Vacanze 3
di
Lucrezia
genere
saffico
… appena chiusa la porta ci buttammo sul letto.
L’unica luce proveniva dalla luna, la finestra era aperta e ci arrivava lo schiamazzare della gente nel ristorante; io ero caduta letteralmente sul letto, stanca per la serata e per la giornata di mare, inoltre mi sentivo già appagata per quello che era successo fino a quel momento.
Giovanna che in un primo momento si era pure sdraiata accanto a me, si alzò e si denudò completamente, non potei che apprezzare qul suo gesto, alla luce della luna il suo corpo appariva in silouette, non alta di statura come me, comunque bellissima, snella e con grossi seni che ora vedevo perfettamente nella penombra.
Giovanna non mi diede comunque il tempo di rimirarla perché saltò sul letto e in un attimo si mise a cavalcioni del mio stomaco, mi alzò la maglia scoprendo il mio di seno ma contemporaneamente coprendomi gli occhi.
Io avevo alzato le braccia fino a toccare la spalliera del letto, questo mio movimento diede a lei l’idea di un nuovo gioco, non disse nulla ma si accucciò su di me e mi baciò il collo che io protendevo verso di lei e i suoi baci e i suoi morsi rapaci; poteva avere tutto di me in quel momento, persino la vita le sarebbe bastato mordere più a fondo, come un lupo all’istante avrebbe avuta la mia vitalità a portata della sua bocca e dei suoi denti.
Questa mia sottomissione sapevo che la eccitava molto e invero la situazione a ripensarci oggi eccita ancora molto anche me, ero alla sua completa mercé e poteva fare di me quello che voleva, non ero legata a quel letto ma di fatto non mi mossi ma anzi rimasi protesa verso di lei, come un lupo che si ferma davanti al collo di un avversario e non affonda il colpo perché sa che ha già vinto, Giovanna mi morse piano e poi mi leccò il collo con sempre maggiore voluttà.
Baci e morsi di alternavano alla sua lingua avida del sapore di mare della mia pelle, poi soddisfatta si alzò col busto ma solo per farsi più avanti, portò una mano alla sua figa allargandosi le grandi labbra e così facendo si masturbo con un mio capezzolo rigido per l’eccitazione.
Non l’aveva mai fatto e io pensai che avessimo solo perso molto tempo perché le sensazioni che mi dava il sentire l’interno della sua carne sul capezzolo, così calda e viscida, colante umori su tutto il mio seno mi eccitava in un modo che non avevo mai immaginato possibile.
Era un sentire continuo di piccole scosse elettriche o un leggero piacere della mia pelle quando il suo corpo si staccava da me per tornare indietro e ricominciare da capo a strusciarsi, sentivo il capezzolo attirato piano dal viscido liquido che oramai lo inondava e poi il fresco dell’aria per ricominciare subito dopo con il caldo del corpo di Giovanna.
Era una perfida tortura, io non osavo muovermi ma non riuscivo a godere di un orgasmo pieno, avrei voluto toccarmi ma ero come immobilizzata nel dolce gioco, non mi bastava e non volevo smettere; fu Giovanna a smettere quando ad un certo punto senza preavviso si staccò da me e scese più giù, sempre più giù, armeggiò con la mia gonna e me la sfilò via rapida, poi si rimise a cavalcioni delle mie gambe, la sentivo pesante sugli stinchi e mi faceva anche male ma non volli dirle nulla, in effetti il dolore durò poco perché si sdraiò completamente su di me.
Ora sentivo tutta la sua pelle, il suo fiato sulla mia pancia, la sua calda lingua che vagava su di essa lambendo ogni mia piega, ogni curva per poi tuffarsi nell’ombelico, girare dentro e poi tornare a lambire la mia pelle in una tortura lenta che piano piano mi prendeva completamente i sensi.
Sentivo i suoi seni sulle mia ginocchia e il resto del corpo sulle gambe, tentai riuscendoci di infilare una mia gamba fra le sue e appena si mosse per scendere ancora strusciai il collo del mio piede sulla sua figa sentendola umida e aperta, pronta a ricevere coccole.
Ma la mia attenzione fu subito sviata dalla sua figa alla mia, infatti lentamente la sua lingua era arrivata al mio monte di venere che ora baciava, mordeva o leccava senza mai staccare la bocca da esso; non ho peli dato che me li rado completamente e quindi ogni suo bacio, ogni suo morso, ogni sua leccata si ripercuoteva dentro di me attraverso le terminazioni nervose della pelle.
Cominciai a sussultare leggermente ad ogni suo tocco, le sue mani erano fisse sulle mie natiche che stringevano forte, mentre la sua lingua scendendo sempre di più era arrivata all’apice del mio piacere; le sue labbra stringevano il cappuccio del clitoride mentre la lingua impertinente dava su di esso piacevoli colpi o si strusciava piena sulla sua punta e ogni volta che faceva così il mio corpo sussultava dal piacere, nel mentre le sue mani sul mio culo lo stringevano un po’ più forte.
