Puttana
di
samas2
genere
tradimenti
Per Allison e Mark, quel breve momento di vacanza era un sogno a lungo accarezzato. Dopo mesi oberati dagli impegni: lei, appena uscita dal puerperio della sua ultima gravidanza, e lui, oppresso dalle crescenti responsabilità lavorative, finalmente avevano trovato una tregua: grazie ai nonni, che si erano offerti di accudire i bambini, erano riusciti a concedersi una parentesi di libertà, scegliendo una località esclusiva e un albergo di una raffinatezza che raramente si permettevano.
La lounge dell’hotel, avvolta in un’atmosfera di lusso, musica in sottofondo, dialoghi a bassa voce, era popolata da facoltosi avventori, tra cui si aggiravano alcune giovani donne. La loro bellezza ostentata e i gesti studiati non lasciavano spazio a dubbi di interpretazione: erano escort, pronte a soddisfare ogni fantasia dietro compenso. Quel mondo trasgressivo, così distante dalla loro routine quotidiana, esercitava su di loro una curiosità irresistibile. Era come se quella breve fuga dal consueto avesse svelato in loro desideri inespressi. Sperimentavano una leggerezza nuova che rendeva possibile immaginare l’impensabile.
Mark osservava Allison, rapito. Il suo corpo, addolcito dalla maternità, gli appariva più seducente che mai: i seni pieni, le curve morbide, e una grazia naturale che, a suo avviso, la rendeva più appetibile rispetto alle donne patinate che popolavano la sala. La sua bellezza genuina spiccava, si distingueva: l’idea di metterla al centro di uno sconcio gioco balenò nella sua mente, poi si definì. Si avvicinò a lei, abbassando la voce in un sussurro. - Se tu ti proponessi, ti noterebbero immediatamente. Sbaraglieresti la concorrenza.
Allison lo fissò, sorpresa. Nei suoi occhi si accese un lampo di incredulità, seguito da un sussurro di curiosità. - Ma che dici? Quelle sono perfette... io non potrei mai competere.
- Penso esattamente il contrario - rispose lui con un sorriso complice. - Facciamo una prova?
Le sue parole, così insolite, trovarono Allison recettiva. Si sentiva lusingata, e incuriosita di esplorare un mondo incompatibile al suo: un’inconfessabile eccitazione, alimentata da quei giorni di libertà in cui avevano fantasticato insieme su scenari proibiti a cui abbandonarsi; situazioni licenziose che, fino a quel momento, erano sempre rimaste confinate nella loro immaginazione, diventavano possibili. Infine rappresentava un’esperienza sfidante.
- La proposta mi intriga, ma il gioco è pericoloso - ammise, perplessa. - È molto stimolante, ma se poi tu avessi ragione mi capiterebbe di trovarmi in una situazione da cui sarebbe impossibile tirarmi indietro... e gli sviluppi potrebbero sfuggirci di mano.
Mark non distolse lo sguardo, il suo tono complice e deciso. - Sono disposto a correre il rischio.
Allison, seduta nella lounge, si muoveva con disinvoltura, come se fosse abituata a quel ruolo. Ma dentro di sé sapeva bene di stare recitando, il cuore le martellava nel petto. Una miscela di eccitazione e paura la percorse quando avvertì gli sguardi su di sé. Si accorse che il vestito, con il suo taglio discreto ma sapientemente scelto, lasciava intravedere abbastanza da intrigare, senza mai scadere nell’ovvio. Era un’immagine lontana dalle escort presenti, con la loro bellezza scolpita e artificiale: Allison emanava un fascino delicato, naturale, una sensualità calda e intensa.
Mark, seduto in disparte nella penombra, la osservava come ipnotizzato. Non era solo il piacere di vedere sua moglie rubare la scena, ma la scoperta di una parte di lei che non aveva mai visto prima: il suo fascino così attrattivo e una tensione palpabile sprigionarsi dal suo corpo. Ed ecco un uomo massiccio si avvicinò, Allison lo notò con la coda dell’occhio. Il suo orologio, un Patek Philippe, scintillava al polso, simbolo di potere e sicurezza che l’avrebbe potuta intimidire, ma la complicità di Mark le dava forza. Si voltò verso quella presenza con un sorriso cortese. - Posso offrirti qualcosa? - chiese l’uomo con una voce profonda, abituata a comandare.
