Diversamente vergine - 13

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TUTTO HA UNA FINE. O UN INIZIO.

E dunque ci siamo, no? Cosa c’è da aggiungere, cosa c’è da raccontare ancora? La storia della Vergine Pompinara volge al termine perché, semplicemente, tra un po’ non ci sarà più la Vergine. E la storia perderà di interesse.

Doveva succedere prima o poi. E sono contenta che succeda così, con lui, qui, in questa casa disabitata.

Gliel’ho chiesto io, a Tommy, chiamando le cose con il loro nome. E di questo sono anche abbastanza fiera. Non “facciamo l’amore”, anche perché a ben vedere l’amore con Tommy ce l’ho fatto un sacco di volte. E non sto parlando solo delle occasioni in cui gli ho succhiato il cazzo. Anche ogni volta che l’ho baciato o che ci siamo nascosti mano nella mano da qualche parte, magari al riparo di quella troia della sua ragazza, Benedetta.

“Mi scoperesti?”, allora. Gli ho detto proprio così. E il corollario noto a entrambi è: vorresti essere il primo? Vorresti essere tu a mettere fine a questo racconto?

In questo istante esatto non ho una particolare eccitazione. Anzi no, scusate. In quanto a eccitazione sono eccitata come una gatta in calore, volevo dire che non provo una grandissima emozione.

In questo momento è così. In questo momento. Tra un po’ vedremo cosa succederà. Quello che dovevo chiedere l’ho chiesto.

– E il ragazzo speciale? E la storia speciale? – mi chiede.

– Sei tu, cretino, lo sai benissimo…

– L’ho sempre saputo, non pensavo che lo sapessi tu, avevo perso le speranze.

– Non rompere, Tommy. Ti ho chiesto una cosa.

– Che vuoi che ti dica? Non ho i preservativi.

– Ma vaffanculo, Tommy!

– Ma no, è vero, non ci pensavo proprio!

– Mi prendi per il culo?

– Magari! E’ vero, non pensavo proprio di trovarmi così adesso…

Non è per i preservativi, naturalmente, di cui non avverto nessun bisogno. E’ l’atteggiamento. Quando sentite dire che le ragazze sono più sveglie e i ragazzi sono dei gran cazzoni, quando lo sentite dire e pensate: sì, vabbè… No, no, non è retorica. Cioè, io non so se sono particolarmente sveglia, ma questo di sicuro è un gran cazzone.

E non in quel senso.

– Tommy – gli dico mentre sento inesorabile la mia libido smontare (ma vorrei vedere voi) – scusami tanto, sai? Ma tu vieni a Roma, mi inviti, fai in modo di stare solo con me, mi porti a casa tua, mi chiedi se voglio dormire con te, ti becchi pure un pompino spettacolare, modestia a parte… ma che cazzo pensavi di fare? Giocare alla playstation?

– Annalisa, che cazzo ti devo dire… non ho organizzato nulla…

– Tommy…

– Dimmi bionda.

– Se mai avrò bisogno di un avvocato…

– Ok, ok, ti giuro che non sarò io… li vado a comprare…

– No.

– Come no? – chiede lui allarmato.

– Non c’è bisogno, sono protetta.

– Ah… e perché?

– Lo vedi che sei geloso pure te, stronzo?

– Io?

– Seeee, vabbè… comunque prendo la pillola… questioni ormonali, non ti preoccupare… la tua Vergine Annalisa non te l’ha toccata nessuno…. Oddio, magari un po’ toccata sì…

– Una vergine un po’ troia, magari – dice lui allungando una mano e giochicchiando con uno dei miei capezzoli.

– Sì, concordo, parecchio troia – gli dico chiudendo gli occhi e godendomi quel contatto.

