Diversamente vergine - 3
di
Browserfast
genere
etero
TOMMY
La chiacchierata con mia sorella si era insomma conclusa più o meno con questa raccomandazione: non fare cazzate. Un classico, no? Cosa volete che vi dica una sorella maggiore?
Il giorno stesso, o quello seguente non ricordo bene, accettai l’invito di un ragazzo che veniva a scuola con me, nella classe accanto. Era molto carino, non era di Roma. Era di Parma. Confesso che tra le cose che mi attraevano di lui c’era anche quel suo modo particolare di parlare, il suo accento, la erre blesa.
Stare con lui era naturale, leggero. Due ore perfette davanti a un cappuccino e una birra. Era diverso dal modo con cui ero stata con altri ragazzi. Ci parlavo benissimo di qualsiasi cosa, avevamo spesso opinioni convergenti e quando non convergevano eravamo entrambi disposti a ascoltare quello che l’altro aveva da dire.
E in più era anche evidente come i nostri corpi si attraessero e si cercassero quasi per conto loro. Non feci nulla per resistere né al suo tentativo di dirottare la nostra passeggiata dal cinema cui in teoria eravamo diretti verso un parco, né per sciogliermi dall’abbraccio con cui mi cingeva la vita.
Ci sedemmo su una panchina. Al buio e al riparo di una siepe. Ci sembrò quasi ovvio darci un lungo bacio.
– Non è che ci conosciamo così bene, ma tu mi piaci molto, Annalisa. Vuoi essere la mia ragazza? – chiese quando ci staccammo, senza tanti preamboli. Anche un po’ goffamente, direi.
– Anche tu Tommy, anche tu mi piaci molto…
Non era una grandissima risposta, me ne rendo conto ora come allora. Perlomeno era sincera, però, anche se parlavamo come due personaggi di un manga.
– E’ dalla prima volta che ti ho vista che desideravo baciarti.
– Beh, ora ci sei riuscito – sorrisi.
– E ti è piaciuto?
– Me ne dai un altro? – chiesi impostando la modalità “svenevole”.
Il bacio tuttavia non fu per nulla svenevole. O meglio, lo fu ma nel senso che per poco non svengo per l’aria che mi mancava, per il cuore che batteva all’impazzata e per il caldo che sentivo ovunque.
Quello che doveva essere un lungo e dolce bacio si trasformò in un vero e proprio preliminare erotico, in un assalto selvaggio, in una ricerca di piacere. Quando ci staccammo ancora ansimanti i nostri sguardi esprimevano qualcosa del tipo: ho assolutamente bisogno di fare qualcosa di sessuale con te, ora!
– E’ dalla prima volta che ti ho vista che ho desiderato baciarti e… per essere sincero… non solo – disse Tommy. Era come se i suoi occhi inchiodati nei miei mi stessero in realtà spogliando.
– E cosa vorresti? – gli chiesi concitata avventandomi sulle sue labbra.
– Stare con te, fare l’amore con te – riuscì a dire quando ci staccammo, parecchio tempo dopo – credo che fare l’amore con te sia una cosa bellissima.
Eravamo usciti arruffati da quel bacio sulla panchina, e con le zip dei giacconi semi aperte. Gli passai entrambe le mani sul petto coperto da una felpa fighissima di Hollister, cercando le parole.
Visto che la sua strategia di attacco era così diretta decisi di mettere subito le cose in chiaro.
– Eeeeeehmmm… io però dovrei dirti una cosa…
– Cioè? Dimmela! Hai già un ragazzo?
– … mmm… nooo… è che io, cioè…
– Qualsiasi cosa tu mi dica non può essere brutta – disse lui carezzandomi una guancia e scivolando pericolosamente verso un tono un po’ troppo zuccheroso.
– E’ che io, in effetti, non ho… ecco, non ho mai avuto un ragazzo, Tommy. Non in quel senso.
– Davvero? – chiese con aria sinceramente stupita, piazzando subito dopo la prima gaffe della serata – Ti vedo con tanti… Cioè scusa, questo non significa nulla, questo non significa nulla…
– Sì ma perché sono fatta così, ma in realtà io non…
– Tu non?
