Oltre l’innocenza - capitolo 3: beato tra le tette
di
Asiadu01
genere
tradimenti
La cena con Mariangela si svolse in un'atmosfera incredibilmente serena. Eravamo seduti uno di fronte all'altra, con le candele a illuminare i nostri volti, e lei sembrava raggiante come sempre. Aveva un modo di parlare dolce e rassicurante, capace di distendere qualsiasi tensione e farmi dimenticare tutto il resto.
Mariangela mi raccontava della sua giornata, dei suoi progetti, e mentre parlava mi sentivo sempre più colpevole per ciò che avevo fatto con Antonia. Era impossibile non pensare a quanto fosse sincero il suo affetto, così evidente in ogni gesto, in ogni parola. Mi sorrideva teneramente, i suoi occhi verdi brillavano dietro gli occhiali mentre il suo viso era illuminato da quella luce calda che rendeva ogni suo tratto ancora più perfetto.
Ad un certo punto mi prese la mano, stringendola con dolcezza, come a volermi rassicurare senza saperlo. "Sai Ale, sono così felice di essere qui con te stasera," disse con una voce quasi sussurrata, "Siamo stati fortunati a trovarci, vero?"
Nonostante i miei pensieri confusi, non potevo fare altro che sorridere. "Anche io sono felice, Mary. Sei speciale, lo sai?" Le risposi, cercando di mascherare quel peso che continuava a tormentarmi.
Lei arrossì leggermente, abbassando lo sguardo per un attimo. "Sono io quella fortunata, Ale."
Parlammo per tutta la cena di mille argomenti, dalle piccole cose quotidiane ai nostri sogni futuri, e Mariangela si mostrò come sempre: presente, attenta, amorevole. Mi faceva sentire apprezzato e amato, e il pensiero di aver tradito la sua fiducia mi bruciava dentro.
Dopo la cena, ci dirigemmo verso la macchina. L'aria era fresca e il silenzio della notte ci avvolgeva, lasciando che il rumore dei nostri passi sul marciapiede e il battito dei nostri cuori riempissero lo spazio tra di noi. Mariangela camminava accanto a me, il suo vestito rosso ondeggiava leggermente ad ogni suo passo, catturando la luce dei lampioni che ci illuminavano. Era così bella, così perfetta, che il senso di colpa continuava a crescere dentro di me.
Quando arrivammo alla macchina, aprii la portiera per lei. "Grazie," mi disse, lanciandomi uno dei suoi sorrisi dolci. Quel sorriso che riusciva sempre a mettermi a mio agio, ma quella sera sembrava quasi pesare su di me.
Mi sedetti al posto di guida e avviai il motore, ma per un momento restammo lì, senza parlare. Il silenzio era carico di tensione, ma non era un silenzio scomodo. Era piuttosto quel tipo di silenzio che precede qualcosa di importante, qualcosa di inevitabile.
A un certo punto, Mariangela si girò verso di me, gli occhi timidi ma pieni di una dolcezza disarmante. "Ale..." iniziò a dire, ma sembrava non trovare le parole.
"Dimmi," risposi io, cercando di ignorare il nodo che sentivo crescere nello stomaco.
Lei abbassò lo sguardo per un istante, poi lo rialzò, fissandomi con quei suoi occhi verdi profondi. "Non so se è il momento giusto, ma... non riesco a smettere di pensare a quanto sei importante per me. E a quanto vorrei che tutto tra noi fosse perfetto."
Non potevo fare altro che guardarla. Ogni sua parola sembrava scavare più a fondo dentro di me, come se sapesse senza saperlo cosa stavo provando. Ma al di là di tutto, la mia attrazione per lei era reale, e in quel momento sentii il desiderio di dimenticare ogni dubbio, ogni errore.
Le mie mani tremavano leggermente mentre mi avvicinavo a lei. Anche lei era visibilmente nervosa, ma c'era una dolcezza nei suoi gesti, nella lentezza con cui avvicinò il suo volto al mio. E poi, quasi senza accorgercene, le nostre labbra si sfiorarono, in un bacio timido e delicato, come se entrambi stessimo cercando di capire cosa fare.
Per un attimo, tutto sembrò fermarsi. C'eravamo solo io e lei, i nostri respiri che si mescolavano, il suo profumo dolce che mi avvolgeva. La sua mano trovò la mia e la strinse leggermente, mentre io le accarezzavo il viso, sentendo il calore della sua pelle sotto le dita.
