La vera storia di Ulisse e Polifemo
di
beast
genere
gay
La verità era completamente differente da come era stata tramandata per quasi tremila anni.
Ulisse non era riuscito affatto ad accecare Polifemo e a fuggire insieme ai suoi uomini legandosi sotto la pancia delle pecore, in effetti non si era salvato per la sua famosa astuzia, ma per un’altra caratteristica…
Il gigante aveva divorato ad uno ad uno, tutti i compagni del re di Itaca, tenendosi quest'ultimo come dessert.
Quando era arrivato il turno di Ulisse, questi aveva convinto Polifemo a lasciarlo vivere in cambio di prestazioni sessuali.
Come certamente saprete, tra i Greci l’omosessualità era abbastanza diffusa.
Il gigante troppo grande per potersi soddisfare con le pecore del suo gregge, aveva accettato di buon grado; del resto avrebbe sempre potuto mangiarselo se la scopata non fosse stata di sua completa soddisfazione.
Invece il sesso tra i due mitici personaggi era andato alla grande.
Certo Polifemo non poteva pretendere un rapporto completo, il suo enorme pene avrebbe squartato lo sfintere dell'itacese.
Ulisse si limitò a masturbare il ciclope; usava le due mani e anche le braccia per eccitarlo, il grosso pene si rizzava e Ulisse andava su e giù accarezzandolo dolcemente o brutalmente fino a quando non sopraggiungeva l'orgasmo.
Anche questo ovviamente era abnorme e lo sperma bianco, spesso e caldo sommergeva letteralmente il re greco.
A volte i potenti schizzi sembravano raggiungere la volta di pietra della grotta e una volta ricaduti a terra venivano rapidamente divorati dalle capre, che lo apprezzavano molto a causa del loro sapore vagamente salato.
Col tempo Ulisse, che aveva iniziato a darsi da fare solo per salvarsi la vita, aveva cominciato a prenderci gusto.
Al mattino si svegliava ancora abbracciato al gigante e cominciava ad accarezzarlo e baciarlo sul petto villoso, mordicchiandogli i grossi capezzoli finchè non diventavano duri come pietra e poi scendendo languidamente seguendo la folta peluria dell'addome, verso il sesso scuro e ormai eretto.
Tuffava la faccia nell'inguine peloso, caldo e umido del mostro, annusando a pieni polmoni l'odore fortissimo di sudore maschio, di genitali, del sesso che avevano fatto la notte prima.
Eccitato si masturbava fino a eiaculare sul petto o sul pene del mostruoso essere, poi usando i propri schizzi di sperma per lubrificarne la cappella e proseguiva a masturbandolo e leccandolo fino a che anche Polifemo non veniva con la consueta generosità.
C'erano delle volte che il gigante troppo eccitato per soddisfarsi di una semplice sega gettava Ulisse su una pelle di montone e lo scopava, si fa per dire, sfregando il suo enorme cazzo tra le natiche o tra le cosce dell'Acheo.
Questa è la vera storia di come Ulisse si salvò da Polifemo, ma ovviamente non poteva venir raccontata così e Omero la dovette vestire nello splendido modo che ci è stato tramandato nei millenni e che noi tutti conosciamo fin da bambini.
Ulisse non era riuscito affatto ad accecare Polifemo e a fuggire insieme ai suoi uomini legandosi sotto la pancia delle pecore, in effetti non si era salvato per la sua famosa astuzia, ma per un’altra caratteristica…
Il gigante aveva divorato ad uno ad uno, tutti i compagni del re di Itaca, tenendosi quest'ultimo come dessert.
Quando era arrivato il turno di Ulisse, questi aveva convinto Polifemo a lasciarlo vivere in cambio di prestazioni sessuali.
Come certamente saprete, tra i Greci l’omosessualità era abbastanza diffusa.
Il gigante troppo grande per potersi soddisfare con le pecore del suo gregge, aveva accettato di buon grado; del resto avrebbe sempre potuto mangiarselo se la scopata non fosse stata di sua completa soddisfazione.
Invece il sesso tra i due mitici personaggi era andato alla grande.
Certo Polifemo non poteva pretendere un rapporto completo, il suo enorme pene avrebbe squartato lo sfintere dell'itacese.
Ulisse si limitò a masturbare il ciclope; usava le due mani e anche le braccia per eccitarlo, il grosso pene si rizzava e Ulisse andava su e giù accarezzandolo dolcemente o brutalmente fino a quando non sopraggiungeva l'orgasmo.
Anche questo ovviamente era abnorme e lo sperma bianco, spesso e caldo sommergeva letteralmente il re greco.
A volte i potenti schizzi sembravano raggiungere la volta di pietra della grotta e una volta ricaduti a terra venivano rapidamente divorati dalle capre, che lo apprezzavano molto a causa del loro sapore vagamente salato.
Col tempo Ulisse, che aveva iniziato a darsi da fare solo per salvarsi la vita, aveva cominciato a prenderci gusto.
Al mattino si svegliava ancora abbracciato al gigante e cominciava ad accarezzarlo e baciarlo sul petto villoso, mordicchiandogli i grossi capezzoli finchè non diventavano duri come pietra e poi scendendo languidamente seguendo la folta peluria dell'addome, verso il sesso scuro e ormai eretto.
Tuffava la faccia nell'inguine peloso, caldo e umido del mostro, annusando a pieni polmoni l'odore fortissimo di sudore maschio, di genitali, del sesso che avevano fatto la notte prima.
Eccitato si masturbava fino a eiaculare sul petto o sul pene del mostruoso essere, poi usando i propri schizzi di sperma per lubrificarne la cappella e proseguiva a masturbandolo e leccandolo fino a che anche Polifemo non veniva con la consueta generosità.
C'erano delle volte che il gigante troppo eccitato per soddisfarsi di una semplice sega gettava Ulisse su una pelle di montone e lo scopava, si fa per dire, sfregando il suo enorme cazzo tra le natiche o tra le cosce dell'Acheo.
Questa è la vera storia di come Ulisse si salvò da Polifemo, ma ovviamente non poteva venir raccontata così e Omero la dovette vestire nello splendido modo che ci è stato tramandato nei millenni e che noi tutti conosciamo fin da bambini.
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