– Io non, punto.
– Sì ma, voglio dire, non c’è mica nulla di male – disse cercando di recuperare terreno.
– No, no, lo so, ma io, ecco… io devo dirti una cosa importante… io vorrei una storia speciale, vorrei essere sicura che sia una storia speciale. Non è che parlo dell’amore eterno, eh? ma nemmeno di una cosa fatta così, tanto per fare. Io… io con te… ecco, non è che ti voglio far pesare la cosa, eh? Non capisci quello che ti voglio dire?
Solo lui, e solo in quel contesto, avrebbe potuto comprendere il senso di quella raffica di frasi smozzicate. Mi affidai pertanto alla sua intelligenza e al suo cuore. Il mio batteva già abbastanza forte. Mi guardò con i suoi occhi chiari, una cosa a metà tra il verde e il giallo, mi guardò a lungo. Sostenni lo sguardo, volevo sostenerlo e volevo che lui insistesse nel dire che mi desiderava. In quelle due ore precedenti mi ero sentita coinvolta come mai prima. Non mi interessava capire come mai quel ragazzo mi attirasse così tanto, volevo esserne attirata e basta.
Poi però non solo arrivò la sua seconda gaffe, che sarebbe stato il meno, ma arrivò anche un vero e proprio sganassone. Di quelli che ti risvegliano.
– Mi piacerebbe, io però… – disse lui scuotendo la testa.
– Però?
– Scusami, forse mi ero sbagliato sul tuo conto. Io… ecco… no, sai… io pensavo che avremmo potuto avere una storia più semplice.
Tradotto: pensava che io fossi una scopata più semplice. Del resto era ovvio: “ti vedo con tanti = ti fai scopare da tanti”. Mi aveva preso per una troia ma almeno viva l’onestà. Del resto, lo ammetto, non è che dare la bocca anziché la fica possa essere contrabbandato così facilmente per integrità spirituale.
Per diversi secondi restai bloccata, incapace di replicare, prigioniera di un dubbio. Il ragazzo che ho davanti è solo un grandissimo e perfetto stronzo o la personificazione dell’ingenuità? Nessuna delle due cose quadrava con ciò che avevamo detto e fatto fino a due minuti prima.
– Una storia con me sarebbe complicata? – chiesi con indispettito puntiglio.
– No, forse no, anzi sono sicuro di no – rispose lui di getto, per prendersi una lunga pausa prima di ricominciare a parlare – La verità è che mi sentirei una merda, Annalisa: dopo l’estate io e la mia famiglia torneremo a Parma, non mi va di illudere nessuno. Soprattutto te, dopo quello che mi hai detto.
Fu un tuffo al cuore: Tommy aveva scosso le mie certezze. Sento sempre parlare di farfalle o scuole di danza nello stomaco, in questi momenti. Io a dire la verità non sentivo nulla anche se avrei molto volentieri voluto capire se quello che provavo era semplicemente una infatuazione, una botta di ormoni, o qualcosa di più. Era troppo presto per dirlo, ma se avessi dovuto confidare a un’amica cosa provavo avrei detto che per me c’era davvero qualcosa di più. E invece quel qualcosa era destinato a diventare un nulla. Una sfiga pazzesca, ne converrete.
Mi appoggiai sulla sua spalla, percepii il suo buon odore, lui mi strinse e io mi abbandonai a lui. In quel momento mi sembrò quello che in realtà pensavo fosse: un ragazzo interessato alle ragazze, interessato a me, anche se era convinto che fossi un po’ mignotta. Incapace di bassezze, in un certo senso. Vabbè, voleva scopare, e che vuoi che sia. Avete presente l’ultimo anno di un liceo scientifico? Ero circondata da ragazzi che volevano scopare, erano il 200 per 100! E le ragazze non è che fossero tanto da meno. Io stessa non ero esattamente Santa Maria Goretti.
– Però mi piaci così tanto… – disse lui quasi sconsolato.