Il bacio divenne lentamente più profondo, più intenso. Ogni tocco era carico di emozione, eppure c'era qualcosa di innocente in quel momento, qualcosa di puro. Eravamo due persone che si stavano scoprendo, che stavano lasciandosi trasportare dal desiderio senza fretta, senza pressione.
Mariangela si avvicinò di più, fino a che le sue mani trovarono il mio petto e il suo corpo si strinse al mio. Potevo sentire il suo cuore battere contro il mio, la sua dolcezza che si riversava in ogni nostro contatto.
Appena i nostri baci si fecero più intensi, sentii crescere dentro di me il desiderio di darle piacere, di rendere quel momento indimenticabile per entrambi. Ricordando i gesti che avevo imparato, mi sentii stranamente sicuro, pronto a farla sentire speciale come meritava. Con un lieve sorriso, le accarezzai dolcemente il viso, e senza fretta iniziai a far scivolare le mani lungo il suo corpo, lasciandole il tempo di lasciarsi andare.
Lei mi guardava con dolcezza, le guance lievemente arrossate e gli occhi pieni di fiducia. Le sfiorai il bordo del vestito, e con un piccolo cenno le chiesi il permesso. Mariangela annuì, sollevando le braccia per permettermi di sfilarglielo dalla vita in su. Sotto di esso, portava un reggiseno di pizzo bianco che abbracciava perfettamente le sue forme. Il suo respiro era già più rapido, mentre io mi avvicinavo, le mani tremanti ma decise.
Con un gesto delicato le sfilai il reggiseno, e finalmente la vidi nella sua bellezza naturale. Non persi tempo e, guidato dal desiderio e dalla sicurezza che sentivo in quel momento, iniziai a baciarle i seni, lasciando che ogni bacio fosse un momento intenso e carico di sentimento. La mia lingua tracciava piccoli cerchi, alternati a lievi morsi, mentre lei, incapace di trattenere i gemiti, intrecciava le mani nei miei capelli, premendomi contro di lei. Era così dolce e sincera, e sentire il suo piacere mi spingeva a fare di più.
La mia mano, senza fretta, scese verso la sua vita e poi più in basso, raggiungendo la sua intimità. Al tocco delle mie dita lei si inarcò, sussurrandomi dolci parole all’orecchio, mentre il suo corpo seguiva il ritmo che stavo imponendo. Il suo respiro si fece sempre più rapido, i suoi gemiti sempre più intensi. Era come se ogni bacio, ogni carezza fosse una promessa, un momento in cui tutto quello che esisteva eravamo solo noi due.
Quando finalmente raggiunse il culmine, il suo corpo si contrasse in un tremito che fece vibrare l’intera macchina, e io la abbracciai forte, lasciando che si riprendesse contro di me. Mariangela rimase così per un po', appoggiata sul mio petto, respirando piano, ancora immersa in quel momento di estasi.
Dopo qualche istante, la guardai, le accarezzai dolcemente il viso e le sussurrai: "Ti va di fare anche qualcosa per me?" La mia voce era dolce, ma lei subito abbassò lo sguardo, stringendosi leggermente le braccia come per proteggersi.
"Non lo so, Ale... ho paura di sbagliare, che non ti piaccia... Io... non ho mai fatto niente del genere..."
Le sue parole erano sincere, e potevo sentire la sua incertezza. Non sapeva quanto desiderassi che anche lei si sentisse a suo agio, che volesse esplorare tutto con me, ma non volevo forzarla. Tuttavia, nonostante i miei sforzi per non farlo trasparire, una leggera ansia iniziò a farsi strada dentro di me.
Riportandola a casa, sentivo ancora il calore della nostra intimità e la dolcezza del suo abbraccio. Ogni tanto, nel silenzio della macchina, scambiavamo un sorriso o una risata appena accennata, come se ogni secondo insieme fosse un segreto prezioso. Le sue parole, però, mi ronzavano ancora nella testa, portando con sé sentimenti contrastanti.
Da un lato, ero felice che Mariangela avesse abbassato le difese con me, mostrandomi quel lato di sé più vulnerabile che raramente esprimeva. La sua dolcezza e sincerità erano disarmanti, e mi riempivano il cuore. Ma dall'altro lato, una parte di me non riusciva a smettere di chiedersi se ci fosse qualcos'altro dietro quella titubanza. Era possibile che mi nascondesse qualcosa? Aveva paura di deludermi, o c’era davvero dell’altro? Questa incertezza iniziava a trasformarsi in ansia, un'ombra che non riuscivo a ignorare.
