Stretti nella vasca
di
Inchiostro&Miele
genere
gay
Nella notte uscii in balcone e presi a guardare le pallide stelle; quella volta mi parvero magre, scarne, quasi da poter essere definite malate.
- Amore, guarda un po' lì - e con il dito gliele indicai.
- Sono stelle.
- Non vedi come sembrano deboli? Secondo te stanno scomparendo?
- Non lo so... e comunque trovo più affascinante questo - e mi diede una zampata sul di dietro.
- Scemo - gli dissi e mi girai, stringendomi a lui. Mi strinse al petto, ricoprendomi quasi completamente con le sue braccia.
- Vado a preparare l'acqua calda per un bagno... raggiungimi, se vuoi... - e mi guardò eccitato, come a dire "certo che ti raggiungo, sporcaccione".
Aperto il rubinetto lasciai scorrere l'acqua, controllando con il dito la temperatura, finché la vasca fu riempita. Mi sfilai con calma il pantaloncino, l'intimo e la maglietta, e mandando il piede sinistro avanti entrai nella vasca.
Steso lì, con l'acqua calda sul corpo, la testa sommersa fin sotto al naso, presi a pensare a quella volta in crociera, quando lo facemmo nell'idromassaggio, con il rischio che qualcono arrivasse e ci vedesse.
Come mai tardava tanto? Mi avrebbe già dovuto raggiungere da un pezzo. Così lo chiamai, a bassa voce, con tono provocante, per nascondere il turbamento che provavo per il suo ritardo.
Si aprì la porta del bagno; nudo, con l'arnese penzoloni, l'amore mio si appoggiò al bordo della vasca. M'allungai fino al suo uccello, con le mani insaponate gli afferrai le natiche e lascai che fosse lui a decidere il ritmo con il quale gliel'avrei succhiato. Mi fermò la testa tra le dita, con forza, e prese a muovere i bacino avanti e indietro; lo tirò fuori solo quando io sembravo non avere più fiato.
Gli feci largo nella vasca e si infilò lentamente, come un principe che entra dala finestra per rubare i baci dell'amata. Posò le spalle ad un estremità della vasca, allungò le gambe pelose, da uomo, e mi invitò sopra di lui.
La stanza era illuminata da una luce leggera, che sembrava quasi di candela, pur essendo d'una lampadina. Io ero su di lui, con le mani sul suo cazzo duro, lungo, che mi strusciavo tra le gambe, sulle natiche e sui coglioni. Aveva le mani cinte alla mia vita, unite tra di loro come legate insieme da un esile filo di seta, ed ogni qualvolta provava a toccarmi l'uccello io lo fermavo, indirizzando le sue attenzioni sulle mie natiche, sul mio ano, sui miei capezzoli.
Poi mi sollevai leggermente, in modo da dargli la possibilità di mantenersi il cazzo dritto con la mano destra, mentre poi riscendevo per infilarlo dentro di me. Mi penetrò veloce, senza alcun tipo di attrito, per merito dell'acqua e del sapone.
Avevo le mani poggiate sul fondo della vasca, vicino ai suoi fianchi, e così mi davo la forza per alzarmi, per muovermi con sensualità sul suo uccello.
Poi mi tirò all'indietro, i nostri corpi combaciarnono, e fu lui a muoversi, da dietro, per dar seguito alla penetrazione.
Con i suoi baci sul collo guardavo il soffitto, reso d'ocra dalla luce soffusa, così delicato e vicino, ed iniziai ad immaginarmi che avesse gli occhi.
Se mi potesse guardare, chissà che penserebbe. Forse mi direbbe "scopi davvero bene" oppure "devi migliorare il pompino".
Così allungai la mano, verso l'alto, come per afferrarlo, ma il mio uomo me la prese di scatto, rapido, e la portò nei pressi del mio ano, per infilarci un dito, o forse due, durante la penetrazione.
Poi mi spinse giù dalle sue gambe, s'alzò in piedi ed io che capii mi posizionai in ginocchio, con la bocca aperta, proprio sotto il suo uccello.
Se lo dimenava nella mano sinistra, come se stesse caricando una pistola ad acqua, e quando venne mi coperse il volto del suo sperma bianco. Una parte riuscii a catturarla direttamente tra le mie labbra, e poi mandarla giù, un altra la recuperai con il dito, poiché era sparsa sugli occhi, sulla fronte, sulle guance; ed ingoiai anche quella.
Poi gli presi l'uccello tra le labbra, per pulirglielo con la lingua, e quando finii lui mi guardò profondamente negli occhi, sorridendo.
Ricambiai il sorriso, tornai sopra di lui e gli dissi "mi sento forte quando ti ho dentro di me".
