Diversamente vergine - 12
di
Browserfast
genere
etero
ANSWER THE FOLLOWING QUESTION.
E’ incredibile come sembri che non sia passato neanche un giorno. Torniamo dal pub di Renato verso casa sua, io e Tommy, come abbiamo camminato tante volte, allacciati. Che chiunque ci avrebbe preso per due fidanzatini, non come una coppia di ragazzi un po’ particolare: uno che, in pratica, aveva detto a lei “ok, mi tromberò un’altra visto che vuoi restare vergine, ma tu mi farai una montagna di pompini”; una che gli aveva risposto “pronta ogni volta che vuoi”.
Non è che ci fossimo proprio detti così, ma insomma la sostanza era questa. Due ragazzi che però, al di là di questo, riuscivano a riempire di benessere ogni momento che li vedeva insieme.
Uso questa parola, benessere, perché è quella che ci descrive meglio. Non felicità, non amore, che ne sappiamo cosa sono la felicità e l’amore? Ma stare bene sì. Insieme. L’ho detto tante volte, forse vi sono pure diventata noiosa.
Succedeva fino a qualche mese fa. E sta succedendo oggi.
Quando rientriamo in casa io so già cosa accadrà. Lui… lui non so. Forse se lo immagina o forse lo spera. O forse davvero per lui non è poi così importante. E questo mi dispiace. Mentre mangiavamo ho ripensato alle sue parole: “Possiamo scopare o possiamo non scopare, per me va bene lo stesso”. Più o meno erano queste. E ora come ora non so più se esserne colpita, lusingata quasi, come lo sono stata prima. Ora come ora, piuttosto, da lui vorrei essere desiderata.
Mi starebbe bene anche essere desiderata tanto, troppo. Anche solo per sfogare un bisogno bestiale, anche contro la mia volontà.
Ci baciamo lungamente sul divano, poi salgo sulle sue gambe e mi accoccolo in silenzio, lui mi dondola leggermente. Il termosifone è partito, l’appartamento finalmente ci riscalda. La mia gonna, i suoi pantaloni, tutto si è asciugato nel frattempo. Ora che siamo al riparo, fuori ricomincia a piovere forte. Guardo oltre i vetri della porta-finestra e sorrido.
Tommy si alza, mi prende in braccio e mi porta in camera sua. Penso che mi depositerà sul letto ma non è così. Mi lascia in piedi, si toglie le scarpe e sul letto ci si stende lui. Incrocia le mani dietro la testa. Lo fisso tra il divertito e l’interrogativo.
– La faresti una cosa per me? – è lui a rompere il silenzio.
– Caffè? Tè? Me? – rido ripetendo la battuta di un vecchio film che ho visto in televisione e mettendo la mano su un fianco in una posa finto sexy.
Anche Tommy sorride. So che esprimerà il suo desiderio liberamente e so che sarò libera di esaudirlo o meno, senza tante menate. Ma dentro di me so già che dirò sì. Qualsiasi cosa sia.
La sua richiesta, però, non me l’aspettavo. Non mi scandalizza, figuriamoci, ma mi lascia spiazzata. Un po’, almeno.
– C’è una cosa che vorrei, vederti nuda. Non ti ci ho mai visto e l’ho sempre desiderato. Mi ci sono anche sparato qualche sega.
– Ti sei fatto una sega pensando a me nuda? – chiedo. Cazzo, questa sì che si chiama gratificazione. E immediatamente dopo penso che da questo punto di vista Tommy è esattamente come me, non gliene frega un cazzo dei giudizi morali.
– Più di una…
– Io sono magra, lo sai, un’alice – gli dico. Ho già deciso di fare la troietta preziosa per almeno una trentina di secondi. No, ok, facciamo venticinque… Venti secondi? Una decisione tutta di testa, perché se dovessi seguire il mio corpo da quel dì che mi sarei spogliata.
– Sì, sei semianoressica ma mi piaci, e lo sai.
– Ho le tette piccole…
– Le conosco, mi piacciono, sai anche questo.
– Ho dei brutti piedi… – cazzo, non mi viene più niente di meglio da dire, la sto buttando a ridere.
– Non guarderò, non sono poi così interessanti i piedi.
– Ma perché vuoi vedermi nuda?
– Perché l’ho sempre desiderato.
Sapessi quante volte ho desiderato che mi togliessi tutto, Tommy, vorrei dirgli. E quindi…
– Ok, spogliami.
Più che dirglielo glielo sussurro, ma mi sente benissimo. E’ una buffa situazione, lui steso sul letto io in piedi come una scolaretta alla cattedra.
– No, voglio che ti spogli tu davanti a me. E per me.
Oh cazzo, questo non so se lo so fare. Uno spogliarello? Mi vergogno… Cioè, mi vergogno di non saperlo fare, di non essere sensuale…
Però lo faccio, inizio, lentamente, come se dovessi svestirmi per andare a letto, ma con gesti molto più rallentati. Guardo per terra, non per la vergogna, lo faccio per concentrarmi.
In breve mi ritrovo solo con l’intimo addosso.
