurri, sempre con vestiti apparentemente malmessi che però evidenziano le belle gambe e le bocce appena sbocciate. Una che ama farsi notare. Di solito viaggia con un'amica, carina ma non come lei, e ci lesbica sui sedili con moine, risatine e bacetti fino a Milano, dove s'incollano sul binario in un bacio lungo un addio. Lo fanno solo per esibizionismo, le ho viste entrambe limonare con ragazzi e la biondina ne ha sempre qualcuno appiccicato dietro anche mentre slinguazza con l'amica.
La settimana scorsa aspettava il treno insieme ad un ragazzo di colore, forse più alto di me. Era di fronte a lui, jeans attillati, zainetto in spalla e pollici nelle cinghie, e lo guardava fissa con gli occhi di chi ci aveva fatto la notte. Ha allungato il collo per un bacetto mentre il tizio le sfiorava la fighetta con la punta delle dita. Immensa invidia!, quello se la scopava. Sono andato oltre passando dietro lei; il bacio s'era trasformato in un abbraccio e la mano ora le sollevava il culo. Cazzo pensare?, beato lui.
Tutto qui, non ci ho mai scambiato nemmeno uno sguardo. È innegabile, quella biondina m'attizza parecchio, a volte mi ci metto anche in coda per ammirarle il culetto a mandolino (adoro le sue cosce snelle separate da tre centimetri sotto l'inguine), ma è troppo casinista e troia per me, meglio evitare una così... La triste verità, però, è che quella è troppo bella e sveglia per uno come me!
Ora sul treno non ha nessuno incollato addosso e non sta certo baciando le amiche! È una furia contro tutti, non ha paura di niente e nessuno e, quando lo scontro diventa fisico, il tizio che vuole fare il figo tentando di separarle si becca una ginocchiata nei coglioni da lei ed una serie di fanculo da tutte. Sorrido nascondendo la bocca e fingo di chattare al cell.
In qualche modo si arriva in stazione e, senza volerlo?, mi alzo e mi metto dietro lei per proteggerla dagli ultimi spintoni mentre scende tra gli insulti.
L'improvvisa complicità con lei mi fa agire in modo irrazionale. “Vieni.” aspettiamo qui, lasciale andar via.” L'afferro per il polso e la tiro fuori dal flusso della gente che corre a casa.
“Ahio!!!” strappa via il braccio. Ha un bel graffio sul polso.
“Scusami, accidenti, ti fa male?, devi metterci su qualcosa.”
“...! Nooo!!!, guarda che cazzo m'hanno fatto quelle... TROIE!!!” Urla da sopra la mia spalla verso le nemiche che come risposta alzano il dito medio senza voltarsi.
Mi cadono le palle, questa cerca solo rogne, e per un istante medito di scaricarla dov'è, ma in realtà mi piace questa situazione: mi sento superiore a tutti e mi eccita proteggerla. Vorrei carezzarle la spalla, sarebbe bellissimo abbracciarla: è a mezzo metro da me, col giubbino tutto storto ed i capelli scompigliati dall'azzuffata. È talmente tesa che trema.
Non t'impietosire, mi dico, questa è da evitare come la peste. “Okay, è finita, adesso datti una calmata...”
Non m'ascolta, borbotta incazzata controllando di non aver perso nulla dallo zainetto e maledicendo ancora le troie per un bottone strappato. Lo fa solo per non dover alzare il viso, sta piangendo.
Lo confermo, questa è da evitare. “Senti, se hai bisogno d'un passaggio ho l'auto parcheggiata qui dietro.” Mi sento proporle.
Raddrizza lentamente il capo. È la prima volta che mi guarda. Ha gli occhi lucidi nascosti dai capelli biondi. Se li sposta di lato, tira su col naso ed il suo sorriso mi smonta.
Cazzo che bella!

Si chiama Angela la ragazza che mi prende a braccetto e mi porta all'auto. Non è la stessa ragazza del treno: è gentile, quasi premurosa, ma uno tsunami inarrestabile di domande.
