Inventario
di
Browserfast
genere
etero
Avete presente quei periodi che ritornano sempre con la stessa cadenza, in modo più o meno regolare? Che ne so, tipo le mestruazioni. No, le mestruazioni no, che cazzo di esempio. Mi è venuto perché volevo evitare le banalità, come il Natale. Comunque sì, il Natale va bene, è un classico. Oppure qualcosa di altrettanto ciclico anche se non così incardinato a una data precisa. La fine della scuola, ad esempio, o il ritorno dalle vacanze.
Avete presente? Ok. Non vi succede mai di legare questi eventi a una riflessione, a un bilancio, a chiedervi cosa cazzo avete combinato in tutto questo tempo? A me sì, capita. Spesso. Oggi, per esempio, è la prima volta che sono andata all’università dopo il ritorno dalle vacanze. Sì, lo so, avrei potuto sbrigare più o meno tutto sul sito. Ma a parte il fatto che il sito non è congegnato poi tanto bene, la verità è che mi andava di andarci. E mi andava pure di fare la solita passeggiata a piedi, al ritorno. E visto che oltre a camminare non devo fare un cazzo, penso. E faccio pensieri di quel tipo che vi dicevo.
Ecco, se devo fare uno di quei bilanci di cui vi parlavo non posso negare di essere particolarmente orgogliosa di me stessa: quattro esami dati tra giugno e luglio, il massimo dei voti, ottime basi per i prossimi appelli. Da questo punto di vista, una scheggia. Mentre lo fai magari non te ne rendi conto, ma appena ti fermi un attimo a pensarci, beh, c’è da esserne fiere. Soprattutto se vado con la mente alla stessa identica passeggiata che stavo facendo più o meno un anno fa.
Non venivo da un bel periodo. E’ vero, avevo fatto un’ottima maturità, ma allo stesso tempo finirla con il liceo era stata una liberazione. Mi ero lasciata alle spalle una fama di troietta scriteriata. Ancora vergine sì, ma che aveva succhiato il cazzo praticamente a tutti i ragazzi passabili della scuola e anche a parecchi dei loro amici. Voi potete immaginare, penso, solo lontanamente le rotture di palle, quasi le persecuzioni che ne erano derivate. Avevo dovuto blindare il mio profilo Facebook e bloccare non so quanti numeri di telefono di gente che o non si arrendeva, o mi faceva richieste e proposte a volte anche bizzarre o comunque mi cercava solo per dirmi (o scrivermi su WhatsApp, il più delle volte) quanto fossi troia. Avevo chiuso con tutte le mie conoscenze maschili tranne che con un ragazzo, Tommy, con cui stavo in modo fantastico ogni volta che ci vedevamo. Peccato però che le volte che ci vedevamo fossero subordinate a quelle in cui lui stava con la sua ragazza. Poi anche lui era tornato nella sua città, Parma, e chi si è visto si è visto. O meglio, poi c’è stato un ritorno di fiamma, ma allora, cioè un anno fa, non lo sapevo che ci sarebbe stato. Mi mancava molto.
A questo dovete aggiungere che mi erano pure saltate le vacanze post maturità. Dovevo andare a Londra con la mia amica Trilli a studiare l’inglese e quella scema non si becca la varicella? Cazzo, come si fa? Non sei protetta? I tuoi sono no-vax, per caso? Comunque a Londra ci sono andata questa estate e mi sono pure divertita parecchio. L’altr’anno mi sono divertita molto meno, invece, a passare agosto con mamma e papà in maremma e con una compagnia di ragazzi e ragazze della mia età che, a ripensarci adesso, non capisco come abbia fatto a non affogarmi in mare da sola. Senza peraltro battere un chiodo. No, cioè, un chiodo l’ho battuto. Era il chiodo di un cafone belloccio cui ho fatto un pompino di notte sulla spiaggia. Una esperienza di cui avrei potuto benissimo fare a meno, salvo il fatto che inginocchiarsi sul bagnasciuga della Feniglia con il solo rumore delle onde che accompagna quello della tua bocca ha il suo perché. Senza contare che, nel mio personale carnet da puttanella, beh, fa curriculum.
Ero anche stata male, tra l’altro. Non è che voglia farmi compatire, ma la corsa al pronto soccorso dopo quel terribile attacco di dismenorrea, dolorante e sporca di sangue, me la ricordo bene. Mi ricordo soprattutto la paura. Ci ho guadagnato una prescrizione vita natural durante (no, scherzo) della pillola anticoncezionale, con il beneplacito di mia madre e della sua amica ginecologa. Prescrizione che sul momento mi fece anche ridere e non poco: già quando facevo la troietta a scuola ero impegnata a difendere con i denti la mia verginità (lo facevo perché aspettavo “quello giusto”, eh? mica avevo fatto un fioretto) figuriamoci ora che non solo non avevo un ragazzo, ma che avevo rotto tutti i ponti con il passato. Sì, ok, nei primissimi mesi dell’università un paio di tipi li ho anche spompinati. Ma per mantenimento, più che altro. Come una dose a scalare. Come il cortisone, che se ne fai una cura massiccia non puoi interrompere di colpo da un giorno all’altro. Comunque sono cose che c’entrano poco con il mio discorso.
Diciamo che mi erano rimaste solo due amiche fidate, Stefania e Trilli, e che per me (a parte la mancanza di quel ragazzo che se ne era tornato a Parma con la sua famiglia) andava anche bene così. Dopo le turbolenze dei mesi precedenti mi sembrava giusto calmarmi un poco, concentrarmi su altre cose. Sullo studio, soprattutto, ma non solo. Ci sono tante cose nella vita, sapete?
Oddio, se proprio devo essere onesta, e probabilmente la cosa mi è tornata in mente anche in virtù della scorpacciata di lesbicate che ci siamo fatte io e Serena ultimamente, c’era stata anche Viola, la ragazza di uno di quei due cui avevo succhiato il cazzo. Non lo avrei mai pensato, ma in realtà la mia prima notte di sesso con qualcuno l’ho passata con lei. Ma non mi va di parlarne molto. Mica perché me ne vergogni, eh? E’ lei che è una stronza fatta e finita, andate a vedere i miei precedenti racconti e capirete. Solo che non me ne ero ancora accorta.
