Quattro cose che so di me
di
Browserfast
genere
etero
Ciao, sono Annalisa. Questa è l’ultima cosa che vi racconto prima di passare alla serata della penitenza, giuro. Lo so che mi sono dilungata parecchio, scusatemi, ma questa ve la devo proprio dire. E poi a voi piace leggermi, no? Confessatelo...
Si tratta di una cosa che riguarda Tommy, un regalo di Tommy. Che si è materializzato in un sms che mi ha inoltrato. C’era un biglietto elettronico di andata e ritorno per Bologna, la città in cui studia. Ho controllato il calendario. Partenza un venerdì mattina, ritorno la domenica sera. Si è ricordato che lunedì mattina ho lezione, che caro. Si è invece dimenticato che anche venerdì mattina ho lezione, proprio all’ora in cui parte il treno. Sticazzi.
Lo scrivo sul telefono, questo capitolo. Proprio sul treno che mi riporta da Bologna a Roma. Perché in questo week end ho imparato delle cose su di me e ci tengo a dirvele.
E’ passato quasi un mese dalla sera in cui sono uscita con Francesco Due e ciò significa che è passato quasi un mese dalla mia ultima scopata (per la verità, la seconda della mia vita). E’ passata invece poco più di una settimana da quando sono uscita con Fabrizio. Avrebbe potuto essere la terza scopata della mia vita, ma quel giorno mi è arrivato il ciclo e si è dovuto accontentare di un paio di pompini. Lui per la verità se ne sarebbe anche fregato, ma io no. Il primo giorno ho sempre una specie di emorragia. Potevi farti vivo prima, carino, ti sarebbe andata bene. Devo confessare però che a casa sua Fabrizio, mentre ci baciavamo, mi ha tolto il maglione e la t-shirt che portavo sotto e mi ha succhiato una mammella, l’ha proprio presa tutta in bocca, non è che ci voglia poi molto. Poi mi ha morso un capezzolo che era diventato duro come la pietra. Ha morso forte e mi ha fatto urlare dal dolore, ma nello stesso tempo mi ha fatto venire un brivido così intenso che per un momento mi è venuto in mente sì cazzo, così, ci ho ripensato, fottimi, con tutte le mestruazioni. Invece come vi ho detto gliel’ho succhiato. Due volte. La prima me l’ha sparata in faccia: me l’ha proprio chiesto, mi ha detto “la vuoi in faccia?” e io gli ho risposto “sì!”, anche se dentro di me pensavo “sì! come una troia!”. E infatti, telepatia, è venuto urlandomi troia e mi ha praticamente lavata da quanta ne aveva. La seconda l’ho bevuta, l’ho mandata tutta giù, non senza prima avergli fatto vedere la lingua imbrattata dalla sua roba. Io però niente, non sono venuta. Quando sono tornata a casa mi sono sgrillettata e mi sono infilata un ditino nel sedere. Me l’ha detto Tommy di farlo, una volta che facevamo sexting, e penso che lo farò ogni volta che ho il ciclo.
Un pomeriggio invece sono uscita con Giancarlo, quello che alla festa dove Francesco Due mi aveva portata il dito me l’aveva spinto nella fica proprio davanti al bancone del bar e che poi mi aveva detto di sapere che avevo spompinato Fabrizio nel cesso degli uomini. Come faccia a conoscere tutte queste cose, compreso il mio numero di telefono, non ne ho idea. Sta di fatto che mi ha invitata a prendere un caffè con lui e io ci sono andata. Anche se poi nessuno dei due ha preso un caffè ma ci siamo fatti due margarita, riscaldati da un fungo su un tavolino all’aperto. Nulla di che, non abbiamo parlato di quello che era successo con lui o con Francesco Due o con Fabrizio. Niente, ha voluto sapere un po’ di me e abbiamo chiacchierato amabilmente. Cosa volesse davvero non lo so, mi sembra poco plausibile che uno come lui si invaghisca di una ragazzina come me. Certo, non sono scema e potrei anche pensare che voglia semplicemente fottersela, la ragazzina. Ovvero fottermi. Del resto me l’aveva proprio detto in faccia che gli sembravo la classica ragazzina, bionda e stupida, che ognuno può portarsi a letto. E in quel momento, in quel locale, mi ero sentita completamente alla sua mercé e mi ero bagnata. Stavolta invece, in quella mezzoretta che abbiamo passato insieme, non ho avuto segnali di questo tipo, nessuno. L’unico punto di contatto con quella sera è stato quando ci siamo salutati con un bacetto sulle guance e lui mi ha detto, proprio come fece salutandomi davanti al bancone del bar, “ciao, puttanella”. L’ho osservato allontanarsi e un attimo dopo mi sono accorta di avere ancora una volta la fica umida per colpa sua.
A Tommy non ho detto niente di queste cose, anche se i patti sarebbero altri. In tutto il resto del tempo, me ne sono stata buona, anzi ho davvero studiato parecchio, ho pensato poco al sesso. O meglio, ci ho pensato un sacco e mi sono sditalinata come una matta. Ho pensato poco a procurarmelo, il sesso, ecco.
Dicevo che in questo week end ho imparato delle cose su di me. Non che prima non ne sapessi proprio nulla, eh? Diciamo che… Oh insomma, leggete e fate voi.
1) Sono un po’ stronza.
Inutile dire che sul treno che mi portava a Bologna la mia mente era rivolta a una cosa sola. Purtroppo non potevo nemmeno smessaggiarmi con Tommy, era all’università. Però è stato carino, mi è venuto a prendere alla stazione e mi ha portata a casa sua. Qui ho conosciuto la ciccio-punk, Giovanna, una delle due tipe che abitano con lui. E debbo dire che mai definizione fu più azzeccata. Piercing e capelli rasati solo da una parte, aria vagamente depressa, poche parole. Poi ho conosciuto quella che si è scopato, Sharon. E qui un po’ mi sono incazzata. Non per quella troia, che mi si è cagata pochissimo (debbo dire, ricambiata), ma perché se prima, in strada, Tommy sembrava non avere altra voglia che quella di spogliarmi, una volta arrivata a casa sta stronza la voglia gli è passata. O almeno l’ha repressa. Come se chiudersi in camera sua a darmi finalmente il suo bel cazzo fosse chissà quale atrocità in presenza di questa deficiente. Che poi, ve lo devo dire, una delusione. Chissà che mi credevo. A parte due labbra davvero belle e carnose, un paio di occhi bovini e un corpo niente di che insaccato in un maglione largo sotto il quale si intuiscono due meloni che sono almeno il triplo delle mie tettine. A Tommy del resto le tette grosse sono sempre piaciute. Come quelle di Benedetta, la ragazza con cui stava a scuola, al tempo in cui io gli facevo solo pompini. Però vorrei dirgli che davvero non ci posso credere che si sia scopato questa qui.
In ogni caso sono riuscita a vendicarmi. Cioè, credo di esserci riuscita. Anche con una certa classe, direi, prendendo il mio trolley che avevo lasciato all’ingresso e domandando a Tommy, e soprattutto davanti a lei, “dov’è la tua camera che poggio la valigia?”. Quei due-tre secondi di imbarazzato silenzio mi hanno ripagata della delusione.
