Tutto in frantumi 1 - Appunti di viaggio

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Venerdì, tardo pomeriggio, Frecciarossa seconda classe direzione Bologna. Per essere più precisi: direzione Tommy. So che mi verrà a prendere alla stazione e se solo ci penso… vabbè. E poiché lo so da ieri mattina che mi verrà a prendere alla stazione, è da ieri mattina che… ok sì, sto colando. Non è una cazzata, dico sul serio. Del resto l’avevo detto a me stessa: devi darti una calmata, Annalisa, o colerai per una settimana solo pensando a lui. Due giorni invece di una settimana mi sembra già un successo, no?

Vedete, il mio rapporto con Tommy è del tutto particolare, se avete letto i precedenti racconti lo saprete. Non è che siamo proprio innamorati però a me basta stargli accanto per vivere una specie di estasi, sesso o non sesso. Ma se mi fisso sul suo cazzo, beh lasciamo perdere, diventerei pornografica. E non è questo il momento.

Eh no, perché visto che sono sul treno, ho il tempo di farvi un po’ il resoconto dell’ultima settimana. Lo faccio volentieri, anche per il sottile piacere di scrivere cose che, se le leggesse quello che mi siede davanti, credo che gli piglierebbe un infarto.

E’ un signore grasso, semipelato e peloso (lo capisco dalle mani da plantigrado). Uno stereotipo. Sembra che me l’abbia mandato il cielo per piazzarlo proprio a questo punto del mio racconto, ma vi giuro che è tutto vero. Mi guarda di sottecchi da quando siamo partiti, è incredibile che pensi che non me ne sia accorta. Mi sono sentita i suoi occhi sul sedere quando ho messo nello scomparto dei bagagli lo zainetto e il giubbotto di pelle. Sì, lo so, li ho messi apposta questi jeans che mi disegnano perfettamente il culo. Ma non li ho messi per lei, caro signore. Sto scemo si era pure offerto di aiutarmi. No grazie, faccio da sola. Anche perché se aspetto lei e quella panza che si ritrova arriviamo a Milano. Io invece scendo prima. Comunque se vuole tirarselo fuori e farsi una sega faccia pure, eh? Non ho mai visto una faccia da ragioniere tonda e semipelata come la sua che si trasfigura nell’orgasmo. Può essere interessante… Scherzo, eh? Però vi ripeto, si prova un certo piacere a scrivere porcate di fronte a esseri così, laidi e ignari.

L’ultima settimana, dicevo. Beh non c’è tantissimo da raccontare. Ma lo voglio fare mettendo in fila i giorni uno dopo l’altro come un diario. D’accordo? E su, siate buoni, non ho mai tenuto un diario…

Venerdì.

La sera prima, dopo essermi impalata praticamente in mezzo alla strada sul Black&Decker di quel coattello di Ridge, sono tornata a casa. A proposito, più ci penso più non mi sembra vero di essermi fatta scopare da un tipo del genere, con quel nome poi. Però in fondo era dolce. Senza contare che aveva un tale cazzo… Durante il ritorno ho raccontato tutto a Trilli, omettendo però che l’avevo preso dentro senza preservativo. Sennò chi la sentiva. Dal mio letto, quella sera, ho poi inviato un WhatsApp a Tommy: “Ho tanta voglia di succhiarti il cazzo, buonanotte”. Più per mantenimento che per altro. In realtà mi sentivo appagata, e anche parecchio. Tommy però mi ha risposto solo la mattina dopo, affettuoso come sempre: “Troia”.

Scusate, mi rendo conto di essere un tantino volgare mentre scrivo queste cose. Un po’ sopra le righe. Ma ve l’ho detto, non sto più nella pelle.