Quindi rimasi così, nel limbo delle zitelle, praticamente fino a Natale. Sì, perché io sono partita a raccontarvi della mia situazione da dodici mesi a questa parte, ma se parliamo di sesso le mosse devono partire da quel fatidico 15 dicembre, il giorno in cui persi la verginità. Fu con Tommy, naturalmente, il ragazzo di Parma, che però nel frattempo era andato a studiare a Bologna. In realtà però la cosa successe a Roma e… oh, va bene, lasciamo perdere la geografia.
Come vi ho detto, con lui stavo divinamente. Non sono sicura che fosse amore, non so bene cosa sia l’amore se si eccettua quello per i miei, per mia sorella, per mia nonna. Ma forse era anche qualcosa di più dell’amore, boh. Abbiamo avuto anche le nostre belle litigate, eh? O meglio, io litigavo, lui mi guardava con quell’aria strafottente del cazzo cercando di tenermi buona con quella sua parlata ironica del cazzo e con quella sua erre moscia del cazzo. Ma quando stavamo insieme in realtà mi sentivo in paradiso. Lui si è preso la mia verginità. E io gliel’ho data perché, semplicemente, ho pensato che ero stata una cretina, che quello giusto in assoluto non esiste ma che in quel momento era lui. Come può non essere giusto un ragazzo che ti piace da morire e ci viene giù da Parma a dirti cose tipo “non me ne frega un cazzo se scopiamo o meno, ma voglio passare una notte con te”? A dire il vero qualche tempo dopo si è preso anche la mia verginità posteriore, ma anche quella è un’altra storia, più triste, perché è la storia del nostro addio. Andate a rileggerla, se volete, a me non va di raccontarla. Posso solo dirvi che a un certo punto prendemmo atto che a stare insieme, a essere una coppia normale sia pure a distanza, a essere fedeli l’uno all’altra, o magari anche a non esserlo ma a raccontarcelo sinceramente, beh, proprio non ci riuscivamo. Non lo vedo da allora. Lo sento pochissimo. Ogni tanto mi manca.
Poi ce ne sono stati altri, li ho raccontati tutti, mi pare. No, ok non è vero che mi pare, li ho raccontati tutti. Dal ragazzo croato che incontrai sul treno proprio mentre tornavo da un week end con Tommy e che mi scopò per due sere di fila, a Fabrizio. Dal ragazzino di piazza Cavour che mi ha sbattuta in mezzo alla strada ai due animatori colleghi di Serena che mi sono fatta, non insieme, solo pochi giorni fa. Dai due ragazzi di un folle e caldo pomeriggio romano e di una sera altrettanto folle ma freddissima (anche loro, non insieme) ai due decerebrati incontrati in una discoteca all’aperto proprio il giorno prima di partire per l’Inghilterra (loro sì invece, insieme). Per finire con quelli di Londra. E questo senza contare qualche pompino insensato fatto qua e là e un paio di ragazze, oltre a Serena. Quella stronza di cui vi dicevo prima, ma anche una pazza sciroccata che voleva vedere se riusciva a reggere lo spettacolo di me che facevo un succhio al suo ragazzo. Volevano vedere, dicevano, se erano pronti per il poliamore, qualsiasi cosa significhi. Come gli è andata non lo so, so solo che mi frullò il suo ditino nella fica fino non solo a farmi venire, ma addirittura a farmi capire cosa è uno squirt, che sinceramente credevo fosse poco meno di una leggenda metropolitana ma che, Cristo, oddio che roba… pensavo non sarebbe finito mai.
Dall’inventario ne tengo fuori due, forse perché sono molto più grandi di me, forse perché… boh, non lo so. Forse non c’è un perché o se c’è in questo momento non mi viene.
Uno è Giancarlo, un uomo a rigore in questo elenco non ci dovrebbe proprio stare perché non mi ha mai scopata. Al massimo mi ha messo un dito dentro più che altro per dimostrarmi che aveva capito che andavo in giro senza mutandine. Si fa sentire solo quando vuole lui, e infatti è una vita che non lo sento, dice che sono troppo piccola ma mi ascolta quando parlo e mi prende sul serio. Non gliel’ho mai detto, ma credo che per lui farei qualsiasi cosa. In un certo senso la faccio, visto che appena fa un fischio io accorro come un cane da riporto.
L’altro è Edoardo, il Capo, il datore del mio primo lavoro. Trattasi di traduzioni, eh? Nulla di speciale. Lui sì che mi ha scopata, cavolo, eccome se mi ha scopata. La prima volta, mentre sua moglie Eleonora e sua cognata Giovanna, una mia amica, erano nel salotto a preparare il corredino del piccolo in arrivo. Già, mi ha scopata mentre sua moglie aveva il pancione e poi mi ha anche portata a Nizza per un week end, dove abbiamo giocato al manager e alla escort. Sì, sono stata la sua puttana per gioco, ma lo sono stata anche in ogni altro senso. Poi è sparito. Mi aveva promesso che mi sarei infilata nel suo letto mentre la moglie era in clinica a partorire ma sono scomparsi sia lui che il suo gigantesco cazzo (eh sì…). Non sapete quanto mi sia sentita arrabbiata, umiliata. Molto più umiliata da quello che, tanto per fare un esempio, essere stata quasi obbligata a farmi toccare la fica da un francese laido e grasso.
A pensarci bene, lo so perfettamente perché li ho lasciati da parte. Perché vedete, per me nel sesso l’aspetto cerebrale è sempre importante. Nel senso che maggiore coinvolgimento c’è meglio è. Beh, devo dire che Giancarlo il cazzo nella fica non me l’ha messo e Edoardo sì, e purtroppo anche nel sedere. Ma a prescindere da questo, nessuno, e sottolineo nessuno, mi ha mai fottuto il cervello come loro due. Non so cosa sia: voce, sguardi, presenza, personalità. Difficile a dirsi, sono anche così diversi tra loro! Ma il fatto è che nessuno è mai riuscito a possedermi in quel modo come ci sono riusciti loro. Due cazzi piantati nel cervello, altro che nella fica.
Solo che, sì insomma, ci sarebbe un altro piccolo particolare ora che ci penso. Cioè, io mi sono fatta questo piccolo inventario del sesso, no? E, non so, che cazzo vi devo dire, li ho contati e sono… ma cazzo, sono diciassette! No, dico, diciassette mi sembra un’enormità. Rifaccio i conti una, due volte, ma sempre diciassette restano: Tommy, Francesco, Davor, Fabrizio, Ridge, Nicolò, Matteo, Stefano, Edoardo, Michele, Enrico, Ludo, Linton, Paul, Davìd, Giulio e Lucio. Fosse per me ci metterei pure Giancarlo, dito o non dito, ma per il momento lasciamolo fuori.
