La vrenzola vuole comandare - capitolo 4: tette alla nutella
di
Asiadu01
genere
dominazione
Il giorno dopo, l'eccitazione mi svegliò ben prima della sveglia. Passai più tempo del solito davanti allo specchio, cercando di apparire come uno che non si stava facendo troppo bello per qualcuno. Mi assicurai che la camicia fosse perfetta e, guardandomi un’ultima volta allo specchio, mi sentii pronto.
Arrivai sotto casa di Carla puntuale, anzi forse anche un po' in anticipo. La chiamai per dirle che ero arrivato e, con mio grande stupore, mi rispose senza troppi fronzoli: “Mi sto ancora preparando. Vieni su”
Salire. Non ero sicuro di cosa aspettarmi. Ma meglio di rimanere lì come un fesso in attesa.
Una volta davanti alla porta, lei mi aprì in accappatoio, i capelli ancora bagnati che le cadevano sulle spalle, e la pelle che profumava di sapone. Sembrava appena uscita dalla doccia, e quell’immagine, così disarmante e sensuale nella sua semplicità, mi lasciò a bocca aperta per un attimo.
Mi lanciò un’occhiata di sfida e un piccolo sorriso divertito.
“Vado a finire di prepararmi,” disse, voltandosi verso il corridoio.
“Va bene, ti aspetto in salone,” risposi, facendo un passo verso il soggiorno.
Lei, però, si fermò e alzò un sopracciglio, con l’espressione di chi ne sapeva una più del diavolo. “Ma che fai, dormi?” incalzò, con il suo accento napoletano che le donava una naturale sfacciataggine. “Vieni in bagno con me mentre mi preparo, su… come se nun m’avisse già vist’ nuda.”
Entrando in bagno, Carla si fermò davanti allo specchio e mi lanciò un’occhiata di sfida attraverso il riflesso. Il suo accappatoio bianco si stringeva intorno al suo corpo, disegnandone le curve in modo irresistibile, lasciando una spalla scoperta e rivelando la pelle ancora umida. I capelli castani, ancora bagnati, si appoggiavano su quelle spalle con disarmante naturalezza, mentre lei, con fare lento e provocante, iniziò ad asciugarli.
Accese l’asciugacapelli e, con un movimento sicuro, si inclinò leggermente di lato per passare le dita tra i capelli e scompigliarli un po’, come se stesse esibendosi per un pubblico di uno, che ero io. La guardavo affascinato, ogni tanto incrociando il suo sguardo attraverso lo specchio. Carla sorrideva con un’espressione beffarda, come se ogni gesto fosse un gioco che stava conducendo a modo suo.
Quando ebbe finito con l’asciugacapelli, appoggiò l’apparecchio, e con estrema calma sciolse il nodo dell’accappatoio, senza mai distogliere gli occhi dallo specchio, osservando come reagivo a ogni suo movimento. La stoffa scivolò lentamente sulle sue spalle, rivelando la schiena nuda e la curva dei fianchi. Riuscivo a intravedere ogni centimetro della sua pelle perfetta, mentre lei si girava leggermente, lasciando cadere l’accappatoio e appoggiandolo sul bordo della vasca, rimanendo solo in intimo.
Il suo reggiseno di pizzo nero aderiva perfettamente, enfatizzando il suo décolleté, mentre gli slip a vita alta abbracciavano i suoi fianchi con una sensualità audace. Mi guardò per un istante e, con tono ironico, disse: “quello che vedi è solo uno spettacolo d’attesa, dopo arriva il pezzo forte.”
Dopo quella battuta, iniziò a pettinarsi, spazzolando i capelli con movimenti lenti e calcolati, lasciando che scivolassero lisci lungo la schiena. Poi si avvicinò al lavandino, tirando fuori dal cassetto un rossetto rosso scuro. Lo applicò con precisione, accentuando le labbra carnose e a forma di cuore, mentre io non riuscivo a distogliere lo sguardo. Finito di truccarsi, si voltò, osservandomi con uno sguardo pungente e malizioso.