Allison inclinò leggermente la testa, lasciando cadere una ciocca di capelli sulla spalla. - Grazie - rispose con calma. - Mi stavo giusto chiedendo cosa bere -.
L’uomo, Brando, si sedette accanto a lei, il suo sguardo indugiò su di lei sfacciatamente, percorrendola dall’alto in basso. - Sei diversa - disse pensieroso - non sembri neanche in vendita...
Allison avvertì il calore alle guance, ma non distolse lo sguardo. - Non sono una che si vende facilmente - rispose, sorpresa della sua voce ferma.
- Davvero? - replicò lui. - Dimmi, qual è la tua tariffa?
Allison si emozionò. Era il momento di sparare alto e porre fine al gioco. Si sporse leggermente, il décolleté in bella mostra, e rispose con voce soave: - Cinquemila.
Brando rise, sorpreso e divertito. - Cinquemila? - Sei cara, ma forse ne varrà la pena -. Inclinò il bicchiere verso di lei in un brindisi implicito.
Allison rimase immobile, ma il nodo allo stomaco cresceva. Quando lui le prese la mano quasi trascinandola verso l’ascensore, sentì le gambe diventare di piombo. Mark li seguiva con lo sguardo, incapace di muoversi, il cuore in tumulto.
Mentre le porte si chiudevano dietro di loro, Mark rimase seduto nella lounge, con il bicchiere che tremava leggermente nella mano. Il suo sguardo, fisso sull’ascensore, tradiva un tumulto interiore. Sentiva il sangue pulsare nelle tempie, e per un istante fu sopraffatto dalla gelosia che sembrava soffocarlo. Ma subito dopo, un pensiero più oscuro e perverso lo attraversò: la possibilità che Allison potesse lasciarsi andare completamente lo eccitava più di quanto volesse ammettere. Si sforzò di prendere un lungo sorso dal bicchiere, cercando di mettere a tacere quella battaglia dentro di sé. L’ascensore si muoveva lento, e il ronzio meccanico riempiva il silenzio tra loro. L’aria sembrava densa, caricata di un’elettricità che faceva vibrare ogni nervo di Allison. Sentiva il calore della mano dell’uomo sulla pelle, un tocco che sembrava bruciare attraverso il sottile tessuto del vestito e quando le mani le scivolarono decise sui glutei, il contrasto tra la ruvidezza delle dita e la morbidezza della seta fece fremere il suo corpo. Un gemito soffocato le sfuggì dalle labbra, un suono che sembrava rimbombare nello spazio ristretto. Si odiò per quella reazione, ma non riuscì a fermarla. La volgarità del gesto la colpì come un’onda improvvisa, e con sgomento si accorse di essere bagnata. Il suo corpo aveva risposto senza il suo consenso, un tradimento che la lasciò disorientata. Si sentiva coinvolta oltre le sue aspettative. L’uomo la fissò, un ghigno soddisfatto dipinto sul volto. - Perfetta - sussurrò, la voce rauca. La sua mano palpeggiò ancora, come a ribadire la proprietà su quel corpo. Allison chiuse gli occhi, combattuta tra il desiderio di fuggire e quello di concedersi a quella sensazione nuova, primitiva e istintiva che stava facendosi strada. La mente urlava di fermarsi, ma il corpo aveva già preso la sua decisione. Quando le porte dell'ascensore si aprirono, Brando non disse nulla. La spinse decisamente innanzi a sé. Il corridoio del piano era buio, illuminato solo da luci soffuse che gettavano ombre vaghe sulle pareti. Ogni passo, il cui rumore era ovattato dalla folta moquette, sembrava pesarle, le gambe traballavano sugli alti tacchi, nondimeno procedette. L’uomo aprì la porta della suite e la fece entrare. Il lusso che li circondava sembrava così irreale, come un riflesso sfumato di una vita che non le apparteneva. Ogni dettaglio, dal soffice e folto tappeto alla poltrona in pelle, dalla luce calda che illuminava le pareti di un color crema fino al letto immenso, sembrava progettato per accogliere un sogno proibito.