Pensavo di essere in paradiso, non vedevo nulla attraverso la stoffa della mia maglia, potevo toglierla ovviamente ma non mi mossi, ogni mia decisione in tal senso era rimandata, ora volevo sentire e godere di tutte quelle sensazioni che Giovanna mi trasmetteva, non pensavo nemmeno ad un imminente orgasmo, volevo solo che non smettesse di trasmettermi sensazioni e pulsazioni al mio cuore e al mio cervello.
Oramai la sua lingua era ben all’interno delle mie labbra, allargai istintivamente le mie gambe lasciando ciondolare la gamba libera giù dal letto, mi sentivo come la “Maya desnuda” di Goya: discinta e voluttuosamente adagiata su un letto sfatto in attesa di un qualche amante che la portasse verso vette non ancora raggiunte.
Colavo, la mia figa colava umori, Giovanna passò una sua mano dal mio culo alla figa infilandomi dentro prima un dito, poi due e infine tre, tutto questo senza smettere mai di leccare e baciare, alternava bacini leggeri a vere e proprie leccate cariche di ingordigia mentre la mano come se fosse animata di vita propria e non già collegata a quello stesso cervello che ora comandava di baciarmi, ora di leccarmi, stantuffava come una locomotiva impazzita la mia figa.
Sentivo lo sciacquettio che quelle dita producevano in me, io ero oramai scossa dagli orgasmi, mi ero lasciata andare e adesso non capivo più dov’ero o cos’ero, mi ero lasciata prendere da quelle sensazioni, da quelle scosse di piacere che arrivavano al mio cervello ed ora il mio corpo era preso da fremiti; mi muovevo tanto che Giovanna non riusciva più a tenere la sua testa tra le mie cosce, ora alzata su un gomito mi forzava l’apertura della figa e spingeva continuamente come se volesse farci entrare tutto il braccio o forse tutta se stessa, io nel mentre di tutto questo godevo e ansimavo forte il mio orgasmo.
Non so quanto durò quest'estasi, ricordo solo che mi accasciai sul letto senza fiato, Giovanna mi tolse la maglia dagli occhi e allora nella penombra la vidi sorridente e bellissima, le sorrisi anch’io poi piano le dissi che l’amavo e che ora se aveva voglia e pazienza di aspettare un attimo avrei soddisfatto le sue voglie allo stesso modo intenso in cui lei aveva soddisfatte le mie.
Lei si alzò e si mise alla finestra dandomi le spalle, poi girò la testa e mi disse di non preoccuparmi, io ne guardai la silouette e mi addormentai sognandola.
Lù
PS: troppo in stile romanzo Harmony? Oggi mi è presa così.
L’unica luce proveniva dalla luna, la finestra era aperta e ci arrivava lo schiamazzare della gente nel ristorante; io ero caduta letteralmente sul letto, stanca per la serata e per la giornata di mare, inoltre mi sentivo già appagata per quello che era successo fino a quel momento.
Giovanna che in un primo momento si era pure sdraiata accanto a me, si alzò e si denudò completamente, non potei che apprezzare qul suo gesto, alla luce della luna il suo corpo appariva in silouette, non alta di statura come me, comunque bellissima, snella e con grossi seni che ora vedevo perfettamente nella penombra.
Giovanna non mi diede comunque il tempo di rimirarla perché saltò sul letto e in un attimo si mise a cavalcioni del mio stomaco, mi alzò la maglia scoprendo il mio di seno ma contemporaneamente coprendomi gli occhi.
Io avevo alzato le braccia fino a toccare la spalliera del letto, questo mio movimento diede a lei l’idea di un nuovo gioco, non disse nulla ma si accucciò su di me e mi baciò il collo che io protendevo verso di lei e i suoi baci e i suoi morsi rapaci; poteva avere tutto di me in quel momento, persino la vita le sarebbe bastato mordere più a fondo, come un lupo all’istante avrebbe avuta la mia vitalità a portata della sua bocca e dei suoi denti.
Questa mia sottomissione sapevo che la eccitava molto e invero la situazione a ripensarci oggi eccita ancora molto anche me, ero alla sua completa mercé e poteva fare di me quello che voleva, non ero legata a quel letto ma di fatto non mi mossi ma anzi rimasi protesa verso di lei, come un lupo che si ferma davanti al collo di un avversario e non affonda il colpo perché sa che ha già vinto, Giovanna mi morse piano e poi mi leccò il collo con sempre maggiore voluttà.
Baci e morsi di alternavano alla sua lingua avida del sapore di mare della mia pelle, poi soddisfatta si alzò col busto ma solo per farsi più avanti, portò una mano alla sua figa allargandosi le grandi labbra e così facendo si masturbo con un mio capezzolo rigido per l’eccitazione.
Non l’aveva mai fatto e io pensai che avessimo solo perso molto tempo perché le sensazioni che mi dava il sentire l’interno della sua carne sul capezzolo, così calda e viscida, colante umori su tutto il mio seno mi eccitava in un modo che non avevo mai immaginato possibile.