“Allora, t piac ‘o spettacolo?” domandò, sfidandomi.
“Non posso certo lamentarmi,” risposi, cercando di mantenere un tono sicuro, anche se dentro di me sentivo che ogni suo movimento mi stava incatenando.
Lei sorrise con un sorrisetto soddisfatto e, con estrema lentezza, indossò una maglietta aderente e un paio di jeans a vita alta che esaltavano la sua figura. Ogni gesto sembrava fatto per farmi perdere la testa, come se sapesse esattamente l’effetto che aveva su di me.
“Mo’ ‘sti biscotti,” disse con un tono che sembrava ironico e provocatorio allo stesso tempo. “Tieniti pronto… perché non sarà facile starmi dietro.”
In cucina, l’atmosfera era sorprendentemente leggera, diversa dal solito. Carla aveva appoggiato il libro delle ricette sul bancone, ma sembrava quasi più interessata a farmi perdere la concentrazione che a seguire le istruzioni. Mi passò gli ingredienti con gesti rapidi e decisi, quasi cercando di farmi notare ogni suo movimento.
“Dai, nun fa ‘o scemo, mescola bene,” mi provocò, ridendo mentre cercavo di tenere il ritmo dei suoi comandi. Era come se orchestrasse ogni cosa.
Mi avvicinai per prendere la farina, ma lei mi bloccò, piazzandosi davanti a me e dandomi un colpetto scherzoso sul petto. “Prima devi pesare,” mi disse, con un sorriso beffardo.
“Certo, signora chef,” risposi, avvicinandomi ancora di più, quasi sfiorandola. Lei però si voltò all’improvviso, sollevando un po’ di farina e spargendomela sul viso, ridendo di gusto quando mi vide con un’espressione sorpresa.
“Oh, adesso la paghi,” risposi, prendendo un po' di farina anch'io e avvicinandomi. Ma prima che potessi reagire, Carla schizzò all’indietro, ridendo, e iniziò a spargere farina ovunque.
Lentamente, mentre giocavamo, la cucina si trasformava in un campo di battaglia di zucchero e farina. Carla rideva e sfuggiva ai miei tentativi di afferrarla, finché non mi bloccò, avvicinandosi pericolosamente e spingendomi contro il bancone.
“Te lo dico io, non vali proprio niente come aiuto cuoco,” mi sussurrò con voce bassa, osservandomi con un’espressione maliziosa. Prima che potessi rispondere, affondò un dito nella ciotola di zucchero e mi sfiorò le labbra, lasciandomi assaporare il dolce.
Poi, con un gesto improvviso, le sue dita si posarono sul mio viso, passandomi un po' di impasto sulle guance e ridacchiando. Mi avvicinai a mia volta, afferrandole la mano, e con uno sguardo provocante le passai un po’ di farina sulla punta del naso.
“Ti piace giocare sporco, eh?” le dissi, mentre lei, ancora più vicina, sfiorava il mio petto con un gesto lento e insistente.
Era una tensione dolce, sensuale, come se quel gioco da cucina fosse solo una scusa per testare i nostri limiti. Finimmo per lavorare all’impasto, lei vicinissima a me, con le mani che si sfioravano a ogni movimento, finché non sollevò una forma di biscotto e mi guardò con un sorriso soddisfatto.
“Te la sei cavata meglio di quanto pensassi,” disse, posando il biscotto sul vassoio e avvicinandosi ancora, così vicina che sentivo il suo respiro sulle labbra.
Infornammo i biscotti con una soddisfazione insolita, come se quel momento fosse stato il culmine di tutto il gioco e le risate che ci avevano accompagnato fino ad allora. Carla chiuse il forno e si girò verso di me con uno sguardo scintillante, ancora con qualche residuo di farina sparso sui capelli e sulle mani.