– Quelle calze sono straordinarie, ti stanno benissimo – esclama Tommy al disvelarsi delle mie parigine – lasciatele addosso, non le togliere…
Cazzo, qui ci stiamo facendo troppo esigenti: togli questo, lascia quello…
– Queste le conosci – dico sfilandomi timidamente il reggiseno. Non me ne è mai fregato nulla di avere le tette piccole (non è vero, vi sto mentendo), ma adesso vorrei avere almeno una terza, che ne so perché… Rabbrividisco, forse perché stando così nuda la casa non è poi così calda, forse perché sto iniziando a eccitarmi. Forse entrambe le cose.
Poi è la volta del peri. Sì, va bene, il complimento “carine quelle mutandine” poteva essere più partecipato, ma apprezzo lo stesso. E non mi dà nessun fastidio togliermele davanti a lui. Più che altro, mi viene in mente solo adesso che stamattina ci ho messo un quarto d’ora di tremebonda pazienza per radermi quel filo di ricrescita sul pube con la paura di tagliarmi. Chissà perché poi, visto che non mi aspettavo nulla, non mi aspettavo di dovere arrivare a questo. Lui però se ne accorgerà che non ho più un pelo, penso mentre me le lascio scivolare giù, dovrei dirgli di Viola? Non so perché, ma decido per il no. Eppure gli ho detto di peggio, su di me. Sto lì in piedi ad aspettare che parli lui, invece. Con le braccia lungo il corpo e la testa che mentre lo guardo resta abbassata.
– Ehi, c’è una novità! – dice Tommy, che la fica me l’ha toccata ma non l’ha mai vista. Mi ha subito fatto tana.
– Beh sì, ho ceduto alle mode… ti piace?
– Molto – risponde Tommy.
Che mi squadra, mi squadra a lungo. E più mi squadra più mi eccito, perché sento di essere nelle sue mani, perché io sono nuda e lui no, perché mi affido a questo e adesso sì che mi sento desiderata. Il calore inizia a squagliarmi il ventre, e se lui ha un minimo di spirito di osservazione non potrà fare a meno di notare i miei capezzoli già eretti, induriti. Ogni secondo in più che passa ad osservarmi mi pare che serva per farmeli schizzare via.
– Vieni – dice protendendo la mano verso di me.
Io mi muovo, mi avvicino alla sua mano, avvicino la fica alla sua mano. Lo vuole lui e io lo voglio. A questo punto voglio tutto. Chissà se lui se ne rende conto.
Mi passa un dito sulla fessura e già mi sembra che mi si pieghino le ginocchia. Poi la sua voce tra il sorpreso e il compiaciuto:
– Quanto sei bagnata…
Non pensavo che tre semplici parole potessero darmi questa scossa. Non so bene che tipo di movimento faccio. Uno scatto, forse, qualcosa che mi porta istintivamente a proteggermi con le braccia, sull’orlo di una caduta. Qualcosa che porta lui, probabilmente in modo altrettanto istintivo, a stringere la mano tra le mie cosce, ad abbrancarmi il sesso. Mi sento preda e presa, chiudo gli occhi e mi getto sopra di lui, sul letto. Per evitare di finire sul pavimento, in realtà.
Tommy mi prende tra le braccia e mi stringe.
– Voglio leccarti la figa – sussurra. E’ un ragazzo che va al dunque. Io stessa sono una ragazza che va al dunque.
– Leccami la fica – rispondo.
Ridondante, ma con il pregio della precisione.
Fa per sfilarsi da sotto, certo con l’intenzione di allargarmi le cosce e accomodarsi lì. Che non sarebbe per niente una cattiva idea, credetemi. Ma io ho in mente altro.
– No, aspetta – dico con un soffio. Poi ruoto su me stessa e gli salgo a cavallo della faccia, gliela offro così.
Vorrei abbandonarmi a un sessantanove, ma come sento le sue labbra e la sua lingua tutto diventa più complicato. I brividi mi scuotono e all’improvviso è un’impresa slacciargli la cintura o persino abbassargli la zip e tirargli fuori il cazzo dalla patta. Scusa Tommy, ma proprio non ce la faccio adesso a succhiartelo. Lo capisci, no?, che se mi fai gemere così a me non resta che strusciare il viso sul tuo pacco custodito dai jeans, sentire che ti diventa più duro, ingombrante.
Non posso dire che sia come Viola, no. Né meglio né peggio (oddio, peggio sì, ma non è questo che conta). E’ diverso, meno preciso ma più… come dire? Più possessivo? La lingua che mi scava alla ricerca della mia entrata umida e inviolata, o che risale a scontrarsi con il mio bottoncino pulsante, quelle labbra che cercano di succhiarlo senza riuscirci ma che lo stimolano fino a rendere il piacere irresistibile.
Tommy, sono così bagnata e laggiù scivola tutto. Scusa ancora se non ti libero il cazzo che immagino stia per esplodere (e brividi si aggiungono a brividi se penso che stia per esplodere per me) e mi ci struscio sopra con la guancia, se ti annuso alla ricerca dell’odore di maschio. Scusa se non riesco a dirti le solite zozzerie perché sono capace solo di miagolare il mio calore, scusa per questo strillo da un milione di decibel ma se mi infili la lingua nell’altro buchino beh, sappilo d’ora in poi, l’effetto che mi fa è quello.
