La bionda che mi stremma - 3
di
XXX - Comics
genere
etero
Arriviamo al casolare dello zio.
Angie viene rapita da tutti, anche da due cagnoni uggiolanti.
Beh, pensavo molto peggio, l'atmosfera qui non è troppo pesante.
I genitori di Angela li conosco già, ho dormito parecchie volte a casa loro perché la madre non vuole assolutamente che lo facciamo in camporella, troppo pericoloso dice. É una donna pignola ed organizzata quanto la figlia è spontanea e casinista, ma è anche una che alla fine ci lascia il nostro spazio. E pure gli zii non sembrano insopportabili.
Lo zio m'ha addirittura rapito per una visita guidata di un'ora. È orgoglioso ed ha tutte le ragioni per esserlo, è un posto incantevole. Quando ha visto questo rustico, tre anni fa, ha venduto tutto, anche la sua impresa di costruzioni, e si sono trasferiti qui.
Okay, ci sta, lo zio è innamorato e vuole spiegarmi ogni singola ristrutturazione e modifica, ma mi mostra proprio tutto tutto! Anche come si accendono e spengono gli impianti, come si aprono e chiudono finestre, porte e zanzariere, dove tiene tutte le chiavi e come si guida il pick up: “Potete prenderlo per andare al mare. Ci sono delle spiaggette nascoste che...” e perde mezz'ora per spiegarmi le stradine da fare.
Ma è nell'orto che dà il massimo. È diventato la sua passione e mi presenta ogni pianticella, una ad una! Scopro con stupore che l'insalata non nasce già lavata ed imbustata e ride bonario, gli piaccio, sono un bravo ragazzo, e vorrebbe farmi conoscere l'uomo che l'aiuta nell'orto. “Passa tutti i giorni, ma al mattino presto, voi starete ancora dormendo...”
Mi trascina allora nella dispensa per gli animali dove ci sono le scatolette per i due cagnoni ed il mangime per le oche, e mi dice cosa, quanto e quando devono mangiare. A questo punto ho la certezza che nella famiglia di Angie c'è qualche gene bislacco.
La ritrovo sotto l'ulivo, stesa sull'amaca: ha i capelli bagnati e due cani che le leccano la mano penzoloni. “Com'è stato?”
“Una figata!!! Ma lo sai che hanno pannelli solari e che con una pompa di calore riscal...?”
“Fatti una doccia anche tu. Corri, tra mezz'ora si mangia.”
Corro, ho fame.
Rientro nella nostra camera, questa volta senza lo zio che mi mostra anche dove ha messo le prese elettriche. È davvero stilosa, col pavimento in cotto e la finestra aperta sulle colline, e la sento già nostra, ma faccio in fretta e scendo in ciabatte. Ho visto ch'erano tutti in libertà.
Angela indossa un vestito di lino ecru lungo fino alle caviglie, ma leggero ed aperto sulle gambe. Mi viene incontro come per baciarmi, invece mi gira intorno, “Puzzi come una puttana” e mi soppesa i gioielli.
Già mi pento d'essermi messo i calzoncini morbidi da palestra, Angie li adora: infatti mi palpa le chiappe di nascosto mentre m'accompagna fuori, sotto il portico, dove hanno apparecchiato la tavolata. Mi seggo subito sulla panca.
Angie mi segue, ma piegandosi caccia un ahio e fa una smorfia. “Che hai?” Chiede subito la mamma apprensiva.
“Nulla, uno strappo alla coscia... ieri in palestra ho voluto provare una lezione di spartan, una roba da morire.”
“Sei la solita! Non puoi andare in palestra solo quando ti pare e poi strafare! Devi allenarti.”