Continuammo a scherzare, a stuzzicarci a vicenda. Lei mi sfidava a ricordare ogni passaggio della ricetta, rideva quando dimenticavo qualche dettaglio e mi correggeva con una finta serietà che riusciva a malapena a mantenere. Ogni tanto si avvicinava per sistemare qualcosa, finendo per sfiorarmi di proposito, il contatto elettrizzante e volutamente prolungato.
Poi, all'improvviso, si fermò e scoppiò a ridere. “Aspetta, chiudi gli occhi. Ho una sorpresa per te,” disse con un tono intrigante, come se avesse appena avuto un’idea brillante. Mi guardò con un’espressione seria, ma i suoi occhi tradivano qualcosa di sfacciatamente divertito.
“Sei sicura?” chiesi, fingendo di esitare, ma lei non rispose, si limitò ad alzare le sopracciglia, incrociando le braccia davanti al petto. Sospirai e chiusi gli occhi, immaginando già qualche altro scherzo, ma cercando di trattenere un sorriso.
Sentivo i suoi passi muoversi attorno a me, il rumore di qualche cassetto e l’inconfondibile suono di un barattolo di vetro che si apriva. Il tempo sembrava dilatarsi, l’attesa rendeva ogni secondo più intenso, finché non sentii la sua voce, dolce e provocante.
“Ora puoi aprire gli occhi.”
Obbedii, e la vista che mi si presentò davanti mi lasciò senza fiato. Carla era lì, appoggiata al bancone con uno sguardo fiero e seducente, senza la maglia, con il seno perfetto scoperto e, al centro, su ciascun capezzolo, uno strato di Nutella che luccicava leggermente.
“Che dici di fare un assaggio prima del dolce?” sussurrò, con un sorriso malizioso che non lasciava spazio a dubbi sulle sue intenzioni.
Mi avvicinai lentamente, incapace di staccare gli occhi da lei, finché non fummo a pochi centimetri l'uno dall'altra. Carla sorrise soddisfatta, lasciando che le mie labbra si avvicinassero alla sua pelle ricoperta di Nutella. La mia bocca incontrò la sua pelle calda e dolce, mentre lei mi accarezzava i capelli, quasi guidandomi con quel tocco morbido e possessivo.
Ogni respiro, ogni sussurro tra di noi era carico di un’intensità che sembrava crescere a ogni secondo, e Carla sorrideva, consapevole di avere il totale controllo.
Mi avvicinai di più, e le mie labbra si posarono lentamente sul suo seno, assaporando la Nutella con delicatezza, quasi timoroso di rovinarle il momento. Ogni leccata era un viaggio di sapori, il cioccolato dolce che si fondeva con il calore della sua pelle, che palpitava sotto la mia bocca. Carla gemeva piano, abbandonandosi al mio ritmo, i suoi occhi chiusi e il respiro sempre più profondo.
Senza staccare lo sguardo da lei, continuai a muovermi con calma, percorrendo ogni angolo della sua pelle con la mia lingua. A ogni movimento, Carla si dimenava leggermente, come se il contatto fosse troppo intenso e dolce da sopportare, mentre mi avvicinava sempre di più, tirandomi verso di sé, facendomi capire quanto anche lei fosse completamente persa in quel momento.
L’aria sembrava carica di un’elettricità incontrollabile, e non riuscivo più a trattenermi: i nostri corpi si sfioravano e la tensione diventava insostenibile. Le mani di Carla si aggrapparono alla mia schiena, mi tirava a sé, come se volesse farsi avvolgere da quella passione che non riuscivamo a trattenere.
Senza una parola, ci guardammo per un istante, e in quel silenzio c’era tutto: la voglia, l’attesa, quella sfida che ci univa e divideva. Poi, senza pensarci, la presi per i fianchi, spingendola contro il bancone, mentre le mie labbra ritrovavano la strada del suo collo e del suo petto, lasciando che ogni respiro diventasse un invito, un segnale di qualcosa di più profondo.