Quando arrivammo sotto casa sua, spensi il motore e ci fermammo per qualche istante, come se nessuno dei due avesse davvero voglia di lasciarsi. Lei mi sorrise, il suo sguardo pieno di affetto, e io le passai una mano tra i capelli, avvicinandomi per un ultimo bacio. Fu un bacio lungo, pieno di dolcezza e promesse silenziose.
"Grazie per stasera, Ale," mi disse con un filo di voce, tenendomi la mano. "Sei davvero speciale per me, lo sai?"
Quelle parole mi riscaldarono il cuore, e per un attimo mi dimenticai di ogni dubbio. "Anche tu, Mary. Sei tutto quello che ho sempre voluto."
Dopo altri baci e carezze, Mariangela scese dalla macchina, e mentre la guardavo entrare in casa, sentivo la tensione sciogliersi un po’, anche se non del tutto.
Rimasi a riflettere su tutto il tragitto verso casa, cercando di scacciare ogni insicurezza. Ma, nonostante i miei sforzi, la mente continuava a tornare alla confidenza di Mariangela, alla sua dolce esitazione. Tornai a casa con un misto di emozioni: amore, desiderio, ma anche il peso di qualche insicurezza che mi domandavo come affrontare.
Due giorni dopo, mi ritrovai al solito bar con Antonia. L’atmosfera era rilassata e familiare, il chiacchiericcio di sottofondo e il tintinnio delle tazze ci avvolgevano in un ambiente intimo e protetto, come se tutto il resto non esistesse. Tra un sorso di caffè e qualche battuta, parlavamo del più e del meno, di come stavano andando le nostre giornate, e di piccoli episodi quotidiani.
A un certo punto, mentre ridevamo per un aneddoto, le confidai con un tono più serio delle parole di Mariangela di qualche sera prima. Non ero sicuro di come interpretarle, e l’insicurezza che mi avevano lasciato mi pesava ancora addosso. Antonia mi ascoltò attentamente, con il solito sguardo rassicurante e affettuoso, inclinando leggermente la testa come faceva sempre quando mi dava tutta la sua attenzione.
“Ma dai, Ale,” disse lei, con voce dolce ma ferma, “non si fa così, una ragazza che davvero ti tiene a te non direbbe mai una cosa del genere.” Si fermò un attimo, giocando con il cucchiaino nel suo caffè, poi mi fissò negli occhi. “Io credo sia solo una scusa, per qualche motivo ha paura di lasciarsi andare completamente. E… non mi pare giusto che ti faccia sentire così, come se fossi tu quello che non va.”
Quella frase mi colpì. La fiducia in Antonia era così radicata che il dubbio di un errore da parte mia si dissolse immediatamente, come se il suo conforto fosse una medicina istantanea.
“Cavolo, forse hai ragione… Non ci avevo pensato così,” risposi, lasciandomi avvolgere dalle sue parole. Lei sorrideva, soddisfatta di vedere il mio sollievo, e io sentivo il peso delle mie incertezze scivolare via.
Poi, Antonia piegò la testa di lato con un sorriso malizioso. “Forse sai qual è il problema, Ale?” disse, facendo scivolare un piede sotto il tavolo fino a sfiorarmi la gamba. “Forse non sei stato abbastanza bravo con lei… magari, ti servono delle altre ripetizioni. Con un po’ di pratica in più, potresti diventare davvero irresistibile.”
Sentii il suo piede muoversi su per la mia gamba, un tocco leggero e intrigante che risvegliava subito quella tensione tra noi, carica di un desiderio silenzioso.
Quelle parole, il piede che scivolava sulla mia gamba con disinvoltura, e il suo sguardo che brillava di una sicurezza inaspettata: non ci pensai nemmeno un istante. In dieci minuti avevamo pagato il conto, e ormai eravamo in macchina, nello stesso parcheggio isolato dove mi ero fermato con Mariangela. Ma stavolta, tutto sembrava avvolto da un’altra energia, più selvaggia, travolgente.