La cena è allegra. Anche se si parla solo di cose e persone che non conosco non mi sento escluso. L'unico imbarazzo è per la cattiva abitudine di Angie: gli altri fidanzatini si tengono per mano quando sono seduti vicini e chiacchierano con qualcuno, Angie invece tiene la mano distrattamente poggiata sul mio pacco. Lo fa sempre, senza accorgersene, come per sentire che ci sono, e non importa se siamo al cinema, a casa, al bar o a tavola con tutti i suoi parenti! Io, con la stessa naturalezza, non interrompo la conversazione e gliela riporto sul tavolo per rimanere mano nella mano come due fidanzatini che non siamo. Facciamo solo coppia, noi.
La zia vuole coinvolgerci. “Ho visto che avete comprato un sacco di roba! Non dovevate, qui c'è già scorta di tutto.”
No!, vi prego, non fatemi rivedere dove sono i congelatori!
La madre invece è tagliente: “... e l'ammorbidente?”
“Mirkooo, t'avevo detto di prenderlo!”
“...Io?! Scusi, credevo l'avesse già messo Angela nel carrell...”
“Ma Elena, si può sapere che cosa te ne fai dell'ammorbidente in vacanza?” Ci salva il papà.
“Per i teli mare! Non basta sciacquarli se li vuoi morb...”
“Lo prendiamo noi, ne troveremo uno in giro, lascia stare i ragazzi.”
“Voglio il mio, è l'unico che funziona, non so se lo vendono anch...”
“Ma poi cos'hanno deciso gli zii? Vengono anche la zia Teresa e la mummia?” Chiede Angela per cambiare discorso e, rivolta a me. “Te l'ho raccontato, è lo zio Fester della famiglia!”
Mai sentito di uno zio Fester.
“Sì, vengono anche loro.” Rispondono mamma e zia sospirando.
“Ma non passano di qua, l'incontreremo direttamente al villaggio.”
“Sempre che tuo zio Fester non si perda come a Madonna di Campiglio!” Ridono tutti.
Il padre di Angie si alza. “Okay, è una bella serata, ma conviene star leggeri e riposare un poco... Si parte domani mattina alle cinque se vogliamo evitare il traffico.”
Mi sono perso qualcosa. “Alle cinque?! Per dove?”
Si bloccano tutti sorridendomi impietositi. Ho davanti un'istantanea a colori della famiglia Addams.
“Ma Angela! Non gli hai detto che andiamo in Calabria?!”
“Era per non lasciare la casa abbandonata.” Mi spiega lo zio.
“... e magari tu non volevi. Preferivi venire al mare con noi?” Domanda la zia.
“E adesso come si fa ad andare? Non è giusto, Angela, non si fa così!” La mamma è allibita.
“Cosa cambia? Gli ho ben detto che venivamo in Maremma.”
Cosa cambia? Tutto!
Siamo stesi sul lettino, nascosti nell'ombra nera dell'ulivo. La brezza che porta il profumo del mare ne fa vibrare le foglie e la luce della luna crea tenui arabeschi sul vestito chiaro di Angie. I cagnoni russano in qualche angolo buio dell'aia, la casa dorme silenziosa. Nella notte attorno a noi solo i richiami stanchi dei grilli ed i fari di qualche auto persa tra le colline, troppo lontana per non farci sentir soli al mondo.
Si sta da dio, ma lei finge d'aver freddo. Le gambe nude escono dal vestito e s'annodano alle mie. I seni premono contro il mio fianco, caldi come il suo alito. La sua mano è dove la tiene sempre. “Lo zio t'ha fatto vedere tutto?” Si diverte troppo a prendermi in giro.
“Sì, ho preso nota di tutti i posti dove faremo l'amore.”
“Mmmm... è grande questa casa.”
“... E c'è anche il fienile, il garage, il capanno, la dispensa dei cani...”
“Cominciamo con l'amaca?” La mano si stringe sul cazzo.
“No, qui possono vederci... andiamo in camera.”