– Ti piace, eh? – dice lui mentre cerco di riprendere aria dopo quell’urlo – dai, fammi vedere come sei troia…
– Fammelo vedere tu quanto sono troia – gli rispondo girandomi e adagiandomi su di lui. Cerco con la mia fica il contatto del suo pacco. Lui mi mette le mani sul culo e spinge.
– Sicura?
– Sicura.
Mi cerca il buchino con un dito e ce lo infila dentro. La saliva lo aiuta a scendere. Di un bel po’, a occhio e croce. Me lo sento scivolare in fondo e gonfiarmi, invadermi. Emetto un verso che deve suonare pressappoco come “nngghhnnnahi”, e sa solo Iddio quanto mi piace questo bruciore. Lui mi guarda con un sorriso arrapato, io gli soffoco il mio gemito in bocca.
– Porco – gli sussurro all’orecchio dopo avere roteato la lingua sulla sua. Lecco il suo muso che è ancora bagnato di me.
– Perché?
Lo sa benissimo il perché, ma vuole sentirlo da me, è ovvio.
– Per quel dito…
– Ti da fastidio?
– Guai a te se lo togli….
Mi brucia e mi piace, quell’invasione. Così come adesso inizia a bruciarmi la fica a furia di strusciare sul ruvido dei suoi pantaloni. Mi sollevo in ginocchio e gli slaccio la cintura, lo sbottono, gli tiro giù tutto liberando il suo cazzo. Lo imbocco brevemente, gustando il suo sapore che adoro. Tommy mugola di piacere, mi poggia una mano sulla testa, come so che gli piace fare. Gliel’ho lasciato fare tante volte…
Ma non voglio fargli un altro pompino, ora. Voglio prendermi il mio piacere e voglio farlo sentendomi porca, sentendomi dire cose porche. Mi è presa così.
Lascio scivolare mezzo litro di saliva sul suo cazzo diventato ora pienamente duro, come ho fatto con quello sconosciuto all’autogrill, e torno a strusciarmi. Non posso, e nemmeno voglio a dire il vero, impedirmi di lasciarmi andare a un gemito che è insieme di piacere e di desiderio.
– Aaaaahhh Tommy siiiiì…
– Ti piace?
Ok, domanda non particolarmente originale. Ma in questo momento, vi assicuro, mi fa piacere.
– Siiiiì! E’ splendido – dico iniziando a sentire un po’ di affanno – dai, facciamo cose strane, dimmi quello che hai sempre desiderato e che non ti hanno mai lasciato fare…
Non lo so perché glielo chiedo. O meglio, lo so: voglio che mi ecciti ancora di più con le sue fantasie, che me le racconti. Non lo so se davvero vorrei che mi facesse “cose strane”, in teoria dovrei anche averne paura. Ma non è quello il punto: più che “fare” in questo momento voglio sentirlo “dire”.
– Tutto tutto? – mi chiede. Poi con la mano libera mi abbranca una natica e inizia a darmi lui il ritmo dello sfregamento sul suo cazzo. Alla saliva devono essersi aggiunti adesso i miei succhi. E anche in modo copioso perché il suo lui mi scivola tra le labbra della fica con facilità e ogni volta che la pressione sul grilletto si fa più intensa mi sento sul punto di esplodere.
Appoggio la fronte sul cuscino, la bocca piena di ansimi accanto al suo orecchio. Pulso oscenamente.
– Dimmi cosa mi faresti – sussurro.
– Per prima cosa ti legherei…
– … mmm… davvero? – gli dico rialzando un po’ la testa e guardandolo negli occhi. Credo di avere un sorriso stampato sulla faccia che va e viene, perché sempre più spesso non posso fare a meno di mordermi il labbro – e poi?
– Poi magari ti potrei bendare… –
Mi piace, ha capito, sta al mio gioco, sa che mi sta portando in paradiso e vuole farlo.
– Ah sì, eh? – ansimo accelerando il mio ritmo – però potrei sempre mettermi a urlare che mi stai violentando…
– In questo caso potrei metterti le tue mutandine in bocca…
Oddio, solo l’immagine mi devasta. Come se non bastasse Tommy mi preme sulla natica ancora più forte spingendomi ancora di più sul suo uccello duro.
– Perché le mie e non le tue?
– Perché vorresti le mie?
– Perché c’è l’odore del tuo cazzo…
Forse una cosa così pornografica non l’ho mai detta in vita mia. Per spiegarmi: ne ho dette anche di peggiori, ma mai con questa intensità, con questa voglia.
– Ti piace il mio cazzo?
– Lo adoro…
– Poi ti farei questo!
Immediatamente dopo uno “sciac” assai sonoro e un bruciore fortissimo su una chiappa.
– AHIA! Sei impazzito? – urlo mentre una scossa di piacere mi attraversa e mi fa venire voglia di averne ancora.
– Ti ho fatto male? – mi chiede.
– Sì… – dico pentendomene subito dopo, ho paura che non lo rifaccia più e invece… e invece scema che sono ne rivorrei subito un altro.
– Bene – risponde lui.
E colpisce ancora.
– AHIAAA… mostro!
Bruciore, piacere, la sua mano che mi carezza la natica dolorante, altro piacere forse ancora più intenso. Mi struscio sempre più veloce sul suo cazzo, ho voglia di venire e allo stesso tempo paura di venire, paura che tutto finisca troppo presto. Mi rendo conto che mi sto contorcendo su di lui come un serpente, che sto gemendo sui di lui come una moribonda.