– Annalisa… questo però… voglio dire… non cambia il fatto che viviamo a quattro-cinquecento chilometri di distanza – dice lui allungando la mano anche sull’altro mio capezzolo – una storia tra noi sarebbe…

– Nessuna storia, Tommy – replico iniziando leggermente ad ansimare – siamo liberi… oh cazzo così mi fai…

– Quindi non sono quello speciale.

– Sì che lo sei, imbecille, sei speciale perché sei qui, ora.

– Non sei più gelosa?

– Sì che lo sono, testa di cazzo, di Benedetta e di quell’altra mignotta. Come si chiama? Savannah?

– Sharon.

– Sì, Sharon – esalo mentre lui mi torce i capezzoli provocandomi un crampo al ventre nudo – ma non me ne frega un cazzo… magari un giorno un altro mi scoperà e sarai tu a essere geloso…

– Ti faresti scopare da un altro? – chiede lui stringendo e torcendomi un po’ i capezzoli.

Lo afferro per la nuca e lo tiro a me. Lo bacio, lui mi invade la bocca con la lingua. Io gli prendo la testa e me la porto su una tetta. Lui lecca, succhia, morde. Io uggiolo e sento che sto riprendendo a colare.

– Sì, certo, perché no? – dico con il fiato ormai un po’ grosso e la voce stravolta – puoi scoparmi solo tu?

– Sì, voglio scoparti solo io – risponde, decisamente stravolto anche lui – te l’ho detto che sei mia.

Risucchia un’intera tettina in bocca e porta l’altra mano in basso, percorrendo l’intero taglio della fica fino al grilletto. Ho una scossa elettrica fortissima e vengo travolta da un brivido immediatamente dopo. Così mi farà godere, penso, ma così è anche sleale. E’ come se mi volesse fargli dire una cosa che non voglio dirgli.

Mi stacco – lo ammetto, con molta fatica – poggio le mani indietro sul letto. Io completamente nuda e con le parigine che mi fasciano le gambe spalancate, lui in maglione e camicia, i pantaloni abbassati alle ginocchia e il cazzo che punta in fuori. E’ tornato duro, ora. Siamo un’immagine ridicola. Cioè, in un altro momento saremmo un’immagine fortemente sexy e il suo cazzo mi ingolosirebbe non poco, ma poiché mi sono abbastanza incazzata la trovo ridicola.

– Scusa un secondo – dico scendendo dal letto.

– Dove vai?

– A pisciare – rispondo. Sono sicura che mi sta guardando il culo e non posso dargli torto. Mi gratifica, ma sempre incazzata resto.

– Romantica come al solito… – mi raggiunge la sua voce quando sono già nel corridoio.

Devo fare pipì, è vero, ma avrei anche potuto tenerla. Come quella volta all’università con Viola, però, questo mi consente di pensare in pace per qualche istante. E quando penso in pace io penso rapida.

Non se ne parla nemmeno, Tommy. No way. Ti dirò io come andranno le cose, andranno a modo mio.

Mi siedo sul bidet e mi sciacquo un po’, non voglio che si senta l’odore di pipì nel caso in cui. Afferro l’unico asciugamanino sopravvissuto al trasloco della famiglia di Tommy e mi tampono. Poi faccio una cosa cui solo una femmina in questi momenti può pensare: mi prendo cura della casa. E del buon nome di quel coglione che mi aspetta nella sua stanza.

Torno in camera e lui è nella stessa posizione di prima, identico. Giusto il cazzo gli si è ammosciato a furia di aspettarmi. Certo, se lo sarebbe potuto menare, penso, in fondo è sempre un bel vedere, e che cavolo…

– Dimmi una cosa, Tommy – gli faccio – ma com’è che in casa non c’è nemmeno più una federa e invece il tuo letto è fatto? Pensi di dormire qui stanotte, in due? Dobbiamo soffocare insieme o lo trovi più intimo?

– Ho portato da Bologna le cose per il lettone, ce l’ho nel trolley – risponde senza fare una piega – qui è rimasto così perché questa roba non mi è mai piaciuta… Che ci fai con l’asciugamano?