Brando ritornò dal bagno e la trovò seduta sul bordo del letto. La luce soffusa della lampada delineava i contorni del suo corpo nudo, svelando ogni curva con una delicatezza che ammaliava. I suoi seni, tondi e pieni, si muovevano leggermente al ritmo del respiro irregolare, mentre la pelle candida sembrava catturare ogni riflesso della luce. Le sue forme, morbide e naturali, raccontavano una bellezza autentica, lontana da qualsiasi artificio. L'ombra appena accennata del ventre, retaggio della recente gravidanza, aggiungeva un tocco di affascinante imperfezione. Il capo chino, il volto, incorniciato dai capelli sciolti, tradiva una timidezza silenziosa, mentre gli occhi, abbassati, riflettevano il conflitto interiore: tra la vergogna e un desiderio crescente che minacciava di consumarla.
Lui la osservò per un attimo, poi si avvicinò con passo lento e deciso. - Bella e timida, ma pur sempre una puttana - disse con voce roca. Le parole colpirono Allison come una freccia, e per un istante sentì il desiderio di alzarsi e scappare. Ma non poteva. Inspirò profondamente, lasciando che la paura si dissolvesse in un coraggio inaspettato. Non abbassò lo sguardo, lo affrontò con una sfida silenziosa.
- Comincia a toccarti per me -, ordinò lui, con voce bassa e quasi impercettibile. Allison esitò, ma poi, lentamente, lasciò che le sue mani obbedissero al comando. Ogni gesto era lento, carico di una tensione nuova, come se stesse esplorando se stessa per la prima volta. La vergogna si scioglieva nel desiderio di piacere, di compiacere. Lui la osservava: il suo sguardo penetrante come se cercasse di capire fino a dove si sarebbe spinta. Osservando voluttuosamente le cosce della giovane donna, che serravano la caverna del piacere, esclamò:
- Mi piacerebbe tanto leccarti la figa ma non lo farei mai con una puttana - disse, come se le parole fossero parte di una verità imposta, un modo per riaffermare la sua posizione di potere, come se il piacere e l'intimità fossero esclusivamente nelle sue mani. Poi, afferrandole i capelli, la fece inginocchiare. Allison non fece resistenza, sottomessa per scelta. Allison si inginocchiò davanti a lui, il cuore in tumulto. Le sue mani tremavano leggermente mentre scopriva il corpo di quell’uomo che, fino a poco prima, era stato solo uno sconosciuto. Ma quando i suoi occhi inquadrarono finalmente quel cazzo fenomenale, si bloccò per un istante.
- Oh…oddio -, sussurrò, lasciando sfuggire un piccolo sorriso nervoso. - Non credo di aver mai visto... una cosa del genere.
Lui rise piano, fiero e divertito dalla sua reazione. - È un complimento?
Allison arrossì, sorrise, imbarazzata e ammirata. - Diciamo che... ho un termine di paragone piuttosto diverso -, mormorò, mordendosi il labbro inferiore, consapevole dell'implicazione.
La sua mano esitante avvolse quella presenza imponente, le dita che non riuscivano a chiuderlo completamente. Il confronto fu inevitabile. Pensò a suo marito, a come si era sempre accontentata della sua normalità. Ora, però, le sembrava così distante, quasi infantile al confronto con quell'evidenza maschile che la sfidava.
Con un respiro profondo, si chinò su di lui. All’inizio fu goffa, quasi intimidita dalla mole, ma la curiosità e il desiderio ebbero presto la meglio. La punta della sua lingua tracciò un percorso lento e studiato, esplorando con attenzione ogni dettaglio, mentre le sue mani lo accompagnavano, adattandosi a quelle dimensioni con un misto di determinazione e meraviglia. Lui gemette piano, le dita che si intrecciavano nei suoi capelli per guidarla. - Stai andando benissimo - le sussurrò eccitato, e quelle parole, così semplici, la incoraggiarono. Allison prese l’erezione dell’uomo tra le labbra, accogliendola con passione, si lasciò andare, sentendo crescere l'entusiasmo con ogni nuovo movimento. La sua bocca cercava di accoglierlo più a fondo, ma ogni volta si fermava, incapace di andare oltre, la saliva tracimava. Emise un gemito frustrato, sollevando lo sguardo verso di lui con una risata roca. - Sei… decisamente fuori scala.
Lui sorrise, orgoglioso. - Hai tutto il tempo del mondo per abituarti.
Il senso di sfida la invase. Non era una che si tirava indietro, e ora lo avrebbe dimostrato. Con un ultimo sguardo determinato, tornò a immergersi nel piacere procurato che si rifletteva nei gemiti di lui, il confronto con il marito che svaniva dietro la certezza di star vivendo qualcosa di unico e travolgente.