– Poi andrei a prendere del ghiaccio e te lo passerei sulla pelle, per ultimi lascerei i tuoi capezzoli e la tua figa… un passaggio con il ghiaccio e uno con la lingua… Ti leccherei fino a che non mi implori di smettere…
Non mi è ben chiaro come potrei implorarlo di smettere con le sue mutande in bocca ma non importa. Non voglio che smetta lui, ora, di sussurrarmi le sue porcate (più immaginate che mai realizzate, suppongo) mentre mi struscio sul suo cazzo e godo del suo dito che mi ha ormai completamente occupato il retto. Voglio venire, voglio solo quello.
– E se ti imploro smetti? – miagolo.
– No, ti faccio impazzire di orgasmi… ti mangio la figa e mi bevo la tua acqua finché non svieni dal piacere…
– E poi? E poi? – ansimo incontrollata – sei un porco, un porco che mi fa impazzire…
– Poi ti sverginerei, Annalisa, mi prenderei finalmente ciò che dovevo prendermi sin dal primo giorno…
Ho una scossa, no anzi più di una. No cavolo, sono un miliardo di scosse e pulsazioni, brividi, rantoli strozzati che a un certo punto non riesco più a strozzare, movimenti convulsi che non riesco più a fermare. Fin dal primo giorno, cazzo, fin dal primo giorno. Doveva essere così fin dal primo giorno e poi per tutti i giorni, idioti che non siamo stati altro. Io, soprattutto, io. Un’idiota urlante, adesso.
– Davvero? – chiedo con la voce rotta da un pianto di piacere quando l’urlo si spegne. Mi sento come sospesa adesso. La prima ondata di godimento si è ritirata e adesso aspetto la prossima, quella che mi darà la mazzata finale.
– Sì ti sverginerei la figa e poi anche il culo – dice adesso anche lui, pazzo di eccitazione e con la voce rotta dagli spasmi, mentre affonda il dito ancora di più nel mio sedere e spinge su il bacino come se volesse davvero infilarmi il cazzo dentro.
– E perché dovrei darti la fica e anche il culo? Eh? Perché? – ansimo con le ultime forze residue. Sto arrivando, sto davvero arrivando, lo sento.
– Perché tu sei mia.
Di quante “i” è fatto un “sì” in quel momento? Diecimila per ogni litro d’aria che abbiamo nei polmoni, penso. Di quante “i” sono fatti i milioni di “sì” che gli sto urlando ora? No cazzo, Tommy, questo non me lo dovevi fare. Ma che modi sono? Dirmi che sono tua! Io che mi sento tua. Se tu me lo dici, me lo dici così… ora… lo sai…
Chi cazzo ha spento la luce e chi cazzo l’ha riaccesa? E quanto tempo è passato? E da quanto sto tremando? E perché le sue mani e il suo corpo mi straziano e mi proteggono? E questo piacere durerà per sempre?
Ma soprattutto, mi sarà possibile smettere di tremare o dovrò passare il resto della mia vita così, sussultando come un budino?
– E’ la prima volta che ti guardo venire – dice Tommy, e la sua voce sembra arrivare da lontano.
– Non è vero… – ansimo.
E tutte quelle volte che mi sgrillettavo mentre ti succhiavo il cazzo dove le metti? Pensavi che stessi facendo le prove di yodel?
– No, d’accordo, hai ragione. E’ la prima volta che ti faccio venire io.
– Sì, questo è vero – ansimo ancora. Un po’ meno di prima.
Piano piano recupero il controllo di me stessa, del mio corpo. Ci vuole un po’, ma ci riesco. Sono appoggiata nuda sul suo corpo, la mia testa nascosta nell’angolo che il suo collo disegna sulla spalla. Lo so che tocca a me, ora. Ho paura e voglia di una cosa che non conosco.
– Non ti mettere strane idee in testa… – dico a voce un po’ più alta, come a farmi sentire da qualcuno.
– Che idee? – chiede Tommy.
– Non sto parlando con te…
– Uh? E con chi?
– Con il tuo cazzo… – rispondo con un tono di voce osceno.
Lo sento smobilitare e non voglio proprio che lo faccia. Mi abbasso verso il suo ventre e lo bacio, lo lecco, lo succhio. Alle sue palle dedico una carezza leggera. Sotto di me Tommy rabbrividisce e geme, è già pronto a riportarmi la mano sulla nuca per darmi il suo ritmo. Ma mi fermo, stavolta sono io che mi fermo e lo guardo.
E’ vero, un minuto fa me ne ha dette di tutti i colori, mi ha fatto precipitare sul set di un film porno. Ma in questo momento non riesco a non pensare alla prima volta che ci siamo visti e che mi ha detto “voglio fare l’amore con te, sarebbe bellissimo fare l’amore con te”. E penso anche a tutte le mie amiche che quando mi hanno confessato la prima volta hanno usato proprio queste parole, tra l’orgoglio e la vergogna, “ho fatto l’amore”.
E ovviamente – ovviamente per come mi conosco e ormai mi conoscete anche voi – a me non resta che chiedergli.