Carla si lasciò andare, le sue mani correvano sulla mia schiena e i suoi gemiti si intrecciavano con i miei, creando una sinfonia che riempiva tutta la cucina.
Mi chinai su di lei, ancora avvolto dalla sua vicinanza e dai respiri che si mescolavano nell’aria intima della cucina. Carla si spostò leggermente, scendendo con la bocca fino a farmi tremare, guidandomi in un piacere che cresceva ad ogni suo movimento. Le sue mani mi tenevano saldo, mentre la sua lingua tracciava un percorso di pura estasi.
L’intensità del momento salì in un crescendo finché non raggiunsi il culmine, lasciando una traccia della mia passione che lei accolse con un sorriso soddisfatto, il viso e il petto appena segnati dal nostro incontro. Senza perdersi d'animo, si rialzò, prendendo il mio volto tra le mani, e senza dire una parola si avvicinò per un bacio carico di desiderio. Le nostre bocche si cercarono con foga, il calore tra noi era palpabile, e il bacio si fece sempre più intenso, alimentando ancora una volta la fiamma che ci aveva travolti.
Carla era lì, seduta sul bancone, il respiro affannato e lo sguardo acceso. Le sue cosce mi circondavano, avvicinandomi a lei sempre di più, mentre la mia mano la sosteneva salda dietro la schiena. Con movimenti lenti e provocanti, mi avvicinai, sfiorandola appena, le nostre pelli erano a un soffio di distanza, e ogni contatto accendeva un desiderio ancora più ardente.
Ma quando mi avvicinai per unirci davvero, sentii la sua mano fermarmi bruscamente. Carla si allontanò appena, con uno sguardo improvvisamente diverso, freddo e quasi tagliente. “Ma che fai? E mo’ vuoi pure questo?” disse, la voce velata di sarcasmo e fastidio.
Mi ritrassi di scatto, sorpreso dal suo cambiamento improvviso. "Ma... io pensavo…" cercai di spiegare, ma lei mi interruppe con un sorriso sprezzante.
“Pensavi male, allora,” rispose, distogliendo lo sguardo con un’alzata di spalle, come se tutto quel momento non avesse avuto per lei alcun peso.
Lì per lì, il sangue mi si gelò nelle vene. “Sai che c’è? Non capisco proprio cosa vuoi,” dissi con tono esasperato, sentendo crescere dentro di me un misto di rabbia e frustrazione.
“E certo, perché pensi sempre di sapere tutto tu, no?” ribatté lei, con un ghigno impertinente.
“Non è questione di saperlo, Carla. Eri tu che hai voluto tutto questo, tutta questa… questa scena.” Le sue parole, però, erano una lama, e ogni suo sguardo sprezzante non faceva che aumentare la tensione tra noi.
Ci fissammo, occhi negli occhi, entrambi invasi da una marea di emozioni opposte e intrecciate, quasi come una battaglia senza tregua. Ma nonostante tutto, non riuscii a staccare lo sguardo dal suo, e lei, con la stessa espressione tagliente, mi restituì quel contatto visivo come un segno di sfida.
La mattina mi svegliai prima di Carla, avvolto nel tepore del suo divano e immerso in pensieri sulle sue parole della sera prima. Conoscevo Tonia, la sua migliore amica, di fama più che di fatto. Aveva una reputazione che la precedeva: un po’ "vrenzola", sicuramente provocante, sempre pronta a mettersi in mostra. Spesso la vedevo nei post sui social, le sue foto non lasciavano molto spazio all'immaginazione e il suo profilo sembrava un diario di esibizionismo studiato ad arte.
