Un italiano in vacanza 3 - Reverse Porn

di
genere
confessioni

Che io abbia un rapporto complesso (aka complicato) con il sesso credo sia evidente.
Ho sempre pensato che questo derivasse dal combinato disposto di una serie di fattori.
Lista che comprende:
a) un’educazione borghese targata Roma Nord, il giudizio altrui stella polare di troppe decisioni;
b) scuola dell’infanzia dalle suore;
c) un cognome impegnativo, che si porta suggestioni moraleggianti;
d) un fratello maggiore che leggeva “il Male”;
e) la scoperta molto precoce della pornografia (i danni collaterali di essere figlio di genitori nati quando Roma era ancora sotto i bombardamenti alleati, e che quindi passarono la loro maturità sessuale sotto le incursioni del free-love ’60-’70, giornaletti porno nascosti senza troppa convinzione nei loro comodini).

Il tutto condito da quella peculiare insicurezza che ti regala la statura un po’ superiore alla media e la miopia fin dall’età puberale, che mi hanno tenuto a lungo lontano dall’universo femminile.
Intendo praticamente fino ai tardi vent’anni, quando poi incontrai quella che sarebbe diventata mia moglie.

Ma cosa c’entra questo con la mia vacanza?

Tarda mattinata in albergo a Lisbona.
Nudi sul letto.
Lei ora addormentata, godendo finalmente di un riposo che le era stato negato la notte precedente.
Il sottoscritto incolpevole, tutta la responsabilità che ricade su un barista che, alle 5 del pomeriggio del giorno prima, le avrebbe servito un caffè che doveva essere decaf.
E che – lei era convinta – era invece un normalissimo caffè con il suo normalissimo contenuto di caffeina.
Ma alle 5 del pomeriggio.

Io invece perfettamente sveglio, con i sensi eccitati e ormoni a mille.
Lei a mia disposizione, il suo peloso monte di venere che svetta come una cima da conquistare.
Io preda di una tensione che non riesco a placare, frutto delle continue suggestioni erotiche a cui mi sento esposto.

Lei DEVE dormire.
Io NON DEVO Interferire con il suo sonno.

Ma io sono da giorni succube della visione di una infinita serie di donne e ragazze, il cui look spazia dalla punkabbestia, alla turista nordica dagli abiti striminziti alla suicide-girl.
2-3 mutande avvistate sotto le gonne delle turiste stravaccate sull’ennesimo curatissimo giardino del Bairro Baixo.
(ma l’italia non è la terza economia d’Europa? I portoghesi dove trovano tutta ‘st’acqua per innaffiare i propri giardini, quando da noi scoppiano incendi nel centro di Roma neanche fossimo al tempo di Nerone?!).

Lo so, il quadretto può apparire piuttosto squallido e desolante, io gloriosamente proiettato verso una carriera di viscido (e invidioso) vecchio guardone.
E, per quanto abbia una moglie dolcemente complice e comprensiva per le mie tensioni erotiche, poco può fare per coprirne l’estensione e la pervasività.

Ma cercate di capire: potete dire quello che vi pare, ma per uno della mia generazione e con la mia storia, mica è facile destreggiarsi tra le infinite prospettive del sesso altrui a cui ci si trova esposti.
Che quelli della nostra età, in adolescenza, al posto di Tinder, avevano l’uniposca sulle porte dei bagni degli autogrill.
E le ragazze, invece di yoga-pants e perizoma, top minimali e nude look, vestivano nay-o-leari, camicie con le spalline, chiome cotonate e pantaloni cotton-belt corti alle caviglie.
Che l’unico acronimo con cui avevamo a che fare non era LGBTQ+, ma AIDS, con buona pace di ogni prospettiva di promiscuità.
E, volendo inviare una foto del tuo cazzo a qualcuno, saresti dovuto prima passare al negozio di ottica a stampare il rullino, mischiandolo con quello della gita ai Musei Vaticani.
Sperando che la tua, di Cappella Sistina, passasse inosservata.
Di conseguenza, semplicemente, lo scambio di foto intime era fantascienza e non la scontata normalità che pare essere al giorno d’oggi.

E quindi non è troppo strano che io stia su quel letto, un’erezione difficile da controllare, lei addormentata nuda accanto a me, ed un nervoso colloquio con me stesso che si svolge nella testa.
“Non la svegliare. Non la svegliare, cazzo! Non ragionare con il pene, non ha dormito, lasciala riposare, che ne ha bisogno.
Farti una pippa non è una soluzione disonorevole in questo caso. Anzi, sarebbe persino nobile!”

Ma lei è lì, accanto a te.
Le gambe divaricate.
Il corpo abbandonato nell’incoscienza.
I seni dalle larghe areole che ti chiamano come sconce sirene.
E la mia chimica in ostaggio del testosterone.

E, siccome sono stupido, ho pure avuto la geniale idea di ammazzare il tempo bighellonando tra racconti erotici.
Te la stai andando a cercare, ammettilo.
Scritti di giovani ragazze che ti fanno esplodere il cervello.

I tuoi stavano sotto le bombe degli alleati, dicevi.
La tua testa, invece, corre a zig-zag sotto il fuoco incrociato di parole sconce e racconti di vite che avrebbero potuto essere la tua, ma che non sono state la tua.
Perché tu eri troppo bravo ragazzo all’epoca.
Sei sempre stato troppo un bravo ragazzo, anche da più grande.
Nella realtà ti prendevi solo platoniche e devastanti cotte per ragazze dai capelli rossi.
Ti spacciavi per intellettuale innamorato della letteratura russa e gruppi inglesi di nicchia.
Mentre cercavi di nascondere la passione per le mutandine della tua prof di latino.