– Answer the following question, Tommy… non è che mi scoperesti?
CONTINUA
E’ incredibile come sembri che non sia passato neanche un giorno. Torniamo dal pub di Renato verso casa sua, io e Tommy, come abbiamo camminato tante volte, allacciati. Che chiunque ci avrebbe preso per due fidanzatini, non come una coppia di ragazzi un po’ particolare: uno che, in pratica, aveva detto a lei “ok, mi tromberò un’altra visto che vuoi restare vergine, ma tu mi farai una montagna di pompini”; una che gli aveva risposto “pronta ogni volta che vuoi”.
Non è che ci fossimo proprio detti così, ma insomma la sostanza era questa. Due ragazzi che però, al di là di questo, riuscivano a riempire di benessere ogni momento che li vedeva insieme.
Uso questa parola, benessere, perché è quella che ci descrive meglio. Non felicità, non amore, che ne sappiamo cosa sono la felicità e l’amore? Ma stare bene sì. Insieme. L’ho detto tante volte, forse vi sono pure diventata noiosa.
Succedeva fino a qualche mese fa. E sta succedendo oggi.
Quando rientriamo in casa io so già cosa accadrà. Lui… lui non so. Forse se lo immagina o forse lo spera. O forse davvero per lui non è poi così importante. E questo mi dispiace. Mentre mangiavamo ho ripensato alle sue parole: “Possiamo scopare o possiamo non scopare, per me va bene lo stesso”. Più o meno erano queste. E ora come ora non so più se esserne colpita, lusingata quasi, come lo sono stata prima. Ora come ora, piuttosto, da lui vorrei essere desiderata.
Mi starebbe bene anche essere desiderata tanto, troppo. Anche solo per sfogare un bisogno bestiale, anche contro la mia volontà.
Ci baciamo lungamente sul divano, poi salgo sulle sue gambe e mi accoccolo in silenzio, lui mi dondola leggermente. Il termosifone è partito, l’appartamento finalmente ci riscalda. La mia gonna, i suoi pantaloni, tutto si è asciugato nel frattempo. Ora che siamo al riparo, fuori ricomincia a piovere forte. Guardo oltre i vetri della porta-finestra e sorrido.
Tommy si alza, mi prende in braccio e mi porta in camera sua. Penso che mi depositerà sul letto ma non è così. Mi lascia in piedi, si toglie le scarpe e sul letto ci si stende lui. Incrocia le mani dietro la testa. Lo fisso tra il divertito e l’interrogativo.
– La faresti una cosa per me? – è lui a rompere il silenzio.
– Caffè? Tè? Me? – rido ripetendo la battuta di un vecchio film che ho visto in televisione e mettendo la mano su un fianco in una posa finto sexy.
Anche Tommy sorride. So che esprimerà il suo desiderio liberamente e so che sarò libera di esaudirlo o meno, senza tante menate. Ma dentro di me so già che dirò sì. Qualsiasi cosa sia.
La sua richiesta, però, non me l’aspettavo. Non mi scandalizza, figuriamoci, ma mi lascia spiazzata. Un po’, almeno.
– C’è una cosa che vorrei, vederti nuda. Non ti ci ho mai visto e l’ho sempre desiderato. Mi ci sono anche sparato qualche sega.
– Ti sei fatto una sega pensando a me nuda? – chiedo. Cazzo, questa sì che si chiama gratificazione. E immediatamente dopo penso che da questo punto di vista Tommy è esattamente come me, non gliene frega un cazzo dei giudizi morali.
– Più di una…
– Io sono magra, lo sai, un’alice – gli dico. Ho già deciso di fare la troietta preziosa per almeno una trentina di secondi. No, ok, facciamo venticinque… Venti secondi? Una decisione tutta di testa, perché se dovessi seguire il mio corpo da quel dì che mi sarei spogliata.
– Sì, sei semianoressica ma mi piaci, e lo sai.
– Ho le tette piccole…
– Le conosco, mi piacciono, sai anche questo.
– Ho dei brutti piedi… – cazzo, non mi viene più niente di meglio da dire, la sto buttando a ridere.
– Non guarderò, non sono poi così interessanti i piedi.
– Ma perché vuoi vedermi nuda?
– Perché l’ho sempre desiderato.
Sapessi quante volte ho desiderato che mi togliessi tutto, Tommy, vorrei dirgli. E quindi…
– Ok, spogliami.
Più che dirglielo glielo sussurro, ma mi sente benissimo. E’ una buffa situazione, lui steso sul letto io in piedi come una scolaretta alla cattedra.
– No, voglio che ti spogli tu davanti a me. E per me.
Oh cazzo, questo non so se lo so fare. Uno spogliarello? Mi vergogno… Cioè, mi vergogno di non saperlo fare, di non essere sensuale…
Però lo faccio, inizio, lentamente, come se dovessi svestirmi per andare a letto, ma con gesti molto più rallentati. Guardo per terra, non per la vergogna, lo faccio per concentrarmi.
In breve mi ritrovo solo con l’intimo addosso.