Getto sul letto la tovaglietta umida. Lo guardo.

– Abbiamo detto che mi devi scopare, no? Ci sarà del sangue, è una cosa abbastanza normale… Vuoi che il prossimo che entra qui dentro scopra che ti scopi le vergini? O credi che penserà che hai sgozzato un pollo? Sul letto, magari.

C’è qualche secondo di silenzio. Non sono molto gentile, me ne rendo conto io stessa. Ma che ci posso fare?

– Ti sei incazzata, vero?

– Ebbè, guarda un po’…

– Hai ragione, sono un coglione… Ma non dicevo sul serio.

– Un po’ sul serio dicevi, Tommy. Mi hai delusa.

– Sì, un po’ sul serio dicevo – ammette abbassando gli occhi.

– Facciamo così – gli dico tirando fuori ciò che avevo pensato in bagno – ognuno fa quello che vuole. Tu ti scopi chi ti pare, io mi scopo chi mi pare, ok? Senza sotterfugi, bugie, cazzate di questo tipo. Certo, magari l’altro quando lo viene a sapere ci sta male… ma ti avverto: se so che ti scopi una e non me lo dici per paura di farmi male io mi incazzo anche peggio. Quindi, non ti conviene. Una cosa reciproca, vale per tutti e due. Io però quando mi vuoi ci sono. E’ il mio regalo, Tommy. Ma poi, guarda, nemmeno pretendo che tu faccia lo stesso, lo faccio perché mi piace farlo.

– Vuoi dire che faccio un fischio e vieni a farti scopare?

– Non fare lo stronzo, Tommy, o ritiro tutto. Comunque sì, anche quello.

– Ok, no, scusa. E’ che sono nervoso.

– Tu sei nervoso? Io che dovrei dire? Sei tu l’esperto, no?

– Annalisa… è che mi piaci da morire…

Taccio e sorrido, perché quelle parole possono avere mille significati e me li voglio tenere tutti per me. Ma quello che prevale, ora, è “mi piaci da morire, ti voglio, voglio il tuo corpo”. Lo penso perché quello che voglio io è che se lo prenda, il mio corpo. Anche lui mi arrapa da morire, ma non glielo dico. Gli ho detto anche troppo.

Gli afferro l’orlo dei pantaloni e tiro, poi i calzini, i boxer.

– E’ ora di finirla con questa storia che solo io devo stare nuda…

Lui fa per togliersi il maglione ma lo fermo, “faccio io”, gli dico. E lo faccio. Il maglione, i bottoni della camicia, via tutto. Anche per me è la prima volta che lo vedo nudo. Lo accarezzo, sento i muscoli sotto la pelle, gli passo la mano leggera sul cazzo e sui testicoli, lo bacio.

– Tutte quelle cose che dicevi prima… – sussurro mentre li lecco il petto.

– Quali?

– Quelle cose che si dicono alle troie come me – continuo sussurrando – legarmi, bendarmi, mettermi le mutande in bocca… il ghiaccio… Le hai mai fatte?

– No…

– Le hai viste su internet?

– Sì.

– Sei un porco… Un depravato… Non hai mai nemmeno inculato una ragazza?

– No.

– Nemmeno Benny, o quella troia di Bologna?

– No.

Lo interrogo, lo bacio e gli accarezzo il cazzo. Che presto diventa duro come il marmo caldo nelle mie mani. E’ una carezza leggera che fa ansimare lui e bagnare me. Lo metto a sedere sul letto, mi inginocchio sul pavimento e inizio a succhiarlo. E’ di sicuro un’impressione, ma non l’ho mai sentito così caldo nella mia bocca.

– Ti prego Tommy – gli dico interrompendomi un attimo e guardandolo negli occhi – dimmi che sono una troia e che mi scoperai ogni volta che ti tira il cazzo…

Mi afferra con forza i capelli fino a farmi male e poi mi risbatte giù, sul suo cazzo. Non obietto, non gemo, non protesto. Lo imbocco e seguo il ritmo che mi vuole dare lui.