Ma ritorniamo a venerdì. A lezione, proprio quella mattina, ho incontrato Francesco Uno. Sapevo che Viola, la sua ragazza, non sarebbe venuta, il venerdì non lo fa mai. Gli ho chiesto se potevamo parlare un attimo e abbiamo parlato due ore e mezzo. Non sapeva che io e Viola ci siamo leccate la fica, mi ha detto. Cioè, non credeva proprio che la sua ragazza avesse tendenze lesbiche. E’ stato a questo punto che ho deciso di partire all’attacco, in modo un po’ scomposto ma efficace: “Non si tratta di avere tendenze lesbiche. A me piace il cazzo, il tuo cazzo, lo sai”. Si è irrigidito, lo posso anche giustificare. Mi ha detto che non ha nessuna intenzione di passare un’altra volta ciò che quella stronza della sua ragazza gli ha fatto passare. Voi non lo conoscete, è un vero è proprio nerd, completamente succube di lei. E lei già in condizioni normali lo tratta come un cagnolino, figuriamoci quando è incazzata. Io davvero non so che cosa ci ho trovato la prima volta, quando mi sono inginocchiata e gli ho sbottonato i pantaloni. Però ha uno sperma fantastico, dolce, questo lo devo ammettere. E anche una certa tendenza a farsi intortare dalle ragazze, mi sa. Quindi anche da me. “Se non ti vanti un’altra volta come un coglione con i tuoi amici e non ti dimentichi di cancellare i messaggi lei non lo saprà mai”, gli ho detto. Ho avuto la soddisfazione di vedere il lampo che attraversava i suoi occhi dopo le mie parole. E ho battuto il ferro finché era caldo: “Avrei tanta voglia di farti un pompino ora…”, gli ho sussurrato con la voce da zoccoletta più sexy che ho. Sapevo benissimo che i bagni della facoltà non sono certo il posto adatto. Gliel’ho detto solo per piantargli questo pensiero nel cervello. E credo proprio che quando ci siamo salutati lui avesse il cazzo particolarmente duro. Sì, ok, sono una troia, lo so. Faccio tutto questo solo per vendicarmi di Viola. E allora?

Quel venerdì Tommy l’ho sentito distratto. Mi ha detto che era a lezione e che nel pomeriggio aveva un pallosissimo appuntamento con due suoi compagni di corso. E che no, a Parma sarebbe rientrato solo l’indomani. La sera poi è scomparso dai radar ma quasi non me ne sono accorta, non mi sentivo granché bene.

Sabato.

Il giorno dopo infatti mi sono venute le mie cose. Puntuali come un treno svizzero, come non accadeva da tempo immemorabile. Santa Yasminelle! Sapete, io soffro un po’ di irregolarità e l’estate scorsa ho pure avuto una crisi con tanto di emorragia, corsa al pronto soccorso ecc. E’ stato proprio allora che mi hanno prescritto la pillola, che prima di allora non avevo mai preso in considerazione. Ero vergine, figuriamoci. Però sembra che la sua funzione di regolarizzare il ciclo abbia effetto! Uaaao! Per punirmi di tanta fortuna, ovviamente, mi sono arrivate le mestruazioni più dolorose che abbia mai avuto. Mandando tutto e tutti affanculo, mi sono rassegnata a passare il sabato a letto o sul divano.

L’unico entusiasta della situazione è stato Tommy, quel porco. Perché lo chiamo porco? Be’ ho i miei motivi:

a) innanzitutto perché è un porco, ma proprio un porco vero grazie a Dio;

b) perché in questo modo era sicuro che quando sarei salita a Bologna la settimana dopo sarei stata, come dire, sicuro terreno di conquista (e qui un grazie a Dio-bis ci vuole proprio);

c) perché quando ho le mestruazioni e facciamo sexting a lui piace farmi giocare con il mio buchino.

Cosa che infatti ha provato a fare, ma poiché davvero non stavo bene ha dovuto desistere.

Fino a un certo punto però, si vede che stare a casa dei suoi e non fare un cazzo il sabato sera lo annoiava. Mi ha mandato la foto di una tipa girata di spalle che si teneva le chiappe aperte. Nel bel mezzo sbrilluccicava qualcosa di rosso rubino che altro non era se non la base di un plug anale. “Perché non vieni su a Bologna così?”, mi ha scritto. Gli ho risposto mandandogli a mia volta lo screenshot di un sito porno dove si vedeva una troietta bionda inginocchiata con lo stupore disegnato sul volto davanti al cazzo di un nero. Il cazzo, per descrivervi bene la cosa, era moscio ma in compenso arrivava quasi alle ginocchia dell’uomo e aveva una circonferenza penso maggiore di un mio polso. Per come la vedo io (ma magari ditemi se sbaglio, eh?) una specie di handicappato. Ma non era questo che contava. “Magari invece vengo su così, tu puoi guardare, che ne dici?”, è stato il mio messaggio, accompagnato da una serie di quelle faccine che piangono dal ridere.