– Quelle calze sono straordinarie, ti stanno benissimo – esclama Tommy al disvelarsi delle mie parigine – lasciatele addosso, non le togliere…
Cazzo, qui ci stiamo facendo troppo esigenti: togli questo, lascia quello…
– Queste le conosci – dico sfilandomi timidamente il reggiseno. Non me ne è mai fregato nulla di avere le tette piccole (non è vero, vi sto mentendo), ma adesso vorrei avere almeno una terza, che ne so perché… Rabbrividisco, forse perché stando così nuda la casa non è poi così calda, forse perché sto iniziando a eccitarmi. Forse entrambe le cose.
Poi è la volta del peri. Sì, va bene, il complimento “carine quelle mutandine” poteva essere più partecipato, ma apprezzo lo stesso. E non mi dà nessun fastidio togliermele davanti a lui. Più che altro, mi viene in mente solo adesso che stamattina ci ho messo un quarto d’ora di tremebonda pazienza per radermi quel filo di ricrescita sul pube con la paura di tagliarmi. Chissà perché poi, visto che non mi aspettavo nulla, non mi aspettavo di dovere arrivare a questo. Lui però se ne accorgerà che non ho più un pelo, penso mentre me le lascio scivolare giù, dovrei dirgli di Viola? Non so perché, ma decido per il no. Eppure gli ho detto di peggio, su di me. Sto lì in piedi ad aspettare che parli lui, invece. Con le braccia lungo il corpo e la testa che mentre lo guardo resta abbassata.
– Ehi, c’è una novità! – dice Tommy, che la fica me l’ha toccata ma non l’ha mai vista. Mi ha subito fatto tana.
– Beh sì, ho ceduto alle mode… ti piace?
– Molto – risponde Tommy.
Che mi squadra, mi squadra a lungo. E più mi squadra più mi eccito, perché sento di essere nelle sue mani, perché io sono nuda e lui no, perché mi affido a questo e adesso sì che mi sento desiderata. Il calore inizia a squagliarmi il ventre, e se lui ha un minimo di spirito di osservazione non potrà fare a meno di notare i miei capezzoli già eretti, induriti. Ogni secondo in più che passa ad osservarmi mi pare che serva per farmeli schizzare via.
– Vieni – dice protendendo la mano verso di me.
Io mi muovo, mi avvicino alla sua mano, avvicino la fica alla sua mano. Lo vuole lui e io lo voglio. A questo punto voglio tutto. Chissà se lui se ne rende conto.
Mi passa un dito sulla fessura e già mi sembra che mi si pieghino le ginocchia. Poi la sua voce tra il sorpreso e il compiaciuto:
– Quanto sei bagnata…
Non pensavo che tre semplici parole potessero darmi questa scossa. Non so bene che tipo di movimento faccio. Uno scatto, forse, qualcosa che mi porta istintivamente a proteggermi con le braccia, sull’orlo di una caduta. Qualcosa che porta lui, probabilmente in modo altrettanto istintivo, a stringere la mano tra le mie cosce, ad abbrancarmi il sesso. Mi sento preda e presa, chiudo gli occhi e mi getto sopra di lui, sul letto. Per evitare di finire sul pavimento, in realtà.
Tommy mi prende tra le braccia e mi stringe.
– Voglio leccarti la figa – sussurra. E’ un ragazzo che va al dunque. Io stessa sono una ragazza che va al dunque.
– Leccami la fica – rispondo.
Ridondante, ma con il pregio della precisione.
Fa per sfilarsi da sotto, certo con l’intenzione di allargarmi le cosce e accomodarsi lì. Che non sarebbe per niente una cattiva idea, credetemi. Ma io ho in mente altro.
– No, aspetta – dico con un soffio. Poi ruoto su me stessa e gli salgo a cavallo della faccia, gliela offro così.
Vorrei abbandonarmi a un sessantanove, ma come sento le sue labbra e la sua lingua tutto diventa più complicato. I brividi mi scuotono e all’improvviso è un’impresa slacciargli la cintura o persino abbassargli la zip e tirargli fuori il cazzo dalla patta. Scusa Tommy, ma proprio non ce la faccio adesso a succhiartelo. Lo capisci, no?, che se mi fai gemere così a me non resta che strusciare il viso sul tuo pacco custodito dai jeans, sentire che ti diventa più duro, ingombrante.
Non posso dire che sia come Viola, no. Né meglio né peggio (oddio, peggio sì, ma non è questo che conta). E’ diverso, meno preciso ma più… come dire? Più possessivo? La lingua che mi scava alla ricerca della mia entrata umida e inviolata, o che risale a scontrarsi con il mio bottoncino pulsante, quelle labbra che cercano di succhiarlo senza riuscirci ma che lo stimolano fino a rendere il piacere irresistibile.
Tommy, sono così bagnata e laggiù scivola tutto. Scusa ancora se non ti libero il cazzo che immagino stia per esplodere (e brividi si aggiungono a brividi se penso che stia per esplodere per me) e mi ci struscio sopra con la guancia, se ti annuso alla ricerca dell’odore di maschio. Scusa se non riesco a dirti le solite zozzerie perché sono capace solo di miagolare il mio calore, scusa per questo strillo da un milione di decibel ma se mi infili la lingua nell’altro buchino beh, sappilo d’ora in poi, l’effetto che mi fa è quello.