Mi si agita sopra, mi becco anche una ginocchiata ai coglioni. Apre a coperta la gonna dell'ampio vestito e, aiutandosi con una mano, mi si siede cavalcioni in grembo. “Qui non può vederci nessuno...” Ondeggia col bacino avanti indietro. “Ma tu vedi di non fare il tuo solito casino!”
”Io?!!”
“Zitto!... o te le metto in bocca!” Mi strofina le mutandine sul viso ma poi non resiste e scoppia a ridere. Si china in avanti e mi chiude la bocca col bacio.
È calda sotto il vestito fresco. Rovente fra le cosce. Sudo, la tocco appena, ho terrore che risvegli i cani e tutta la casa... O forse vorrei che ci scoprissero e che s'accendessero d'improvviso tutte le luci.
Invece sussurra piano tutto il tempo, i suoi denti contro i miei: “... ti porto al mare di notte, vieni?, facciamo il bagno nudi e poi scopiamo sulla sabbia bagnata...”
Con entrambe le mani carezzo il tessuto teso sulle natiche che si contraggono vogliose. Non posso resistere, seguo le curve in cerca del buchetto e ci spingo due dita.
“No!, questo te lo scordi!!” Ma si corregge all'istante. “... Evita di far l'animale almeno per qualche giorno.”
“Ma la mamma ha detto che devi allenarti di più!”
- - -
Giorno e notte, luna e sole, viviamo senza tempo. M'accorgo che passano i giorni solo perché la sua pelle diventa più scura e lei sempre più bella.
Mi sveglia un rumore d'acqua. Mi alzo senza svegliarla e spio dalle persiane. È il giardiniere dello zio, passa tutte le mattine, sta bagnando le aiuole sotto casa. Dovrei scendere a ringraziarlo.
Il cielo fuori è azzurro luminoso, la camera invece è immersa in una penombra fresca che filtra dalle persiane. Angela dorme, la schiena nuda abbronzata. Faccio scivolare piano il lenzuolo bianco e le scopro il culetto perfetto, morbido nella luce diffusa, meglio della foto di una modella. Mi si gonfia il cazzo nei boxer, punta in giù, me lo massaggio, l'eccitazione mi taglia le gambe.
Mi spoglio nudo e, senza smettere di fissarla, me lo ungo piano.
Mi stendo su di lei.
“Che c'è?”
“Sssh, è il giardiniere, è qui sotto, non farti sentire.”
Le calo in culo, è allenata come diceva mamma. Piega indietro la testa. “Ummm cazzo Mirko, sei un animale, tu devi farti curare.” Ma sussurra e rilassa i muscoli abbracciata al cuscino.
Le foglie dei cespugli risuonano investite dal getto d'acqua, il movimento è regolare, non ci ha sentiti.
La scopo spremendole le chiappe, ficcandoci il cazzo più a fondo possibile. “Ti amo cucciolina.”
“Ti odio.”
“Dai! Mettiti qualcosa, scendiamo a salutarlo.”
Si sta vestendo di corsa, calzoncini e canottiera, è elettrizzata, le inculate le mettono allegria.
“No, fallo andar via. Rimaniamo qui ancora un po'.”
Si gratta i capelli con la spazzola. “Non fare il pigrone, poi si va al mare.” E corre giù.
Dannazione.
- - -
“Andiamo a farci un aperitivo a Pitigliano?... Mmm, che profumino! Cosa stai facendo?”
S'è appena risvegliata, stamattina non siamo andati al mare, ci siamo ammazzati in bicicletta su e giù per le colline e oggi siamo crollati sul letto.
“Ci andiamo per cena, l'aperitivo te lo preparo io... Prendi due bicchieri e la bottiglia nel frigo.”
È una Vernaccia presa al supermercato ma andrà benissimo.
Apro il forno ed una ventata calda di pane abbrustolito invade la cucina. Porto veloce la teglia fuori, sul tavolo sotto il portico, Angela m'insegue nella scia di profumo.
“È fredda?” Le chiedo.
“Sì.”
