Il vizietto riscoperto

di
genere
etero


La magagna più grande arrivò, 5 anni fa, quando ho scoperto che il mio maritino mi aveva tradito; quel tradimento ebbe però il merito di far uscire allo scoperto il mio “vizietto”.
Perchè all’ epoca ero stata male, ero più giovane e più istintiva, quando era successo mi era crollato il mondo addosso, non avevo più punti di riferimento, da prima mi ero disanimata, ero spaventata poi riprendendo in mano quel po’ di dignità che mi sentivo dentro, mi ero infuriata, in testa mi erano balenate idee di tutti i tipi, volevo sbatterlo fuori di casa, volevo ripagarlo con la stessa moneta, vendicarmi, avevo anche pensato di mettergli le corna con uno della ciurma, come aveva fatto Laura con suo marito:
Poi avevo pensato alla nostra famiglia, a Mirko che all’ epoca aveva 4 anni, il fatto è che sostanzialmente era ed è sempre mio marito, gli volevo bene, ma dopo aver versato fiumi di lacrime, mi ero arrovellata il cervello per trovare il modo di punirlo, in faccia a tutti, e così, gli avevo fatto vedere di cosa potevo essere capace; dunque era successo che, dopo una cena tra amici, tutta la ciurma, se ne era andata in un Nigt; e lì, il mio maritino non si era fatto problemi a farsi sparare una bella fellazio da una signorina che lavorava nel locale, pagandola per giunta, la cosa addirittura era stata filmata con un telefonino da Carlo il marito di Laura e Laura lo aveva scoperto (ma quanto sono stupidi gli uomini) così gli aveva piantato su un bel paio di corna con Marco, l’unico amico che quella sera non aveva potuto partecipare alla cena.
Infine mi aveva chiamata e mi aveva mostrato il video; non volevo crederci, se pensavo che quella stessa sera lui era venuto a casa e anche se era tardissimo, avevamo fatto l’amore, mi veniva lo schifo.
Laura mi racconto di cosa aveva fatto, e cioè che si era portata a letto Marco, che probabilmente non ringrazierà mai abbastanza l’influenza che lo aveva costretto quella famosa sera a starsene a casa.
Io non ero come lei, come ho detto fondamentalmente ero fedele, a differenza di Laura che comunque un paio di mariti della nostra compagnia se li era fatti già anni addietro, anche senza la scusa dell’ occhio per occhio, non volendo però lasciare cadere la cosa, considerandola una macchia quasi indelebile nel rapporto con mio marito, così escogitai una cosa che probabilmente era anche peggio delle corna, e che fece rinascere in me quel germe che si era un assopito dal giorno del matrimonio.
Considerato che nella compagnia ero stata soprannominata “Annarizacazzi” cosa che avevo scoperto casualmente origliando una conversazione tra gli amici di mio marito, durante una delle domeniche sportive passate a casa nostra, Le domeniche sportive erano quelle che si passavano in casa tra amici, i mariti spaparanzati sul divano a guardare le partite in tv, le mogli in cucina a chiacchierare, mio marito era sceso in cantina a prendere da bere io passai per caso in salotto, appena mi allontanai sentii uno di loro apostrofarmi proprio così, “è passata Annarrizacazzi, quella donna è nata per far tirare l’uccello ….” e la conversazione su di me continuò sino a che non arrivo mio marito; l’appellativo di Annarrizzacazzi fu la parola più signorile con cui mi hanno apostrofato senza contare le colorite performance alla quale mi avrebbero sottoposta avevano addirittura ricordato il mio vecchio peccato di gioventù, come ho detto, avevo fatto un paio di sfilate e un servizio fotografico per una rivista specializzata in biancheria intima, addirittura scoprii, in quella conversazione rubata, che un paio di loro ne conservavano una copia, in garage tra i giornaletti da maschietti.
La cosa non mi aveva infastidito più di tanto però lo avevo detto comunque a Giorgio, ma lui mi aveva risposto senza particolare preoccupazione: “sono ragazzini, non incazzarti, piuttosto prendilo come un complimento, per me lo è vuol dire che ho sposato la donna più eccitante e desiderata della compagnia…”…..