– Anche tu – gemetti a mia volta sollevando il mio viso verso il suo.
Ero sincera. E sentivo che lo era anche lui. Non stava provando a forzare le mie resistenze, non c’era un sottotesto che diceva: vabbè, fai un’eccezione e dammela.
Le nostre labbra si sfiorarono, ci baciammo. Dapprima timidamente poi con sempre maggiore passione. La nostra giovinezza aveva preso il sopravvento. Come qualche minuto prima.
Era un inizio primavera abbastanza freddo, indossavamo ancora i vestiti pesanti. Ma non mi tirai indietro nemmeno di fronte alle sue mani gelate che, dopo avere aperto la zip del mio giaccone, si erano infilate sotto il maglione e la camicetta, prendendo a giocare con i miei seni e i miei capezzolini. Che, detto per inciso, in quanto a capacità di erezione non hanno nulla da invidiare a un cazzo. Fu probabilmente stupito dal non trovare l’ostacolo del reggiseno, ma credo che lo stupore maggiore lo ebbe quando mi accosciai tra le sue gambe e glielo tirai fuori iniziando a succhiarlo. Quando mi chiese “e se qualcuno ci vede?” mi staccai un secondo per rispondergli “ci invidierà”.
Aveva un cazzo molto bello, che potevo perfettamente farmi entrare tutto in bocca sentendo solo un po’ di fastidio, solo un po’ di pressione sulla gola, solo un po’ di apnea. Mi sentivo soggiogata in modo leggero e mi piacque molto quando mi passò la mano sui capelli dicendomi con ansimante tenerezza “sei davvero una bella troia, lo sai?” poco prima di scaricarmi in bocca tutta la sua roba. Era il suo premio, ma anche il mio.
Lo ripulii con cura, quasi con affetto, direi. Poi sempre rimanendo accosciata tra le sue ginocchia alzai la testa e lo guardai.
– Questo però non cambia nulla, sai?
– Scusa se ti ho chiamata in quel modo.
– Non fa niente – sorrisi scuotendo la testa – mi è anche piaciuto.
– Lo fai a tutti i ragazzi con cui esci?
E daje. Non riuscivo a capire se lo facesse apposta o se fosse sinceramente ingenuo. In modo disarmante. Voglio dire, era la terza volta in mezz’ora che si sarebbe meritato un ceffone.
– Non sei il primo – risposi – comunque non è granché, come domanda…
– Scusami, sono proprio scemo… E’ che avevo capito che tu non vuoi…
– Te lo dico il più chiaramente possibile, poi se non capisci ti faccio un disegnino: io non voglio scopare così tanto per fare, ok? Farti felice in questo modo è un’altra cosa.
– Io comunque non ti giudico, anzi ti capisco – disse dopo essere rimasto un po’ in silenzio.
Se capisse o meno, non lo so. Gli dissi solo che mi piaceva ma che mi rendevo conto che era vero, avere una storia con me poteva essere complicato. E infatti non ci fu nessuna storia, ci furono solo pompini, anche dopo che si mise con un’altra che evidentemente era felice di dargli quello che lui cercava. Benedetta, una che conoscevo appena e alla quale avrei potuto al massimo invidiare le tette, se non fosse che mi sarei sentita ridicola con quei due palloni installati sul mio corpicino sottile e flessuoso. Da questo punto di vista la scelta di Tommy mi lasciò un po’ delusa e irritata.
Però i pompini li voleva da me. Cazzo.
Per la prima volta mi ritrovai a essere gelosa. Di una stronza, di una da niente, di una che porca troia dovevo avercela con lui anziché con lei. La odiavo. Com’era la battuta di quel film? Il pus che infetta la mucillagine, che deturpa il fungo, che si nutre della feccia di fogna. Per me era quello.
A evitare di farmi sprofondare nella malinconia però fu dopo poche settimane un ragazzo un po’ più grande di me, il fratello di una mia amica, con il quale presi a uscire. E qui arriva lo strano episodio che avevo promesso di raccontarvi nella prima puntata.
Mi sono dilungata, scusate. Ve lo racconterò nella prossima, promesso.