Lui si è fatto serio, oddio quanto mi fanno ridere i maschi quando si toccano certi tasti… e lui non fa eccezione. “Davvero? Ti piacerebbe?”. “Ma sei impazzito?”, gli ho scritto. “Che ne so, magari ti piacerebbe essere inculata da quell’affare e sentirtelo uscire dalla bocca”. E qui ho notato una sua certa insistenza sul capitolo “sodomia”. Lo so, lo so, non vede l’ora di farmi il culo, di sverginarmelo. E di sverginare se stesso, perché mi ha detto che anche lui non l’ha mai fatto. Cioè, me l’ha detto qualche mese fa, spero sia ancora vero. Ci gira attorno quasi tutte le volte che parliamo di certe cose. Ora, è vero che una volta gliel’ho promesso, ma era anche la prima volta in assoluto che scopavo, mi sentivo tutta scombussolata. Lo sapete, no?, che in quei momenti si promettono tante cose…

“Vedremo”, gli ho scritto e ho aggiunto, tanto per allontanare ancora un po’ di più l’argomento, “la prima cosa che voglio farti è un pompino come ai bei tempi”. Già, i bei tempi dell’ultimo liceo, quando gli succhiavo il cazzo perché avevo deciso di lasciare intatto il mio imene il più a lungo possibile e lui si scopava Benedetta, quella vacca. Quante cose mi sono persa con Tommy, quanta intimità. E non sto parlando solo delle scopate.

Comunque, il fatto è che lui vuole profanarmi il sederino e io invece ho una paura fottuta. Già l’ultima volta che siamo stati insieme ho dovuto sudare le proverbiali sette camicie (si fa per dire, ero nuda) per dissuaderlo. Mi piace quando mi scopa e mi ci mette un dito dentro, oppure quando me lo lecca. Anzi, se proprio devo dire come mi sento quando me lo lecca il verbo “piacere” è proprio un misero eufemismo. Ma ad andare oltre non ce la faccio, mi dispiace. Cioè, vorrei ma… che cazzo vi devo dire? E’ così.

Allo stesso tempo però mi è venuta voglia di provare… Sì, lo so, sono una contraddizione vivente. E’ una cosa che in realtà mi manda sempre un po’ nel panico e mi pento di non avere mai chiesto consiglio a Trilli, alla quale invece prenderlo nel sedere piace. Ma del resto cosa potevo dirle? “Amica mia, qual è il modo migliore per farsi inculare?”. Eddai, ma mi ci vedete? E voi, ragazze che avete i miei stessi dubbi, vi ci vedete? Siamo seri…

Domenica.

In ogni caso, nei giorni seguenti o meglio nelle sere seguenti, Tommy c’è riuscito a farmi infilare un ditino nel culo. Peraltro con mio grande piacere. E mi ha anche fatto dire “vorrei che prima di sodomizzarmi tu mi leccassi tutta, e mi leccassi anche il buchino per ore”. Cioè, non è che mi abbia costretta, mi è uscita. Sì, so anche questo, so che così non faccio che confermargli la mia promessa. Ma che cazzo ci posso fare? Ero appena venuta e avevo voglia di venire ancora. Ve l’ho detto prima, in certi momenti prometterei qualsiasi cosa. Quanto poi passare all’atto pratico, però, ho davvero seri dubbi.