“Mettila nel ghiaccio, di là ho visto un secchiello.”
Le fette di pane sembrano perfette. Le schiaccio con i polpastrelli: la mollica è rimasta soffice, cede dolcemente alla pressione e la crosticina ambrata è abbastanza dura. Ci gratto uno spicchio d'aglio tagliato in due.
“Non esagerare con l'aglio!”
“E tu non fare l'inglesina.”
Angela ha portato il ghiaccio, ci spinge dentro la bottiglia già ricoperta di goccioline di rugiada. Il vino è giallo limpido, sul vetro si riflette il cielo azzurro.
“Vieni.”
I cani la seguono festanti, nemmeno loro capiscono cosa stia succedendo.
Apro il cancelletto ed entro nell'orto. La terra è grigia, crepata in zolle che si sbriciolano sotto le ciabatte. Mi fermo davanti al filare dei pomodori. “Scegline un paio.”
Il sole è basso, la luce gialla colora le ombre. Le foglie sono incartocciate, d'un verde sbiadito, e profumano di polvere, ma i pomodori sono rossi e pieni di vita.
“Quale prendo?”
“Toccali.”
La osservo saggiare la polpa con la punta delle dita e poi avvolgerli nel palmo della mano. “Sono caldi!” Mormora.
“Li ha scaldati il sole... Strappa anche qualche foglia di basilico.”
I cani hanno perso interesse, sanno che non ci sarà carne, ma gironzolano comunque attorno ad Angie che strofina i pomodori sotto la fontanella.
Li lucida col lembo della camicetta e me li passa.
Li poso su un tagliere d'ulivo, spesso ed antico, con venature di decenni, e poggio la lama sul primo pomodoro che si gonfia leggermente sotto la pressione. Attendo un istante, uno sguardo ad Angie e lascio cadere la lama. Il pomodoro s'apre in due.
Lo taglio veloce a dadini di cinque, sei millimetri che si sdraiano sul legno bagnato dal sugo. Con la lama d'acciaio li sposto di lato e taglio anche l'altro sotto gli occhi di Angie.
Sollevo il pesante tagliere, lo inclino lentamente e faccio cadere il tutto in una ciotola, attento a non perder alcun dadino o goccia.
Un pizzico di sale, sgranato fra le dita, e “Ora devi metterci il basilico.”
Angie spezza sopra la ciotola le foglioline che sprigionano all'istante il fresco profumo.
Le faccio sbriciolare tra le mani anche un rametto d'origano, ma direttamente sulle fette di pane.
“Ora l'olio.”
Le passo la bottiglia sotto il naso. L'annusa.
Mi dà l'okay annuendo, è profumato, e ne verso un filo sottilissimo, di ragnatela, sul pane tiepido e poi con un ampio movimento circolare sui pomodori che s'accendono d'un rosso ancor più vivo.
È sufficiente. Rimesto per bene i pomodori e col cucchiaio li corico sulle bruschette senza toccarle. Per ultime un paio di foglioline verdi, di basilico, come guarnizione su ciascuna fetta.
“Lasciamole un paio di minuti, devono aver tempo di maturare insieme...”
Stappo la bottiglia e verso due dita nei bicchieri di vetro.
Ammicchiamo un brindisi silenzioso, i bicchieri che si toccano, ed assaggiamo il vino.
Non male, ma c'è di meglio.
Mi guardo attorno. No!, non può esserci di meglio.
Ridiamo senza sapere perché.
Angie indica la teglia. “Ora posso?”
Ne sceglie una, la solleva fra due dita deformandola appena e la tiene in equilibrio. È un poco imbranata, la mano trema leggermente e la bocca si apre con timore, ma poi, finalmente, la morde affondando i denti nel piacere.
Chiude gli occhi mentre inspira dal naso. Mastica lenta, per assaporarsi tutto il momento, e manda giù a malincuore.
Mi fissa: “È meglio d'una scopata!”