CONTINUA
La chiacchierata con mia sorella si era insomma conclusa più o meno con questa raccomandazione: non fare cazzate. Un classico, no? Cosa volete che vi dica una sorella maggiore?
Il giorno stesso, o quello seguente non ricordo bene, accettai l’invito di un ragazzo che veniva a scuola con me, nella classe accanto. Era molto carino, non era di Roma. Era di Parma. Confesso che tra le cose che mi attraevano di lui c’era anche quel suo modo particolare di parlare, il suo accento, la erre blesa.
Stare con lui era naturale, leggero. Due ore perfette davanti a un cappuccino e una birra. Era diverso dal modo con cui ero stata con altri ragazzi. Ci parlavo benissimo di qualsiasi cosa, avevamo spesso opinioni convergenti e quando non convergevano eravamo entrambi disposti a ascoltare quello che l’altro aveva da dire.
E in più era anche evidente come i nostri corpi si attraessero e si cercassero quasi per conto loro. Non feci nulla per resistere né al suo tentativo di dirottare la nostra passeggiata dal cinema cui in teoria eravamo diretti verso un parco, né per sciogliermi dall’abbraccio con cui mi cingeva la vita.
Ci sedemmo su una panchina. Al buio e al riparo di una siepe. Ci sembrò quasi ovvio darci un lungo bacio.
– Non è che ci conosciamo così bene, ma tu mi piaci molto, Annalisa. Vuoi essere la mia ragazza? – chiese quando ci staccammo, senza tanti preamboli. Anche un po’ goffamente, direi.
– Anche tu Tommy, anche tu mi piaci molto…
Non era una grandissima risposta, me ne rendo conto ora come allora. Perlomeno era sincera, però, anche se parlavamo come due personaggi di un manga.
– E’ dalla prima volta che ti ho vista che desideravo baciarti.
– Beh, ora ci sei riuscito – sorrisi.
– E ti è piaciuto?
– Me ne dai un altro? – chiesi impostando la modalità “svenevole”.
Il bacio tuttavia non fu per nulla svenevole. O meglio, lo fu ma nel senso che per poco non svengo per l’aria che mi mancava, per il cuore che batteva all’impazzata e per il caldo che sentivo ovunque.
Quello che doveva essere un lungo e dolce bacio si trasformò in un vero e proprio preliminare erotico, in un assalto selvaggio, in una ricerca di piacere. Quando ci staccammo ancora ansimanti i nostri sguardi esprimevano qualcosa del tipo: ho assolutamente bisogno di fare qualcosa di sessuale con te, ora!
– E’ dalla prima volta che ti ho vista che ho desiderato baciarti e… per essere sincero… non solo – disse Tommy. Era come se i suoi occhi inchiodati nei miei mi stessero in realtà spogliando.
– E cosa vorresti? – gli chiesi concitata avventandomi sulle sue labbra.
– Stare con te, fare l’amore con te – riuscì a dire quando ci staccammo, parecchio tempo dopo – credo che fare l’amore con te sia una cosa bellissima.
Eravamo usciti arruffati da quel bacio sulla panchina, e con le zip dei giacconi semi aperte. Gli passai entrambe le mani sul petto coperto da una felpa fighissima di Hollister, cercando le parole.
Visto che la sua strategia di attacco era così diretta decisi di mettere subito le cose in chiaro.
– Eeeeeehmmm… io però dovrei dirti una cosa…
– Cioè? Dimmela! Hai già un ragazzo?
– … mmm… nooo… è che io, cioè…
– Qualsiasi cosa tu mi dica non può essere brutta – disse lui carezzandomi una guancia e scivolando pericolosamente verso un tono un po’ troppo zuccheroso.
– E’ che io, in effetti, non ho… ecco, non ho mai avuto un ragazzo, Tommy. Non in quel senso.
– Davvero? – chiese con aria sinceramente stupita, piazzando subito dopo la prima gaffe della serata – Ti vedo con tanti… Cioè scusa, questo non significa nulla, questo non significa nulla…
– Sì ma perché sono fatta così, ma in realtà io non…
– Tu non?