– Sei una troia Annalisa, una troia da scopare…

La carica di desiderio con cui pronuncia le parole “troia da scopare” mi provoca una scarica di caldo e contrazioni al ventre. Adesso ogni decisione sta a lui.

E la decisione arriva dopo pochi altri affondi del suo palo nella mia gola. Mi induce ad alzarmi sempre tenendomi per i capelli, proprio mentre, sbavando, cerco di ricacciare un conato. Mi sbatte sul letto, mi sistemo sull’asciugamano, con l’ultimo residuo di lucidità.

Si stende sopra di me e ci baciamo in modo selvaggio. Mi pesa, mi schiaccia, ma non è una brutta sensazione, anzi. Il suo petto preme sulle mie mammelle, il duro del suo cazzo sul ventre. Gli abbraccio la schiena e lui mi infila la lingua in bocca, come se volesse penetrarmi solo lì. Mi lascio andare, ma solo quando lui si rialza sui gomiti mi ricordo che, insomma, forse dovrei aprire le cosce.

Lo faccio, ma lui si mette in ginocchio e mi afferra le gambe, se le porta sulle spalle. Poi mi prende per il bacino, mi sistema e io penso che oddio così sono proprio indifesa. “Dai puttana” fa lui mentre si sforza di trovare un incastro, io faccio ”ah, sì!”, ma non è il suono che emetto la cosa da sottolineare. La cosa da sottolineare è che a causa del suo insulto ora ho un lago tra le gambe.

Sono stretta tra la voglia che cresce al ventre, la paura di una cosa che mi farà non essere più come prima e la sensazione di sembrare una deficiente che non può fare altro che stare lì spalancata in attesa che lui si posizioni per bene.

All’improvviso, l’attacco di panico. Il terrore di essere violata mi attraversa.

Cazzo, cazzo, cazzo Tommy, ho cambiato idea, vorrei dirgli. Ma mi vergogno, è semplicemente troppo tardi. Ho un brivido di tristezza perché improvvisamente mi rendo conto di essere più rassegnata che felice.

A differenza delle altre volte, però, è la sensazione di un secondo, che sparisce al contatto della punta del suo uccello che mi cerca l’ingresso. Chiudo gli occhi. E quando sento che l’ingresso lo trova li strizzo proprio. Sono così bagnata ma ho l’impressione che si sia infilato in qualcosa di troppo stretto, e quel qualcosa di troppo stretto sono io, cazzo. L’altra impressione che avverto è quella di essere in iperventilazione.

Poi la botta, che mi spezza il fiato proprio mentre sto cercando di prendere più aria possibile. Me lo aspettavo più delicato, ma non lo è manco per niente. Avverto come un pizzico dentro, poi la seconda botta. E stavolta è proprio:

– AHIA! AHIA CAZZO!

Ho uno scatto. Mi fa male, brucia. Quella mazza che si incunea e mi apre la carne è un’intrusa dentro di me. Mi vengono le lacrime agli occhi. Credevo che le altre esagerassero quando raccontavano “senti male, piangi senza capire perché”. Credevo che lo facessero per darsi un tono. E invece no, mi fa proprio male e, a dire il vero, lo capisco benissimo perché piango.

Apro gli occhi, li spalanco, e lo guardo. Mi sembra teso, concentrato, non mi sembra quasi che una parte di lui sia dentro di me. E’ come se fosse un’altra persona. Vorrei dirgli di fermarsi un attimo, ma le parole non ce la fanno ad uscire, non riesco a parlare. Riesco solo a cigolare mentre mi avanza dentro.

Sì lo so che la prima volta è normale non provare piacere. Sì lo so che si può essere un po’ tese in questo momento. Mi hanno sempre fatto ridere quelle che nei forum ti consigliavano una prima volta serena, comoda e tranquilla, con la persona che ti piace. “Stai rilassata e vedrai”. Sì, come no. E quando è tutto finito ti dico pure “namasté” e faccio l’inchino.