Una pippa.
Non è.
Una soluzione.
Disonorevole.

Ma il tuo rapporto con il sesso è inutilmente complicato.
E allora cerchi la soluzione più assurda e drastica, nel tentativo di tagliare alla radice il problema.
Che tua moglie si merita quel cazzo di sonno della tarda mattinata, mentre il tuo membro svetta puntando al soffitto verso le bocchette dell’aria condizionata, intonando oscure silenziose litanie di guerra.

Decidi di lasciare un paio di commenti disperati a quel paio di giovani autrici che più ti sconvolgono.
Chiedendo soccorso in maniera infantile.
Una roba del tipo:
“Senti, ma è tutto vero quello che scrivi?
Cioè, fossi nato vent’anni più tardi veramente sarei cresciuto in quest’eldorado di libertinaggio che racconti?
Pompini a casaccio sulla Via del Mare.
Sex Parties a Collina Fleming (che la parola “orgia” fa troppo vecchio).
Maratone di sesso nelle stanze di studenti fuori-sede con la nonchalance con cui noi ci lanciavamo infinite partite a Risiko e D&D?
Ti supplico, per favore: dimmi che sono tutte cazzate!”

Una implicita e maldestra richiesta di soccorso.
La mia erezione che probabilmente s’è succhiata tutto il sangue che sarebbe dovuto andare ad ossigenare il cervello.
Mia moglie che dorme accanto a me, fica all’aria.

E le risposte finalmente arrivarono, insperate, via mail, che certe cose non si scrivono pubblicamente.
“Vuoi la verità? Senti, a te posso dirlo: Tutte Cazzate!”

La prima mi racconta di trentenni più interessati al fantacalcio che al sesso.
Che abitano case sotto la costante presenza dei genitori che ne impediscono ogni promiscuità.
E di generazioni funestate dal MeToo che temono denunce per catcalling e molestie al minimo accenno di interesse sessuale.

La mia erezione ha un primo colpo, il membro che si fa un po’ barzotto, la mia possessione ormoniaca che resta spiazzata e sembra darmi un primo piccolo attimo di respiro.

Ma arriva anche la risposta della seconda.
Quasi temo ad aprire il messaggio.
Ma so anche che in quel messaggio c’è la possibile ancora di salvezza del menage coniugale, in quella maledetta mattinata di vacanza.
“Senti, che vuoi che ti dica. I ventenni d’oggi sono così imbranati… cioè, mai uno che prenda l’iniziativa.
Più facile che trovi uno che si dichiara orgogliosamente asessuato. Che fa tanto fico.
E se ti dice male, ti trovi pure in balia di tipi che ti lanciano mixed-signals, invischiata in una situationship che ti saresti evitata volentieri.
Certo, ci scappa qualche masturbazione, che sicuramente pure le amiche tue all’epoca non si saranno negate.
Ma più come gesto di disperazione, che il sesso con i coetanei è un incubo.
E i dick-pic non è che esattamente siano promesse di sesso memorabile e spensierato, alla fine ti stufi un pochino, tipo.

“Tutte Cazzate!”
La risposta che agognavo.
Il coso lì in basso ha perso tutta la verve.
Quegli erotici racconti restano solo narrativa, in fondo.
E le sinapsi nella tua testa vagano confuse alla ricerca di nuove configurazioni.
Ti vien voglia piuttosto di rubare un Mars dal frigo-bar, sapendo che lo pagherai un’enormità, ma sticazzi.
La moglie può dormire sonni tranquilli.
Ti senti un eroe.
E ringrazi di cuore le tue remote autrici, a cui va tristemente riconosciuto l’onore dell’onestà.

Ma è in quel momento che succede l’irreparabile.
Che ti eri dimenticato di mettere in silenzioso il cellulare.
E, sull’unica chat di cui non hai disabilitato le notifiche, ti arriva un messaggio.
Il tuo amico prete in Olanda ti manda il link ad un articolo di Socci che, isterico e rosicone come sempre, se la prende con l’idolatria giovanile verso Taylor Swift.
Ripetendo il copione già visto per Billie Eilish prima e per una lista infinita di pop-star andando a ritroso nel tempo.
Chiamando in causa l’anticristo e ricorrendo a sofisticate analisi sul desiderio mimetico ispirate a Renè Girard.

E quel cazzo di suoneria sveglia tua moglie.
Dalla fica al vento e le tette disponibili.
Che giustamente va su tutte le furie.
“CAZZO! UNA VOLTA CHE STAVO DORMENDO! PERCHE’ NON L’HAI SPENTO?!
Ma tanto a te cosa frega, che saresti capace di addormentarti pure al semaforo di via Cilicia, e risvegliarti quando scatta il verde!”

Tu che ti dai dell’imbecille, mentre stai ancora con il batacchio barzotto.
Una figura un po’ ridicola e imbarazzante.
Ma importa poco.
Perché hai di nuovo disturbato il povero sonno di tua moglie.
Per una volta che avevi provato a mettere un po’ d’ordine nella tua complicata sessualità di cinquantenne.
In quella tarda mattinata di vacanza

P.S.
Non è vero.
Non posi mai quelle domande.
E non mi arrivò alcuna risposta a disinnescare l’erezione.
Ebbi invece la geniale idea di passare una volta di troppo la mia mano sulla carne esposta della mia povera moglie appisolata.
Svegliandola.

Il resto è storia.
Socci vs. Taylor Swift sono incolpevoli.
Che sono io che non so tenere a bada le mie mani e i bollenti spiriti.
E una fantasia troppo vivace.
scritto il
2024-08-04
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