Era un sentire continuo di piccole scosse elettriche o un leggero piacere della mia pelle quando il suo corpo si staccava da me per tornare indietro e ricominciare da capo a strusciarsi, sentivo il capezzolo attirato piano dal viscido liquido che oramai lo inondava e poi il fresco dell’aria per ricominciare subito dopo con il caldo del corpo di Giovanna.
Era una perfida tortura, io non osavo muovermi ma non riuscivo a godere di un orgasmo pieno, avrei voluto toccarmi ma ero come immobilizzata nel dolce gioco, non mi bastava e non volevo smettere; fu Giovanna a smettere quando ad un certo punto senza preavviso si staccò da me e scese più giù, sempre più giù, armeggiò con la mia gonna e me la sfilò via rapida, poi si rimise a cavalcioni delle mie gambe, la sentivo pesante sugli stinchi e mi faceva anche male ma non volli dirle nulla, in effetti il dolore durò poco perché si sdraiò completamente su di me.
Ora sentivo tutta la sua pelle, il suo fiato sulla mia pancia, la sua calda lingua che vagava su di essa lambendo ogni mia piega, ogni curva per poi tuffarsi nell’ombelico, girare dentro e poi tornare a lambire la mia pelle in una tortura lenta che piano piano mi prendeva completamente i sensi.
Sentivo i suoi seni sulle mia ginocchia e il resto del corpo sulle gambe, tentai riuscendoci di infilare una mia gamba fra le sue e appena si mosse per scendere ancora strusciai il collo del mio piede sulla sua figa sentendola umida e aperta, pronta a ricevere coccole.
Ma la mia attenzione fu subito sviata dalla sua figa alla mia, infatti lentamente la sua lingua era arrivata al mio monte di venere che ora baciava, mordeva o leccava senza mai staccare la bocca da esso; non ho peli dato che me li rado completamente e quindi ogni suo bacio, ogni suo morso, ogni sua leccata si ripercuoteva dentro di me attraverso le terminazioni nervose della pelle.
Cominciai a sussultare leggermente ad ogni suo tocco, le sue mani erano fisse sulle mie natiche che stringevano forte, mentre la sua lingua scendendo sempre di più era arrivata all’apice del mio piacere; le sue labbra stringevano il cappuccio del clitoride mentre la lingua impertinente dava su di esso piacevoli colpi o si strusciava piena sulla sua punta e ogni volta che faceva così il mio corpo sussultava dal piacere, nel mentre le sue mani sul mio culo lo stringevano un po’ più forte.
Pensavo di essere in paradiso, non vedevo nulla attraverso la stoffa della mia maglia, potevo toglierla ovviamente ma non mi mossi, ogni mia decisione in tal senso era rimandata, ora volevo sentire e godere di tutte quelle sensazioni che Giovanna mi trasmetteva, non pensavo nemmeno ad un imminente orgasmo, volevo solo che non smettesse di trasmettermi sensazioni e pulsazioni al mio cuore e al mio cervello.
Oramai la sua lingua era ben all’interno delle mie labbra, allargai istintivamente le mie gambe lasciando ciondolare la gamba libera giù dal letto, mi sentivo come la “Maya desnuda” di Goya: discinta e voluttuosamente adagiata su un letto sfatto in attesa di un qualche amante che la portasse verso vette non ancora raggiunte.
Colavo, la mia figa colava umori, Giovanna passò una sua mano dal mio culo alla figa infilandomi dentro prima un dito, poi due e infine tre, tutto questo senza smettere mai di leccare e baciare, alternava bacini leggeri a vere e proprie leccate cariche di ingordigia mentre la mano come se fosse animata di vita propria e non già collegata a quello stesso cervello che ora comandava di baciarmi, ora di leccarmi, stantuffava come una locomotiva impazzita la mia figa.
Sentivo lo sciacquettio che quelle dita producevano in me, io ero oramai scossa dagli orgasmi, mi ero lasciata andare e adesso non capivo più dov’ero o cos’ero, mi ero lasciata prendere da quelle sensazioni, da quelle scosse di piacere che arrivavano al mio cervello ed ora il mio corpo era preso da fremiti; mi muovevo tanto che Giovanna non riusciva più a tenere la sua testa tra le mie cosce, ora alzata su un gomito mi forzava l’apertura della figa e spingeva continuamente come se volesse farci entrare tutto il braccio o forse tutta se stessa, io nel mentre di tutto questo godevo e ansimavo forte il mio orgasmo.
Non so quanto durò quest'estasi, ricordo solo che mi accasciai sul letto senza fiato, Giovanna mi tolse la maglia dagli occhi e allora nella penombra la vidi sorridente e bellissima, le sorrisi anch’io poi piano le dissi che l’amavo e che ora se aveva voglia e pazienza di aspettare un attimo avrei soddisfatto le sue voglie allo stesso modo intenso in cui lei aveva soddisfatte le mie.
Lei si alzò e si mise alla finestra dandomi le spalle, poi girò la testa e mi disse di non preoccuparmi, io ne guardai la silouette e mi addormentai sognandola.
Lù
PS: troppo in stile romanzo Harmony? Oggi mi è presa così.
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