Antonia si mosse sopra di me con una passione che non aveva bisogno di esitazioni. Mi baciava intensamente, con una fame che sembrava non avere mai fine, le sue labbra calde e sicure mentre io le accarezzavo i fianchi. Lei mi guidava, ogni suo tocco un invito ad andare oltre. Quando mi invitò a spogliarla, obbedii, sfilandole delicatamente la maglietta e slacciando il reggiseno, che scivolò via rivelando il suo piccolo seno perfetto. Il mio viso affondò subito contro di lei, e iniziai a baciarla con lentezza, godendomi il contrasto tra la sua pelle morbida e i brividi che sentivo risalire dentro di me.
Mi prese la testa e mi avvicinò ancora di più, facendomi capire che non voleva esitazioni, che desiderava sentire la mia bocca completamente su di lei. “Mmm… allora, Ale, è meglio farlo con me o con Mariangela?” mi sussurrò in modo scherzoso, con un sorriso malizioso sulle labbra. Nel frattempo, continuava a muoversi lentamente sopra di me, con un’abilità e un controllo che non avrei mai pensato potesse avere. La mia mente si annebbiò, mentre ogni sua parola, ogni suo movimento, sembrava inchiodarmi sempre di più a lei.
Ad un tratto, sussurrò all’orecchio: “Ora fammi godere.” La sua voce era quasi un ordine mascherato da richiesta, una nota di sicurezza inaspettata che risvegliò un nuovo slancio in me, come se non potessi far altro che obbedire al suo desiderio.
Senza pensarci due volte, le sfilai i pantaloni, esponendo le sue curve invitanti che parevano incorniciate dalla luce soffusa nell’abitacolo. Il suo corpo sembrava quasi scolpito nella perfezione, una sinfonia di forme che invitavano ogni sguardo e ogni tocco. Mi chinai su di lei, percorrendo con le labbra la sua pelle e dedicandomi con devozione al suo seno piccolo ma perfetto. Le sue mani mi spingevano con più forza, premendomi contro di lei, e sentivo il suo corpo fremere ad ogni mio bacio, ad ogni mio tocco.
Mentre le mie dita iniziarono a esplorare, la sua voce, carica di eccitazione, riempì la macchina. Ogni movimento, ogni tocco sembrava portarci oltre, mentre la mia bocca seguiva le mie dita, cercando di darle tutto il piacere possibile, lasciandomi guidare dai suoi gemiti. Sentivo le sue cosce tremare, i suoi fianchi che si muovevano contro di me, come se non riuscisse più a trattenere il desiderio.
Il momento si fece sempre più intenso, le sue parole mi travolsero. “Mariangela è davvero stupida…” sussurrò tra un respiro e l’altro. “Tu… tu sei fantastico, Ale… Quello che lei non ti dà… te lo darò io.” In quel momento, il suo corpo si abbandonò completamente in un intenso orgasmo, il suo respiro accelerato e il suo corpo teso mentre raggiungeva il culmine.
Non mi diede il tempo di riprendere fiato che già mi era addosso, baciandomi con una passione selvaggia. Le sue mani si muovevano sicure, sfiorando il mio punto più sensibile sopra i pantaloni, facendomi impazzire a ogni minimo movimento. Con uno sguardo deciso e un sorriso sfacciato, mi sfilò i pantaloni, rimanendo con lo sguardo su di me mentre iniziava a darmi piacere con la sua bocca e la sua lingua, esplorandomi con lentezza e intensità. Ogni movimento era calcolato, ogni sfioramento un assaggio perfetto di qualcosa di irresistibile.
Mi sentivo sempre più vicino al limite e cercai di fermarla. “Antonia… sto per…” dissi con un filo di voce, quasi sussurrando. Lei si interruppe per un attimo, guardandomi negli occhi con un sorriso malizioso.
“No, Ale. Non puoi venire. Non ancora.”
Si spostò agilmente a cavalcioni sopra di me, il suo corpo perfetto aderente al mio, e iniziò a muoversi con lentezza, strusciando la sua intimità contro la mia, facendomi sentire ogni centimetro del suo corpo contro il mio. I suoi movimenti erano un’arte di seduzione, una danza che mi faceva perdere completamente la testa, e non riuscivo a pensare ad altro se non a lei, alle sue curve, alla sua pelle calda, al suo seno che premeva contro di me e ai suoi fianchi che si muovevano con ritmo perfetto.
Quando sembrava che ormai non potessimo più fermarci, con uno sforzo le afferrai i fianchi, guardandola negli occhi. “Antonia, aspetta… forse stiamo esagerando,” le dissi con voce incerta. “Vorrei… perdere la verginità con Mariangela.”