Arrivati sotto casa, lei abita fuori città in una frazione di villette, sa ormai tutto di me, anche che ho un contratto di sei mesi e che prendo una miseria a fare il grafico, eppure non accenna a scendere. Ha mille altre cose da dirmi e spiegarmi e parla per mezz'ora incartandosi bellissima nei suoi ragionamenti, sempre in lotta con i capelli che le finiscono in bocca e coi ciondoli che le ballano sui polsi sottili.
S'è messa comoda sul sedile, a gambe incrociate rivolta verso me; le cosce tendono la cucitura dei jeans attillati e... beh, non posso farmi beccare mentre la fisso fra le gambe aperte! Per fortuna, quando non trova le parole giuste, distoglie spesso gli occhi e guarda nel vuoto oltre il parabrezza ed allora posso spiarla. Il giubbetto è slacciato ed intravvedo che non porta reggiseno sotto la maglietta. Ha un piccolo tatuaggio sotto il polso, un monogramma credo, ed una collanina di conchiglie alla caviglia.
Imbambolato cerco d'immaginami la sua reazione se m'allungassi a baciarle le labbra e mi risveglio d'improvviso quando mi dice: “Tu non mi sembri uno che crede a tutto quello che ci raccontano giornali e tv.” ed aggiunge sospettosa un “O sbaglio?”
No no, non me ne frega un cazzo delle tue scie chimiche e degli antichi alieni (anche se i chip nel cervello mi spiegherebbero tutte le cazzate che sento e leggo in giro). Cazzo risponderle? Ci ho già messo troppo tempo, merda!
Okay, provo a buttarla sul ridere: “Ti prego!, ora non parlarmi anche dello yogurt al metadone e dei feti di canguro nei Quattro Balzi in Padella!”
Evviva!, ride.
Si rannicchia in un angolo, contro la portiera: “Sei uno scemo... Se vuoi ho pizza surgelata. Ti va?”
“...!!!”
“Ho la casa tutta per me, i miei sono via in crociera. Ma nulla, solo se ti va e non hai altri impegni...”
Adesso come adesso l'unico pressante impegno che ho è tra le gambe: “Sarebbe fantastico” dico da pirla.
Sorride soddisfatta come chi ha già vinto ed apre la portiera.
La seguo sul vialetto rimanendo indietro di qualche passo perché è al cellulare; non voglio fare il ficcanaso, ma lei non si fa alcun problema a parlare forte mentre entriamo in casa. “No, non insistere cazzo!, stasera non mi va... a te non deve fregartene un cazzo di cosa faccio o no faccio io... agli altri racconta quel che cazzo vuoi.” Lancia lo smatphone sul divano. “Scusa, solo un rompicoglioni.”
Mi cinge al collo con le braccia tese, attenta però a non toccarmi col corpo. “Sei alto.” dice guardandomi dal basso, “Ti spiace se faccio una doccia prima di preparare? Puzzo di treno.”
“Figurati.” ridico da pirla, ma le sfioro il fianco prima che mi scappi via.
È a casa sua, nel suo territorio, ed è se possibile ancora più sicura di sé. Riappare con una tuta in mano: “È di mio fratello, vive a Milano, se vuoi farti anche tu una doccia c'è un altro bagno di là.” Mi lancia e sparisce.

Sono nervoso, mi pare di vivere in una storia scritta da un altro.
Ma chi cazzo se ne frega! La doccia mi rinfresca il cervello ed asciugarmi di fronte allo specchio mi dà sicurezza: non sono male, le ore in palestra sono servite. Cerco d'avvisare a casa, non risponde: mando un messaggio.
Gironzolo un poco per la sala osservandomi sulle superfici lucide, sono piacevolmente nudo e pulito sotto la tuta di felpa leggera; l'erezione è lungo il gambale, non si nota troppo, ma forse è meglio sedermi sul divano e cacciarla fra le gambe nella speranza che s'ammorbidisca almeno d'un poco. Quando lo tocco capisco che non c'è speranza, meglio prepararsi ad una figura di merda.