Dovrebbe essere un complimento, un po' mi secca però.
Angie viene rapita da tutti, anche da due cagnoni uggiolanti.
Beh, pensavo molto peggio, l'atmosfera qui non è troppo pesante.
I genitori di Angela li conosco già, ho dormito parecchie volte a casa loro perché la madre non vuole assolutamente che lo facciamo in camporella, troppo pericoloso dice. É una donna pignola ed organizzata quanto la figlia è spontanea e casinista, ma è anche una che alla fine ci lascia il nostro spazio. E pure gli zii non sembrano insopportabili.
Lo zio m'ha addirittura rapito per una visita guidata di un'ora. È orgoglioso ed ha tutte le ragioni per esserlo, è un posto incantevole. Quando ha visto questo rustico, tre anni fa, ha venduto tutto, anche la sua impresa di costruzioni, e si sono trasferiti qui.
Okay, ci sta, lo zio è innamorato e vuole spiegarmi ogni singola ristrutturazione e modifica, ma mi mostra proprio tutto tutto! Anche come si accendono e spengono gli impianti, come si aprono e chiudono finestre, porte e zanzariere, dove tiene tutte le chiavi e come si guida il pick up: “Potete prenderlo per andare al mare. Ci sono delle spiaggette nascoste che...” e perde mezz'ora per spiegarmi le stradine da fare.
Ma è nell'orto che dà il massimo. È diventato la sua passione e mi presenta ogni pianticella, una ad una! Scopro con stupore che l'insalata non nasce già lavata ed imbustata e ride bonario, gli piaccio, sono un bravo ragazzo, e vorrebbe farmi conoscere l'uomo che l'aiuta nell'orto. “Passa tutti i giorni, ma al mattino presto, voi starete ancora dormendo...”
Mi trascina allora nella dispensa per gli animali dove ci sono le scatolette per i due cagnoni ed il mangime per le oche, e mi dice cosa, quanto e quando devono mangiare. A questo punto ho la certezza che nella famiglia di Angie c'è qualche gene bislacco.
La ritrovo sotto l'ulivo, stesa sull'amaca: ha i capelli bagnati e due cani che le leccano la mano penzoloni. “Com'è stato?”
“Una figata!!! Ma lo sai che hanno pannelli solari e che con una pompa di calore riscal...?”
“Fatti una doccia anche tu. Corri, tra mezz'ora si mangia.”
Corro, ho fame.
Rientro nella nostra camera, questa volta senza lo zio che mi mostra anche dove ha messo le prese elettriche. È davvero stilosa, col pavimento in cotto e la finestra aperta sulle colline, e la sento già nostra, ma faccio in fretta e scendo in ciabatte. Ho visto ch'erano tutti in libertà.
Angela indossa un vestito di lino ecru lungo fino alle caviglie, ma leggero ed aperto sulle gambe. Mi viene incontro come per baciarmi, invece mi gira intorno, “Puzzi come una puttana” e mi soppesa i gioielli.
Già mi pento d'essermi messo i calzoncini morbidi da palestra, Angie li adora: infatti mi palpa le chiappe di nascosto mentre m'accompagna fuori, sotto il portico, dove hanno apparecchiato la tavolata. Mi seggo subito sulla panca.
Angie mi segue, ma piegandosi caccia un ahio e fa una smorfia. “Che hai?” Chiede subito la mamma apprensiva.
“Nulla, uno strappo alla coscia... ieri in palestra ho voluto provare una lezione di spartan, una roba da morire.”
“Sei la solita! Non puoi andare in palestra solo quando ti pare e poi strafare! Devi allenarti.”