Il suo sguardo si fece un misto di desiderio e disappunto, mentre incrociava le braccia sul petto, facendo sporgere il suo seno in modo quasi provocante. Mi fissò con un broncio, un’espressione seducente e offesa al tempo stesso, come se non volesse arrendersi così facilmente.
Mariangela mi raccontava della sua giornata, dei suoi progetti, e mentre parlava mi sentivo sempre più colpevole per ciò che avevo fatto con Antonia. Era impossibile non pensare a quanto fosse sincero il suo affetto, così evidente in ogni gesto, in ogni parola. Mi sorrideva teneramente, i suoi occhi verdi brillavano dietro gli occhiali mentre il suo viso era illuminato da quella luce calda che rendeva ogni suo tratto ancora più perfetto.
Ad un certo punto mi prese la mano, stringendola con dolcezza, come a volermi rassicurare senza saperlo. "Sai Ale, sono così felice di essere qui con te stasera," disse con una voce quasi sussurrata, "Siamo stati fortunati a trovarci, vero?"
Nonostante i miei pensieri confusi, non potevo fare altro che sorridere. "Anche io sono felice, Mary. Sei speciale, lo sai?" Le risposi, cercando di mascherare quel peso che continuava a tormentarmi.
Lei arrossì leggermente, abbassando lo sguardo per un attimo. "Sono io quella fortunata, Ale."
Parlammo per tutta la cena di mille argomenti, dalle piccole cose quotidiane ai nostri sogni futuri, e Mariangela si mostrò come sempre: presente, attenta, amorevole. Mi faceva sentire apprezzato e amato, e il pensiero di aver tradito la sua fiducia mi bruciava dentro.
Dopo la cena, ci dirigemmo verso la macchina. L'aria era fresca e il silenzio della notte ci avvolgeva, lasciando che il rumore dei nostri passi sul marciapiede e il battito dei nostri cuori riempissero lo spazio tra di noi. Mariangela camminava accanto a me, il suo vestito rosso ondeggiava leggermente ad ogni suo passo, catturando la luce dei lampioni che ci illuminavano. Era così bella, così perfetta, che il senso di colpa continuava a crescere dentro di me.
Quando arrivammo alla macchina, aprii la portiera per lei. "Grazie," mi disse, lanciandomi uno dei suoi sorrisi dolci. Quel sorriso che riusciva sempre a mettermi a mio agio, ma quella sera sembrava quasi pesare su di me.
Mi sedetti al posto di guida e avviai il motore, ma per un momento restammo lì, senza parlare. Il silenzio era carico di tensione, ma non era un silenzio scomodo. Era piuttosto quel tipo di silenzio che precede qualcosa di importante, qualcosa di inevitabile.
A un certo punto, Mariangela si girò verso di me, gli occhi timidi ma pieni di una dolcezza disarmante. "Ale..." iniziò a dire, ma sembrava non trovare le parole.
"Dimmi," risposi io, cercando di ignorare il nodo che sentivo crescere nello stomaco.
Lei abbassò lo sguardo per un istante, poi lo rialzò, fissandomi con quei suoi occhi verdi profondi. "Non so se è il momento giusto, ma... non riesco a smettere di pensare a quanto sei importante per me. E a quanto vorrei che tutto tra noi fosse perfetto."
Non potevo fare altro che guardarla. Ogni sua parola sembrava scavare più a fondo dentro di me, come se sapesse senza saperlo cosa stavo provando. Ma al di là di tutto, la mia attrazione per lei era reale, e in quel momento sentii il desiderio di dimenticare ogni dubbio, ogni errore.
Le mie mani tremavano leggermente mentre mi avvicinavo a lei. Anche lei era visibilmente nervosa, ma c'era una dolcezza nei suoi gesti, nella lentezza con cui avvicinò il suo volto al mio. E poi, quasi senza accorgercene, le nostre labbra si sfiorarono, in un bacio timido e delicato, come se entrambi stessimo cercando di capire cosa fare.
Per un attimo, tutto sembrò fermarsi. C'eravamo solo io e lei, i nostri respiri che si mescolavano, il suo profumo dolce che mi avvolgeva. La sua mano trovò la mia e la strinse leggermente, mentre io le accarezzavo il viso, sentendo il calore della sua pelle sotto le dita.
Il bacio divenne lentamente più profondo, più intenso. Ogni tocco era carico di emozione, eppure c'era qualcosa di innocente in quel momento, qualcosa di puro. Eravamo due persone che si stavano scoprendo, che stavano lasciandosi trasportare dal desiderio senza fretta, senza pressione.