Compare un gattone nero dalla testa enorme. Mi cammina incontro lento e pesante interrogandomi con gli occhi verdi; quando decide che posso rimanere, mi si struscia contro il polpaccio per segnare il territorio.
“Ti ho mentito, la casa non è tutta per noi: c'è Cagliostro!”
Angela solleva il micione di otto chili e lo bacia in testa, fra le orecchie a punta che tiene piegate in giù, da incazzato. “Avrai fame anche tu.” Il gattone le si ribalta in braccio allungandosi sulla sua spalla e spreca energia per un unico ronfo mentre Angela fa le fusa strofinandogli il viso nel pelo. “Sei un amore, micione.”
Cazzo, sto invidiando un gatto!
È meravigliosa appena docciata. Gli occhi sono acquosi come appena sveglia: ha tentato di raccogliere i capelli in cima alla testa in una cipolla che è un'esplosione bionda ed indossa solo una camicia azzurra sulle cosce nude, sbottonata quanto basta per mozzarmi il fiato.
Porta il micione in cucina. Seguo la scia del suo profumo, gli slip in trasparenza sono bianchi ed io non l'ho ancora violentata, incredibile! Il gattone mi osserva sospettoso da sopra la spalla.
A fatica Angela sposta la ciotola col piede e prende la scatola da un pensile; la camicia risale di dieci centimetri scoprendole la lunetta della natica. Il gattone attende impaziente che la ciotolina sia del tutto piena ed abbandona la spalla con un salto atterrando pesante. Una carezza sulla schiena, dal capoccione alla punta della coda, e tocca a me: apre il surgelatore per tirar fuori due pizze e le scartoccia sul tavolo sotto le bocce gonfie.
“Il forno l'ho già acceso prima, devono stare venti minuti.” legge sulla confezione.
Inforna e si rialza. Cazzo, ne sono sicuro, mi ha sbirciato l'erezione.
“Andiamo di là.” Apre il frigo, prende due acquette, mi spinge fuori, chiude il gatto in cucina senza far rumore, quasi temesse d'offenderlo, mi spinge seduto sul divano ed accende la tv senza audio.
Ho capito, io non devo fare un cazzo.

“Volevi una birra?”
“No, grazie, l'acqua va benissimo.”
Tengo la bottiglietta in grembo, cercando di nasconderlo. Angela beve un paio di sorsi e richiude bene la bottiglietta fissandomi divertita. S'avvicina per poggiarla sul tavolino alla mia destra e mi rimane accanto, in piedi.
“Ti hanno mai detto che sei davvero carino?”
Questa è una stronza abituata ai coglioni che le sbavano dietro. “Sì, mia mamma.”
“Ahahaha, che pirla!... e poi sembri un tipo tranquillo, uno che sa ascoltare... È fortunata la tua ragazza.” Mi sta chiedendo se sono libero.
Un 'tipo tranquillo' comunque suona davvero male e la mia ragazza non sarebbe fortunata se sono qui a metterle le corna. “No.” rispondo.
“No cosa?”
“Non esiste... l'ho scaricata quando mi hai sorriso in stazione.”
L'ho paralizzata. Devo farlo, non resisto: infilo la mano fra i lembi della camicetta e le sfioro la figa.
“Che cazz...?? E per fortuna mi sembravi uno a posto! Ahaha!”
Non si ritrae, premo a mano aperta. Si morde il labbro inferiore.
Mi scosta la mano. “Fammi sentire.” dice serissima.
Si china per carezzarmelo. Le s'illumina il viso: “...! Ma senti cos'hai qui. Tu sei una sorpresa continua!”
Si lascia cadere in ginocchio fra le mie gambe. “Posso?”
“Tutto tuo.” Rido.
Come una gattina che prima d'accoccolarsi in grembo si fa le unghie sulla felpa dei pantaloni, mi stropiccia cosce, palle e cazzo con entrambe le mani. Fa le fusa: strofina il viso contro i coglioni e mi lecca con la lingua pesante, lisciando il tessuto lungo il cazzo, dalle palle fino alla cappella. Alla fine mi addenta l'asta, come una gatta che ha bloccato il suo topo.