Non so perché ma mi viene in mente mia sorella Martina, la sua possibile reazione. Non perché sia una bacchettona, tutt’altro. Le sue belle troieggiate le ha fatte pure lei. Se mi viene in mente è solo perché, da sorella maggiore, ogni tanto si spende in consigli e richieste di informazioni sulla mia vita sentimentale e sessuale, che lei immagina indissolubilmente intrecciate l’una con l’altra. Pensa te, diciassette. Seeee, vabbè, diciassette innamorati in nove mesi, a Martì… Mi pare di vedere i suoi begli occhi spalancati e la sua voce che fa “diciassette? DICIASSETTE??? MA SEI IMPAZZITA???? MA ALMENO CI SEI STATA ATTENTA?”. No, ecco, il fatto è che non ci sono stata sempre così attenta. Cioè, il più delle volte andavo sul sicuro, ma qualche altra volta, insomma, no, mica tanto. Ok, ho bisogno di un confronto, ma non con lei, è chiaro. Prendo l’iPhone.
– Oh! – e già mi pare di sentire dall’altra parte una voce un po’ alterata.
– Stefy?
– Ma kwanno kafso si fedsiafo? (ve lo traduco perché mi fate pena: ma quando cazzo ci vediamo?)
– Ma che ca… ma che succede?
Secondi di silenzio, una risata.
– Stavo mangiando un tramezzino, stronza – altra risata.
Adoro Stefania. Se cerco lei è perché è quella che mi dà più stabilità. E’ bella, sensibile, intelligente. Raffinata senza essere snob, anzi. Persino quando vuole essere volgare lo fa con la classe di una brava ragazza che ha deciso volontariamente di esserlo, ma che sa benissimo essere altro. Non capisco perché riservi spesso e volentieri a me, e solo a me, il suo lato coatto. Che si manifesta, ad esempio, nel dirty talking esasperato, per di più con la bocca piena. E aspetta a rispondere, no? Oppure richiama…
– Senti, Stefy, devo chiederti una cosa….
– Sì ok, ma prima mettiamoci d’accordo, sono dieci giorni che sono tornata e non ci siamo ancora viste.
– Ma che ne so io, devi dirmelo tu quando il polipo ti molla.
Che poi “il polipo” sarebbe il suo ragazzo. Carino, eh? Stronzo per niente, non ossessivo. La ama, è soltanto un po’ appiccicoso, un po’ parecchio. Anche lei lo ama, solo che ogni tanto le capita di staccarsi e di dedicare il tempo libero a uno o più ragazzi. Lei dice di non riuscire a sentirsi particolarmente fedifraga per questo. Io concordo, secondo me è solo un po’ mignotta a intermittenza. Ma ci abbiamo ragionato, per me è una reazione abbastanza sana. Per lei un modo di fare poco ortodosso ma, dice, se il modo di fare poco ortodosso ha anche un bel cazzo lei non ci vede nulla di male.
– Dai, almeno un aperitivo – ribatte – chiamiamo anche Trilli che ha fatto delle vacanze di merda, poi tu mi devi raccontare che hai combinato a Londra, avrai fatto la troia immagino – e ride.
– Manco per niente. Com’è andata a Ibiza?
– Uh? Siamo stati a Corfù!
– Ah già. Com’è?
– Fica, un sacco di gente.
– Da come lo dici mi sembra piuttosto che TU abbia fatto la troia…
– Ma ti pare? Col manzo al seguito? Amore mio, si chiamano diversivi…
– Non ho capito, si chiamano diversivi con la i? Plurale?
– Che palle che sei Annalì, ha parlato santa Maria Goretti…
– Lascia perdere Maria Goretti – rido – dimmi un po’ di questi diversivi.
– No, d’accordo, per scopare ho scopato solo con uno, un dj di lì. All’altro ho fatto solo una sega…
– Ah beh, allora che problema c’è…
– Non avevo mai fatto una sega su un traghetto, sai? Fico! – aggiunge mentre ho l’impressione che abbia addentato un altro pezzo di tramezzino.
– Su un traghetto?
– … mh mmhh… – fa dopo qualche attimo di silenzio, suppongo dedicato alla masticazione – sul ponte.
– Cioè, fammi capire, hai accalappiato un tipo e gli hai detto vieni che ti faccio una sega sul ponte?
– No, no, per chi mi hai presa? Ti assicuro che aveva dei solidi argomenti.
– Sotto i pantaloni, direi – le replico.
– Bermuda… dovevi vedere come cazzo ha schizzato in mare, wow! E’ stato anche un po’ il vento, eh?
– Stefy, scusa un secondo – le dico chiudendo gli occhi per cercare di distogliere quell’immagine dalla mia mente – ma dove cazzo è che stai?
– In un bar, perché?
– Cioè stai raccontando queste cose ad alta voce in un bar?
– Ma figurati chi mi si incula, c’è un casino qui dentro.
Per un istante spero con tutta me stessa di sentire una voce un po’ lontana dall’altra parte del telefono che, in mezzo al rumore di stoviglie e piattini, dice una cosa tipo “se si accomoda me la inculo io, signorì”, che secondo me sarebbe la lapide ideale sulla nostra conversazione. Ma non avviene.
– Ma in tutto questo, scusa, il polipo dove stava?
– A guardarsi una partita, se non ricordo male…
– Oh… la tv satellitare è la morte della coppia…
– Sì, può essere – risponde Stefania cambiando poi tono – un tramezzino e una coca, quant’è?
E’ quando, in un certo momento che non saprei definire ma che percepisco, ci rompiamo entrambe le palle di queste stronzate che vado al punto.
– Stefy, che ne pensi del numero diciassette?
– Eh? Hai fumato, Annalì?
– No, dico sul serio.
– Mah, bel numero – dice dopo averci pensato un po’ su – in genere sta sul cazzo perché dicono che porti sfiga, anche se non ho mai capito se porta sfiga quello o il tredici. Ma mi piace proprio per questo. Perché me lo chiedi?
– Ho fatto un po’ di conti. E risulterebbe che mi sono fatta diciassette ragazzi.
– Diciassette? Amore, ma che mi stai prendendo per il culo? Diciassette saranno quelli che ti sei fatta, che cazzo ti posso dire, nei camerini della Rinascente…
– Bella battuta. No, dicevo pompini a parte. Intendevo quelli che ho proprio scopato.