Lunedì

Un’altra cosa che vi devo dire è che, nei primi giorni di questa settimana, il mio piano per vendicarmi di Viola ha fatto notevoli passi avanti. L’ho chiamato “operazione revenge”, e mi fa sentire davvero una grande stronza. Quindi, mi fa sentire bene. A lezione ho preso da parte Francesco Uno e gli ho strappato un appuntamento prima che arrivasse lei a sequestrarlo. Quel pomeriggio non poteva, il pomeriggio dopo neppure, abbiamo fatto per quello di mercoledì. Con lei invece, all’uscita dall’aula, ho cercato di essere un po’ meno fredda ma non è che ci sia riuscita molto, nonostante continui con le sue effusioni, i bacetti del cazzo e gli inviti a casa sua. Sono già abbastanza falsa con Francesco Uno, poveretto. A esserlo troppo non ci riesco.

Mercoledì pomeriggio.

A Francesco Uno ho dato appuntamento in un bar. Per meglio dire IL bar, quello vicino al mio vecchio liceo, ve ne ho già parlato credo. Per me si tratta di una specie di luogo del cuore. E non solo perché il cappuccino è davvero fantastico. Era andato a fuoco l’estate scorsa, chi dice per un corto circuito chi dice per il racket. Ma adesso ha riaperto, pare, con una nuova gestione.

In effetti l’arredamento è un po’ cambiato, ma non di tanto, lo stile è rimasto.

– Ciao Annalisa – mi ha salutato Federica, la cameriera, appena sono entrata – come stai?

E’ una bella ragazza, molto simpatica, mora che più mora non si può. Un po’ grossa forse, ma è un fascio di muscoli visto che fa boxe. Lo so perché avevo visto un giorno che aveva la mano fasciata e le avevo chiesto cosa si fosse fatta. Sono davvero contenta che abbia mantenuto il posto, ci siamo fatte un sacco di feste. Il locale era deserto vista l’ora, le quattro e mezza. Del resto l’orario l’avevo scelto apposta.

Federica mi ha chiesto se fossi sola e io le ho risposto che aspettavo un amico e che mi sarei presa il mio solito tavolino, quello vicino alle scale. “Allora anche oggi ti vedrò scendere di sotto?”, mi ha detto con un sorriso. Mi sono sentita gelare per un momento, sono rimasta di sasso. Ma subito dopo ho pensato scema io a credere che non se ne fosse mai accorta, questo bar è il suo regno! Durante l’ultimo anno di liceo ho fatto decine di pompini, lì sotto. A un numero imprecisato di ragazzi. Credo di avervelo già raccontato.

Non sapevo cosa dire, cosa rispondere, credo di essere stata anche sul punto di arrossire violentemente. Per fortuna ci ha pensato lei a sdrammatizzare un po’.

– Qualche volta ti ho invidiata, e con qualche ragazzo sarei pure scesa a darti una mano. Ma tu esageravi, Annalì… – e dicendo questo mi ha sorriso ancora.

– Sì, lo so – ammetto.

– Chi è il fortunato oggi?

– Quello – le dico.

E già, perché proprio in quel momento è comparso Francesco Uno che come un coglione, zainetto Piquadro in spalla e abbigliamento da nerd ricercato, si sta guardando in giro senza che gli venga minimamente in testa di cercarmi dentro al bar.

– Quello? – mi ha chiesto lei stupita.

– Sì, lo so, è un po’ nerd. E’ una lunga storia, un giorno te la racconto.

Chiaramente non accadrà mai, sapete le cose che si dicono quando sei felice di avere incontrato una persona che non vedevi da un sacco di tempo e ti prende un attacco di disponibilità? Ecco, quelle.

Sono uscita fuori a recuperare Francesco Uno e ci siamo seduti. Ho ordinato un tè di quelli un po’ particolari che fanno loro e lui un rabarbaro, che Federica l’ha dovuto cercare con il lanternino perché manco sapeva che cazzo fosse. Mi sarei voluta sotterrare…

Ma non potevo farmi bloccare da questo, il mio piano doveva andare avanti. E quindi ho cominciato a fare la mignotta. Ma proprio pesantemente. Ho iniziato a dirgli che il modo in cui siamo stati trattati mi ha legata a lui, che ho sentito per lui qualcosa che non ho mai provato prima, che lo desideravo tantissimo, che lo volevo, che nessuno mi aveva mai fatto tanto sesso in questo modo. L’ho visto sbiancare, l’ho visto arrossire, l’ho ascoltato biascicare qualcosa di cui non mi sono nemmeno curata. Ero un torrente in piena. “Devo andare un secondo di sotto al bagno”, gli ho detto abbassando gli occhi dopo avere buttato giù l’ultimo sorso di tè. Poi ho rialzato lo sguardo e l’ho piantato nel suo, cercando di fare il più possibile la faccia da troia: “Ti aspetto”.