Lo stomaco rischia di svenirmi.
La monella mi s'allunga addosso sfregandoci anche i seni. Muoio, mi manca l'aria. Schiudo appena le labbra e c'infila un bacio. Mi riprendo: ho in testa le immagini di Angela che limona con l'amica e sotto l'elastico la sua mano che mi stringe il cazzo rovente. Angela bacia da paura, succhiandomi l'anima.
Io vorrei sbranarla, ma è dolce, profuma di bello e non ho coraggio di ribaltarla.
Mi bacia in viso con entrambe le mani; lentamente mi solleva la maglia e ci ficca sotto la testa per baciarmi la pelle nuda. Vuole che la tolga del tutto; me ne libero in fretta, strappandola via, ed ho già la sua lingua in bocca. Mugola di piacere palpandomi l'addome e graffiandomi il torace. Sento i seni morbidi.
Nemmeno ora l'abbranco e la violento, sono ancora incredulo di quello che sta succedendo. Le carezzo solo la nuca ed i capelli ribelli e poggio le mani sui fianchi caldi sotto la camicia fresca.
Si scolla di dieci centimetri per interrogarmi gli occhi. “Tu sei un pirla.”
Okay, sì lo sono, ma non fermarti. Rimedierò.
Mi bacia il ventre, morde i capezzoli e m'artiglia il ciuffo in fronte. “Ma cazzo, sono tre mesi che ti vedo e tu non m'hai mai cagata nemmeno di striscio!”
Il suo pancino mi preme sul cazzo. “!...Cosa?!”
“Non ti piaccio?”
Spingo in alto per farle sentire quanto mi piace. “Sei bellissima, troppo bella... ma eri sempre con altri, non pens...”
“Altri? Pensi forse che sia una troia? Guarda che io non ci vado con tutti, cazzo credi? Allora non mi salutavi perché non ero sola? Potevi almeno far finta che esistevo!... E io a fare la scema per te!!!“
Minchia se è incazzata!
“Non ci credo!!! Nemmeno mi guardavi.”
Sorride compatendomi. “Okay sei un pirla. Carino ma pirla... e comunque io a te non devo spiegare proprio nulla! Sei come tutti... Ma poi dimmi, che cazzo frega a te con chi sto se poi manco mi guardi?! Lo so cosa cred...”
Oh merda!, qui si mette male, chi la capisce?, e se riprende a parlare non la smette più.
“Ciucciami il cazzo.”
Spalanca gli occhi.
“Ti amo.” Aggiungo per correggere il tiro.
Mi allunga un bacetto, “pirla!” e si ritrae indietro scivolandomi addosso. I pantaloni s'abbassano da soli e me lo prende in bocca. Chiudo gli occhi pronto a godermi un pompino che solo chi bacia come lei può fare.
Senza scollarsi dal cazzo mi leva del tutto i calzoni e mi fa mettere le gambe sulle sue spalle. Le stringo la testa fra le cosce.
All'inizio sono perplesso, sono abituato a sentirlo svettare invece lei me lo tiene piegato in giù in una posizione innaturale, come da pisciata. Non posso spingerglielo in gola a colpi di bacino ma sto godendo in un modo assurdo: la succhiata m'arriva fino ai coglioni e quando me lo ingolla tutto ho l'impressione d'essere inghiottito, temo per il mio cazzone.
Il cervello s'annebbia. Con una mano mi massaggia i coglioni, con l'altra mi tira lentamente una sega verso il basso, verso la sua bocca che succhia la cappella. Alla fine vengo, vengo senza darle il tempo di ritrarsi, vengo a fiotti potenti che se non terminano mi inaridiscono le palle per sempre.
Si rialza di scatto, tossendo e mandandomi a gambe all'aria. “Cazzo!!! dovevi avvisare che vieni da cavallo!”
“Non lo sapevo nemmeno io.” Mi scuso.
“Guarda che disastro!” Ride.
Invece è bellissima così.