Mariangela si avvicinò di più, fino a che le sue mani trovarono il mio petto e il suo corpo si strinse al mio. Potevo sentire il suo cuore battere contro il mio, la sua dolcezza che si riversava in ogni nostro contatto.
Appena i nostri baci si fecero più intensi, sentii crescere dentro di me il desiderio di darle piacere, di rendere quel momento indimenticabile per entrambi. Ricordando i gesti che avevo imparato, mi sentii stranamente sicuro, pronto a farla sentire speciale come meritava. Con un lieve sorriso, le accarezzai dolcemente il viso, e senza fretta iniziai a far scivolare le mani lungo il suo corpo, lasciandole il tempo di lasciarsi andare.
Lei mi guardava con dolcezza, le guance lievemente arrossate e gli occhi pieni di fiducia. Le sfiorai il bordo del vestito, e con un piccolo cenno le chiesi il permesso. Mariangela annuì, sollevando le braccia per permettermi di sfilarglielo dalla vita in su. Sotto di esso, portava un reggiseno di pizzo bianco che abbracciava perfettamente le sue forme. Il suo respiro era già più rapido, mentre io mi avvicinavo, le mani tremanti ma decise.
Con un gesto delicato le sfilai il reggiseno, e finalmente la vidi nella sua bellezza naturale. Non persi tempo e, guidato dal desiderio e dalla sicurezza che sentivo in quel momento, iniziai a baciarle i seni, lasciando che ogni bacio fosse un momento intenso e carico di sentimento. La mia lingua tracciava piccoli cerchi, alternati a lievi morsi, mentre lei, incapace di trattenere i gemiti, intrecciava le mani nei miei capelli, premendomi contro di lei. Era così dolce e sincera, e sentire il suo piacere mi spingeva a fare di più.
La mia mano, senza fretta, scese verso la sua vita e poi più in basso, raggiungendo la sua intimità. Al tocco delle mie dita lei si inarcò, sussurrandomi dolci parole all’orecchio, mentre il suo corpo seguiva il ritmo che stavo imponendo. Il suo respiro si fece sempre più rapido, i suoi gemiti sempre più intensi. Era come se ogni bacio, ogni carezza fosse una promessa, un momento in cui tutto quello che esisteva eravamo solo noi due.
Quando finalmente raggiunse il culmine, il suo corpo si contrasse in un tremito che fece vibrare l’intera macchina, e io la abbracciai forte, lasciando che si riprendesse contro di me. Mariangela rimase così per un po', appoggiata sul mio petto, respirando piano, ancora immersa in quel momento di estasi.
Dopo qualche istante, la guardai, le accarezzai dolcemente il viso e le sussurrai: "Ti va di fare anche qualcosa per me?" La mia voce era dolce, ma lei subito abbassò lo sguardo, stringendosi leggermente le braccia come per proteggersi.
"Non lo so, Ale... ho paura di sbagliare, che non ti piaccia... Io... non ho mai fatto niente del genere..."
Le sue parole erano sincere, e potevo sentire la sua incertezza. Non sapeva quanto desiderassi che anche lei si sentisse a suo agio, che volesse esplorare tutto con me, ma non volevo forzarla. Tuttavia, nonostante i miei sforzi per non farlo trasparire, una leggera ansia iniziò a farsi strada dentro di me.
Riportandola a casa, sentivo ancora il calore della nostra intimità e la dolcezza del suo abbraccio. Ogni tanto, nel silenzio della macchina, scambiavamo un sorriso o una risata appena accennata, come se ogni secondo insieme fosse un segreto prezioso. Le sue parole, però, mi ronzavano ancora nella testa, portando con sé sentimenti contrastanti.
Da un lato, ero felice che Mariangela avesse abbassato le difese con me, mostrandomi quel lato di sé più vulnerabile che raramente esprimeva. La sua dolcezza e sincerità erano disarmanti, e mi riempivano il cuore. Ma dall'altro lato, una parte di me non riusciva a smettere di chiedersi se ci fosse qualcos'altro dietro quella titubanza. Era possibile che mi nascondesse qualcosa? Aveva paura di deludermi, o c’era davvero dell’altro? Questa incertezza iniziava a trasformarsi in ansia, un'ombra che non riuscivo a ignorare.