La lounge dell’hotel, avvolta in un’atmosfera di lusso, musica in sottofondo, dialoghi a bassa voce, era popolata da facoltosi avventori, tra cui si aggiravano alcune giovani donne. La loro bellezza ostentata e i gesti studiati non lasciavano spazio a dubbi di interpretazione: erano escort, pronte a soddisfare ogni fantasia dietro compenso. Quel mondo trasgressivo, così distante dalla loro routine quotidiana, esercitava su di loro una curiosità irresistibile. Era come se quella breve fuga dal consueto avesse svelato in loro desideri inespressi. Sperimentavano una leggerezza nuova che rendeva possibile immaginare l’impensabile.
Mark osservava Allison, rapito. Il suo corpo, addolcito dalla maternità, gli appariva più seducente che mai: i seni pieni, le curve morbide, e una grazia naturale che, a suo avviso, la rendeva più appetibile rispetto alle donne patinate che popolavano la sala. La sua bellezza genuina spiccava, si distingueva: l’idea di metterla al centro di uno sconcio gioco balenò nella sua mente, poi si definì. Si avvicinò a lei, abbassando la voce in un sussurro. - Se tu ti proponessi, ti noterebbero immediatamente. Sbaraglieresti la concorrenza.
Allison lo fissò, sorpresa. Nei suoi occhi si accese un lampo di incredulità, seguito da un sussurro di curiosità. - Ma che dici? Quelle sono perfette... io non potrei mai competere.
- Penso esattamente il contrario - rispose lui con un sorriso complice. - Facciamo una prova?
Le sue parole, così insolite, trovarono Allison recettiva. Si sentiva lusingata, e incuriosita di esplorare un mondo incompatibile al suo: un’inconfessabile eccitazione, alimentata da quei giorni di libertà in cui avevano fantasticato insieme su scenari proibiti a cui abbandonarsi; situazioni licenziose che, fino a quel momento, erano sempre rimaste confinate nella loro immaginazione, diventavano possibili. Infine rappresentava un’esperienza sfidante.
- La proposta mi intriga, ma il gioco è pericoloso - ammise, perplessa. - È molto stimolante, ma se poi tu avessi ragione mi capiterebbe di trovarmi in una situazione da cui sarebbe impossibile tirarmi indietro... e gli sviluppi potrebbero sfuggirci di mano.
Mark non distolse lo sguardo, il suo tono complice e deciso. - Sono disposto a correre il rischio.
Allison, seduta nella lounge, si muoveva con disinvoltura, come se fosse abituata a quel ruolo. Ma dentro di sé sapeva bene di stare recitando, il cuore le martellava nel petto. Una miscela di eccitazione e paura la percorse quando avvertì gli sguardi su di sé. Si accorse che il vestito, con il suo taglio discreto ma sapientemente scelto, lasciava intravedere abbastanza da intrigare, senza mai scadere nell’ovvio. Era un’immagine lontana dalle escort presenti, con la loro bellezza scolpita e artificiale: Allison emanava un fascino delicato, naturale, una sensualità calda e intensa.
Mark, seduto in disparte nella penombra, la osservava come ipnotizzato. Non era solo il piacere di vedere sua moglie rubare la scena, ma la scoperta di una parte di lei che non aveva mai visto prima: il suo fascino così attrattivo e una tensione palpabile sprigionarsi dal suo corpo. Ed ecco un uomo massiccio si avvicinò, Allison lo notò con la coda dell’occhio. Il suo orologio, un Patek Philippe, scintillava al polso, simbolo di potere e sicurezza che l’avrebbe potuta intimidire, ma la complicità di Mark le dava forza. Si voltò verso quella presenza con un sorriso cortese. - Posso offrirti qualcosa? - chiese l’uomo con una voce profonda, abituata a comandare.
Allison inclinò leggermente la testa, lasciando cadere una ciocca di capelli sulla spalla. - Grazie - rispose con calma. - Mi stavo giusto chiedendo cosa bere -.
L’uomo, Brando, si sedette accanto a lei, il suo sguardo indugiò su di lei sfacciatamente, percorrendola dall’alto in basso. - Sei diversa - disse pensieroso - non sembri neanche in vendita...