Si china in fretta per leccarmi la coscia prima che coli sul tappeto. “Merda!” S'accorge d'un schizzo enorme sulla camicetta, sopra il seno sinistro, e lo lappa via attentamente tenendo teso il tessuto. “Sai di buono.” dice schernendosi. Io le passo due dita sotto lo zigomo e gliele do da leccare. “Sei fantastica.” La bacio.
“Meglio andare di là, qui sporchiamo.”

Non guardo com'è la sua cameretta, sono già inginocchiato la testa fra le sue gambe. Prima succhio gli slip, poi glieli levo e la faccio impazzire davvero: mi ribalta sul letto con la mia testa stretta tra le cosce. È liscia, solo un triangolino di peli sopra il pube; mi c'incollo a ventosa con la bocca spalancata. Nelle orecchie tappate sento le sue vibrazioni ed i gemiti da troia.
Ora è sopra me, assatanata succhia cazzo e palle mentre la faccio tremare dal piacere. Lecco e succhio finché ce la faccio, non respiro, sono in apnea e per liberarmi le ficco un dito in culo: viene all'istante in un orgasmo che la schianta.
Mi rialzo in ginocchio per vederla: mi fissa mentre si contorce sobbalzando sul letto, le cosce che tremano ancora ed i piedi inarcati. E' più bella di un sogno erotico. Le apro la camicetta e sfioro con le labbra il capezzolo: una forte scossa la rianima. Allora la torturo baciando e succhiando i seni: scalcia mentre si tocca, mugola di smettere, che non ce la fa più, che impazzisce, ma poi mi chiama bastardo e m'afferra la mano, vuole che la tocchi con lei.
Le è tornato il respiro regolare, mi alita sul volto e mi si aggrappa braccia e gambe, il cazzo ci affonda da solo. Grida come se l'avessi pugnalata.
Piange e ride, trema e suda, mi stringe e mi bacia, m'implora di non fermarmi e mi eccita con insulti. Dopo cinque minuti allenta le strette: è uno straccio, ma io ho appena iniziato e sono già venuto una volta, la posso scopare fino a domani!
Non sono più veri orgasmi, ma scosse di stanchezza, si toglie, si rigira e mi offre la figa da dietro. Ci tuffo il cazzo in quel lago facendo risuonare le chiappette.
Quando non ce la fa più ed è più sudata del materasso, comincia a singhiozzare che sono un animale, uno stronzo, che le faccio male, che è troppo grosso, di tutto pur di farmi venire. C'intingo il dito e glielo infilo nel buchetto.
Mi scappa da sotto, all'istante, come una molla. Mi lancio in avanti e le sono di nuovo sopra. Ha tenuto le gambe leggermente aperte, lo vuole. Mi risollevo un poco puntando le mani e glielo centro. Solleva il culetto piano, lo preme contro la cappella, spinge ancora, il buchetto cede, ora spinge decisa sempre più in alto, no, non svengo neppure quando sento le chiappette contro i coglioni. Comincia a pomparmelo col culo, su e giù, dentro fuori, e non ci vedo più. Mi lascio cadere di peso.
"Ahi, fa' piano!"
Non sperarci, questo culetto me lo sogno da mesi.

Le scosto dal viso i capelli bagnati. “Ehiii, com'è?... hai male?”
“Tu cosa dici? Hai presente come ce l'hai?”
“Non è colpa mia.” Mi riscuso.
Sorride stanca, il viso è bellissimo di scopata. Sul seno ha un succhiotto che ci vorranno giorni. Io ho la schiena in fiamme, me l'ha scorticata.
Si gira sul fianco con una smorfia di dolore e lo carezza con la mano morbida. “Ma ora lo lasci dormire per un po', okay stallone?” Mi morde il naso e stampa un bacio in bocca. “Sai una cosa?, m'hai fatto venire fame, ahah! …???” Sbarra gli occhi al soffitto. “Cazzoooo, le pizze!”
La inseguo verso la cucina. Non ha coraggio d'aprire la porta.
Apre dieci centimetri ed il gattone sfreccia fuori incazzato nero.
scritto il
2024-07-23
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