Poi, nel corso del pomeriggio, tutto è ritornato piano piano come tra noi due è sempre stato. Sesso o non sesso io e Tommy siamo capaci di passare momenti perfetti ogni volta. E anche la serata al pub con i suoi amici è stata bella. Cioè, bella come può essere una serata passata con una compagnia di ragazzi e ragazze molto simpatici più una zoccola – abbastanza carina debbo dire, altro che Sharon - che si vede benissimo lontano un miglio che vorrebbe farsi dare una ripassata da Tommy. Se ne stava lì, con un’espressione costantemente beata sul viso che sembrava scema, le mani intrecciate e infilate tra le gambe. Ogni volta che parlava con Tommy si protendeva verso di lui. Ma che cazzo ti protendi? Troia. E siccome è una gatta morta, si vede benissimo, pensava che fosse il caso di fare lo stesso con me. “Da quanto vi conoscete con Tommy? Sei una sua amica? La sua ragazza?”. No che non sono la sua ragazza, carina, siamo stati al liceo insieme, a Roma. E no, certo non ti posso dire quanto ci siamo divertiti e come, però una cosa te la dico: “Non è che stiamo insieme, però stanotte dormo nel suo letto, fa’ un po’ te…”. Colpita e affondata? Boh, a giudicare dall’astio del suo sguardo direi di sì, e anche dal fatto che non mi ha rivolto più la parola per tutta la sera. Ma con le gatte morte non si sa mai…
2) Non so stare zitta.
Poiché sono un po’ stronza, un’altra idea per fare incazzare Sharon me la sono fatta venire appena io e Tommy siamo ritornati a casa. Vabbè, lo ammetto, oltre che stronza bisogna essere anche un po’ parecchio puttana per elaborare una cosa del genere. Ma non mi direte mica che questa la considerate una notizia, no? Eddài, non mi deludete. Comunque l’idea era quella di farmi sentire da Sharon. Non nel senso di sbattere la porta appena entrata in casa, che avete capito. Nel senso di esagerare i miei gemiti, i miei guaiti, le mie urla mentre stavo a letto con Tommy. Magari fingendo, se necessario.
Beh, l’idea ha avuto un successone, non credo proprio che sia la ciccio-punk che la mignotta abbiano dormito molto. Lei, Sharon, ha anche trovato il modo di farmelo notare la mattina, mentre eravamo casualmente tutti e tre in cucina: io, lei e Tommy. “C’è stato un po’ di trambusto stanotte, eh?”. “Scusami, è colpa mia”, le ho detto con tutta la condiscendenza di cui sono capace, “magari stanotte mi faccio imbavagliare, che dici?” ho invece aggiunto con il tono più da troia di cui sono capace. Se uno sguardo potesse uccidere sarei morta fulminata in quel momento, credo. E anche Tommy mi ha guardata malissimo, però quando la stronza se n’è tornata in camera sua è scoppiato a ridere come me.
La verità tuttavia è che non c’è stato nemmeno bisogno di fingere o esagerare, ma proprio per nulla. Quello che ho imparato su di me è questo: non so stare zitta, non ci riesco proprio. E non credo sia dovuto al fatto che è Tommy che mi scopa, penso che lo farei con chiunque, ma questo lui non lo sa. A volte ho provato a soffocare il suono del mio piacere, ma ci sono riuscita pochissimo. E’ bastato un colpo di cazzo più forte, una tirata per i capelli, una sculacciata, per farmi starnazzare come un’oca. Per non parlare delle parole di Tommy.
Già, le parole. E’ davvero invereconda la quantità di oscenità, invocazioni, porcherie sparse che è in grado di produrre. E io non sono da meno, anzi. A parte un innocente “quanto è bello essere scopata!” lanciato verso le quattro a 120 decibel, per tutta la notte è stata una sequenza ininterrotta di “aaah”, di “scopami”, di “oddio così”, di “voglio essere la tua troia”, di “ancora”, “più forte”, “non fermarti”, “mi apri tutta così!” eccetera. E di un’altra cosa che vi dirò dopo. La cosa più divertente, perché un lato divertente c’è sempre, è che sono del tutto inutili se non controproducenti i tentativi di silenziarmi. Tommy dovrebbe capirlo, devo dirglielo: non ha nessun senso che lui mi tappi la bocca dicendomi “vuoi stare zitta puttana”, perché lo so benissimo che sveglio tutto il quartiere, ma se lui fa così io mi eccito e strillo anche di più. Sono un caso difficilmente gestibile, lo so. Tuttavia non me ne vergogno. Anzi non me ne frega proprio un cazzo, se volete saperlo anche voi.
3) Mi piace in ogni modo e in un certo modo anche di più.
Il sesso, dunque. Beh, ce n’è stato parecchio. Ed era anche prevedibile visto che non mi sono certo arrampicata fino a Bologna per fare un ritiro spirituale. Per certi versi è stato anche emozionante. Perché essere una troia va bene, avere fatto pompini a decine di ragazzi va anche meglio, ma tornare da quello che ti ha deflorata, riprendere il discorso con quel cazzo che per primo è entrato dentro di te, insomma, una certa emozione te la crea. Forse perché si tratta di Tommy, può essere, forse per imprinting. Non lo so, se c’è qualche ragazza che ha un’opinione in merito me lo dica pure.
Comunque, come vi dicevo non abbiamo potuto fare nulla subito per colpa di quella stronza di Sharon. Ci sono rimasta un po’ male, è vero, ma poi con lui mi è passato subito tutto. Siamo anche stati al cinema e, se il luogo lo avesse consentito, gli avrei fatto un pompino lì. Ma c’era troppa gente e i bagni non erano proprio la location ideale, per cui ce ne siamo dovuto rimanere per un po’ con il cazzo duro nei pantaloni lui, con la fica bagnata io. Però ci siamo baciati e toccati un sacco attraverso i vestiti e la voglia di entrambi è cresciuta a dismisura.
E anche in pizzeria, con i suoi amici, non ho fatto altro che pensare a quando saremmo rimasti finalmente soli in camera sua. L’ho pure provocato, mandandogli di nascosto un messaggio su WhatsApp: “Attorno a questo tavolo c’è almeno una ragazza che non porta le mutandine, indovina chi è?”. E’ stato molto divertente osservare il suo viso trasfigurarsi, ma è stato molto più divertente immaginare il suo cazzo farsi di marmo. Così come lo è stato provocarlo sull’autobus, e invece di rispondere alla sua domanda “ma davvero non hai nulla sotto?” invitarlo a verificare di persona, lì in mezzo agli altri viaggiatori. Non l’ha fatto, peccato. Sarebbe stato da veri porci quali siamo.
Mentre tornavamo a casa abbracciati, però, Tommy ha approfittato di una défaillance dell’illuminazione pubblica in una stradina secondaria per appiccicarmi contro il muro di una specie di nicchia e baciarmi. Sotto il giaccone indossavo uno di quei vestiti a maglia, grigio, nemmeno molto corto. Ha infilato la mano tra le gambe e ci ha trovato un paio di collant neri con i motivi a squama e pesanti (faceva un freddo becco) ma già discretamente fradici proprio lì. La sorpresa lo ha mandato su di giri, io lo ero già da un po’ e la sua frase “sei già bagnata come una troia in calore” mi ha portata al limite, così come la pressione delle sue dita che sembravano volessero penetrarmi a dispetto del sottile diaframma di tessuto sintetico.