Allison avvertì il calore alle guance, ma non distolse lo sguardo. - Non sono una che si vende facilmente - rispose, sorpresa della sua voce ferma.
- Davvero? - replicò lui. - Dimmi, qual è la tua tariffa?
Allison si emozionò. Era il momento di sparare alto e porre fine al gioco. Si sporse leggermente, il décolleté in bella mostra, e rispose con voce soave: - Cinquemila.
Brando rise, sorpreso e divertito. - Cinquemila? - Sei cara, ma forse ne varrà la pena -. Inclinò il bicchiere verso di lei in un brindisi implicito.
Allison rimase immobile, ma il nodo allo stomaco cresceva. Quando lui le prese la mano quasi trascinandola verso l’ascensore, sentì le gambe diventare di piombo. Mark li seguiva con lo sguardo, incapace di muoversi, il cuore in tumulto.
Mentre le porte si chiudevano dietro di loro, Mark rimase seduto nella lounge, con il bicchiere che tremava leggermente nella mano. Il suo sguardo, fisso sull’ascensore, tradiva un tumulto interiore. Sentiva il sangue pulsare nelle tempie, e per un istante fu sopraffatto dalla gelosia che sembrava soffocarlo. Ma subito dopo, un pensiero più oscuro e perverso lo attraversò: la possibilità che Allison potesse lasciarsi andare completamente lo eccitava più di quanto volesse ammettere. Si sforzò di prendere un lungo sorso dal bicchiere, cercando di mettere a tacere quella battaglia dentro di sé. L’ascensore si muoveva lento, e il ronzio meccanico riempiva il silenzio tra loro. L’aria sembrava densa, caricata di un’elettricità che faceva vibrare ogni nervo di Allison. Sentiva il calore della mano dell’uomo sulla pelle, un tocco che sembrava bruciare attraverso il sottile tessuto del vestito e quando le mani le scivolarono decise sui glutei, il contrasto tra la ruvidezza delle dita e la morbidezza della seta fece fremere il suo corpo. Un gemito soffocato le sfuggì dalle labbra, un suono che sembrava rimbombare nello spazio ristretto. Si odiò per quella reazione, ma non riuscì a fermarla. La volgarità del gesto la colpì come un’onda improvvisa, e con sgomento si accorse di essere bagnata. Il suo corpo aveva risposto senza il suo consenso, un tradimento che la lasciò disorientata. Si sentiva coinvolta oltre le sue aspettative. L’uomo la fissò, un ghigno soddisfatto dipinto sul volto. - Perfetta - sussurrò, la voce rauca. La sua mano palpeggiò ancora, come a ribadire la proprietà su quel corpo. Allison chiuse gli occhi, combattuta tra il desiderio di fuggire e quello di concedersi a quella sensazione nuova, primitiva e istintiva che stava facendosi strada. La mente urlava di fermarsi, ma il corpo aveva già preso la sua decisione. Quando le porte dell'ascensore si aprirono, Brando non disse nulla. La spinse decisamente innanzi a sé. Il corridoio del piano era buio, illuminato solo da luci soffuse che gettavano ombre vaghe sulle pareti. Ogni passo, il cui rumore era ovattato dalla folta moquette, sembrava pesarle, le gambe traballavano sugli alti tacchi, nondimeno procedette. L’uomo aprì la porta della suite e la fece entrare. Il lusso che li circondava sembrava così irreale, come un riflesso sfumato di una vita che non le apparteneva. Ogni dettaglio, dal soffice e folto tappeto alla poltrona in pelle, dalla luce calda che illuminava le pareti di un color crema fino al letto immenso, sembrava progettato per accogliere un sogno proibito.
Brando ritornò dal bagno e la trovò seduta sul bordo del letto. La luce soffusa della lampada delineava i contorni del suo corpo nudo, svelando ogni curva con una delicatezza che ammaliava. I suoi seni, tondi e pieni, si muovevano leggermente al ritmo del respiro irregolare, mentre la pelle candida sembrava catturare ogni riflesso della luce. Le sue forme, morbide e naturali, raccontavano una bellezza autentica, lontana da qualsiasi artificio. L'ombra appena accennata del ventre, retaggio della recente gravidanza, aggiungeva un tocco di affascinante imperfezione. Il capo chino, il volto, incorniciato dai capelli sciolti, tradiva una timidezza silenziosa, mentre gli occhi, abbassati, riflettevano il conflitto interiore: tra la vergogna e un desiderio crescente che minacciava di consumarla.