Preso da un impulso forse poco saggio, aprii Instagram e scorsi qualche sua foto: pose studiate, sorrisi maliziosi, ogni dettaglio curato per colpire. Più mi perdevo in quei dettagli, più la mia mente si lasciava trascinare. Senza pensarci troppo, il dito scivolò sul pulsante dei messaggi diretti. A quella tentazione non riuscii a resistere e mandai un messaggio a Tonia.
Arrivai sotto casa di Carla puntuale, anzi forse anche un po' in anticipo. La chiamai per dirle che ero arrivato e, con mio grande stupore, mi rispose senza troppi fronzoli: “Mi sto ancora preparando. Vieni su”
Salire. Non ero sicuro di cosa aspettarmi. Ma meglio di rimanere lì come un fesso in attesa.
Una volta davanti alla porta, lei mi aprì in accappatoio, i capelli ancora bagnati che le cadevano sulle spalle, e la pelle che profumava di sapone. Sembrava appena uscita dalla doccia, e quell’immagine, così disarmante e sensuale nella sua semplicità, mi lasciò a bocca aperta per un attimo.
Mi lanciò un’occhiata di sfida e un piccolo sorriso divertito.
“Vado a finire di prepararmi,” disse, voltandosi verso il corridoio.
“Va bene, ti aspetto in salone,” risposi, facendo un passo verso il soggiorno.
Lei, però, si fermò e alzò un sopracciglio, con l’espressione di chi ne sapeva una più del diavolo. “Ma che fai, dormi?” incalzò, con il suo accento napoletano che le donava una naturale sfacciataggine. “Vieni in bagno con me mentre mi preparo, su… come se nun m’avisse già vist’ nuda.”
Entrando in bagno, Carla si fermò davanti allo specchio e mi lanciò un’occhiata di sfida attraverso il riflesso. Il suo accappatoio bianco si stringeva intorno al suo corpo, disegnandone le curve in modo irresistibile, lasciando una spalla scoperta e rivelando la pelle ancora umida. I capelli castani, ancora bagnati, si appoggiavano su quelle spalle con disarmante naturalezza, mentre lei, con fare lento e provocante, iniziò ad asciugarli.
Accese l’asciugacapelli e, con un movimento sicuro, si inclinò leggermente di lato per passare le dita tra i capelli e scompigliarli un po’, come se stesse esibendosi per un pubblico di uno, che ero io. La guardavo affascinato, ogni tanto incrociando il suo sguardo attraverso lo specchio. Carla sorrideva con un’espressione beffarda, come se ogni gesto fosse un gioco che stava conducendo a modo suo.
Quando ebbe finito con l’asciugacapelli, appoggiò l’apparecchio, e con estrema calma sciolse il nodo dell’accappatoio, senza mai distogliere gli occhi dallo specchio, osservando come reagivo a ogni suo movimento. La stoffa scivolò lentamente sulle sue spalle, rivelando la schiena nuda e la curva dei fianchi. Riuscivo a intravedere ogni centimetro della sua pelle perfetta, mentre lei si girava leggermente, lasciando cadere l’accappatoio e appoggiandolo sul bordo della vasca, rimanendo solo in intimo.
Il suo reggiseno di pizzo nero aderiva perfettamente, enfatizzando il suo décolleté, mentre gli slip a vita alta abbracciavano i suoi fianchi con una sensualità audace. Mi guardò per un istante e, con tono ironico, disse: “quello che vedi è solo uno spettacolo d’attesa, dopo arriva il pezzo forte.”
Dopo quella battuta, iniziò a pettinarsi, spazzolando i capelli con movimenti lenti e calcolati, lasciando che scivolassero lisci lungo la schiena. Poi si avvicinò al lavandino, tirando fuori dal cassetto un rossetto rosso scuro. Lo applicò con precisione, accentuando le labbra carnose e a forma di cuore, mentre io non riuscivo a distogliere lo sguardo. Finito di truccarsi, si voltò, osservandomi con uno sguardo pungente e malizioso.
“Allora, t piac ‘o spettacolo?” domandò, sfidandomi.