A essere sincera, i brividi che si sono susseguiti immediatamente dopo quel contatto erano dovuti perlopiù alle sue dita gelate, ma è stato un attimo. Ero così sciolta e rovente che il fastidio è passato quasi subito e mi sono persa in un altro milione di brividi di ben diversa natura. E quasi immediatamente le strade di quella città per me fino allora sconosciuta hanno assistito al mio primo orgasmo della serata, soffocato sul suo Woolrich.
Ma non ho avuto nemmeno il tempo di implorare “corriamo a casa” che Tommy ha fatto qualcosa che non mi sarei mai aspettata. Nel sesso, devo dirvelo così lo inquadrate meglio, lui è sempre stato un animale. Quando gli facevo solo i pompini, voglio dire, perché la volta che mi ha sverginata a casa sua invece c’era andato abbastanza leggero. E gliene sono grata, in fondo. Ma quando gli succhiavo il cazzo non è che gli bastava che io lo tenessi in bocca, no, a un certo punto me lo ficcava proprio dentro, fino in gola, fino ai conati, alle lacrime e ai colpi di tosse. Una cosa che mi fa impazzire. E quando mi infilava un dito nel culo idem, me lo spingeva tutto dentro, velocemente, facendomi urlare. E l’animale che è in lui si è risvegliato al gelo di quella stradina buia.
Ancora tremante com’ero dell’orgasmo appena avuto mi ha rigirata faccia al muro, ho sentito la sua mano risalire su per il culo. Forse cercava l’elastico dei collant e non lo trovava, non so, ma si deve essere rotto ben presto i coglioni, perché quasi subito ho sentito tutt’e due le sue mani sulle natiche che facevano una strana pressione. Ho sentito tirare e poi uno strappo della fibra e le sue unghie che mi graffiavano il sedere, poi uno strappo ancora. Il mio “no, che fai?” è stato quasi un gemito, e non solo perché capivo benissimo cosa stesse facendo. Poi il gelo improvviso sul culo e il rumore di due zip che si aprivano, quelle del suo giaccone e dei suoi pantaloni.
Il mio “sei pazzo, andiamo a casa” ha coinciso con la spinta della punta del suo cazzo che cercava alla cieca la mia fica e dei miei capezzoli appuntiti come chiodi che provavano a bucare il mio top di seta, liberi com'erano da ogni reggiseno. Il mio “non qui!” ha coinciso con la sua cappella che si intrufolava nella mia apertura viscida e bollente. Non sono mai stata più bugiarda in vita mia, perché quando l’ho sentito entrare il mio pensiero è stato invece sì, qui, ora e vaffanculo a tutto. Il suo “sì, qui in mezzo alla strada come una puttana!” è stato invece molto più sincero. Sincero come il suo cazzo, che era caldo e duro per me, per la voglia che aveva di me. Mentre mi stantuffava mi sono sentita avvolta dalla sensazione di essere una sgualdrina da quattro soldi sbattuta da un cliente sulla pubblica via e sono quasi venuta solo a pensarci.
Ma ciò che ricordo di più è l’indecifrabilità della situazione: essere scopata per la prima volta in piedi, con il maschio dietro di me, subire le sue spinte senza vederlo, stando attenta a non sbattere la faccia contro il muro, con il suo cazzo che non entra bene, sarà per la posizione o per i vestiti, per gli stivali che mi fanno ancora più alta di quel che sono o per chissà cos’altro. Mugolare e gemere, sentirmi piagnucolare “tutto dentro, Tommy”, sentirmi urlare “IO TI VOGLIO TUTTO DENTRO!”. Sentirmi rantolare di piacere mentre la sua mano mi tappa la bocca. Godere di un’emozione assurda quando ho sentito lo sperma bollente invadermi. Godere persino quando dopo qualche secondo mi ha girata e mi ha spinta giù dicendomi “puliscimi il cazzo prima che me lo rimetta dentro, puttanella”. E io sono andata giù, ancora ansimante, felice di essere trattata in quel modo. Sapete bene quanto mi piaccia inginocchiarmi, ma su quel selciato freddo non ce l’ho fatta. Mi sono accosciata e gliel’ho leccato e succhiato perbene mentre si ritraeva. L’avevo già fatto, ma per la prima volta ho provato un piacevole senso del dovere nel pulire il cazzo che mi aveva scopata. Sentivo la sua sborra iniziare a colarmi fuori e la voglia di averne ancora e ancora montarmi dentro.
Siamo tornati a casa abbracciati e io avvertivo passo dopo passo proprio quella voglia ingigantirsi nonostante l’aria gelida che si infiltrava nei miei collant sbrindellati. Tra le cosce i rivoli del suo seme e nelle orecchie le sue parole: “qui in mezzo alla strada come una puttana”. Sarò la sua puttana, mi ripetevo. E lo sono stata. Lo sono stata quando, nella sua stanza, mi ha detto di restare nuda di fronte a lui completamente vestito, come so che a lui piace. Lo sono stata quando gliel’ho preso in bocca la prima di innumerevoli volte supplicandolo di essere un animale, come piace a me. Anzi, di “chiavarmi a sangue”, come mi sono sorpresa a dire. Avevo una tale voglia che mi sarei fatta scopare anche l’anima.
E lui l’anima me l’ha scopata davvero a un certo punto. C’è stato un momento in cui l’ho capito, e in cui ho anche capito che mi piace in tutti i modi ma in un modo mi piace di più. E’ successo mentre mi godevo il suo bastone a smorzacandela e a un certo punto la sua voce tranquilla ha sovrastato i miei gemiti con un semplice “girati”. E sinceramente non sapevo bene cosa fare perché, cazzo, capiterà anche a voi di essere imbranati ogni tanto, no? Nessuno prima di allora mi aveva mai detto “girati” mentre mi scopava. Ma ci ha pensato lui a disarcionarmi e a mettermi a pancia in giù. Poi mi ha tirato su il culo. Sapevo benissimo di essere stata messa nella posizione della pecora. Voglio dire, non l'avevo mai fatto così, ma su Youporn la sezione doggystyle è da sempre una delle mie preferite. Doggystyle, giusto, più cagna che pecora. Anche perché è stato proprio Tommy a dirmi “ti piace se ti scopo così, come una cagna?”. E io non gli ho nemmeno detto sì, perché sarebbe stato pleonastico, cazzo. Gli ho risposto invece “sono la tua cagna”, in modo talmente istintivo che non so proprio come mi sia uscito. E a me andava benissimo. Semmai mi sentivo un po' strana a stare così, passiva, senza vederlo. Una sensazione di attesa febbrile. Sei tu, Tommy, che devi fare tutto e io non ti posso nemmeno guardare, baciare, non posso nemmeno carezzarti o graffiarti, ho pensato, io devo solo aspettarti, sei tu che mi devi prendere e allora prendimi.