Lui la osservò per un attimo, poi si avvicinò con passo lento e deciso. - Bella e timida, ma pur sempre una puttana - disse con voce roca. Le parole colpirono Allison come una freccia, e per un istante sentì il desiderio di alzarsi e scappare. Ma non poteva. Inspirò profondamente, lasciando che la paura si dissolvesse in un coraggio inaspettato. Non abbassò lo sguardo, lo affrontò con una sfida silenziosa.
- Comincia a toccarti per me -, ordinò lui, con voce bassa e quasi impercettibile. Allison esitò, ma poi, lentamente, lasciò che le sue mani obbedissero al comando. Ogni gesto era lento, carico di una tensione nuova, come se stesse esplorando se stessa per la prima volta. La vergogna si scioglieva nel desiderio di piacere, di compiacere. Lui la osservava: il suo sguardo penetrante come se cercasse di capire fino a dove si sarebbe spinta. Osservando voluttuosamente le cosce della giovane donna, che serravano la caverna del piacere, esclamò:
- Mi piacerebbe tanto leccarti la figa ma non lo farei mai con una puttana - disse, come se le parole fossero parte di una verità imposta, un modo per riaffermare la sua posizione di potere, come se il piacere e l'intimità fossero esclusivamente nelle sue mani. Poi, afferrandole i capelli, la fece inginocchiare. Allison non fece resistenza, sottomessa per scelta. Allison si inginocchiò davanti a lui, il cuore in tumulto. Le sue mani tremavano leggermente mentre scopriva il corpo di quell’uomo che, fino a poco prima, era stato solo uno sconosciuto. Ma quando i suoi occhi inquadrarono finalmente quel cazzo fenomenale, si bloccò per un istante.
- Oh…oddio -, sussurrò, lasciando sfuggire un piccolo sorriso nervoso. - Non credo di aver mai visto... una cosa del genere.
Lui rise piano, fiero e divertito dalla sua reazione. - È un complimento?
Allison arrossì, sorrise, imbarazzata e ammirata. - Diciamo che... ho un termine di paragone piuttosto diverso -, mormorò, mordendosi il labbro inferiore, consapevole dell'implicazione.
La sua mano esitante avvolse quella presenza imponente, le dita che non riuscivano a chiuderlo completamente. Il confronto fu inevitabile. Pensò a suo marito, a come si era sempre accontentata della sua normalità. Ora, però, le sembrava così distante, quasi infantile al confronto con quell'evidenza maschile che la sfidava.
Con un respiro profondo, si chinò su di lui. All’inizio fu goffa, quasi intimidita dalla mole, ma la curiosità e il desiderio ebbero presto la meglio. La punta della sua lingua tracciò un percorso lento e studiato, esplorando con attenzione ogni dettaglio, mentre le sue mani lo accompagnavano, adattandosi a quelle dimensioni con un misto di determinazione e meraviglia. Lui gemette piano, le dita che si intrecciavano nei suoi capelli per guidarla. - Stai andando benissimo - le sussurrò eccitato, e quelle parole, così semplici, la incoraggiarono. Allison prese l’erezione dell’uomo tra le labbra, accogliendola con passione, si lasciò andare, sentendo crescere l'entusiasmo con ogni nuovo movimento. La sua bocca cercava di accoglierlo più a fondo, ma ogni volta si fermava, incapace di andare oltre, la saliva tracimava. Emise un gemito frustrato, sollevando lo sguardo verso di lui con una risata roca. - Sei… decisamente fuori scala.
Lui sorrise, orgoglioso. - Hai tutto il tempo del mondo per abituarti.
Il senso di sfida la invase. Non era una che si tirava indietro, e ora lo avrebbe dimostrato. Con un ultimo sguardo determinato, tornò a immergersi nel piacere procurato che si rifletteva nei gemiti di lui, il confronto con il marito che svaniva dietro la certezza di star vivendo qualcosa di unico e travolgente.
2
8
3
voti
voti
valutazione
6.4
6.4
Continua a leggere racconti dello stesso autore
racconto precedente
Fragranze nella notte 2racconto sucessivo
Puttana. Seconda parte.
Commenti dei lettori al racconto erotico