Invece mi brucia da matti e mi sento inadeguata.

Un ultimo scatto del suo bacino e la pressione dei suoi quadricipiti pelosi sulle mie gambe. Strillo un’altra volta, meno di prima. E’ arrivato in fondo? Per un attimo mi sembra insopportabile, poi sopportabile, poi è bello quando lui si stende su di me un’altra volta e torna a schiacciarmi.

Tommy prende a spingere. Spinge, spinge sempre più forte. Conosco la bestia, il maschio, la foia. Ne ho ospitati tanti nella mia bocca.

Nelle mie masturbazioni, ho sempre pensato che in questo momento avrei gridato parole oscene, sfondami, chiavami, spaccamela, aprimi in due come una mignotta. Ma in questo momento riesco a articolare solo vocali “aaah”, “oohi”, “iiih”. Non capisco più un cazzo.

Mentirei però se dicessi che non c’è piacere.

C’è il piacere di scoprire come le mie gambe si allacciano quasi spontaneamente sulla sua schiena. E quando lui si alza sulle braccia e il suo cazzo mi struscia sul grilletto provo piacere. E anche nella fastidiosa sensazione di essere allargata c’è piacere. E’ una sensazione di forza sopra di me e dentro di me. E’ proprio perché c’è questo piacere qui, credo, che gli piagnucolo “sì-sì-sì” e che un attimo dopo mi dico che è la prima volta in vita mia che dico sì-sì-sì con un cazzo dentro.

E so che sembra stupido, ma mentre mi scopa non penso mica “oddio sono una troia” oppure “oddio sono una donna ora”. Ma manco per niente. Penso “a chi lo racconterò per prima?”, e mentalmente ripasso i racconti delle mie amiche o delle compagne di scuola che l’avevano già fatto e di quelle che lo millantavano. Lo dirò a Stefania? A Trilli? A mia sorella Martina? Oppure a Viola? Magari a quel moretto carino che lavora al bar dell’Università: “Senti, la prima volta che ti ho visto avrei voluto farti un pompino, ma adesso che non sono più vergine, se vuoi, mi puoi sbattere sul bancone dopo l’orario di chiusura”.

Mi dà piacere anche questo vortice di farneticazioni. Sì-sì-sì.

Quando comincia a darmi delle botte di cazzo sempre più veloci e il suo respiro si fa più corto capisco che è il suo momento e lo imploro “vieni, vieni”. Mi hanno detto che il caldo dello sperma si avverte quando ti allaga la fica, ma io non lo sento, brucia tutto, troppo, per sentire altro calore.

Quando lui mi schizza dentro, però, c’è piacere anche lì.

A parte la sensazione di sentirgli il cazzo vibrare, quello che mi fa impazzire è proprio il fatto che mi venga dentro, che goda di me, che abbia riversato in me il suo liquido seminale, che io sia la prescelta.

Il suo corpo ansimante sopra il mio mi dà piacere. La sua testa che soffia come un mantice accanto alla mia mi dà piacere. I suoi capelli che accarezzo con la mano mi danno piacere.

Restiamo un po’ di tempo così finché mi sento meno ingombrata, lì. Probabilmente il cazzo si è ammosciato e si è alla fine sfilato da solo, non so che dire, è così che funziona? Gli chiedo scusa e corro in bagno un’altra volta, un’altra volta mi siedo sul bidet. Ho bisogno di acqua fredda. Sulle mie mani c’è un misto di sangue e sperma che non riesce a farmi non dico schifo, ma nemmeno impressione. Ho solo voglia di acqua fredda. Punto.