E proprio quando lui mi ha abbrancata per le chiappe mi sono ricordata delle invocazioni di mia sorella Martina quando la sentii scopare nell'altra stanza con il suo ragazzo: "Prendimi! Prendimi!". Mi sono sentita esattamente così, presa, abbrancata. Per meglio dire, sopraffatta. Era questa l’indecifrabile sensazione che provavo quando mi scopava per strada, con la faccia al muro. E sì, cazzo, era proprio questa! E sapete che vi dico? In tutte quelle cazzate sulla dominazione qualche cosa di vero ci deve essere, perché in fondo mi sentivo un po’ così, dominata. E mi piaceva. “Prendimi Tommy, prendimi…” gli ho miagolato. E immediatamente dopo una botta secca che mi è arrivata sino in fondo. Di colpo, subito. Una botta che mi ha cozzato dentro. E io immediatamente ho pensato che tutte quelle cose che mi hanno raccontato e che ho letto, e che ho sempre creduto che fossero esagerazioni, in realtà non lo sono. Perché quella botta, devo confessare, in effetti… mi sfonda. No, è proprio vero. Non è un modo di dire osceno. La sensazione, che non saprei descrivere ma che ho percepito nettamente, è che lui così mi sfonda. Mi fa letteralmente vedere le stelle, che mi corrono incontro nei miei occhi chiusi. Se lo volevo tutto dentro posso dire di essere stata accontentata.
Ve l’ho confessato prima, volevo fare un po' di cinema e essere eccessiva e urlante più del necessario. Ma anche se non avessi programmato tutto questo, il mio urlo sarebbe uscito lo stesso, il mio “AAAAH.... TOMMIIIIIIY....!” ci sarebbe stato lo stesso. Così come quello che mi è uscito fuori subito dopo in automatico, senza pensare a nulla, senza che io stessa potessi farci nulla: “MI SFONDIIIIII....!”. Che volete che vi dica, è stato così, ho sentito questo. Come se il suo cazzo mi avesse trapanata, l’ho sentito in pancia. E poi ho sentito la sua voce affannata alle spalle che diceva “perché, non ti piace farti sfondare come una troia?”. E niente, sarà stata la parola "troia", sarà stato il suo tono allo stesso tempo arrapato e vagamente derisorio, ma io proprio mi sono sciolta, squagliata, sono andata fuori di capoccia. Come se non bastassero i suoi colpi, i suoi affondi. Come se non bastasse il suo andirivieni che mi svuotava, mi allargava e mi riempiva. Come se non bastasse il "ciac ciac" della sua carne sulla mia. Come se non bastasse soprattutto qualcosa che mi è scattato dentro al cervello.
Perché ogni tanto le sue botte di cazzo mi percuotevano il fondo e mi strappavano urla di dolore, ma com’è bello quel dolore, è il dolore più bello del mondo. Ed è bello anche starsene così, a quattrozampe, a sentirlo che dispone di me come un animale. Essere annullata, essere un oggetto, un buco: non avrei mai pensato che subire potesse essere così sublime.
Adesso, io ve lo potrei scrivere cento volte, ma in fondo si tratterebbe sempre della stessa parola, della stessa invocazione: "sfondami sfondami sfondami". Ma non riuscirei a rendere l'idea, perché io quella parola l’ho supplicata, l’ho gridata, l’ho pianta, risa, ruggita e esplosa. Isterica o implorante. Senza quasi nemmeno sentire la sua voce che da dietro mi diceva di fare meno casino, puttana, che ti sentono tutti.
Non gliene doveva fregare molto nemmeno a lui, visto che non ha fatto nulla per tapparmi la bocca e anzi, quando mi ha afferrata per i capelli e me li ha strattonati verso di sé ringhiandomi “sei una grandissima zoccola”, è sembrato apprezzare il mio strillo di sorpresa e di dolore, il mio "sì, così!". E’ sembrato apprezzare anche i miei strilli e i miei "sì, così!" che hanno seguito il rumore delle sue sculacciate e l'immediato bruciore sulle mie natiche. Oddio, sono così le scopate selvagge? Ma è fantastico! Mai più senza! Scema io e la mia fissa per la verginità, per quanto tempo mi sono persa questo? Per quanto tempo mi sono persa questi schizzi caldi dentro che lui ha accompagnato gridando e che mi hanno fatto urlare per l’ennesima volta “sì, così”? “Cazzo, ma farsi sbattere da te è una favola”, gli ho detto quando è finito tutto, mentre avevo ancora il fiatone e giù tra le cosce pulsavo ancora, mentre mi contorcevo come una gatta verso di lui e lui mi infilava le dita nella fica facendomi strillare ancora, uncinandole per raccogliere la sborra appena spruzzata e portandomele alla bocca per farmele leccare, per ridere mentre le leccavo e gli dicevo “porco, sei un porco”. Questa sì che è una scoperta, ho pensato poco prima che ci addormentassimo disfatti.
E un’altra scoperta l’ho fatta due o tre ore dopo, verso l’alba. Ho scoperto quanto può essere duro il cazzo di un ragazzo al mattino. E quanto un’esclamazione che a leggerla così sembra assolutamente cretina possa invece essere assolutamente veritiera: “E’ di marmo, Tommy, sei un toro”.
4) Una relazione complicata.
Lo so che non ve ne frega un cazzo, ma il mio rapporto con Tommy è davvero strano. Se lui vivesse a Roma, o io a Bologna, staremmo sempre insieme e non ci importerebbe nulla di tutto il resto. Ma così non è e non so se lo sarà mai, anche se sa benissimo che basta farmi un fischio per farmi correre da lui. Qualsiasi cosa voglia, andare a mangiare una pizza o farsi fare un pompino.
Ma non è di questo che voglio parlarvi, non è questa la relazione complicata. La relazione complicata è quella tra me e il mio didietro. Sì, lo so che a Tommy gliel’avevo promesso, gli avevo detto che gliel’avrei dato la prossima volta che avremmo scopato. Lui per la verità l’avrebbe preso subito, anche quello. Ma non è che non l’ho fatto perché ritenessi eccessivo farsi sverginare davanti e dietro in una botta sola. La verità è che non me l’ero sentita, ecco. E non me la sono sentita nemmeno questa volta, io ho paura. Non lo so perché, forse perché sono stata traumatizzata una volta da un tentativo di stupro anale. L’ho raccontato in Diversamente vergine, nel terzo o quarto capitolo, mi sembra. Comunque lui me lo ha chiesto, anzi per la verità nemmeno me lo ha chiesto, diciamo che ha provato a incularmi mentre ero a pancia in giù, sotto di lui, adorabilmente schiacciata sotto di lui. Mi vergogno quasi a dirlo, ma mi sono messa a piangere e lui ha lasciato perdere. Mi sono anche sentita scema e inadeguata, cosa che se ci pensate bene è una stronzata assoluta. Cioè, a bocce ferme è una stronzata assoluta, in quel momento mi sembrava giusto così. Sono scema, lo so. So che prima o poi accadrà, e certo non perché lo fanno un sacco di ragazze. Le mie amiche Trilli e Stefania lo fanno, e anche Viola lo fa.
Ma non è per quello, mi odierei se fosse per quello. Preferisco pensare che lo farò per le sensazioni che provo quando qualcuno (ma anche io stessa) gioca con il mio buchetto. Per il piacere bruciante che provo quando Tommy mi sodomizza brutalmente con il dito (Dio santo, quanto mi fa strillare), o quando mi ci infila la lingua dentro che sembra voglia incularmi anche con quella. Ecco, la lingua lì è davvero una cosa che mi fa perdere la testa, se dopo la lingua ci avesse messo il cazzo penso proprio che non sarei stata in grado di fare nulla, mi sarei lasciata fare il culo. Mi piacerebbe tanto che fosse lui il primo, anche dietro. Sono romantica in fondo, no?