“Non posso certo lamentarmi,” risposi, cercando di mantenere un tono sicuro, anche se dentro di me sentivo che ogni suo movimento mi stava incatenando.
Lei sorrise con un sorrisetto soddisfatto e, con estrema lentezza, indossò una maglietta aderente e un paio di jeans a vita alta che esaltavano la sua figura. Ogni gesto sembrava fatto per farmi perdere la testa, come se sapesse esattamente l’effetto che aveva su di me.
“Mo’ ‘sti biscotti,” disse con un tono che sembrava ironico e provocatorio allo stesso tempo. “Tieniti pronto… perché non sarà facile starmi dietro.”
In cucina, l’atmosfera era sorprendentemente leggera, diversa dal solito. Carla aveva appoggiato il libro delle ricette sul bancone, ma sembrava quasi più interessata a farmi perdere la concentrazione che a seguire le istruzioni. Mi passò gli ingredienti con gesti rapidi e decisi, quasi cercando di farmi notare ogni suo movimento.
“Dai, nun fa ‘o scemo, mescola bene,” mi provocò, ridendo mentre cercavo di tenere il ritmo dei suoi comandi. Era come se orchestrasse ogni cosa.
Mi avvicinai per prendere la farina, ma lei mi bloccò, piazzandosi davanti a me e dandomi un colpetto scherzoso sul petto. “Prima devi pesare,” mi disse, con un sorriso beffardo.
“Certo, signora chef,” risposi, avvicinandomi ancora di più, quasi sfiorandola. Lei però si voltò all’improvviso, sollevando un po’ di farina e spargendomela sul viso, ridendo di gusto quando mi vide con un’espressione sorpresa.
“Oh, adesso la paghi,” risposi, prendendo un po' di farina anch'io e avvicinandomi. Ma prima che potessi reagire, Carla schizzò all’indietro, ridendo, e iniziò a spargere farina ovunque.
Lentamente, mentre giocavamo, la cucina si trasformava in un campo di battaglia di zucchero e farina. Carla rideva e sfuggiva ai miei tentativi di afferrarla, finché non mi bloccò, avvicinandosi pericolosamente e spingendomi contro il bancone.
“Te lo dico io, non vali proprio niente come aiuto cuoco,” mi sussurrò con voce bassa, osservandomi con un’espressione maliziosa. Prima che potessi rispondere, affondò un dito nella ciotola di zucchero e mi sfiorò le labbra, lasciandomi assaporare il dolce.
Poi, con un gesto improvviso, le sue dita si posarono sul mio viso, passandomi un po' di impasto sulle guance e ridacchiando. Mi avvicinai a mia volta, afferrandole la mano, e con uno sguardo provocante le passai un po’ di farina sulla punta del naso.
“Ti piace giocare sporco, eh?” le dissi, mentre lei, ancora più vicina, sfiorava il mio petto con un gesto lento e insistente.
Era una tensione dolce, sensuale, come se quel gioco da cucina fosse solo una scusa per testare i nostri limiti. Finimmo per lavorare all’impasto, lei vicinissima a me, con le mani che si sfioravano a ogni movimento, finché non sollevò una forma di biscotto e mi guardò con un sorriso soddisfatto.
“Te la sei cavata meglio di quanto pensassi,” disse, posando il biscotto sul vassoio e avvicinandosi ancora, così vicina che sentivo il suo respiro sulle labbra.
Infornammo i biscotti con una soddisfazione insolita, come se quel momento fosse stato il culmine di tutto il gioco e le risate che ci avevano accompagnato fino ad allora. Carla chiuse il forno e si girò verso di me con uno sguardo scintillante, ancora con qualche residuo di farina sparso sui capelli e sulle mani.