Così, avevo preso spunto da quello per combinargli uno scherzetto che gli sarebbe roso dentro per parecchio tempo, avevo portato Mirko da mia madre e avevo detto a Giorgio di passare a prendermi per andare a fare spese.
Quando arrivò, salii in auto e partimmo verso il solito supermercato, ma al primo semaforo gli tirai fuori il telefonino e gli feci vedere il filmato dove una procace rossa tinta, pure male, si ingoiava il suo pene davanti ai suoi amichetti che se la ridevano, lui rimase ammutolito, non sapeva cosa dire anche se dalla sue labbra ne usci una frase stupida come: “ti posso spiegare…. Avevamo bevuto, non mi sono nemmeno reso conto di ciò che facevo……” scuse, semplici scuse banali, ma ormai la mia vendetta era già iniziata, gli ordinai di prendere per la tangenziale e che volevo andare in un outlet che si trovava a una cinquantina di chilometri, non disse nulla inforco la tangenziale.
Bene il primo passo era fatto, e già perché per fare ciò che mi ero prefissa, non avrei mai osato metterlo in atto, nello stesso posto dove solitamente compravo anche le cipolle.
Durante la mezzora di viaggio gli feci una testa come un pallone, lo insultai lo schernii gli dissi che se fossi stata come lui mi sarei scopata metà dei suoi amici, in una mattinata, riservandomi gli altri per il pomeriggio, insomma, lo i feci come una merda, non proferì più parola.
Quando arrivammo al centro commerciale, un OUT-LET di grandi firme, un posto dove solitamente dovevo piangere in cinese per armi portare, ma guarda caso quel giorno neppure un lamento usci dalla bocca del mio “Amato marito FEDIGRAFO” probabilmente penso che se la sarebbe cavata con qualche vestito e qualche accessorio di marca a metà prezzo ed io non gli diedi modo di non pensarlo, sin quando non arrivammo al parcheggio.
L’aria era fredda d’altra parte era metà febbraio, il parchèggio era pieno per metà, e dovemmo posteggiarci in quarta fila, un po’ lontanucci dall’ entrata, meglio, due passi, per me per sbollire il nervoso e prepararmi a ciò che avevo in mente non mi facevano male e anche per lui, così aveva il tempo di riprendere un po’ di fiato e di colore naturale, durante la passeggiata, sentii il freddo entrarmi tra le trame della camicetta, e si perché, anche se faceva un freddo cane, l’ avevo apposta messa a pelle, lasciando i seni liberi, ho un bel seno che sta perfettamente su da solo è una “terza piena” ed il freddo lo aveva irrigidito, lo sentivo pulsare sotto la camicetta, avevo i capezzoli intirizziti e turgidi come sassi, “bene comincia lo spettacolo” pensai, visto che avevo solo il cappottino sulla camicetta, appena dentro me lo tolsi i capezzoli balzarono in piedi come soldatini sull’ attenti, per la gioia di ogni maschietto che mi incrociava.
Da subito lui non se ne accorse, poi quando vide che il barista mi stava osservando con insistenza nella scollatura, notò lo scuro dei capezzoli che puntavano sotto la stoffa della camicetta e mi disse: “guarda che ti si vedono le tette ma non hai il reggiseno?”
Lo guardai compiaciuta sorridendogli: “Amore, ma ti credevi mica che mi sarebbe bastato un regalino, per farmi passare il prurito delle corna….” Lo lasciai assimilare bene la frase poi continuai: “non posso neanche svuotarti la carta di credito, visto che sono soldi anche miei, però posso far si che provi almeno la metà della rabbia che ho provato io quando ho visto quel video, considera anche che a differenza tua, io non dovrei pagare per portarmi a letto qualcuno, come hai visto mi basterebbe schioccare le dita per farmi fare lo stesso servizietto, che ti sei fatto fare tu, quindi se sei un uomo e non vuoi che io mi comporti come tu hai fatto con me… cioè piazzandoti un bel paio di corna senza dirtelo, oggi subisci, altrimenti, nessun problema, da domani ti gratterai la testa anche te…” avevo recitata come me l’ero preparata per quasi tutto il viaggio e mi compiacqui di come l’avevo spudoratamente recitata, degna di un Oscar.
Mi guardo quasi incazzato: “ dai Anna cosa vuoi fare… non fare cazzate…sei una madr..”