– Ah… Cazzo! Cioè, diciassette cazzi, per la precisione.
– Bella battuta anche questa, Stefy…
– No, ma scusa… tu… la tua prima volta è stata… è stata con Tommy… quando era, l’anno scorso?
– Quindici dicembre…
– Cioè, un attimo… mi stai dicendo che hai scopato diciassette tipi diversi in nove mesi? Voglio dire, stiamo parlando di diciassette penetrazioni da diciassette cazzi diversi?
– Alza un po’ più la voce, sai? Così ti posso sentire pure senza telefono.
La protesta funziona perché per qualche secondo si fa silenzio. Poi sono io che riprendo a parlare.
– Comunque sì, diciassette più un dito, diciamo.
– Vabbè, un dito…
– Lascia fare, era il dito di Giancarlo.
– Ah ok… – commenta perplessa – ma perché, quel Giancarlo non ti si è mai fatta? Pensavo di sì…
– In realtà no. Stefy, che ne pensi?
– Boh… cioè, oddio… tantini…
– Sì, eh?
– Beh…
– Ma Trilli secondo me di più, lei cambia un fidanzato a settimana! – protesto. Sembra una protesta spontanea ma in realtà è da un po’ che me la preparavo.
– Annalì – mi domanda scettica – ma secondo te davvero Trilli si scopa cinquantaquattro ragazzi un anno?
– In un anno le settimane sono cinquantadue – obietto.
– Che scassacazzi… vabbè è lo stesso… daje, non è possibile no? Con tutto che acchiappa come una matta, non è possibile. Non è che le ho tenuto i conti come li sto tenendo a te ora, ma la maggior parte saranno pompini, pomiciate, seghe, ditalini… almeno credo. Comunque sì, in teoria possono essere anche più di diciassette. E però tutta sta storia dei fidanzati, dai.. E’ una sua sovrastruttura, lo sa anche lei. E’ qualcosa che ha bisogno di dirsi, mica penserai che ci creda davvero, no? E i ragazzi? Credi che ne becchi così tanti disposti a fidanzarsi con lei? E annamo, Annalì, mica è Jennifer Lawrence… Tu sei Jennifer Lawrence, anoressica, io sono Micaela Ramazzotti, lei è Trilli. Quelli che rimorchia al massimo vogliono farsi fare una pompa…
– Scusa, perché io sono Jennifer-Lawrence-anoressica mentre tu sei Micaela Ramazzotti?
– Perché io le tette ce l’ho, pure più della Ramazzotti, mi sa.
A me sinceramente non mi interessa nulla né delle tette della Ramazzotti né di Jennifer Lawrence, è una gag che facciamo spesso. Una gag che mi serve per prendere un po’ di tempo perché so che tutto quello che dice Stefania è vero, ma squadernata in modo così razionale davanti agli occhi la cosa mi fa un certo effetto.
– Stefy? Sei ancora nel bar? – le chiedo, perché sento che i rumori di ambiente sono cambiati.
– Uh? No, sono alla fermata, madonna c’è una marea di gente…
Perfetto. I cazzi nostri tanto vale metterli su Youtube d’ora in poi.
– Comunque, dai, avrà qualcosa, sennò mica li cambierebbe come le mutande…
– Ma sì, è chiaro, sennò non la chiameremmo il Terzo mistero di Trilli… non capisco cosa, ma qualcosa ce l’ha…
– Senti – domando – ma secondo te è molto da troia?
-Tu o lei?
– Io…
– Beh, sì… ma che te frega? Non te n’è mai fregato un cazzo! Semmai ero io che ti dicevo… Ma mica è per il numero, eh? E’ per il tuo modo di fare… Cioè, la cosa che mi fa impazzire di te è che sembra che non te ne freghi mai un cazzo di niente. Oddio, anche il numero, volendo. A diciassette io non ci arrivo nemmeno con il binocolo. In totale, intendo dire, non in nove mesi…
– Non arrivi a diciassette? – le domando, non so nemmeno io spinta da quale curiosità.
– Ahò, ma per chi mi hai presa?
– Stefà, e annamo… manco te sei Santa Maria Goretti!
– Ok, ok, la mignotta l’ho fatta pure io qualche… scusi mi fa timbrare?… qualche volta, ma io sono una troia a intermittenza, come dici te… Tu lo sei, come dire, strutturalmente, se capisci cosa voglio dire ahahahahah…. Vabbè, dai, quando ci vediamo? Perché non facciamo domenica a pranzo?
Le rispondo che mi pare una grande idea, ma lei un attimo dopo si tira indietro perché dice che ah, no, il polipo domenica la porta al mare. E così si ritorna sull’idea-aperitivo. Magari lo dico anche a Giovanna e a Serena, le propongo.
– Uh, certo! Come sta Serena? Come siete state in Sardegna?
– Bene, direi bene! – rispondo e aggiungo, senza cambiare tono di voce – ci siamo leccate la fica, lo sai?
– Ah… questa è una notizia.
Segue qualche secondo di silenzio. Un rumore sordo, forse lo scossone dell’autobus. Sorrido tra me e me perché so che sono queste le cose che la spiazzano ma che allo stesso tempo la intrigano di più. Che fanno vacillare il suo apparente cinismo.
– Sai una cosa, Annalì? – mi domanda mettendomi un po’ in tensione – pensavo che l’avremmo fatta io e te una cosa del genere…
– Gelosa? – le faccio un po’ preoccupata.
– Eh? Ah, no. No no no, scusa, no. E’ che stavo pensando… ti ricordi quella notte a casa dei tuoi al mare?
– Sì – rispondo laconica. Come faccio a non ricordarmela?
– Lì ho proprio pensato che stessi per provarci, me ne sono accorta.
– Da cosa te ne sei accorta, scusa? Dal morso sulla chiappa?
– No, no, da prima. Da come respiravi. Ti ricordi che stavamo al buio? Hai cambiato respiro e lì ho pensato “adesso questa mi mette una mano sulle tette oppure mi sale sopra”… scusi, scende alla prossima?… “oppure mi sale sopra e mi bacia”.
– Anche il tuo di respiro era un po’… ma perché non me l’hai detto? – domando con il tono di una che si sente, come faccio a farvelo capire, come una che si sente presa e spogliata in pieno giorno a piazza Navona (vabbè, se non ve l’ho fatto capire fa lo stesso).
– Perché aspettavo che me lo dicessi tu… – risponde.