La cena è allegra. Anche se si parla solo di cose e persone che non conosco non mi sento escluso. L'unico imbarazzo è per la cattiva abitudine di Angie: gli altri fidanzatini si tengono per mano quando sono seduti vicini e chiacchierano con qualcuno, Angie invece tiene la mano distrattamente poggiata sul mio pacco. Lo fa sempre, senza accorgersene, come per sentire che ci sono, e non importa se siamo al cinema, a casa, al bar o a tavola con tutti i suoi parenti! Io, con la stessa naturalezza, non interrompo la conversazione e gliela riporto sul tavolo per rimanere mano nella mano come due fidanzatini che non siamo. Facciamo solo coppia, noi.
La zia vuole coinvolgerci. “Ho visto che avete comprato un sacco di roba! Non dovevate, qui c'è già scorta di tutto.”
No!, vi prego, non fatemi rivedere dove sono i congelatori!
La madre invece è tagliente: “... e l'ammorbidente?”
“Mirkooo, t'avevo detto di prenderlo!”
“...Io?! Scusi, credevo l'avesse già messo Angela nel carrell...”
“Ma Elena, si può sapere che cosa te ne fai dell'ammorbidente in vacanza?” Ci salva il papà.
“Per i teli mare! Non basta sciacquarli se li vuoi morb...”
“Lo prendiamo noi, ne troveremo uno in giro, lascia stare i ragazzi.”
“Voglio il mio, è l'unico che funziona, non so se lo vendono anch...”
“Ma poi cos'hanno deciso gli zii? Vengono anche la zia Teresa e la mummia?” Chiede Angela per cambiare discorso e, rivolta a me. “Te l'ho raccontato, è lo zio Fester della famiglia!”
Mai sentito di uno zio Fester.
“Sì, vengono anche loro.” Rispondono mamma e zia sospirando.
“Ma non passano di qua, l'incontreremo direttamente al villaggio.”
“Sempre che tuo zio Fester non si perda come a Madonna di Campiglio!” Ridono tutti.
Il padre di Angie si alza. “Okay, è una bella serata, ma conviene star leggeri e riposare un poco... Si parte domani mattina alle cinque se vogliamo evitare il traffico.”
Mi sono perso qualcosa. “Alle cinque?! Per dove?”
Si bloccano tutti sorridendomi impietositi. Ho davanti un'istantanea a colori della famiglia Addams.
“Ma Angela! Non gli hai detto che andiamo in Calabria?!”
“Era per non lasciare la casa abbandonata.” Mi spiega lo zio.
“... e magari tu non volevi. Preferivi venire al mare con noi?” Domanda la zia.
“E adesso come si fa ad andare? Non è giusto, Angela, non si fa così!” La mamma è allibita.
“Cosa cambia? Gli ho ben detto che venivamo in Maremma.”
Cosa cambia? Tutto!
Siamo stesi sul lettino, nascosti nell'ombra nera dell'ulivo. La brezza che porta il profumo del mare ne fa vibrare le foglie e la luce della luna crea tenui arabeschi sul vestito chiaro di Angie. I cagnoni russano in qualche angolo buio dell'aia, la casa dorme silenziosa. Nella notte attorno a noi solo i richiami stanchi dei grilli ed i fari di qualche auto persa tra le colline, troppo lontana per non farci sentir soli al mondo.
Si sta da dio, ma lei finge d'aver freddo. Le gambe nude escono dal vestito e s'annodano alle mie. I seni premono contro il mio fianco, caldi come il suo alito. La sua mano è dove la tiene sempre. “Lo zio t'ha fatto vedere tutto?” Si diverte troppo a prendermi in giro.
“Sì, ho preso nota di tutti i posti dove faremo l'amore.”
“Mmmm... è grande questa casa.”
“... E c'è anche il fienile, il garage, il capanno, la dispensa dei cani...”
“Cominciamo con l'amaca?” La mano si stringe sul cazzo.
“No, qui possono vederci... andiamo in camera.”
Mi si agita sopra, mi becco anche una ginocchiata ai coglioni. Apre a coperta la gonna dell'ampio vestito e, aiutandosi con una mano, mi si siede cavalcioni in grembo. “Qui non può vederci nessuno...” Ondeggia col bacino avanti indietro. “Ma tu vedi di non fare il tuo solito casino!”