Si tratta di una cosa che riguarda Tommy, un regalo di Tommy. Che si è materializzato in un sms che mi ha inoltrato. C’era un biglietto elettronico di andata e ritorno per Bologna, la città in cui studia. Ho controllato il calendario. Partenza un venerdì mattina, ritorno la domenica sera. Si è ricordato che lunedì mattina ho lezione, che caro. Si è invece dimenticato che anche venerdì mattina ho lezione, proprio all’ora in cui parte il treno. Sticazzi.
Lo scrivo sul telefono, questo capitolo. Proprio sul treno che mi riporta da Bologna a Roma. Perché in questo week end ho imparato delle cose su di me e ci tengo a dirvele.
E’ passato quasi un mese dalla sera in cui sono uscita con Francesco Due e ciò significa che è passato quasi un mese dalla mia ultima scopata (per la verità, la seconda della mia vita). E’ passata invece poco più di una settimana da quando sono uscita con Fabrizio. Avrebbe potuto essere la terza scopata della mia vita, ma quel giorno mi è arrivato il ciclo e si è dovuto accontentare di un paio di pompini. Lui per la verità se ne sarebbe anche fregato, ma io no. Il primo giorno ho sempre una specie di emorragia. Potevi farti vivo prima, carino, ti sarebbe andata bene. Devo confessare però che a casa sua Fabrizio, mentre ci baciavamo, mi ha tolto il maglione e la t-shirt che portavo sotto e mi ha succhiato una mammella, l’ha proprio presa tutta in bocca, non è che ci voglia poi molto. Poi mi ha morso un capezzolo che era diventato duro come la pietra. Ha morso forte e mi ha fatto urlare dal dolore, ma nello stesso tempo mi ha fatto venire un brivido così intenso che per un momento mi è venuto in mente sì cazzo, così, ci ho ripensato, fottimi, con tutte le mestruazioni. Invece come vi ho detto gliel’ho succhiato. Due volte. La prima me l’ha sparata in faccia: me l’ha proprio chiesto, mi ha detto “la vuoi in faccia?” e io gli ho risposto “sì!”, anche se dentro di me pensavo “sì! come una troia!”. E infatti, telepatia, è venuto urlandomi troia e mi ha praticamente lavata da quanta ne aveva. La seconda l’ho bevuta, l’ho mandata tutta giù, non senza prima avergli fatto vedere la lingua imbrattata dalla sua roba. Io però niente, non sono venuta. Quando sono tornata a casa mi sono sgrillettata e mi sono infilata un ditino nel sedere. Me l’ha detto Tommy di farlo, una volta che facevamo sexting, e penso che lo farò ogni volta che ho il ciclo.
Un pomeriggio invece sono uscita con Giancarlo, quello che alla festa dove Francesco Due mi aveva portata il dito me l’aveva spinto nella fica proprio davanti al bancone del bar e che poi mi aveva detto di sapere che avevo spompinato Fabrizio nel cesso degli uomini. Come faccia a conoscere tutte queste cose, compreso il mio numero di telefono, non ne ho idea. Sta di fatto che mi ha invitata a prendere un caffè con lui e io ci sono andata. Anche se poi nessuno dei due ha preso un caffè ma ci siamo fatti due margarita, riscaldati da un fungo su un tavolino all’aperto. Nulla di che, non abbiamo parlato di quello che era successo con lui o con Francesco Due o con Fabrizio. Niente, ha voluto sapere un po’ di me e abbiamo chiacchierato amabilmente. Cosa volesse davvero non lo so, mi sembra poco plausibile che uno come lui si invaghisca di una ragazzina come me. Certo, non sono scema e potrei anche pensare che voglia semplicemente fottersela, la ragazzina. Ovvero fottermi. Del resto me l’aveva proprio detto in faccia che gli sembravo la classica ragazzina, bionda e stupida, che ognuno può portarsi a letto. E in quel momento, in quel locale, mi ero sentita completamente alla sua mercé e mi ero bagnata. Stavolta invece, in quella mezzoretta che abbiamo passato insieme, non ho avuto segnali di questo tipo, nessuno. L’unico punto di contatto con quella sera è stato quando ci siamo salutati con un bacetto sulle guance e lui mi ha detto, proprio come fece salutandomi davanti al bancone del bar, “ciao, puttanella”. L’ho osservato allontanarsi e un attimo dopo mi sono accorta di avere ancora una volta la fica umida per colpa sua.
A Tommy non ho detto niente di queste cose, anche se i patti sarebbero altri. In tutto il resto del tempo, me ne sono stata buona, anzi ho davvero studiato parecchio, ho pensato poco al sesso. O meglio, ci ho pensato un sacco e mi sono sditalinata come una matta. Ho pensato poco a procurarmelo, il sesso, ecco.
Dicevo che in questo week end ho imparato delle cose su di me. Non che prima non ne sapessi proprio nulla, eh? Diciamo che… Oh insomma, leggete e fate voi.
1) Sono un po’ stronza.
Inutile dire che sul treno che mi portava a Bologna la mia mente era rivolta a una cosa sola. Purtroppo non potevo nemmeno smessaggiarmi con Tommy, era all’università. Però è stato carino, mi è venuto a prendere alla stazione e mi ha portata a casa sua. Qui ho conosciuto la ciccio-punk, Giovanna, una delle due tipe che abitano con lui. E debbo dire che mai definizione fu più azzeccata. Piercing e capelli rasati solo da una parte, aria vagamente depressa, poche parole. Poi ho conosciuto quella che si è scopato, Sharon. E qui un po’ mi sono incazzata. Non per quella troia, che mi si è cagata pochissimo (debbo dire, ricambiata), ma perché se prima, in strada, Tommy sembrava non avere altra voglia che quella di spogliarmi, una volta arrivata a casa sta stronza la voglia gli è passata. O almeno l’ha repressa. Come se chiudersi in camera sua a darmi finalmente il suo bel cazzo fosse chissà quale atrocità in presenza di questa deficiente. Che poi, ve lo devo dire, una delusione. Chissà che mi credevo. A parte due labbra davvero belle e carnose, un paio di occhi bovini e un corpo niente di che insaccato in un maglione largo sotto il quale si intuiscono due meloni che sono almeno il triplo delle mie tettine. A Tommy del resto le tette grosse sono sempre piaciute. Come quelle di Benedetta, la ragazza con cui stava a scuola, al tempo in cui io gli facevo solo pompini. Però vorrei dirgli che davvero non ci posso credere che si sia scopato questa qui.
In ogni caso sono riuscita a vendicarmi. Cioè, credo di esserci riuscita. Anche con una certa classe, direi, prendendo il mio trolley che avevo lasciato all’ingresso e domandando a Tommy, e soprattutto davanti a lei, “dov’è la tua camera che poggio la valigia?”. Quei due-tre secondi di imbarazzato silenzio mi hanno ripagata della delusione.