– Vabbè, se ricapita te lo dico – le faccio cercando di recuperare un po’ di terreno su di lei – ti mollo perché sennò mi finisce il credito, bacio…
– Annalì…
– Eh…
– Non preoccuparti di nulla, ma di nulla proprio. Bacio…
Non so se la telefonata con Stefy sia servita a qualcosa. Forse no, o forse la metabolizzerò con più calma. Al momento ho l’impressione che il suo consiglio sia quello di, sì insomma rallentare un po’. L’avevo fatto, a giugno, quando mi ero tappata in casa per studiare e, se non ricordo male, a parte una scopata con Fabrizio, me ne ero stata buona. Ma non vorrei farlo così, come una cosa auto-imposta. Lo vorrei fare perché mi va, per recuperare il gusto di altre cose. Se ci penso bene, diciassette sono tanti, ma se ci penso ancora meglio e restringo il campo, solo nell’ultimo mese sono stati otto. No, dico, otto! E che cazzo, dai. Mi viene il dubbio che ci sia anche qualcosa di nevrotico sotto. Cioè, non posso dire di averla vissuta in questa maniera, anzi spesso mi sono divertita parecchio. Ma cazzo, darla a otto persone differenti in un mese è una bella media, ammetterete. Senza contare i pompini bislacchi e persino una masturbazione faccia a faccia con quel pittore bislacco di Mark. Si chiamava Mark? No, Martin. Senza contare che uno di questi otto mi ha anche fatto il culo e che a questi otto dovrei aggiungere Fabrizio, che proprio nuovo non è ma che, insomma, una bella castigata me l’ha data anche lui proprio l’altro giorno. E senza contare, infine, il mega ditalino di Tanita e gli orgasmi che ci siamo tirate fuori a vicenda io e Serena, che a un certo punto ci siamo pure chieste ma non è che siamo diventate lesbiche? Non che ci sarebbe nulla di male, eh? Così, giusto per saperlo.
Recuperare il gusto di fare altre cose, dicevo. Anche di starmene a casa con i miei, qualche volta, di conoscere gente diversa che non è interessata a me sotto questo profilo, o che magari sì, lo è, lo potrebbe essere, ma non può farsi avanti. Che ne so, uscire con mia sorella e il suo ragazzo, ogni tanto me lo propongono. Conoscere qualcuno dei loro amici, anche un figo da paura. Essere bella e desiderabile, a me piace essere guardata e desiderata, ma al tempo stesso trovo gusto anche nel sapere che tutto ciò che potrà fare quel figo da paura, che magari sta lì con la ragazza, è tornarsene a casa e spararsi una sega pensando alla sottoscritta. Oppure essere io a pensare al figo la sera prima di addormentarmi e sognarmelo tenendo IO la manina infilata nel pigiama. Perché no? Che male c’è? Ci sono anche queste cose nella vita, mica solo portami al cesso che ti faccio un pompino oppure sbattimi su questo tavolo… Ci sono anche altre forme di divertimento, il cinema, per dire, oppure starsene con le amiche a fare un po’ di innocente taglia-e-cuci. Che è una scemenza, d’accordo, ma mi diverte.
Sono quasi arrivata alla fermata del mio autobus che mi suona il WhatsApp. Lo sento solo perché ho tenuto il telefono in mano e non l’ho rimesso in borsa dopo la conversazione con Stefania. Penso che sia ancora lei che vuole aggiungere qualcosa, invece è Serena che mi dice che domani sera all’ex Dogana c’è DJ-Qualcuno e se mi va di andarci. Le rispondo di sì, d’impulso, perché il suo invito mi sembra proprio il cacio sui maccheroni. Mi piacerebbe una cosa così e un po’ di casino anche se non ho la minima idea di chi cavolo sia questo DJ-Qualcuno.
“Ma chissenefrega della musica, io voglio andare con te a caccia di ragazzi, è la risposta di Serena.
Ah, ecco, appunto.
Avete presente? Ok. Non vi succede mai di legare questi eventi a una riflessione, a un bilancio, a chiedervi cosa cazzo avete combinato in tutto questo tempo? A me sì, capita. Spesso. Oggi, per esempio, è la prima volta che sono andata all’università dopo il ritorno dalle vacanze. Sì, lo so, avrei potuto sbrigare più o meno tutto sul sito. Ma a parte il fatto che il sito non è congegnato poi tanto bene, la verità è che mi andava di andarci. E mi andava pure di fare la solita passeggiata a piedi, al ritorno. E visto che oltre a camminare non devo fare un cazzo, penso. E faccio pensieri di quel tipo che vi dicevo.
Ecco, se devo fare uno di quei bilanci di cui vi parlavo non posso negare di essere particolarmente orgogliosa di me stessa: quattro esami dati tra giugno e luglio, il massimo dei voti, ottime basi per i prossimi appelli. Da questo punto di vista, una scheggia. Mentre lo fai magari non te ne rendi conto, ma appena ti fermi un attimo a pensarci, beh, c’è da esserne fiere. Soprattutto se vado con la mente alla stessa identica passeggiata che stavo facendo più o meno un anno fa.
Non venivo da un bel periodo. E’ vero, avevo fatto un’ottima maturità, ma allo stesso tempo finirla con il liceo era stata una liberazione. Mi ero lasciata alle spalle una fama di troietta scriteriata. Ancora vergine sì, ma che aveva succhiato il cazzo praticamente a tutti i ragazzi passabili della scuola e anche a parecchi dei loro amici. Voi potete immaginare, penso, solo lontanamente le rotture di palle, quasi le persecuzioni che ne erano derivate. Avevo dovuto blindare il mio profilo Facebook e bloccare non so quanti numeri di telefono di gente che o non si arrendeva, o mi faceva richieste e proposte a volte anche bizzarre o comunque mi cercava solo per dirmi (o scrivermi su WhatsApp, il più delle volte) quanto fossi troia. Avevo chiuso con tutte le mie conoscenze maschili tranne che con un ragazzo, Tommy, con cui stavo in modo fantastico ogni volta che ci vedevamo. Peccato però che le volte che ci vedevamo fossero subordinate a quelle in cui lui stava con la sua ragazza. Poi anche lui era tornato nella sua città, Parma, e chi si è visto si è visto. O meglio, poi c’è stato un ritorno di fiamma, ma allora, cioè un anno fa, non lo sapevo che ci sarebbe stato. Mi mancava molto.