Credo che ci addormentammo così, stretti nella vasca, perché non ricordo più niente fino alla mattina.
- Amore, guarda un po' lì - e con il dito gliele indicai.
- Sono stelle.
- Non vedi come sembrano deboli? Secondo te stanno scomparendo?
- Non lo so... e comunque trovo più affascinante questo - e mi diede una zampata sul di dietro.
- Scemo - gli dissi e mi girai, stringendomi a lui. Mi strinse al petto, ricoprendomi quasi completamente con le sue braccia.
- Vado a preparare l'acqua calda per un bagno... raggiungimi, se vuoi... - e mi guardò eccitato, come a dire "certo che ti raggiungo, sporcaccione".
Aperto il rubinetto lasciai scorrere l'acqua, controllando con il dito la temperatura, finché la vasca fu riempita. Mi sfilai con calma il pantaloncino, l'intimo e la maglietta, e mandando il piede sinistro avanti entrai nella vasca.
Steso lì, con l'acqua calda sul corpo, la testa sommersa fin sotto al naso, presi a pensare a quella volta in crociera, quando lo facemmo nell'idromassaggio, con il rischio che qualcono arrivasse e ci vedesse.
Come mai tardava tanto? Mi avrebbe già dovuto raggiungere da un pezzo. Così lo chiamai, a bassa voce, con tono provocante, per nascondere il turbamento che provavo per il suo ritardo.
Si aprì la porta del bagno; nudo, con l'arnese penzoloni, l'amore mio si appoggiò al bordo della vasca. M'allungai fino al suo uccello, con le mani insaponate gli afferrai le natiche e lascai che fosse lui a decidere il ritmo con il quale gliel'avrei succhiato. Mi fermò la testa tra le dita, con forza, e prese a muovere i bacino avanti e indietro; lo tirò fuori solo quando io sembravo non avere più fiato.
Gli feci largo nella vasca e si infilò lentamente, come un principe che entra dala finestra per rubare i baci dell'amata. Posò le spalle ad un estremità della vasca, allungò le gambe pelose, da uomo, e mi invitò sopra di lui.
La stanza era illuminata da una luce leggera, che sembrava quasi di candela, pur essendo d'una lampadina. Io ero su di lui, con le mani sul suo cazzo duro, lungo, che mi strusciavo tra le gambe, sulle natiche e sui coglioni. Aveva le mani cinte alla mia vita, unite tra di loro come legate insieme da un esile filo di seta, ed ogni qualvolta provava a toccarmi l'uccello io lo fermavo, indirizzando le sue attenzioni sulle mie natiche, sul mio ano, sui miei capezzoli.
Poi mi sollevai leggermente, in modo da dargli la possibilità di mantenersi il cazzo dritto con la mano destra, mentre poi riscendevo per infilarlo dentro di me. Mi penetrò veloce, senza alcun tipo di attrito, per merito dell'acqua e del sapone.
Avevo le mani poggiate sul fondo della vasca, vicino ai suoi fianchi, e così mi davo la forza per alzarmi, per muovermi con sensualità sul suo uccello.
Poi mi tirò all'indietro, i nostri corpi combaciarnono, e fu lui a muoversi, da dietro, per dar seguito alla penetrazione.
Con i suoi baci sul collo guardavo il soffitto, reso d'ocra dalla luce soffusa, così delicato e vicino, ed iniziai ad immaginarmi che avesse gli occhi.
Se mi potesse guardare, chissà che penserebbe. Forse mi direbbe "scopi davvero bene" oppure "devi migliorare il pompino".
Così allungai la mano, verso l'alto, come per afferrarlo, ma il mio uomo me la prese di scatto, rapido, e la portò nei pressi del mio ano, per infilarci un dito, o forse due, durante la penetrazione.
Poi mi spinse giù dalle sue gambe, s'alzò in piedi ed io che capii mi posizionai in ginocchio, con la bocca aperta, proprio sotto il suo uccello.
Se lo dimenava nella mano sinistra, come se stesse caricando una pistola ad acqua, e quando venne mi coperse il volto del suo sperma bianco. Una parte riuscii a catturarla direttamente tra le mie labbra, e poi mandarla giù, un altra la recuperai con il dito, poiché era sparsa sugli occhi, sulla fronte, sulle guance; ed ingoiai anche quella.
Poi gli presi l'uccello tra le labbra, per pulirglielo con la lingua, e quando finii lui mi guardò profondamente negli occhi, sorridendo.
Ricambiai il sorriso, tornai sopra di lui e gli dissi "mi sento forte quando ti ho dentro di me".
Credo che ci addormentammo così, stretti nella vasca, perché non ricordo più niente fino alla mattina.
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