Poi, nel corso del pomeriggio, tutto è ritornato piano piano come tra noi due è sempre stato. Sesso o non sesso io e Tommy siamo capaci di passare momenti perfetti ogni volta. E anche la serata al pub con i suoi amici è stata bella. Cioè, bella come può essere una serata passata con una compagnia di ragazzi e ragazze molto simpatici più una zoccola – abbastanza carina debbo dire, altro che Sharon - che si vede benissimo lontano un miglio che vorrebbe farsi dare una ripassata da Tommy. Se ne stava lì, con un’espressione costantemente beata sul viso che sembrava scema, le mani intrecciate e infilate tra le gambe. Ogni volta che parlava con Tommy si protendeva verso di lui. Ma che cazzo ti protendi? Troia. E siccome è una gatta morta, si vede benissimo, pensava che fosse il caso di fare lo stesso con me. “Da quanto vi conoscete con Tommy? Sei una sua amica? La sua ragazza?”. No che non sono la sua ragazza, carina, siamo stati al liceo insieme, a Roma. E no, certo non ti posso dire quanto ci siamo divertiti e come, però una cosa te la dico: “Non è che stiamo insieme, però stanotte dormo nel suo letto, fa’ un po’ te…”. Colpita e affondata? Boh, a giudicare dall’astio del suo sguardo direi di sì, e anche dal fatto che non mi ha rivolto più la parola per tutta la sera. Ma con le gatte morte non si sa mai…
2) Non so stare zitta.
Poiché sono un po’ stronza, un’altra idea per fare incazzare Sharon me la sono fatta venire appena io e Tommy siamo ritornati a casa. Vabbè, lo ammetto, oltre che stronza bisogna essere anche un po’ parecchio puttana per elaborare una cosa del genere. Ma non mi direte mica che questa la considerate una notizia, no? Eddài, non mi deludete. Comunque l’idea era quella di farmi sentire da Sharon. Non nel senso di sbattere la porta appena entrata in casa, che avete capito. Nel senso di esagerare i miei gemiti, i miei guaiti, le mie urla mentre stavo a letto con Tommy. Magari fingendo, se necessario.
Beh, l’idea ha avuto un successone, non credo proprio che sia la ciccio-punk che la mignotta abbiano dormito molto. Lei, Sharon, ha anche trovato il modo di farmelo notare la mattina, mentre eravamo casualmente tutti e tre in cucina: io, lei e Tommy. “C’è stato un po’ di trambusto stanotte, eh?”. “Scusami, è colpa mia”, le ho detto con tutta la condiscendenza di cui sono capace, “magari stanotte mi faccio imbavagliare, che dici?” ho invece aggiunto con il tono più da troia di cui sono capace. Se uno sguardo potesse uccidere sarei morta fulminata in quel momento, credo. E anche Tommy mi ha guardata malissimo, però quando la stronza se n’è tornata in camera sua è scoppiato a ridere come me.
La verità tuttavia è che non c’è stato nemmeno bisogno di fingere o esagerare, ma proprio per nulla. Quello che ho imparato su di me è questo: non so stare zitta, non ci riesco proprio. E non credo sia dovuto al fatto che è Tommy che mi scopa, penso che lo farei con chiunque, ma questo lui non lo sa. A volte ho provato a soffocare il suono del mio piacere, ma ci sono riuscita pochissimo. E’ bastato un colpo di cazzo più forte, una tirata per i capelli, una sculacciata, per farmi starnazzare come un’oca. Per non parlare delle parole di Tommy.
Già, le parole. E’ davvero invereconda la quantità di oscenità, invocazioni, porcherie sparse che è in grado di produrre. E io non sono da meno, anzi. A parte un innocente “quanto è bello essere scopata!” lanciato verso le quattro a 120 decibel, per tutta la notte è stata una sequenza ininterrotta di “aaah”, di “scopami”, di “oddio così”, di “voglio essere la tua troia”, di “ancora”, “più forte”, “non fermarti”, “mi apri tutta così!” eccetera. E di un’altra cosa che vi dirò dopo. La cosa più divertente, perché un lato divertente c’è sempre, è che sono del tutto inutili se non controproducenti i tentativi di silenziarmi. Tommy dovrebbe capirlo, devo dirglielo: non ha nessun senso che lui mi tappi la bocca dicendomi “vuoi stare zitta puttana”, perché lo so benissimo che sveglio tutto il quartiere, ma se lui fa così io mi eccito e strillo anche di più. Sono un caso difficilmente gestibile, lo so. Tuttavia non me ne vergogno. Anzi non me ne frega proprio un cazzo, se volete saperlo anche voi.
3) Mi piace in ogni modo e in un certo modo anche di più.
Il sesso, dunque. Beh, ce n’è stato parecchio. Ed era anche prevedibile visto che non mi sono certo arrampicata fino a Bologna per fare un ritiro spirituale. Per certi versi è stato anche emozionante. Perché essere una troia va bene, avere fatto pompini a decine di ragazzi va anche meglio, ma tornare da quello che ti ha deflorata, riprendere il discorso con quel cazzo che per primo è entrato dentro di te, insomma, una certa emozione te la crea. Forse perché si tratta di Tommy, può essere, forse per imprinting. Non lo so, se c’è qualche ragazza che ha un’opinione in merito me lo dica pure.
Comunque, come vi dicevo non abbiamo potuto fare nulla subito per colpa di quella stronza di Sharon. Ci sono rimasta un po’ male, è vero, ma poi con lui mi è passato subito tutto. Siamo anche stati al cinema e, se il luogo lo avesse consentito, gli avrei fatto un pompino lì. Ma c’era troppa gente e i bagni non erano proprio la location ideale, per cui ce ne siamo dovuto rimanere per un po’ con il cazzo duro nei pantaloni lui, con la fica bagnata io. Però ci siamo baciati e toccati un sacco attraverso i vestiti e la voglia di entrambi è cresciuta a dismisura.
E anche in pizzeria, con i suoi amici, non ho fatto altro che pensare a quando saremmo rimasti finalmente soli in camera sua. L’ho pure provocato, mandandogli di nascosto un messaggio su WhatsApp: “Attorno a questo tavolo c’è almeno una ragazza che non porta le mutandine, indovina chi è?”. E’ stato molto divertente osservare il suo viso trasfigurarsi, ma è stato molto più divertente immaginare il suo cazzo farsi di marmo. Così come lo è stato provocarlo sull’autobus, e invece di rispondere alla sua domanda “ma davvero non hai nulla sotto?” invitarlo a verificare di persona, lì in mezzo agli altri viaggiatori. Non l’ha fatto, peccato. Sarebbe stato da veri porci quali siamo.
Mentre tornavamo a casa abbracciati, però, Tommy ha approfittato di una défaillance dell’illuminazione pubblica in una stradina secondaria per appiccicarmi contro il muro di una specie di nicchia e baciarmi. Sotto il giaccone indossavo uno di quei vestiti a maglia, grigio, nemmeno molto corto. Ha infilato la mano tra le gambe e ci ha trovato un paio di collant neri con i motivi a squama e pesanti (faceva un freddo becco) ma già discretamente fradici proprio lì. La sorpresa lo ha mandato su di giri, io lo ero già da un po’ e la sua frase “sei già bagnata come una troia in calore” mi ha portata al limite, così come la pressione delle sue dita che sembravano volessero penetrarmi a dispetto del sottile diaframma di tessuto sintetico.
A essere sincera, i brividi che si sono susseguiti immediatamente dopo quel contatto erano dovuti perlopiù alle sue dita gelate, ma è stato un attimo. Ero così sciolta e rovente che il fastidio è passato quasi subito e mi sono persa in un altro milione di brividi di ben diversa natura. E quasi immediatamente le strade di quella città per me fino allora sconosciuta hanno assistito al mio primo orgasmo della serata, soffocato sul suo Woolrich.