A questo dovete aggiungere che mi erano pure saltate le vacanze post maturità. Dovevo andare a Londra con la mia amica Trilli a studiare l’inglese e quella scema non si becca la varicella? Cazzo, come si fa? Non sei protetta? I tuoi sono no-vax, per caso? Comunque a Londra ci sono andata questa estate e mi sono pure divertita parecchio. L’altr’anno mi sono divertita molto meno, invece, a passare agosto con mamma e papà in maremma e con una compagnia di ragazzi e ragazze della mia età che, a ripensarci adesso, non capisco come abbia fatto a non affogarmi in mare da sola. Senza peraltro battere un chiodo. No, cioè, un chiodo l’ho battuto. Era il chiodo di un cafone belloccio cui ho fatto un pompino di notte sulla spiaggia. Una esperienza di cui avrei potuto benissimo fare a meno, salvo il fatto che inginocchiarsi sul bagnasciuga della Feniglia con il solo rumore delle onde che accompagna quello della tua bocca ha il suo perché. Senza contare che, nel mio personale carnet da puttanella, beh, fa curriculum.
Ero anche stata male, tra l’altro. Non è che voglia farmi compatire, ma la corsa al pronto soccorso dopo quel terribile attacco di dismenorrea, dolorante e sporca di sangue, me la ricordo bene. Mi ricordo soprattutto la paura. Ci ho guadagnato una prescrizione vita natural durante (no, scherzo) della pillola anticoncezionale, con il beneplacito di mia madre e della sua amica ginecologa. Prescrizione che sul momento mi fece anche ridere e non poco: già quando facevo la troietta a scuola ero impegnata a difendere con i denti la mia verginità (lo facevo perché aspettavo “quello giusto”, eh? mica avevo fatto un fioretto) figuriamoci ora che non solo non avevo un ragazzo, ma che avevo rotto tutti i ponti con il passato. Sì, ok, nei primissimi mesi dell’università un paio di tipi li ho anche spompinati. Ma per mantenimento, più che altro. Come una dose a scalare. Come il cortisone, che se ne fai una cura massiccia non puoi interrompere di colpo da un giorno all’altro. Comunque sono cose che c’entrano poco con il mio discorso.
Diciamo che mi erano rimaste solo due amiche fidate, Stefania e Trilli, e che per me (a parte la mancanza di quel ragazzo che se ne era tornato a Parma con la sua famiglia) andava anche bene così. Dopo le turbolenze dei mesi precedenti mi sembrava giusto calmarmi un poco, concentrarmi su altre cose. Sullo studio, soprattutto, ma non solo. Ci sono tante cose nella vita, sapete?
Oddio, se proprio devo essere onesta, e probabilmente la cosa mi è tornata in mente anche in virtù della scorpacciata di lesbicate che ci siamo fatte io e Serena ultimamente, c’era stata anche Viola, la ragazza di uno di quei due cui avevo succhiato il cazzo. Non lo avrei mai pensato, ma in realtà la mia prima notte di sesso con qualcuno l’ho passata con lei. Ma non mi va di parlarne molto. Mica perché me ne vergogni, eh? E’ lei che è una stronza fatta e finita, andate a vedere i miei precedenti racconti e capirete. Solo che non me ne ero ancora accorta.
Quindi rimasi così, nel limbo delle zitelle, praticamente fino a Natale. Sì, perché io sono partita a raccontarvi della mia situazione da dodici mesi a questa parte, ma se parliamo di sesso le mosse devono partire da quel fatidico 15 dicembre, il giorno in cui persi la verginità. Fu con Tommy, naturalmente, il ragazzo di Parma, che però nel frattempo era andato a studiare a Bologna. In realtà però la cosa successe a Roma e… oh, va bene, lasciamo perdere la geografia.
Come vi ho detto, con lui stavo divinamente. Non sono sicura che fosse amore, non so bene cosa sia l’amore se si eccettua quello per i miei, per mia sorella, per mia nonna. Ma forse era anche qualcosa di più dell’amore, boh. Abbiamo avuto anche le nostre belle litigate, eh? O meglio, io litigavo, lui mi guardava con quell’aria strafottente del cazzo cercando di tenermi buona con quella sua parlata ironica del cazzo e con quella sua erre moscia del cazzo. Ma quando stavamo insieme in realtà mi sentivo in paradiso. Lui si è preso la mia verginità. E io gliel’ho data perché, semplicemente, ho pensato che ero stata una cretina, che quello giusto in assoluto non esiste ma che in quel momento era lui. Come può non essere giusto un ragazzo che ti piace da morire e ci viene giù da Parma a dirti cose tipo “non me ne frega un cazzo se scopiamo o meno, ma voglio passare una notte con te”? A dire il vero qualche tempo dopo si è preso anche la mia verginità posteriore, ma anche quella è un’altra storia, più triste, perché è la storia del nostro addio. Andate a rileggerla, se volete, a me non va di raccontarla. Posso solo dirvi che a un certo punto prendemmo atto che a stare insieme, a essere una coppia normale sia pure a distanza, a essere fedeli l’uno all’altra, o magari anche a non esserlo ma a raccontarcelo sinceramente, beh, proprio non ci riuscivamo. Non lo vedo da allora. Lo sento pochissimo. Ogni tanto mi manca.
Poi ce ne sono stati altri, li ho raccontati tutti, mi pare. No, ok non è vero che mi pare, li ho raccontati tutti. Dal ragazzo croato che incontrai sul treno proprio mentre tornavo da un week end con Tommy e che mi scopò per due sere di fila, a Fabrizio. Dal ragazzino di piazza Cavour che mi ha sbattuta in mezzo alla strada ai due animatori colleghi di Serena che mi sono fatta, non insieme, solo pochi giorni fa. Dai due ragazzi di un folle e caldo pomeriggio romano e di una sera altrettanto folle ma freddissima (anche loro, non insieme) ai due decerebrati incontrati in una discoteca all’aperto proprio il giorno prima di partire per l’Inghilterra (loro sì invece, insieme). Per finire con quelli di Londra. E questo senza contare qualche pompino insensato fatto qua e là e un paio di ragazze, oltre a Serena. Quella stronza di cui vi dicevo prima, ma anche una pazza sciroccata che voleva vedere se riusciva a reggere lo spettacolo di me che facevo un succhio al suo ragazzo. Volevano vedere, dicevano, se erano pronti per il poliamore, qualsiasi cosa significhi. Come gli è andata non lo so, so solo che mi frullò il suo ditino nella fica fino non solo a farmi venire, ma addirittura a farmi capire cosa è uno squirt, che sinceramente credevo fosse poco meno di una leggenda metropolitana ma che, Cristo, oddio che roba… pensavo non sarebbe finito mai.