Sono scesa con il cuore che mi batteva e ho aspettato, sperando che lui non fosse così mollusco da darsela a gambe. In fondo, dicevo per rincuorarmi, i miei pompini se li dovrebbe ricordare. Dopo un po’ è sceso e io ho chiuso a chiave la porta e mi sono buttata in ginocchio davanti a lui. Ha un uccello normalissimo, di quelli facili. Ma io gliel’ho succhiato come se fosse l’unico uccello sulla faccia della terra, esagerando anche con i mugolii e con lo schioccare dei risucchi. Non che non mi sia piaciuto, eh? Ero bagnata fradicia e un cazzo è sempre un cazzo, in definitiva. E il suo sperma è qualcosa da gourmet, almeno per una come la sottoscritta. Dolce, saporita, quasi per niente acida. Ci sono quasi venuta riconoscendo il suo sapore. Sarà mica il rabarbaro?

Mentre lo ripulivo ho continuato a fare la parte della ninfomane. Gli ho detto che non mi bastava, che volevo essere sua. Che avevo sentito quella sera come aveva fatto essere donna Viola e che volevo esserlo anche io. Che non avevo mai potuto staccare la mente da quel ricordo, che il desiderio mi tormentava.

In effetti gli strilli di Viola me li ricordo bene e, se tanto mi dà tanto, il ragazzo non deve essere buono solo per i pompini. Ma non era certo questo che mi muoveva. L’unica cosa a cui in realtà pensavo era quando avrei detto a Viola “me lo sono scopato, Francesco. Una, due, tre volte, l’ho prosciugato, adesso sì che hai un buon motivo per incazzarti”. Sì, è vero, sono una grandissima stronza oltre che una grandissima troia. Non penso alle conseguenze e soprattutto, se ci penso, me ne frega less than zero che lei lo mollerà, o peggio. O che a me toccherà di continuare a vederlo in facoltà, a lezione ecc ecc. Non-me-ne-fre-ga-un-caz-zo. Non so se è chiaro.

L’ho fatto risalire per primo, pregandolo di cercare un posto per noi due, per la prossima settimana. E no, certo non gli ho detto che nel week end sarei andata da Tommy, gli ho detto che ero fuori con i miei. “Ma ti aspetto, non penserò ad altro, mi masturbo tantissimo pensando a te, Francesco”.

Poi sono risalita e Federica, con un sorriso complice, mi ha detto “ha già pagato il tuo amico”. Le ho fatto l’occhiolino e me ne sono andata a casa a prepararmi per la serata.

Mercoledì sera.

Sì perché proprio poco prima di uscire avevo ricevuto un messaggio di Giancarlo: “Stasera pizza, puttanella?”.

Ho già parlato di lui e forse chi ha letto il mio precedente racconto, “La penitenza”, se lo ricorda. Non è un ragazzo, è un uomo. L’ho conosciuto una sera, a una festa. Mi aveva invitata al bancone e mi aveva baciata e poi mi aveva infilato un dito nella fica. Aveva capito che non portavo intimo e voleva dimostrarmelo. Ogni volta che ci penso, a quel dito, me lo sento dentro come allora, così come ogni tanto quando mi sditalino poi mi succhio il dito. Per ricordarmi il modo in cui lui mi fece succhiare il suo, davanti a un barista esterrefatto.

Devo dire che l’oltraggio di quel dito è stato superiore a quello di qualsiasi cazzo. Ok, non ne ho presi molti, ma non c’entra. E’ chiaramente tutta una questione di testa. Sia un cazzo o sia un dito, non è ciò che ti entra dentro che ti può violare in quel modo. Bensì l’uomo che te lo fa, credo.