– Io non, punto.
– Sì ma, voglio dire, non c’è mica nulla di male – disse cercando di recuperare terreno.
– No, no, lo so, ma io, ecco… io devo dirti una cosa importante… io vorrei una storia speciale, vorrei essere sicura che sia una storia speciale. Non è che parlo dell’amore eterno, eh? ma nemmeno di una cosa fatta così, tanto per fare. Io… io con te… ecco, non è che ti voglio far pesare la cosa, eh? Non capisci quello che ti voglio dire?
Solo lui, e solo in quel contesto, avrebbe potuto comprendere il senso di quella raffica di frasi smozzicate. Mi affidai pertanto alla sua intelligenza e al suo cuore. Il mio batteva già abbastanza forte. Mi guardò con i suoi occhi chiari, una cosa a metà tra il verde e il giallo, mi guardò a lungo. Sostenni lo sguardo, volevo sostenerlo e volevo che lui insistesse nel dire che mi desiderava. In quelle due ore precedenti mi ero sentita coinvolta come mai prima. Non mi interessava capire come mai quel ragazzo mi attirasse così tanto, volevo esserne attirata e basta.
Poi però non solo arrivò la sua seconda gaffe, che sarebbe stato il meno, ma arrivò anche un vero e proprio sganassone. Di quelli che ti risvegliano.
– Mi piacerebbe, io però… – disse lui scuotendo la testa.
– Però?
– Scusami, forse mi ero sbagliato sul tuo conto. Io… ecco… no, sai… io pensavo che avremmo potuto avere una storia più semplice.
Tradotto: pensava che io fossi una scopata più semplice. Del resto era ovvio: “ti vedo con tanti = ti fai scopare da tanti”. Mi aveva preso per una troia ma almeno viva l’onestà. Del resto, lo ammetto, non è che dare la bocca anziché la fica possa essere contrabbandato così facilmente per integrità spirituale.
Per diversi secondi restai bloccata, incapace di replicare, prigioniera di un dubbio. Il ragazzo che ho davanti è solo un grandissimo e perfetto stronzo o la personificazione dell’ingenuità? Nessuna delle due cose quadrava con ciò che avevamo detto e fatto fino a due minuti prima.
– Una storia con me sarebbe complicata? – chiesi con indispettito puntiglio.
– No, forse no, anzi sono sicuro di no – rispose lui di getto, per prendersi una lunga pausa prima di ricominciare a parlare – La verità è che mi sentirei una merda, Annalisa: dopo l’estate io e la mia famiglia torneremo a Parma, non mi va di illudere nessuno. Soprattutto te, dopo quello che mi hai detto.
Fu un tuffo al cuore: Tommy aveva scosso le mie certezze. Sento sempre parlare di farfalle o scuole di danza nello stomaco, in questi momenti. Io a dire la verità non sentivo nulla anche se avrei molto volentieri voluto capire se quello che provavo era semplicemente una infatuazione, una botta di ormoni, o qualcosa di più. Era troppo presto per dirlo, ma se avessi dovuto confidare a un’amica cosa provavo avrei detto che per me c’era davvero qualcosa di più. E invece quel qualcosa era destinato a diventare un nulla. Una sfiga pazzesca, ne converrete.
Mi appoggiai sulla sua spalla, percepii il suo buon odore, lui mi strinse e io mi abbandonai a lui. In quel momento mi sembrò quello che in realtà pensavo fosse: un ragazzo interessato alle ragazze, interessato a me, anche se era convinto che fossi un po’ mignotta. Incapace di bassezze, in un certo senso. Vabbè, voleva scopare, e che vuoi che sia. Avete presente l’ultimo anno di un liceo scientifico? Ero circondata da ragazzi che volevano scopare, erano il 200 per 100! E le ragazze non è che fossero tanto da meno. Io stessa non ero esattamente Santa Maria Goretti.
– Però mi piaci così tanto… – disse lui quasi sconsolato.
– Anche tu – gemetti a mia volta sollevando il mio viso verso il suo.