Dall’inventario ne tengo fuori due, forse perché sono molto più grandi di me, forse perché… boh, non lo so. Forse non c’è un perché o se c’è in questo momento non mi viene.
Uno è Giancarlo, un uomo a rigore in questo elenco non ci dovrebbe proprio stare perché non mi ha mai scopata. Al massimo mi ha messo un dito dentro più che altro per dimostrarmi che aveva capito che andavo in giro senza mutandine. Si fa sentire solo quando vuole lui, e infatti è una vita che non lo sento, dice che sono troppo piccola ma mi ascolta quando parlo e mi prende sul serio. Non gliel’ho mai detto, ma credo che per lui farei qualsiasi cosa. In un certo senso la faccio, visto che appena fa un fischio io accorro come un cane da riporto.
L’altro è Edoardo, il Capo, il datore del mio primo lavoro. Trattasi di traduzioni, eh? Nulla di speciale. Lui sì che mi ha scopata, cavolo, eccome se mi ha scopata. La prima volta, mentre sua moglie Eleonora e sua cognata Giovanna, una mia amica, erano nel salotto a preparare il corredino del piccolo in arrivo. Già, mi ha scopata mentre sua moglie aveva il pancione e poi mi ha anche portata a Nizza per un week end, dove abbiamo giocato al manager e alla escort. Sì, sono stata la sua puttana per gioco, ma lo sono stata anche in ogni altro senso. Poi è sparito. Mi aveva promesso che mi sarei infilata nel suo letto mentre la moglie era in clinica a partorire ma sono scomparsi sia lui che il suo gigantesco cazzo (eh sì…). Non sapete quanto mi sia sentita arrabbiata, umiliata. Molto più umiliata da quello che, tanto per fare un esempio, essere stata quasi obbligata a farmi toccare la fica da un francese laido e grasso.
A pensarci bene, lo so perfettamente perché li ho lasciati da parte. Perché vedete, per me nel sesso l’aspetto cerebrale è sempre importante. Nel senso che maggiore coinvolgimento c’è meglio è. Beh, devo dire che Giancarlo il cazzo nella fica non me l’ha messo e Edoardo sì, e purtroppo anche nel sedere. Ma a prescindere da questo, nessuno, e sottolineo nessuno, mi ha mai fottuto il cervello come loro due. Non so cosa sia: voce, sguardi, presenza, personalità. Difficile a dirsi, sono anche così diversi tra loro! Ma il fatto è che nessuno è mai riuscito a possedermi in quel modo come ci sono riusciti loro. Due cazzi piantati nel cervello, altro che nella fica.
Solo che, sì insomma, ci sarebbe un altro piccolo particolare ora che ci penso. Cioè, io mi sono fatta questo piccolo inventario del sesso, no? E, non so, che cazzo vi devo dire, li ho contati e sono… ma cazzo, sono diciassette! No, dico, diciassette mi sembra un’enormità. Rifaccio i conti una, due volte, ma sempre diciassette restano: Tommy, Francesco, Davor, Fabrizio, Ridge, Nicolò, Matteo, Stefano, Edoardo, Michele, Enrico, Ludo, Linton, Paul, Davìd, Giulio e Lucio. Fosse per me ci metterei pure Giancarlo, dito o non dito, ma per il momento lasciamolo fuori.
Non so perché ma mi viene in mente mia sorella Martina, la sua possibile reazione. Non perché sia una bacchettona, tutt’altro. Le sue belle troieggiate le ha fatte pure lei. Se mi viene in mente è solo perché, da sorella maggiore, ogni tanto si spende in consigli e richieste di informazioni sulla mia vita sentimentale e sessuale, che lei immagina indissolubilmente intrecciate l’una con l’altra. Pensa te, diciassette. Seeee, vabbè, diciassette innamorati in nove mesi, a Martì… Mi pare di vedere i suoi begli occhi spalancati e la sua voce che fa “diciassette? DICIASSETTE??? MA SEI IMPAZZITA???? MA ALMENO CI SEI STATA ATTENTA?”. No, ecco, il fatto è che non ci sono stata sempre così attenta. Cioè, il più delle volte andavo sul sicuro, ma qualche altra volta, insomma, no, mica tanto. Ok, ho bisogno di un confronto, ma non con lei, è chiaro. Prendo l’iPhone.
– Oh! – e già mi pare di sentire dall’altra parte una voce un po’ alterata.
– Stefy?
– Ma kwanno kafso si fedsiafo? (ve lo traduco perché mi fate pena: ma quando cazzo ci vediamo?)
– Ma che ca… ma che succede?
Secondi di silenzio, una risata.
– Stavo mangiando un tramezzino, stronza – altra risata.
Adoro Stefania. Se cerco lei è perché è quella che mi dà più stabilità. E’ bella, sensibile, intelligente. Raffinata senza essere snob, anzi. Persino quando vuole essere volgare lo fa con la classe di una brava ragazza che ha deciso volontariamente di esserlo, ma che sa benissimo essere altro. Non capisco perché riservi spesso e volentieri a me, e solo a me, il suo lato coatto. Che si manifesta, ad esempio, nel dirty talking esasperato, per di più con la bocca piena. E aspetta a rispondere, no? Oppure richiama…
– Senti, Stefy, devo chiederti una cosa….
– Sì ok, ma prima mettiamoci d’accordo, sono dieci giorni che sono tornata e non ci siamo ancora viste.
– Ma che ne so io, devi dirmelo tu quando il polipo ti molla.
Che poi “il polipo” sarebbe il suo ragazzo. Carino, eh? Stronzo per niente, non ossessivo. La ama, è soltanto un po’ appiccicoso, un po’ parecchio. Anche lei lo ama, solo che ogni tanto le capita di staccarsi e di dedicare il tempo libero a uno o più ragazzi. Lei dice di non riuscire a sentirsi particolarmente fedifraga per questo. Io concordo, secondo me è solo un po’ mignotta a intermittenza. Ma ci abbiamo ragionato, per me è una reazione abbastanza sana. Per lei un modo di fare poco ortodosso ma, dice, se il modo di fare poco ortodosso ha anche un bel cazzo lei non ci vede nulla di male.