Quando arrivammo sotto casa sua, spensi il motore e ci fermammo per qualche istante, come se nessuno dei due avesse davvero voglia di lasciarsi. Lei mi sorrise, il suo sguardo pieno di affetto, e io le passai una mano tra i capelli, avvicinandomi per un ultimo bacio. Fu un bacio lungo, pieno di dolcezza e promesse silenziose.
"Grazie per stasera, Ale," mi disse con un filo di voce, tenendomi la mano. "Sei davvero speciale per me, lo sai?"
Quelle parole mi riscaldarono il cuore, e per un attimo mi dimenticai di ogni dubbio. "Anche tu, Mary. Sei tutto quello che ho sempre voluto."
Dopo altri baci e carezze, Mariangela scese dalla macchina, e mentre la guardavo entrare in casa, sentivo la tensione sciogliersi un po’, anche se non del tutto.
Rimasi a riflettere su tutto il tragitto verso casa, cercando di scacciare ogni insicurezza. Ma, nonostante i miei sforzi, la mente continuava a tornare alla confidenza di Mariangela, alla sua dolce esitazione. Tornai a casa con un misto di emozioni: amore, desiderio, ma anche il peso di qualche insicurezza che mi domandavo come affrontare.
Due giorni dopo, mi ritrovai al solito bar con Antonia. L’atmosfera era rilassata e familiare, il chiacchiericcio di sottofondo e il tintinnio delle tazze ci avvolgevano in un ambiente intimo e protetto, come se tutto il resto non esistesse. Tra un sorso di caffè e qualche battuta, parlavamo del più e del meno, di come stavano andando le nostre giornate, e di piccoli episodi quotidiani.
A un certo punto, mentre ridevamo per un aneddoto, le confidai con un tono più serio delle parole di Mariangela di qualche sera prima. Non ero sicuro di come interpretarle, e l’insicurezza che mi avevano lasciato mi pesava ancora addosso. Antonia mi ascoltò attentamente, con il solito sguardo rassicurante e affettuoso, inclinando leggermente la testa come faceva sempre quando mi dava tutta la sua attenzione.
“Ma dai, Ale,” disse lei, con voce dolce ma ferma, “non si fa così, una ragazza che davvero ti tiene a te non direbbe mai una cosa del genere.” Si fermò un attimo, giocando con il cucchiaino nel suo caffè, poi mi fissò negli occhi. “Io credo sia solo una scusa, per qualche motivo ha paura di lasciarsi andare completamente. E… non mi pare giusto che ti faccia sentire così, come se fossi tu quello che non va.”
Quella frase mi colpì. La fiducia in Antonia era così radicata che il dubbio di un errore da parte mia si dissolse immediatamente, come se il suo conforto fosse una medicina istantanea.
“Cavolo, forse hai ragione… Non ci avevo pensato così,” risposi, lasciandomi avvolgere dalle sue parole. Lei sorrideva, soddisfatta di vedere il mio sollievo, e io sentivo il peso delle mie incertezze scivolare via.
Poi, Antonia piegò la testa di lato con un sorriso malizioso. “Forse sai qual è il problema, Ale?” disse, facendo scivolare un piede sotto il tavolo fino a sfiorarmi la gamba. “Forse non sei stato abbastanza bravo con lei… magari, ti servono delle altre ripetizioni. Con un po’ di pratica in più, potresti diventare davvero irresistibile.”
Sentii il suo piede muoversi su per la mia gamba, un tocco leggero e intrigante che risvegliava subito quella tensione tra noi, carica di un desiderio silenzioso.
Quelle parole, il piede che scivolava sulla mia gamba con disinvoltura, e il suo sguardo che brillava di una sicurezza inaspettata: non ci pensai nemmeno un istante. In dieci minuti avevamo pagato il conto, e ormai eravamo in macchina, nello stesso parcheggio isolato dove mi ero fermato con Mariangela. Ma stavolta, tutto sembrava avvolto da un’altra energia, più selvaggia, travolgente.
Antonia si mosse sopra di me con una passione che non aveva bisogno di esitazioni. Mi baciava intensamente, con una fame che sembrava non avere mai fine, le sue labbra calde e sicure mentre io le accarezzavo i fianchi. Lei mi guidava, ogni suo tocco un invito ad andare oltre. Quando mi invitò a spogliarla, obbedii, sfilandole delicatamente la maglietta e slacciando il reggiseno, che scivolò via rivelando il suo piccolo seno perfetto. Il mio viso affondò subito contro di lei, e iniziai a baciarla con lentezza, godendomi il contrasto tra la sua pelle morbida e i brividi che sentivo risalire dentro di me.