Gli bloccai la frase in gola: “e tu forse non eri un padre quando hai infilato il tuo uccello in bocca a quella… in compagnia dei tuoi amichetti per giunta, proprio gli stessi che pagherebbero per scoparsi tua moglie, ma lo sai già visto il soprannome che mi hanno dato proprio i tuoi migliori amici quelli con cui vai a farti succhiare il cazzo al nigt?
Questa volta mi guardo stupito: “no ma che c’entra?”
Gli risposi: “come che c’entra, quelli con cui vai in giro, e che mi chiamano Annarizacazzi” e che si scambiano le copie della rivista di 10 anni fa quella dove ho posato in intimo, te la ricordi, perché se vuoi ne ho ancora un paio di copie a casa”
“dai Anna non fare stronzate” affermo un po’ incazzato.
“No bello, ora stai al gioco tu, visto che una arrizzacazzi in casa non ti basta, ora ti faccio vedere di cosa è capace la tua mogliettina”.
Mentre parlavo in modo composto e per niente alterato, cosa che mi fece stupire di me stessa e di quanta flemma avevo in dosso in quell’ occasione, ci stavamo dirigendo verso un OUT-LET monomarca di ARMANI, dove un mucchio di uomini e donne stavano rovistando tra gli appendini per trovare l’occasione della loro vita, lui mi disse: “be ma ora che cosa vuoi fare?”
“Non preoccuparti, come ti ho detto non ho intenzione di farti le corna, ma una lezioncina te la meriti tutta, quindi se non vuoi che da domani uno dei tuoi amici diventi anche il mio amico … ora guardami e soffri, perché ho intenzione di fare l’arrizzacazzi vera e propria…” a quelle parole mi blocco il braccio: “cosa vuoi fare?”
“te l’ho detto, lasciami il braccio, se no ce ne andiamo, ma ti assicuro che domani avrai un amico molto più intimo di quanto tu possa immaginarti” probabilmente fu la mia ostentata sicurezza del momento, o la paura che un suo amico, e chissà quale, si sarebbe potuto scopare la sua mogliettina, oppure semplicemente perché nella sua semplicità di maschietto non aveva ancora capito cosa intendevo fare, ma mi lascio il braccio ed io cominciai a rovistare tra gli appendini.
Cercavo un vestito possibilmente intero e corto, dopo qualche minuto di affannosa ricerca, oplà, eccolo tubino nero smanicato, proprio ciò che volevo, lo presi e cercai un camerino vuoto, ma come prevedevo in quelli delle donne c’era la fila, come alle poste quando pagano le pensioni, così mi avviai con un falcata degna di Lara Croft verso i camerini maschili.
Lì la fila non c’era quasi non per me almeno, come avevo previsto, subito galantemente mi cedettero il posto, ma quanto sono prevedibili questi maschietti, ed io come per premiarli, non tirai la tenda sino in fondo ma la lasciai aperta un po’ meno della metà, ma visto il poco spazio che c’era all’interno, il gioco di specchi, era come se l’avessi lasciata completamente aperta, inoltre il camerino che avevo occupato era in fondo ad un corridoio, visibile a tutti quelli che entravano per provarsi la roba.
Mi girai verso lo specchio, mi guardai, effettivamente l’appellativo di Annarrizzacazzi, mi calzava, come ho detto sono, ed allora ero, alta, magra, con due bei seni, un sedere sodo, vita stretta, lunghi capelli neri che mi scendevano sulle spalle, il visino da innocente bambina maliziosa, due gambe lunghe come un autostrada, e un paio di scarpe che avrebbero fatto la gioia di qualsiasi feticista, un decoltè tacco 10, ciò che serviva ora era dare il via alle danze.
Mi sbottonai la gonna, sotto indossavo le autoreggenti e quell’intimo inutile, che in uno slancio di erotismo mi ero cucita, praticamente una fettuccia elasticizzata larga un centimetro, intorno alla vita e un'altra fettuccia uguale che mi passava tra le gambe, nessun triangolino davanti, naturalmente ero completamente depilata, praticamente quella specie di “tanga” non serviva ad altro se non ad attirare lo sguardo sul sedere, come una freccia di un cartello stradale che indica l’unica direzione da prendere con gli occhi.