Ero sincera. E sentivo che lo era anche lui. Non stava provando a forzare le mie resistenze, non c’era un sottotesto che diceva: vabbè, fai un’eccezione e dammela.
Le nostre labbra si sfiorarono, ci baciammo. Dapprima timidamente poi con sempre maggiore passione. La nostra giovinezza aveva preso il sopravvento. Come qualche minuto prima.
Era un inizio primavera abbastanza freddo, indossavamo ancora i vestiti pesanti. Ma non mi tirai indietro nemmeno di fronte alle sue mani gelate che, dopo avere aperto la zip del mio giaccone, si erano infilate sotto il maglione e la camicetta, prendendo a giocare con i miei seni e i miei capezzolini. Che, detto per inciso, in quanto a capacità di erezione non hanno nulla da invidiare a un cazzo. Fu probabilmente stupito dal non trovare l’ostacolo del reggiseno, ma credo che lo stupore maggiore lo ebbe quando mi accosciai tra le sue gambe e glielo tirai fuori iniziando a succhiarlo. Quando mi chiese “e se qualcuno ci vede?” mi staccai un secondo per rispondergli “ci invidierà”.
Aveva un cazzo molto bello, che potevo perfettamente farmi entrare tutto in bocca sentendo solo un po’ di fastidio, solo un po’ di pressione sulla gola, solo un po’ di apnea. Mi sentivo soggiogata in modo leggero e mi piacque molto quando mi passò la mano sui capelli dicendomi con ansimante tenerezza “sei davvero una bella troia, lo sai?” poco prima di scaricarmi in bocca tutta la sua roba. Era il suo premio, ma anche il mio.
Lo ripulii con cura, quasi con affetto, direi. Poi sempre rimanendo accosciata tra le sue ginocchia alzai la testa e lo guardai.
– Questo però non cambia nulla, sai?
– Scusa se ti ho chiamata in quel modo.
– Non fa niente – sorrisi scuotendo la testa – mi è anche piaciuto.
– Lo fai a tutti i ragazzi con cui esci?
E daje. Non riuscivo a capire se lo facesse apposta o se fosse sinceramente ingenuo. In modo disarmante. Voglio dire, era la terza volta in mezz’ora che si sarebbe meritato un ceffone.
– Non sei il primo – risposi – comunque non è granché, come domanda…
– Scusami, sono proprio scemo… E’ che avevo capito che tu non vuoi…
– Te lo dico il più chiaramente possibile, poi se non capisci ti faccio un disegnino: io non voglio scopare così tanto per fare, ok? Farti felice in questo modo è un’altra cosa.
– Io comunque non ti giudico, anzi ti capisco – disse dopo essere rimasto un po’ in silenzio.
Se capisse o meno, non lo so. Gli dissi solo che mi piaceva ma che mi rendevo conto che era vero, avere una storia con me poteva essere complicato. E infatti non ci fu nessuna storia, ci furono solo pompini, anche dopo che si mise con un’altra che evidentemente era felice di dargli quello che lui cercava. Benedetta, una che conoscevo appena e alla quale avrei potuto al massimo invidiare le tette, se non fosse che mi sarei sentita ridicola con quei due palloni installati sul mio corpicino sottile e flessuoso. Da questo punto di vista la scelta di Tommy mi lasciò un po’ delusa e irritata.
Però i pompini li voleva da me. Cazzo.
Per la prima volta mi ritrovai a essere gelosa. Di una stronza, di una da niente, di una che porca troia dovevo avercela con lui anziché con lei. La odiavo. Com’era la battuta di quel film? Il pus che infetta la mucillagine, che deturpa il fungo, che si nutre della feccia di fogna. Per me era quello.
A evitare di farmi sprofondare nella malinconia però fu dopo poche settimane un ragazzo un po’ più grande di me, il fratello di una mia amica, con il quale presi a uscire. E qui arriva lo strano episodio che avevo promesso di raccontarvi nella prima puntata.
Mi sono dilungata, scusate. Ve lo racconterò nella prossima, promesso.
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