Ma non ho avuto nemmeno il tempo di implorare “corriamo a casa” che Tommy ha fatto qualcosa che non mi sarei mai aspettata. Nel sesso, devo dirvelo così lo inquadrate meglio, lui è sempre stato un animale. Quando gli facevo solo i pompini, voglio dire, perché la volta che mi ha sverginata a casa sua invece c’era andato abbastanza leggero. E gliene sono grata, in fondo. Ma quando gli succhiavo il cazzo non è che gli bastava che io lo tenessi in bocca, no, a un certo punto me lo ficcava proprio dentro, fino in gola, fino ai conati, alle lacrime e ai colpi di tosse. Una cosa che mi fa impazzire. E quando mi infilava un dito nel culo idem, me lo spingeva tutto dentro, velocemente, facendomi urlare. E l’animale che è in lui si è risvegliato al gelo di quella stradina buia.
Ancora tremante com’ero dell’orgasmo appena avuto mi ha rigirata faccia al muro, ho sentito la sua mano risalire su per il culo. Forse cercava l’elastico dei collant e non lo trovava, non so, ma si deve essere rotto ben presto i coglioni, perché quasi subito ho sentito tutt’e due le sue mani sulle natiche che facevano una strana pressione. Ho sentito tirare e poi uno strappo della fibra e le sue unghie che mi graffiavano il sedere, poi uno strappo ancora. Il mio “no, che fai?” è stato quasi un gemito, e non solo perché capivo benissimo cosa stesse facendo. Poi il gelo improvviso sul culo e il rumore di due zip che si aprivano, quelle del suo giaccone e dei suoi pantaloni.
Il mio “sei pazzo, andiamo a casa” ha coinciso con la spinta della punta del suo cazzo che cercava alla cieca la mia fica e dei miei capezzoli appuntiti come chiodi che provavano a bucare il mio top di seta, liberi com'erano da ogni reggiseno. Il mio “non qui!” ha coinciso con la sua cappella che si intrufolava nella mia apertura viscida e bollente. Non sono mai stata più bugiarda in vita mia, perché quando l’ho sentito entrare il mio pensiero è stato invece sì, qui, ora e vaffanculo a tutto. Il suo “sì, qui in mezzo alla strada come una puttana!” è stato invece molto più sincero. Sincero come il suo cazzo, che era caldo e duro per me, per la voglia che aveva di me. Mentre mi stantuffava mi sono sentita avvolta dalla sensazione di essere una sgualdrina da quattro soldi sbattuta da un cliente sulla pubblica via e sono quasi venuta solo a pensarci.
Ma ciò che ricordo di più è l’indecifrabilità della situazione: essere scopata per la prima volta in piedi, con il maschio dietro di me, subire le sue spinte senza vederlo, stando attenta a non sbattere la faccia contro il muro, con il suo cazzo che non entra bene, sarà per la posizione o per i vestiti, per gli stivali che mi fanno ancora più alta di quel che sono o per chissà cos’altro. Mugolare e gemere, sentirmi piagnucolare “tutto dentro, Tommy”, sentirmi urlare “IO TI VOGLIO TUTTO DENTRO!”. Sentirmi rantolare di piacere mentre la sua mano mi tappa la bocca. Godere di un’emozione assurda quando ho sentito lo sperma bollente invadermi. Godere persino quando dopo qualche secondo mi ha girata e mi ha spinta giù dicendomi “puliscimi il cazzo prima che me lo rimetta dentro, puttanella”. E io sono andata giù, ancora ansimante, felice di essere trattata in quel modo. Sapete bene quanto mi piaccia inginocchiarmi, ma su quel selciato freddo non ce l’ho fatta. Mi sono accosciata e gliel’ho leccato e succhiato perbene mentre si ritraeva. L’avevo già fatto, ma per la prima volta ho provato un piacevole senso del dovere nel pulire il cazzo che mi aveva scopata. Sentivo la sua sborra iniziare a colarmi fuori e la voglia di averne ancora e ancora montarmi dentro.
Siamo tornati a casa abbracciati e io avvertivo passo dopo passo proprio quella voglia ingigantirsi nonostante l’aria gelida che si infiltrava nei miei collant sbrindellati. Tra le cosce i rivoli del suo seme e nelle orecchie le sue parole: “qui in mezzo alla strada come una puttana”. Sarò la sua puttana, mi ripetevo. E lo sono stata. Lo sono stata quando, nella sua stanza, mi ha detto di restare nuda di fronte a lui completamente vestito, come so che a lui piace. Lo sono stata quando gliel’ho preso in bocca la prima di innumerevoli volte supplicandolo di essere un animale, come piace a me. Anzi, di “chiavarmi a sangue”, come mi sono sorpresa a dire. Avevo una tale voglia che mi sarei fatta scopare anche l’anima.
E lui l’anima me l’ha scopata davvero a un certo punto. C’è stato un momento in cui l’ho capito, e in cui ho anche capito che mi piace in tutti i modi ma in un modo mi piace di più. E’ successo mentre mi godevo il suo bastone a smorzacandela e a un certo punto la sua voce tranquilla ha sovrastato i miei gemiti con un semplice “girati”. E sinceramente non sapevo bene cosa fare perché, cazzo, capiterà anche a voi di essere imbranati ogni tanto, no? Nessuno prima di allora mi aveva mai detto “girati” mentre mi scopava. Ma ci ha pensato lui a disarcionarmi e a mettermi a pancia in giù. Poi mi ha tirato su il culo. Sapevo benissimo di essere stata messa nella posizione della pecora. Voglio dire, non l'avevo mai fatto così, ma su Youporn la sezione doggystyle è da sempre una delle mie preferite. Doggystyle, giusto, più cagna che pecora. Anche perché è stato proprio Tommy a dirmi “ti piace se ti scopo così, come una cagna?”. E io non gli ho nemmeno detto sì, perché sarebbe stato pleonastico, cazzo. Gli ho risposto invece “sono la tua cagna”, in modo talmente istintivo che non so proprio come mi sia uscito. E a me andava benissimo. Semmai mi sentivo un po' strana a stare così, passiva, senza vederlo. Una sensazione di attesa febbrile. Sei tu, Tommy, che devi fare tutto e io non ti posso nemmeno guardare, baciare, non posso nemmeno carezzarti o graffiarti, ho pensato, io devo solo aspettarti, sei tu che mi devi prendere e allora prendimi.
E proprio quando lui mi ha abbrancata per le chiappe mi sono ricordata delle invocazioni di mia sorella Martina quando la sentii scopare nell'altra stanza con il suo ragazzo: "Prendimi! Prendimi!". Mi sono sentita esattamente così, presa, abbrancata. Per meglio dire, sopraffatta. Era questa l’indecifrabile sensazione che provavo quando mi scopava per strada, con la faccia al muro. E sì, cazzo, era proprio questa! E sapete che vi dico? In tutte quelle cazzate sulla dominazione qualche cosa di vero ci deve essere, perché in fondo mi sentivo un po’ così, dominata. E mi piaceva. “Prendimi Tommy, prendimi…” gli ho miagolato. E immediatamente dopo una botta secca che mi è arrivata sino in fondo. Di colpo, subito. Una botta che mi ha cozzato dentro. E io immediatamente ho pensato che tutte quelle cose che mi hanno raccontato e che ho letto, e che ho sempre creduto che fossero esagerazioni, in realtà non lo sono. Perché quella botta, devo confessare, in effetti… mi sfonda. No, è proprio vero. Non è un modo di dire osceno. La sensazione, che non saprei descrivere ma che ho percepito nettamente, è che lui così mi sfonda. Mi fa letteralmente vedere le stelle, che mi corrono incontro nei miei occhi chiusi. Se lo volevo tutto dentro posso dire di essere stata accontentata.