Continuammo a scherzare, a stuzzicarci a vicenda. Lei mi sfidava a ricordare ogni passaggio della ricetta, rideva quando dimenticavo qualche dettaglio e mi correggeva con una finta serietà che riusciva a malapena a mantenere. Ogni tanto si avvicinava per sistemare qualcosa, finendo per sfiorarmi di proposito, il contatto elettrizzante e volutamente prolungato.
Poi, all'improvviso, si fermò e scoppiò a ridere. “Aspetta, chiudi gli occhi. Ho una sorpresa per te,” disse con un tono intrigante, come se avesse appena avuto un’idea brillante. Mi guardò con un’espressione seria, ma i suoi occhi tradivano qualcosa di sfacciatamente divertito.
“Sei sicura?” chiesi, fingendo di esitare, ma lei non rispose, si limitò ad alzare le sopracciglia, incrociando le braccia davanti al petto. Sospirai e chiusi gli occhi, immaginando già qualche altro scherzo, ma cercando di trattenere un sorriso.
Sentivo i suoi passi muoversi attorno a me, il rumore di qualche cassetto e l’inconfondibile suono di un barattolo di vetro che si apriva. Il tempo sembrava dilatarsi, l’attesa rendeva ogni secondo più intenso, finché non sentii la sua voce, dolce e provocante.
“Ora puoi aprire gli occhi.”
Obbedii, e la vista che mi si presentò davanti mi lasciò senza fiato. Carla era lì, appoggiata al bancone con uno sguardo fiero e seducente, senza la maglia, con il seno perfetto scoperto e, al centro, su ciascun capezzolo, uno strato di Nutella che luccicava leggermente.
“Che dici di fare un assaggio prima del dolce?” sussurrò, con un sorriso malizioso che non lasciava spazio a dubbi sulle sue intenzioni.
Mi avvicinai lentamente, incapace di staccare gli occhi da lei, finché non fummo a pochi centimetri l'uno dall'altra. Carla sorrise soddisfatta, lasciando che le mie labbra si avvicinassero alla sua pelle ricoperta di Nutella. La mia bocca incontrò la sua pelle calda e dolce, mentre lei mi accarezzava i capelli, quasi guidandomi con quel tocco morbido e possessivo.
Ogni respiro, ogni sussurro tra di noi era carico di un’intensità che sembrava crescere a ogni secondo, e Carla sorrideva, consapevole di avere il totale controllo.
Mi avvicinai di più, e le mie labbra si posarono lentamente sul suo seno, assaporando la Nutella con delicatezza, quasi timoroso di rovinarle il momento. Ogni leccata era un viaggio di sapori, il cioccolato dolce che si fondeva con il calore della sua pelle, che palpitava sotto la mia bocca. Carla gemeva piano, abbandonandosi al mio ritmo, i suoi occhi chiusi e il respiro sempre più profondo.
Senza staccare lo sguardo da lei, continuai a muovermi con calma, percorrendo ogni angolo della sua pelle con la mia lingua. A ogni movimento, Carla si dimenava leggermente, come se il contatto fosse troppo intenso e dolce da sopportare, mentre mi avvicinava sempre di più, tirandomi verso di sé, facendomi capire quanto anche lei fosse completamente persa in quel momento.
L’aria sembrava carica di un’elettricità incontrollabile, e non riuscivo più a trattenermi: i nostri corpi si sfioravano e la tensione diventava insostenibile. Le mani di Carla si aggrapparono alla mia schiena, mi tirava a sé, come se volesse farsi avvolgere da quella passione che non riuscivamo a trattenere.
Senza una parola, ci guardammo per un istante, e in quel silenzio c’era tutto: la voglia, l’attesa, quella sfida che ci univa e divideva. Poi, senza pensarci, la presi per i fianchi, spingendola contro il bancone, mentre le mie labbra ritrovavano la strada del suo collo e del suo petto, lasciando che ogni respiro diventasse un invito, un segnale di qualcosa di più profondo.
Carla si lasciò andare, le sue mani correvano sulla mia schiena e i suoi gemiti si intrecciavano con i miei, creando una sinfonia che riempiva tutta la cucina.