Dopo quella festa in realtà non è più successo nulla. Ci siamo visti qualche volta. Abbiamo parlato, è stato sempre irreprensibile, simpatico, brillante. Per quanto mi riguarda, devo dire, affascinante.

Io naturalmente non posso credere che lui sia interessato ai miei discorsi, ai miei racconti, alla mia spiritualità, ma vi pare? Per lui sono solo una ragazzina, anche se non mi tratta come una ragazzina, e credo che possa volere solo una cosa da me, non sono mica scema. Mi sento totalmente una preda nei suoi confronti. Una preda che attende che le venga sferrato l’attacco. So che dovrei reagire, rifiutarmi. Ma qualche cosa che non riesco a decifrare mi impedisce di farlo. E non è solo il fatto che è un bell’uomo o che mi senta lusingata delle sue attenzioni. Non è questo.

Non penso quasi mai a lui, come vi ho detto. Ma ogni volta che mi cerca non posso fare a meno di dire “sì”. E’ come se mi tenesse legata con un guinzaglio. Sottilissimo e per nulla soffocante, ma sempre un guinzaglio.

Per andare a cena con lui non mi sono agghindata in modo particolare, anzi. Come sempre accade quando lo vedo faccio il possibile per essere esattamente il contrario della sera in cui l’ho conosciuto e nella quale portavo un abitino cortissimo e senza nulla sotto. Il fatto stesso che non mi avesse invitata per un aperitivo ma a cena mi ha fatto pensare che stavolta si sarebbe aspettato un dopo cena, magari a casa sua. E io davvero non sapevo cosa sperare anche se, ammetto, pensandoci mi sono un po’ bagnata.

Nella sua macchina costosa, stravaccata sui sedili di pelle, ho finalmente trovato il coraggio di chiedergli quanti anni abbia. Quarantadue, un po’ più vecchio di quanto pensassi. E in pizzeria, una pizzeria peraltro notevole sia come locale che come qualità del cibo, ho finalmente trovato il coraggio di fargli un po’ di domande. Lui per esempio ha sempre dimostrato di sapere un sacco di cose di me. A cominciare dal mio numero di telefono, oppure dal fatto che sapesse che a quella festa avevo succhiato il cazzo di Fabrizio nei bagni, o che mi fossi fatta scopare da Francesco Due. E che non fossi la ragazza né dell’uno né dell’altro.

Subito dopo averlo fatto, mi rendo conto che è la prima volta che nelle nostre conversazioni entra direttamente, senza infingimenti, l’argomento “sesso”. E che sono stata io a introdurlo. Lui al massimo mi chiama puttanella, più raramente zoccoletta, ma lo prendo come un vezzeggiativo.

– Be’, visto che hai introdotto l’argomento sesso – mi ha detto – non so niente di te che non si possa sapere chiedendo alle persone giuste.

Il che significa che quelle cose gliele hanno dette Fabrizio e Francesco Due. E direi che si sono pure precipitati a dirgliele. Chissà che tipo di potere ha su di loro. Però chiaramente qualcosa non torna, perché non poteva sapere che non indossavo intimo. Lui riprova a dirmi quello che mi aveva detto quella sera, cioè che mi si leggeva in faccia.

– Eddai…

– No, ok – ha risposto ridendo – chiaramente tiravo a indovinare. Ma vedi, io non azzardo mai senza avere qualcosa in mano.

– Cosa avevi in mano, scusa?

– Vedi puttanella – ha continuato – mi sembra di avertelo detto proprio quella sera. Che avessi o meno le mutande non potevo saperlo, ma che tu sia la classica biondina pronta a farsi sbattere, beh non ti offendere, ti si leggeva in faccia.

– Pensi davvero questo di me?

Giancarlo mi ha risposto, ma non sono sicura di avere capito fino in fondo, perché – così mi ha detto – “sei molto giovane, ma sei in gamba, sei una ragazza davvero molto intelligente” e cose di questo tipo. Però, secondo lui, a un certo punto, non si sa il perché e probabilmente non lo so nemmeno io, divento ciò che mi ha appena detto. Sono stata parecchio a pensarci e non lo so se ha ragione. Cioè sì, ha ragione, lo so perfettamente che mi capita questo, talvolta. Ma non mi andava di ammetterlo davanti a lui.