Tommy entra in bagno e per la prima volta di fronte a lui mi sento in imbarazzo. Ha in mano l’asciugamano con una bella chiazza bruna. Vorrei dirgli di lasciarmi sola un secondo ma poi vedo sul suo cazzo le striature del mio sangue. Gli faccio cenno di avvicinarsi, bagno l’asciugamano, lo pulisco. Gli rinfresco tutto con delicatezza, l’inguine, lo scroto, lui ha un brivido. Glielo prendo in bocca, glielo bacio, glielo lecco. E’ fresco.

– Davvero ti sei masturbato pensando a me? – gli chiedo.

– Un sacco di volte, tu non l’hai mai fatto?

Sì, l’ho fatto. E’ ovvio che l’ho fatto. Tutte le volte che facevo un pompino a qualcuno e la sera mi sgrillettavo pensando a quel cazzo cui avevo dato piacere alla fine pensavo che quel cazzo fosse il suo.

Oddio, non proprio tutte le volte: dopo avere succhiato quel tipo all’autogrill per giorni ho immaginato di essere impalata da quel bastone inverosimile. Una volta avevo anche immaginato di essere nella scena di un fumetto porno che avevo letto su internet, dove una ragazza veniva montata da un cavallo che alla fine l’ammazzava sfondandole tutto e facendole uscire il cazzo dalla bocca. Un po’ splatter, lo so. E lo so, sono matta. Ma se sapeste quante volte, ad esempio, mi sono sgrillettata immaginando di essere violentata…

Però, di norma, dopo che ho conosciuto Tommy e gli ho fatto quel pompino nel parco, quando pensavo a qualcuno che mi sverginava pensavo a lui.

– Me la sono consumata la fica pensando a te, Tommy – gli rispondo.

Usciamo dal bagno nudi, prendiamo lenzuola e coperte dal suo bagaglio e facciamo il letto, quello dove dormivano i suoi genitori quando abitavano lì. Adesso invece siamo noi che ci addormentiamo lì. Ci svegliamo che fuori è buio da un pezzo. Ci rivestiamo e usciamo. Chiamo Martina per chiederle di dire a mamma che questa notte dormo da un’amica. Lei non commenta ma dal tono di voce mi sa che ha mangiato la foglia.

Ci facciamo una pizza e poi andiamo al cinema. Dopo il cinema un pub. Poi torniamo a casa, ci mettiamo sotto le coperte e ricominciamo a scopare. Anche se a me dà ancora un po’ fastidio. Meno di prima, ma non posso dire che sia sempre piacevole. L’orgasmo lo trovo solo grazie alle mie dita, cui si sostituisce, ma solo quando sto già praticamente tremando, la sua lingua.

Vabbè, vedremo le prossime volte. In ogni caso, questa è andata così. Ma non ve la racconterò aggiungendo altri dettagli. Basta, che c’è ormai da raccontare? Vi dico solo due cose. La prima è che ho fatto ciò su cui avevo fantasticato tanto nella mia vita da vergine, gli ho pulito il cazzo con la bocca dopo che lui mi era venuto dentro. Lo avevo visto fare – su internet, eh, mica dal vero – e ne avevo sentito parlare e devo dire che è una cosa fantastica sentire i due sapori mischiati insieme.

La seconda è che no, il culetto non me l’ha fatto.Magari qualcuno resterà deluso ma no, niente. Certo, me l’ha leccato e ci ha anche infilato il dito dentro facendomi sbroccare, ma sbroccare sul serio. E me l’ha chiesto. Sì, ha aspettato me per chiedere a una ragazza di farsi inculare. Ma non me la sono sentita, che vi devo dire, ho avuto paura. E’ proprio una cosa che mi fa paura. Magari non sarò tutta sta troietta che penso di essere, boh. Gli ho detto – e vi giuro che ero sincera in quel momento – che avrebbe potuto prendere la mia ultima verginità la prossima volta. Ma sapete, in quegli istanti si dicono tante cose… E poi chissà se ci sarà una prossima volta.

FINE
scritto il
2019-09-24
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