Mi chinai su di lei, ancora avvolto dalla sua vicinanza e dai respiri che si mescolavano nell’aria intima della cucina. Carla si spostò leggermente, scendendo con la bocca fino a farmi tremare, guidandomi in un piacere che cresceva ad ogni suo movimento. Le sue mani mi tenevano saldo, mentre la sua lingua tracciava un percorso di pura estasi.
L’intensità del momento salì in un crescendo finché non raggiunsi il culmine, lasciando una traccia della mia passione che lei accolse con un sorriso soddisfatto, il viso e il petto appena segnati dal nostro incontro. Senza perdersi d'animo, si rialzò, prendendo il mio volto tra le mani, e senza dire una parola si avvicinò per un bacio carico di desiderio. Le nostre bocche si cercarono con foga, il calore tra noi era palpabile, e il bacio si fece sempre più intenso, alimentando ancora una volta la fiamma che ci aveva travolti.
Carla era lì, seduta sul bancone, il respiro affannato e lo sguardo acceso. Le sue cosce mi circondavano, avvicinandomi a lei sempre di più, mentre la mia mano la sosteneva salda dietro la schiena. Con movimenti lenti e provocanti, mi avvicinai, sfiorandola appena, le nostre pelli erano a un soffio di distanza, e ogni contatto accendeva un desiderio ancora più ardente.
Ma quando mi avvicinai per unirci davvero, sentii la sua mano fermarmi bruscamente. Carla si allontanò appena, con uno sguardo improvvisamente diverso, freddo e quasi tagliente. “Ma che fai? E mo’ vuoi pure questo?” disse, la voce velata di sarcasmo e fastidio.
Mi ritrassi di scatto, sorpreso dal suo cambiamento improvviso. "Ma... io pensavo…" cercai di spiegare, ma lei mi interruppe con un sorriso sprezzante.
“Pensavi male, allora,” rispose, distogliendo lo sguardo con un’alzata di spalle, come se tutto quel momento non avesse avuto per lei alcun peso.
Lì per lì, il sangue mi si gelò nelle vene. “Sai che c’è? Non capisco proprio cosa vuoi,” dissi con tono esasperato, sentendo crescere dentro di me un misto di rabbia e frustrazione.
“E certo, perché pensi sempre di sapere tutto tu, no?” ribatté lei, con un ghigno impertinente.
“Non è questione di saperlo, Carla. Eri tu che hai voluto tutto questo, tutta questa… questa scena.” Le sue parole, però, erano una lama, e ogni suo sguardo sprezzante non faceva che aumentare la tensione tra noi.
Ci fissammo, occhi negli occhi, entrambi invasi da una marea di emozioni opposte e intrecciate, quasi come una battaglia senza tregua. Ma nonostante tutto, non riuscii a staccare lo sguardo dal suo, e lei, con la stessa espressione tagliente, mi restituì quel contatto visivo come un segno di sfida.
La mattina mi svegliai prima di Carla, avvolto nel tepore del suo divano e immerso in pensieri sulle sue parole della sera prima. Conoscevo Tonia, la sua migliore amica, di fama più che di fatto. Aveva una reputazione che la precedeva: un po’ "vrenzola", sicuramente provocante, sempre pronta a mettersi in mostra. Spesso la vedevo nei post sui social, le sue foto non lasciavano molto spazio all'immaginazione e il suo profilo sembrava un diario di esibizionismo studiato ad arte.
Preso da un impulso forse poco saggio, aprii Instagram e scorsi qualche sua foto: pose studiate, sorrisi maliziosi, ogni dettaglio curato per colpire. Più mi perdevo in quei dettagli, più la mia mente si lasciava trascinare. Senza pensarci troppo, il dito scivolò sul pulsante dei messaggi diretti. A quella tentazione non riuscii a resistere e mandai un messaggio a Tonia.
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