Mi prese la testa e mi avvicinò ancora di più, facendomi capire che non voleva esitazioni, che desiderava sentire la mia bocca completamente su di lei. “Mmm… allora, Ale, è meglio farlo con me o con Mariangela?” mi sussurrò in modo scherzoso, con un sorriso malizioso sulle labbra. Nel frattempo, continuava a muoversi lentamente sopra di me, con un’abilità e un controllo che non avrei mai pensato potesse avere. La mia mente si annebbiò, mentre ogni sua parola, ogni suo movimento, sembrava inchiodarmi sempre di più a lei.
Ad un tratto, sussurrò all’orecchio: “Ora fammi godere.” La sua voce era quasi un ordine mascherato da richiesta, una nota di sicurezza inaspettata che risvegliò un nuovo slancio in me, come se non potessi far altro che obbedire al suo desiderio.
Senza pensarci due volte, le sfilai i pantaloni, esponendo le sue curve invitanti che parevano incorniciate dalla luce soffusa nell’abitacolo. Il suo corpo sembrava quasi scolpito nella perfezione, una sinfonia di forme che invitavano ogni sguardo e ogni tocco. Mi chinai su di lei, percorrendo con le labbra la sua pelle e dedicandomi con devozione al suo seno piccolo ma perfetto. Le sue mani mi spingevano con più forza, premendomi contro di lei, e sentivo il suo corpo fremere ad ogni mio bacio, ad ogni mio tocco.
Mentre le mie dita iniziarono a esplorare, la sua voce, carica di eccitazione, riempì la macchina. Ogni movimento, ogni tocco sembrava portarci oltre, mentre la mia bocca seguiva le mie dita, cercando di darle tutto il piacere possibile, lasciandomi guidare dai suoi gemiti. Sentivo le sue cosce tremare, i suoi fianchi che si muovevano contro di me, come se non riuscisse più a trattenere il desiderio.
Il momento si fece sempre più intenso, le sue parole mi travolsero. “Mariangela è davvero stupida…” sussurrò tra un respiro e l’altro. “Tu… tu sei fantastico, Ale… Quello che lei non ti dà… te lo darò io.” In quel momento, il suo corpo si abbandonò completamente in un intenso orgasmo, il suo respiro accelerato e il suo corpo teso mentre raggiungeva il culmine.
Non mi diede il tempo di riprendere fiato che già mi era addosso, baciandomi con una passione selvaggia. Le sue mani si muovevano sicure, sfiorando il mio punto più sensibile sopra i pantaloni, facendomi impazzire a ogni minimo movimento. Con uno sguardo deciso e un sorriso sfacciato, mi sfilò i pantaloni, rimanendo con lo sguardo su di me mentre iniziava a darmi piacere con la sua bocca e la sua lingua, esplorandomi con lentezza e intensità. Ogni movimento era calcolato, ogni sfioramento un assaggio perfetto di qualcosa di irresistibile.
Mi sentivo sempre più vicino al limite e cercai di fermarla. “Antonia… sto per…” dissi con un filo di voce, quasi sussurrando. Lei si interruppe per un attimo, guardandomi negli occhi con un sorriso malizioso.
“No, Ale. Non puoi venire. Non ancora.”
Si spostò agilmente a cavalcioni sopra di me, il suo corpo perfetto aderente al mio, e iniziò a muoversi con lentezza, strusciando la sua intimità contro la mia, facendomi sentire ogni centimetro del suo corpo contro il mio. I suoi movimenti erano un’arte di seduzione, una danza che mi faceva perdere completamente la testa, e non riuscivo a pensare ad altro se non a lei, alle sue curve, alla sua pelle calda, al suo seno che premeva contro di me e ai suoi fianchi che si muovevano con ritmo perfetto.
Quando sembrava che ormai non potessimo più fermarci, con uno sforzo le afferrai i fianchi, guardandola negli occhi. “Antonia, aspetta… forse stiamo esagerando,” le dissi con voce incerta. “Vorrei… perdere la verginità con Mariangela.”
Il suo sguardo si fece un misto di desiderio e disappunto, mentre incrociava le braccia sul petto, facendo sporgere il suo seno in modo quasi provocante. Mi fissò con un broncio, un’espressione seducente e offesa al tempo stesso, come se non volesse arrendersi così facilmente.
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