Ve l’ho confessato prima, volevo fare un po' di cinema e essere eccessiva e urlante più del necessario. Ma anche se non avessi programmato tutto questo, il mio urlo sarebbe uscito lo stesso, il mio “AAAAH.... TOMMIIIIIIY....!” ci sarebbe stato lo stesso. Così come quello che mi è uscito fuori subito dopo in automatico, senza pensare a nulla, senza che io stessa potessi farci nulla: “MI SFONDIIIIII....!”. Che volete che vi dica, è stato così, ho sentito questo. Come se il suo cazzo mi avesse trapanata, l’ho sentito in pancia. E poi ho sentito la sua voce affannata alle spalle che diceva “perché, non ti piace farti sfondare come una troia?”. E niente, sarà stata la parola "troia", sarà stato il suo tono allo stesso tempo arrapato e vagamente derisorio, ma io proprio mi sono sciolta, squagliata, sono andata fuori di capoccia. Come se non bastassero i suoi colpi, i suoi affondi. Come se non bastasse il suo andirivieni che mi svuotava, mi allargava e mi riempiva. Come se non bastasse il "ciac ciac" della sua carne sulla mia. Come se non bastasse soprattutto qualcosa che mi è scattato dentro al cervello.
Perché ogni tanto le sue botte di cazzo mi percuotevano il fondo e mi strappavano urla di dolore, ma com’è bello quel dolore, è il dolore più bello del mondo. Ed è bello anche starsene così, a quattrozampe, a sentirlo che dispone di me come un animale. Essere annullata, essere un oggetto, un buco: non avrei mai pensato che subire potesse essere così sublime.
Adesso, io ve lo potrei scrivere cento volte, ma in fondo si tratterebbe sempre della stessa parola, della stessa invocazione: "sfondami sfondami sfondami". Ma non riuscirei a rendere l'idea, perché io quella parola l’ho supplicata, l’ho gridata, l’ho pianta, risa, ruggita e esplosa. Isterica o implorante. Senza quasi nemmeno sentire la sua voce che da dietro mi diceva di fare meno casino, puttana, che ti sentono tutti.
Non gliene doveva fregare molto nemmeno a lui, visto che non ha fatto nulla per tapparmi la bocca e anzi, quando mi ha afferrata per i capelli e me li ha strattonati verso di sé ringhiandomi “sei una grandissima zoccola”, è sembrato apprezzare il mio strillo di sorpresa e di dolore, il mio "sì, così!". E’ sembrato apprezzare anche i miei strilli e i miei "sì, così!" che hanno seguito il rumore delle sue sculacciate e l'immediato bruciore sulle mie natiche. Oddio, sono così le scopate selvagge? Ma è fantastico! Mai più senza! Scema io e la mia fissa per la verginità, per quanto tempo mi sono persa questo? Per quanto tempo mi sono persa questi schizzi caldi dentro che lui ha accompagnato gridando e che mi hanno fatto urlare per l’ennesima volta “sì, così”? “Cazzo, ma farsi sbattere da te è una favola”, gli ho detto quando è finito tutto, mentre avevo ancora il fiatone e giù tra le cosce pulsavo ancora, mentre mi contorcevo come una gatta verso di lui e lui mi infilava le dita nella fica facendomi strillare ancora, uncinandole per raccogliere la sborra appena spruzzata e portandomele alla bocca per farmele leccare, per ridere mentre le leccavo e gli dicevo “porco, sei un porco”. Questa sì che è una scoperta, ho pensato poco prima che ci addormentassimo disfatti.
E un’altra scoperta l’ho fatta due o tre ore dopo, verso l’alba. Ho scoperto quanto può essere duro il cazzo di un ragazzo al mattino. E quanto un’esclamazione che a leggerla così sembra assolutamente cretina possa invece essere assolutamente veritiera: “E’ di marmo, Tommy, sei un toro”.
4) Una relazione complicata.
Lo so che non ve ne frega un cazzo, ma il mio rapporto con Tommy è davvero strano. Se lui vivesse a Roma, o io a Bologna, staremmo sempre insieme e non ci importerebbe nulla di tutto il resto. Ma così non è e non so se lo sarà mai, anche se sa benissimo che basta farmi un fischio per farmi correre da lui. Qualsiasi cosa voglia, andare a mangiare una pizza o farsi fare un pompino.
Ma non è di questo che voglio parlarvi, non è questa la relazione complicata. La relazione complicata è quella tra me e il mio didietro. Sì, lo so che a Tommy gliel’avevo promesso, gli avevo detto che gliel’avrei dato la prossima volta che avremmo scopato. Lui per la verità l’avrebbe preso subito, anche quello. Ma non è che non l’ho fatto perché ritenessi eccessivo farsi sverginare davanti e dietro in una botta sola. La verità è che non me l’ero sentita, ecco. E non me la sono sentita nemmeno questa volta, io ho paura. Non lo so perché, forse perché sono stata traumatizzata una volta da un tentativo di stupro anale. L’ho raccontato in Diversamente vergine, nel terzo o quarto capitolo, mi sembra. Comunque lui me lo ha chiesto, anzi per la verità nemmeno me lo ha chiesto, diciamo che ha provato a incularmi mentre ero a pancia in giù, sotto di lui, adorabilmente schiacciata sotto di lui. Mi vergogno quasi a dirlo, ma mi sono messa a piangere e lui ha lasciato perdere. Mi sono anche sentita scema e inadeguata, cosa che se ci pensate bene è una stronzata assoluta. Cioè, a bocce ferme è una stronzata assoluta, in quel momento mi sembrava giusto così. Sono scema, lo so. So che prima o poi accadrà, e certo non perché lo fanno un sacco di ragazze. Le mie amiche Trilli e Stefania lo fanno, e anche Viola lo fa.
Ma non è per quello, mi odierei se fosse per quello. Preferisco pensare che lo farò per le sensazioni che provo quando qualcuno (ma anche io stessa) gioca con il mio buchetto. Per il piacere bruciante che provo quando Tommy mi sodomizza brutalmente con il dito (Dio santo, quanto mi fa strillare), o quando mi ci infila la lingua dentro che sembra voglia incularmi anche con quella. Ecco, la lingua lì è davvero una cosa che mi fa perdere la testa, se dopo la lingua ci avesse messo il cazzo penso proprio che non sarei stata in grado di fare nulla, mi sarei lasciata fare il culo. Mi piacerebbe tanto che fosse lui il primo, anche dietro. Sono romantica in fondo, no?
1
voti
voti
valutazione
10
10
Continua a leggere racconti dello stesso autore
racconto precedente
Un evento privato - 2racconto sucessivo
La gara
Commenti dei lettori al racconto erotico