– Ti piace, eh? – dice lui mentre cerco di riprendere aria dopo quell’urlo – dai, fammi vedere come sei troia…
– Fammelo vedere tu quanto sono troia – gli rispondo girandomi e adagiandomi su di lui. Cerco con la mia fica il contatto del suo pacco. Lui mi mette le mani sul culo e spinge.
– Sicura?
– Sicura.
Mi cerca il buchino con un dito e ce lo infila dentro. La saliva lo aiuta a scendere. Di un bel po’, a occhio e croce. Me lo sento scivolare in fondo e gonfiarmi, invadermi. Emetto un verso che deve suonare pressappoco come “nngghhnnnahi”, e sa solo Iddio quanto mi piace questo bruciore. Lui mi guarda con un sorriso arrapato, io gli soffoco il mio gemito in bocca.
– Porco – gli sussurro all’orecchio dopo avere roteato la lingua sulla sua. Lecco il suo muso che è ancora bagnato di me.
– Perché?
Lo sa benissimo il perché, ma vuole sentirlo da me, è ovvio.
– Per quel dito…
– Ti da fastidio?
– Guai a te se lo togli….
Mi brucia e mi piace, quell’invasione. Così come adesso inizia a bruciarmi la fica a furia di strusciare sul ruvido dei suoi pantaloni. Mi sollevo in ginocchio e gli slaccio la cintura, lo sbottono, gli tiro giù tutto liberando il suo cazzo. Lo imbocco brevemente, gustando il suo sapore che adoro. Tommy mugola di piacere, mi poggia una mano sulla testa, come so che gli piace fare. Gliel’ho lasciato fare tante volte…
Ma non voglio fargli un altro pompino, ora. Voglio prendermi il mio piacere e voglio farlo sentendomi porca, sentendomi dire cose porche. Mi è presa così.
Lascio scivolare mezzo litro di saliva sul suo cazzo diventato ora pienamente duro, come ho fatto con quello sconosciuto all’autogrill, e torno a strusciarmi. Non posso, e nemmeno voglio a dire il vero, impedirmi di lasciarmi andare a un gemito che è insieme di piacere e di desiderio.
– Aaaaahhh Tommy siiiiì…
– Ti piace?
Ok, domanda non particolarmente originale. Ma in questo momento, vi assicuro, mi fa piacere.
– Siiiiì! E’ splendido – dico iniziando a sentire un po’ di affanno – dai, facciamo cose strane, dimmi quello che hai sempre desiderato e che non ti hanno mai lasciato fare…
Non lo so perché glielo chiedo. O meglio, lo so: voglio che mi ecciti ancora di più con le sue fantasie, che me le racconti. Non lo so se davvero vorrei che mi facesse “cose strane”, in teoria dovrei anche averne paura. Ma non è quello il punto: più che “fare” in questo momento voglio sentirlo “dire”.
– Tutto tutto? – mi chiede. Poi con la mano libera mi abbranca una natica e inizia a darmi lui il ritmo dello sfregamento sul suo cazzo. Alla saliva devono essersi aggiunti adesso i miei succhi. E anche in modo copioso perché il suo lui mi scivola tra le labbra della fica con facilità e ogni volta che la pressione sul grilletto si fa più intensa mi sento sul punto di esplodere.
Appoggio la fronte sul cuscino, la bocca piena di ansimi accanto al suo orecchio. Pulso oscenamente.
– Dimmi cosa mi faresti – sussurro.
– Per prima cosa ti legherei…
– … mmm… davvero? – gli dico rialzando un po’ la testa e guardandolo negli occhi. Credo di avere un sorriso stampato sulla faccia che va e viene, perché sempre più spesso non posso fare a meno di mordermi il labbro – e poi?
– Poi magari ti potrei bendare… –
Mi piace, ha capito, sta al mio gioco, sa che mi sta portando in paradiso e vuole farlo.
– Ah sì, eh? – ansimo accelerando il mio ritmo – però potrei sempre mettermi a urlare che mi stai violentando…
– In questo caso potrei metterti le tue mutandine in bocca…
Oddio, solo l’immagine mi devasta. Come se non bastasse Tommy mi preme sulla natica ancora più forte spingendomi ancora di più sul suo uccello duro.
– Perché le mie e non le tue?
– Perché vorresti le mie?
– Perché c’è l’odore del tuo cazzo…
Forse una cosa così pornografica non l’ho mai detta in vita mia. Per spiegarmi: ne ho dette anche di peggiori, ma mai con questa intensità, con questa voglia.
– Ti piace il mio cazzo?
– Lo adoro…
– Poi ti farei questo!
Immediatamente dopo uno “sciac” assai sonoro e un bruciore fortissimo su una chiappa.
– AHIA! Sei impazzito? – urlo mentre una scossa di piacere mi attraversa e mi fa venire voglia di averne ancora.
– Ti ho fatto male? – mi chiede.
– Sì… – dico pentendomene subito dopo, ho paura che non lo rifaccia più e invece… e invece scema che sono ne rivorrei subito un altro.
– Bene – risponde lui.
E colpisce ancora.
– AHIAAA… mostro!
Bruciore, piacere, la sua mano che mi carezza la natica dolorante, altro piacere forse ancora più intenso. Mi struscio sempre più veloce sul suo cazzo, ho voglia di venire e allo stesso tempo paura di venire, paura che tutto finisca troppo presto. Mi rendo conto che mi sto contorcendo su di lui come un serpente, che sto gemendo sui di lui come una moribonda.