– Dimmi tu una cosa, piuttosto.

– Sì… – gli ho risposto come in trance. Sarò anche spigliata come dice lui, ma la verità è che nei suoi confronti avverto una subordinazione costante.

– Quando me ne sono andato, quella sera, tu mi hai messo una mano sul braccio e mi hai detto “non puoi lasciarmi così”, o qualcosa del genere, ricordi?

– No…

– Ricordo io. Cosa volevi in quel momento?

– Non lo so – gli ho risposto mentendo.

– Lo sai bene – mi ha incalzata.

Non solo lo so bene, ma è anche chiaro che me lo ricordo bene. Tuttavia in quel momento ho capito che se gli avessi detto la verità mi sarei consegnata a lui più di quanto già non lo sia. Come cazzo fa questo tipo a farmi questo effetto? Che cazzo di chimica mi scatta dentro quando penso a lui, quando mi parla, persino quando mi manda un WhatsApp? E infatti, io così brava a inventare palle, non sono riuscita a escogitare una cazzata lì su due piedi, mi sono sentita quasi costretta da non so cosa a dirgli la verità. A confessare con un filo di voce “volevo te”.

Volevo proprio lui o sarebbe andato bene chiunque? Che cazzo di domanda, boh… Certo, aveva ragione quando mi ha detto “senti puttanella, se una va a una festa con quella minigonna e senza niente sotto è difficile che lo faccia perché ha caldo”, soprattutto il due gennaio, aggiungerei io. Ok, e allora? L’unica verità che sono riuscita a ricordare è stata “speravo che mi avresti portata via”. Gliel’ho detto proprio così, quasi piangendo.

– Però quando poi sono andato via hai fatto un pompino a Fabrizio e ti sei fatta scopare in macchina da Francesco.

Cosa dovevo fare, negare? Ovvio che non potevo negare. Non potevo fare altro che rispondere, anche se non capivo dove volesse andare a parare, anche se mi sentivo giudicata, cosa che a me non piace. Gli ho chiesto cosa avrei dovuto fare ma lui non mi ha risposto. Ha pagato il conto e siamo andati, in silenzio. Per strada mi sono stretta a lui e lui mi ha abbracciata, protettivo.

Ve la dico tutta: avrei voluto un altro tipo di abbraccio, un altro tipo di stretta in quel momento. Qualcosa che mi comunicasse il suo desiderio di me. Grande almeno quanto il mio per lui. Se chiudevo gli occhi vedevo che mi stava sopra, tra le mie cosce spalancate che mi baciava e mi stritolava, e io che godevo dalla fregna riempita, dal mio corpo schiacciato e dal naso, perché anche quella sera come la prima volta il suo odore mi ubriacava.

In macchina invece le cosce le ho strette forte forte, per darmi un po’ di piacere. Lui evidentemente se ne è accorto, ci ha pure scherzato sopra chiedendomi “cosa fai con quelle gambe puttanella?”. Io mi sono sentita come presa con le mani nella marmellata ma lui ha insistito, chiedendomi esplicitamente che tipo di desiderio avessi in quel momento. Io avrei accettato tutto da lui. Se mi avesse portata con sé sarei stata pronta a tutto, dal pulirgli la casa a farmi scopare da lui e anche dai suoi amici. Esagero? Sì, a mente fredda sì, ovviamente. Ma è un po’ per farvi capire come mi sentivo.

Invece sono stata una vigliacca e gli ho risposto “portami a casa per favore”. Non so nemmeno io perché. In realtà, mentre la macchina viaggiava, un’altra immagine è apparsa davanti ai miei occhi, l’immagine di me nuda e sdraiata sul pavimento di casa sua mentre mi sditalino a cosce aperte e lui mi osserva placidamente seduto in poltrona. Avrei potuto davvero abbandonarmi a quell’immagine, farla diventare realtà, ma sono stata distolta dalla sua voce che mi chiedeva se davvero essere riportata a casa fosse il mio più grande desiderio in quel momento. Poi si è messo a ridere e io non mi sono mai sentita così inadeguata, così poco presa sul serio. Mi sono davvero sentita una ragazzina infoiata e basta.