Sapientemente con un colpetto d’anca feci scivolare la gonna, che cadde sui piedi come un drappo, mi chinai a raccoglierla, anche lì con la preparazione di chi sa cosa vuole, avevo visto fare parecchie volte in tv, e naturalmente avevo provato a casa, piedi uniti una gamba tesa e l’altra leggermente piegata, il sedere in bella vista, quasi usci dall’ angusto camerino, lì piegata a più di 90 gradi buttai l’occhio nello specchio, lo spettacolo che stavo offrendo ai fortunati che stavano in coda valeva qualsiasi attesa, vidi anche la faccia di mio marito che quasi rassegnato stava in disparte e mi teneva come un manichino la mia borsa e il cappotto; mi tirai su lentamente e cominciai a sbottonare la camicetta, non guardavo più fuori, sembravo un attrice consumata che non guarda mai i macchina, anche perché se avessi incrociato lo sguardo di qualsiasi maschio arrapato lì fuori probabilmente mi sarei bloccata, mentre volevo arrivare sino in fondo, d’altra parte gli e lo dovevo, mi avevano fatta passare davanti a tutti, così continuai sfilai la camicetta e l’appesi all’attaccapanni, ora ero praticamente nuda, a parte le autoreggenti e quel filo che mi passava tra le chiappe; i seni forse per l’adrenalina del momento, o molto più probabilmente per l’eccitazione che stavo provando, in quella performance, mi si erano induriti ancora di più di quando avevamo attraversato quella specie di steppa siberiana che era il parcheggio.
Con movimenti studiati presi l’abitino che mi volevo provare e lo infilai da sotto, lentamente senza scompormi; infilate le spalline mi cominciai a vezzeggiare nello specchio, era un tessuto elasticizzato e segnava ogni curva del mio corpo come una pennellata di un sapiente pittore, a parte l’ esibizione, probabilmente lo avrei preso comunque, poi guardai nuovamente il mio pubblico dallo specchio erano ancora tutti lì compiaciuti, che aspettavano che mi rimettessi la mia roba, l’eccitazione palpabile sino a qualche attimo prima sembrava essere però un po’ calata, così il guizzo di genio, mi accarezzai i fianchi e vidi che la fettuccia perizoma segnava un po’ il vestito, così la sfilai, basto quel gesto per far si che l’attenzione e eccitazione tornasse ad essere palpabile e pienamente tutta per me.
Mi guardai ancora qualche istante e poi, mi sfilai l’abitino, ora ero praticamente nuda alla vista di almeno cinque forse sei maschietti, alcuni dei quali tenevano gli abiti da provare proprio davanti alle loro parti basse, chissà perché?!
“Bene” mi dissi: “lo spettacolo è quasi finito, per lo meno qui” mi vestii dapprima infilandomi la camicetta poi la gonna, volevo lasciare le mutande fettuccina nel camerino, quasi certa che il primo maschietto che fosse entrato, trovandole me le avrebbe portate, con la speranza di ottenere anche quello che contenevano prima, ma non mi andava, di dover assistere probabilmente ad uno scontro tra mio marito ormai imbufalito e il povero ignaro, così le raccolsi ma no le misi, i miei spettatori avevano assistito alla scena e sono certa che il fatto di sapere che sotto quel tubino nero che indossavo, non portavo mutandine, sempre che si potessero definire mutandine, quel filo che indossavo prima, a parecchi maschietti sarebbe rimasta la voglia ed era ciò che volevo.
Quando uscii dal camerino non incrocia gli sguardi di nessuno dei miei spettatori, tutti con gli occhi bassi, ai capito questi maschietti, prima ti mangiano con gli occhi, poi non riescono a sostenere il tuo sguardo, mi sentivo una diva, magari una porno diva, ma sempre diva ero, ci avvicinammo alla cassa e il mio maritino pago senza battere ciglio, quasi come se volesse uscire da quella situazione il più in fretta possibile, probabilmente gli rodeva il culo, che la sua mogliettina si fosse esibita in un strip integrale per la gioia di un manipolo di maschietti arrapati in un centro commerciale, e che se lo sarebbero ricordati sin che vivevano, d’altra parte un esperienza del genere non capita tutti i giorni, a meno che una donna non voglia.
scritto il
2011-07-15
5 . 6 K
visite
1
voti
valutazione
2
il tuo voto

Continua a leggere racconti dello stesso autore

racconto precedente

Presentazione

racconto sucessivo

Le performance
Segnala abuso in questo racconto erotico

Commenti dei lettori al racconto erotico

cookies policy Per una migliore navigazione questo sito fa uso di cookie propri e di terze parti. Proseguendo la navigazione ne accetti l'utilizzo.