”Io?!!”
“Zitto!... o te le metto in bocca!” Mi strofina le mutandine sul viso ma poi non resiste e scoppia a ridere. Si china in avanti e mi chiude la bocca col bacio.
È calda sotto il vestito fresco. Rovente fra le cosce. Sudo, la tocco appena, ho terrore che risvegli i cani e tutta la casa... O forse vorrei che ci scoprissero e che s'accendessero d'improvviso tutte le luci.
Invece sussurra piano tutto il tempo, i suoi denti contro i miei: “... ti porto al mare di notte, vieni?, facciamo il bagno nudi e poi scopiamo sulla sabbia bagnata...”
Con entrambe le mani carezzo il tessuto teso sulle natiche che si contraggono vogliose. Non posso resistere, seguo le curve in cerca del buchetto e ci spingo due dita.
“No!, questo te lo scordi!!” Ma si corregge all'istante. “... Evita di far l'animale almeno per qualche giorno.”
“Ma la mamma ha detto che devi allenarti di più!”
- - -
Giorno e notte, luna e sole, viviamo senza tempo. M'accorgo che passano i giorni solo perché la sua pelle diventa più scura e lei sempre più bella.
Mi sveglia un rumore d'acqua. Mi alzo senza svegliarla e spio dalle persiane. È il giardiniere dello zio, passa tutte le mattine, sta bagnando le aiuole sotto casa. Dovrei scendere a ringraziarlo.
Il cielo fuori è azzurro luminoso, la camera invece è immersa in una penombra fresca che filtra dalle persiane. Angela dorme, la schiena nuda abbronzata. Faccio scivolare piano il lenzuolo bianco e le scopro il culetto perfetto, morbido nella luce diffusa, meglio della foto di una modella. Mi si gonfia il cazzo nei boxer, punta in giù, me lo massaggio, l'eccitazione mi taglia le gambe.
Mi spoglio nudo e, senza smettere di fissarla, me lo ungo piano.
Mi stendo su di lei.
“Che c'è?”
“Sssh, è il giardiniere, è qui sotto, non farti sentire.”
Le calo in culo, è allenata come diceva mamma. Piega indietro la testa. “Ummm cazzo Mirko, sei un animale, tu devi farti curare.” Ma sussurra e rilassa i muscoli abbracciata al cuscino.
Le foglie dei cespugli risuonano investite dal getto d'acqua, il movimento è regolare, non ci ha sentiti.
La scopo spremendole le chiappe, ficcandoci il cazzo più a fondo possibile. “Ti amo cucciolina.”
“Ti odio.”
“Dai! Mettiti qualcosa, scendiamo a salutarlo.”
Si sta vestendo di corsa, calzoncini e canottiera, è elettrizzata, le inculate le mettono allegria.
“No, fallo andar via. Rimaniamo qui ancora un po'.”
Si gratta i capelli con la spazzola. “Non fare il pigrone, poi si va al mare.” E corre giù.
Dannazione.
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“Andiamo a farci un aperitivo a Pitigliano?... Mmm, che profumino! Cosa stai facendo?”
S'è appena risvegliata, stamattina non siamo andati al mare, ci siamo ammazzati in bicicletta su e giù per le colline e oggi siamo crollati sul letto.
“Ci andiamo per cena, l'aperitivo te lo preparo io... Prendi due bicchieri e la bottiglia nel frigo.”
È una Vernaccia presa al supermercato ma andrà benissimo.
Apro il forno ed una ventata calda di pane abbrustolito invade la cucina. Porto veloce la teglia fuori, sul tavolo sotto il portico, Angela m'insegue nella scia di profumo.
“È fredda?” Le chiedo.
“Sì.”
“Mettila nel ghiaccio, di là ho visto un secchiello.”