– Poi andrei a prendere del ghiaccio e te lo passerei sulla pelle, per ultimi lascerei i tuoi capezzoli e la tua figa… un passaggio con il ghiaccio e uno con la lingua… Ti leccherei fino a che non mi implori di smettere…
Non mi è ben chiaro come potrei implorarlo di smettere con le sue mutande in bocca ma non importa. Non voglio che smetta lui, ora, di sussurrarmi le sue porcate (più immaginate che mai realizzate, suppongo) mentre mi struscio sul suo cazzo e godo del suo dito che mi ha ormai completamente occupato il retto. Voglio venire, voglio solo quello.
– E se ti imploro smetti? – miagolo.
– No, ti faccio impazzire di orgasmi… ti mangio la figa e mi bevo la tua acqua finché non svieni dal piacere…
– E poi? E poi? – ansimo incontrollata – sei un porco, un porco che mi fa impazzire…
– Poi ti sverginerei, Annalisa, mi prenderei finalmente ciò che dovevo prendermi sin dal primo giorno…
Ho una scossa, no anzi più di una. No cavolo, sono un miliardo di scosse e pulsazioni, brividi, rantoli strozzati che a un certo punto non riesco più a strozzare, movimenti convulsi che non riesco più a fermare. Fin dal primo giorno, cazzo, fin dal primo giorno. Doveva essere così fin dal primo giorno e poi per tutti i giorni, idioti che non siamo stati altro. Io, soprattutto, io. Un’idiota urlante, adesso.
– Davvero? – chiedo con la voce rotta da un pianto di piacere quando l’urlo si spegne. Mi sento come sospesa adesso. La prima ondata di godimento si è ritirata e adesso aspetto la prossima, quella che mi darà la mazzata finale.
– Sì ti sverginerei la figa e poi anche il culo – dice adesso anche lui, pazzo di eccitazione e con la voce rotta dagli spasmi, mentre affonda il dito ancora di più nel mio sedere e spinge su il bacino come se volesse davvero infilarmi il cazzo dentro.
– E perché dovrei darti la fica e anche il culo? Eh? Perché? – ansimo con le ultime forze residue. Sto arrivando, sto davvero arrivando, lo sento.
– Perché tu sei mia.
Di quante “i” è fatto un “sì” in quel momento? Diecimila per ogni litro d’aria che abbiamo nei polmoni, penso. Di quante “i” sono fatti i milioni di “sì” che gli sto urlando ora? No cazzo, Tommy, questo non me lo dovevi fare. Ma che modi sono? Dirmi che sono tua! Io che mi sento tua. Se tu me lo dici, me lo dici così… ora… lo sai…
Chi cazzo ha spento la luce e chi cazzo l’ha riaccesa? E quanto tempo è passato? E da quanto sto tremando? E perché le sue mani e il suo corpo mi straziano e mi proteggono? E questo piacere durerà per sempre?
Ma soprattutto, mi sarà possibile smettere di tremare o dovrò passare il resto della mia vita così, sussultando come un budino?
– E’ la prima volta che ti guardo venire – dice Tommy, e la sua voce sembra arrivare da lontano.
– Non è vero… – ansimo.
E tutte quelle volte che mi sgrillettavo mentre ti succhiavo il cazzo dove le metti? Pensavi che stessi facendo le prove di yodel?
– No, d’accordo, hai ragione. E’ la prima volta che ti faccio venire io.
– Sì, questo è vero – ansimo ancora. Un po’ meno di prima.
Piano piano recupero il controllo di me stessa, del mio corpo. Ci vuole un po’, ma ci riesco. Sono appoggiata nuda sul suo corpo, la mia testa nascosta nell’angolo che il suo collo disegna sulla spalla. Lo so che tocca a me, ora. Ho paura e voglia di una cosa che non conosco.
– Non ti mettere strane idee in testa… – dico a voce un po’ più alta, come a farmi sentire da qualcuno.
– Che idee? – chiede Tommy.
– Non sto parlando con te…
– Uh? E con chi?
– Con il tuo cazzo… – rispondo con un tono di voce osceno.
Lo sento smobilitare e non voglio proprio che lo faccia. Mi abbasso verso il suo ventre e lo bacio, lo lecco, lo succhio. Alle sue palle dedico una carezza leggera. Sotto di me Tommy rabbrividisce e geme, è già pronto a riportarmi la mano sulla nuca per darmi il suo ritmo. Ma mi fermo, stavolta sono io che mi fermo e lo guardo.
E’ vero, un minuto fa me ne ha dette di tutti i colori, mi ha fatto precipitare sul set di un film porno. Ma in questo momento non riesco a non pensare alla prima volta che ci siamo visti e che mi ha detto “voglio fare l’amore con te, sarebbe bellissimo fare l’amore con te”. E penso anche a tutte le mie amiche che quando mi hanno confessato la prima volta hanno usato proprio queste parole, tra l’orgoglio e la vergogna, “ho fatto l’amore”.
E ovviamente – ovviamente per come mi conosco e ormai mi conoscete anche voi – a me non resta che chiedergli.
– Answer the following question, Tommy… non è che mi scoperesti?
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