– Devi imparare a scegliere, puttanella, o il mondo finirà per distruggerti – mi ha detto prima che scendessi dalla sua auto, a un centinaio di metri dal mio portone.

Sono risalita in casa appena mi sono calmata. Non era nemmeno tanto tardi e i miei erano ancora alzati. Li ho salutati velocemente e mi sono eclissata con la scusa che dovevo andare al bagno e poi a letto perché l’indomani mattina avevo lezione presto. Mi sono infilata dentro al letto e ho chiamato Tommy, avevo bisogno che le sue parole guidassero la mia mano. Non mi ha risposto, mi sono lo stesso masturbata tre volte.

Giovedì.

Direi nulla da segnalare. Sono passata dal parrucchiere per dare una sistemata ai capelli e non perdere il mio look Jennifer Lawrence. Tommy mi ha già vista su FaceTime, ma dal vivo credo che la sorpresa sarà maggiore, almeno lo spero. Mi sono anche fatta dare una controllatina dall’estetista alle gambe e soprattutto perché avvertivo l’inizio di una ricrescita nella zona intima. Figuriamoci, sono quasi glabra di mio. Infatti non mi ha nemmeno fatto pagare. Mentre si prendeva cura di me mi ha chiesto “Ti sei fatta il ragazzo, Annalì?” e mi sembrava brutto non rispondere proprio nulla. Solo che non sapevo che dire e le ho detto “no, c’è uno che mi piace, vorrei fare colpo”. Risposta cretina, perché lei mi ha guardata sorniona e mi ha detto “se arriva qua vuol dire che colpo lo hai già fatto…”. Per un attimo ho avuto paura che iniziasse con la solita solfa, che ho ascoltato rivolgere a tante altre clienti, su “il mio Carlo”. Che non ho mai capito se è suo marito, il suo fidanzato o uno che se la sbatte occasionalmente. Ma nulla, per fortuna. Ok, in ogni caso è stata una figura di merda.

A Tommy invece ho detto che non ci saremmo sentiti fino all’indomani per non indurre in tentazione lui e neppure me stessa. Gli ho detto, con uno smile, che non volevo che si stancasse nemmeno un po’. La sua è stata una risposta da sborone: “Io ti scopo venti volte di fila tutti i giorni per venti giorni”. Sì, vabbè, gli ho detto di cambiarsi la maglietta quando si svegliava perché si sarebbe ritrovato tutto sudato.

Venerdì.

E quindi eccoci a oggi, a questo viaggio in treno. Mio padre mi ha detto che una volta per arrivare a Bologna ci volevano quattro ore e invece, dopo poco più di due ore, stiamo per arrivare. Il laido davanti a me non ha mai smesso di guatarmi. Sfacciatamente ormai, visto che a Firenze il vagone si è svuotato e nella nostra isola ci siamo solo io e lui. Chissà sul mio volto quali espressioni si sono disegnate scrivendo queste cose. Chissà se immagina che sotto i jeans ho le mutandine bagnate, ma non per lui. Chiamo Tommy.

– Sto arrivando, sei in stazione?

– Quasi, ho prenotato per cena – mi risponde.

– Andiamo a cena fuori? Pensavo che saremmo andati a casa…

– Non ho potuto fare nemmeno la spesa, non c’è un cazzo e sono le otto, io ho fame!

Guardo il tipo di fronte a me, abbasso la voce in modo che gli altri nello scompartimento non mi sentano ma lui, guarda caso, sì…

– Ma io ho voglia di dartela subito…

Ho gli occhi abbassati per sembrare più credibile. Sento Tommy che sghignazza dall’altra parte, che mi chiama puttana e che dice che mi aspetta all’uscita della piattaforma Frecciarossa.

Rialzo lo sguardo e incrocio gli occhi del tizio che deve essere leggermente trasalito. Un po’ come quando uno sente una botta e avverte il bisogno urgente di un defibrillatore, avete presente? Gli sorrido e spero proprio che nel mio sorriso si legga “sono angelica, vero? adesso sai anche quanto sono troia”.

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scritto il
2019-10-11
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