Le fette di pane sembrano perfette. Le schiaccio con i polpastrelli: la mollica è rimasta soffice, cede dolcemente alla pressione e la crosticina ambrata è abbastanza dura. Ci gratto uno spicchio d'aglio tagliato in due.
“Non esagerare con l'aglio!”
“E tu non fare l'inglesina.”
Angela ha portato il ghiaccio, ci spinge dentro la bottiglia già ricoperta di goccioline di rugiada. Il vino è giallo limpido, sul vetro si riflette il cielo azzurro.
“Vieni.”
I cani la seguono festanti, nemmeno loro capiscono cosa stia succedendo.
Apro il cancelletto ed entro nell'orto. La terra è grigia, crepata in zolle che si sbriciolano sotto le ciabatte. Mi fermo davanti al filare dei pomodori. “Scegline un paio.”
Il sole è basso, la luce gialla colora le ombre. Le foglie sono incartocciate, d'un verde sbiadito, e profumano di polvere, ma i pomodori sono rossi e pieni di vita.
“Quale prendo?”
“Toccali.”
La osservo saggiare la polpa con la punta delle dita e poi avvolgerli nel palmo della mano. “Sono caldi!” Mormora.
“Li ha scaldati il sole... Strappa anche qualche foglia di basilico.”
I cani hanno perso interesse, sanno che non ci sarà carne, ma gironzolano comunque attorno ad Angie che strofina i pomodori sotto la fontanella.
Li lucida col lembo della camicetta e me li passa.
Li poso su un tagliere d'ulivo, spesso ed antico, con venature di decenni, e poggio la lama sul primo pomodoro che si gonfia leggermente sotto la pressione. Attendo un istante, uno sguardo ad Angie e lascio cadere la lama. Il pomodoro s'apre in due.
Lo taglio veloce a dadini di cinque, sei millimetri che si sdraiano sul legno bagnato dal sugo. Con la lama d'acciaio li sposto di lato e taglio anche l'altro sotto gli occhi di Angie.
Sollevo il pesante tagliere, lo inclino lentamente e faccio cadere il tutto in una ciotola, attento a non perder alcun dadino o goccia.
Un pizzico di sale, sgranato fra le dita, e “Ora devi metterci il basilico.”
Angie spezza sopra la ciotola le foglioline che sprigionano all'istante il fresco profumo.
Le faccio sbriciolare tra le mani anche un rametto d'origano, ma direttamente sulle fette di pane.
“Ora l'olio.”
Le passo la bottiglia sotto il naso. L'annusa.
Mi dà l'okay annuendo, è profumato, e ne verso un filo sottilissimo, di ragnatela, sul pane tiepido e poi con un ampio movimento circolare sui pomodori che s'accendono d'un rosso ancor più vivo.
È sufficiente. Rimesto per bene i pomodori e col cucchiaio li corico sulle bruschette senza toccarle. Per ultime un paio di foglioline verdi, di basilico, come guarnizione su ciascuna fetta.
“Lasciamole un paio di minuti, devono aver tempo di maturare insieme...”
Stappo la bottiglia e verso due dita nei bicchieri di vetro.
Ammicchiamo un brindisi silenzioso, i bicchieri che si toccano, ed assaggiamo il vino.
Non male, ma c'è di meglio.
Mi guardo attorno. No!, non può esserci di meglio.
Ridiamo senza sapere perché.
Angie indica la teglia. “Ora posso?”
Ne sceglie una, la solleva fra due dita deformandola appena e la tiene in equilibrio. È un poco imbranata, la mano trema leggermente e la bocca si apre con timore, ma poi, finalmente, la morde affondando i denti nel piacere.
Chiude gli occhi mentre inspira dal naso. Mastica lenta, per assaporarsi tutto il momento, e manda giù a malincuore.
Mi fissa: “È meglio d'una scopata!”
Dovrebbe essere un complimento, un po' mi secca però.
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