– Dai, almeno un aperitivo – ribatte – chiamiamo anche Trilli che ha fatto delle vacanze di merda, poi tu mi devi raccontare che hai combinato a Londra, avrai fatto la troia immagino – e ride.
– Manco per niente. Com’è andata a Ibiza?
– Uh? Siamo stati a Corfù!
– Ah già. Com’è?
– Fica, un sacco di gente.
– Da come lo dici mi sembra piuttosto che TU abbia fatto la troia…
– Ma ti pare? Col manzo al seguito? Amore mio, si chiamano diversivi…
– Non ho capito, si chiamano diversivi con la i? Plurale?
– Che palle che sei Annalì, ha parlato santa Maria Goretti…
– Lascia perdere Maria Goretti – rido – dimmi un po’ di questi diversivi.
– No, d’accordo, per scopare ho scopato solo con uno, un dj di lì. All’altro ho fatto solo una sega…
– Ah beh, allora che problema c’è…
– Non avevo mai fatto una sega su un traghetto, sai? Fico! – aggiunge mentre ho l’impressione che abbia addentato un altro pezzo di tramezzino.
– Su un traghetto?
– … mh mmhh… – fa dopo qualche attimo di silenzio, suppongo dedicato alla masticazione – sul ponte.
– Cioè, fammi capire, hai accalappiato un tipo e gli hai detto vieni che ti faccio una sega sul ponte?
– No, no, per chi mi hai presa? Ti assicuro che aveva dei solidi argomenti.
– Sotto i pantaloni, direi – le replico.
– Bermuda… dovevi vedere come cazzo ha schizzato in mare, wow! E’ stato anche un po’ il vento, eh?
– Stefy, scusa un secondo – le dico chiudendo gli occhi per cercare di distogliere quell’immagine dalla mia mente – ma dove cazzo è che stai?
– In un bar, perché?
– Cioè stai raccontando queste cose ad alta voce in un bar?
– Ma figurati chi mi si incula, c’è un casino qui dentro.
Per un istante spero con tutta me stessa di sentire una voce un po’ lontana dall’altra parte del telefono che, in mezzo al rumore di stoviglie e piattini, dice una cosa tipo “se si accomoda me la inculo io, signorì”, che secondo me sarebbe la lapide ideale sulla nostra conversazione. Ma non avviene.
– Ma in tutto questo, scusa, il polipo dove stava?
– A guardarsi una partita, se non ricordo male…
– Oh… la tv satellitare è la morte della coppia…
– Sì, può essere – risponde Stefania cambiando poi tono – un tramezzino e una coca, quant’è?
E’ quando, in un certo momento che non saprei definire ma che percepisco, ci rompiamo entrambe le palle di queste stronzate che vado al punto.
– Stefy, che ne pensi del numero diciassette?
– Eh? Hai fumato, Annalì?
– No, dico sul serio.
– Mah, bel numero – dice dopo averci pensato un po’ su – in genere sta sul cazzo perché dicono che porti sfiga, anche se non ho mai capito se porta sfiga quello o il tredici. Ma mi piace proprio per questo. Perché me lo chiedi?
– Ho fatto un po’ di conti. E risulterebbe che mi sono fatta diciassette ragazzi.
– Diciassette? Amore, ma che mi stai prendendo per il culo? Diciassette saranno quelli che ti sei fatta, che cazzo ti posso dire, nei camerini della Rinascente…
– Bella battuta. No, dicevo pompini a parte. Intendevo quelli che ho proprio scopato.
– Ah… Cazzo! Cioè, diciassette cazzi, per la precisione.
– Bella battuta anche questa, Stefy…
– No, ma scusa… tu… la tua prima volta è stata… è stata con Tommy… quando era, l’anno scorso?
– Quindici dicembre…
– Cioè, un attimo… mi stai dicendo che hai scopato diciassette tipi diversi in nove mesi? Voglio dire, stiamo parlando di diciassette penetrazioni da diciassette cazzi diversi?
– Alza un po’ più la voce, sai? Così ti posso sentire pure senza telefono.
La protesta funziona perché per qualche secondo si fa silenzio. Poi sono io che riprendo a parlare.
– Comunque sì, diciassette più un dito, diciamo.
– Vabbè, un dito…
– Lascia fare, era il dito di Giancarlo.
– Ah ok… – commenta perplessa – ma perché, quel Giancarlo non ti si è mai fatta? Pensavo di sì…
– In realtà no. Stefy, che ne pensi?
– Boh… cioè, oddio… tantini…
– Sì, eh?
– Beh…
– Ma Trilli secondo me di più, lei cambia un fidanzato a settimana! – protesto. Sembra una protesta spontanea ma in realtà è da un po’ che me la preparavo.
– Annalì – mi domanda scettica – ma secondo te davvero Trilli si scopa cinquantaquattro ragazzi un anno?
– In un anno le settimane sono cinquantadue – obietto.
– Che scassacazzi… vabbè è lo stesso… daje, non è possibile no? Con tutto che acchiappa come una matta, non è possibile. Non è che le ho tenuto i conti come li sto tenendo a te ora, ma la maggior parte saranno pompini, pomiciate, seghe, ditalini… almeno credo. Comunque sì, in teoria possono essere anche più di diciassette. E però tutta sta storia dei fidanzati, dai.. E’ una sua sovrastruttura, lo sa anche lei. E’ qualcosa che ha bisogno di dirsi, mica penserai che ci creda davvero, no? E i ragazzi? Credi che ne becchi così tanti disposti a fidanzarsi con lei? E annamo, Annalì, mica è Jennifer Lawrence… Tu sei Jennifer Lawrence, anoressica, io sono Micaela Ramazzotti, lei è Trilli. Quelli che rimorchia al massimo vogliono farsi fare una pompa…
– Scusa, perché io sono Jennifer-Lawrence-anoressica mentre tu sei Micaela Ramazzotti?
– Perché io le tette ce l’ho, pure più della Ramazzotti, mi sa.
A me sinceramente non mi interessa nulla né delle tette della Ramazzotti né di Jennifer Lawrence, è una gag che facciamo spesso. Una gag che mi serve per prendere un po’ di tempo perché so che tutto quello che dice Stefania è vero, ma squadernata in modo così razionale davanti agli occhi la cosa mi fa un certo effetto.
– Stefy? Sei ancora nel bar? – le chiedo, perché sento che i rumori di ambiente sono cambiati.
– Uh? No, sono alla fermata, madonna c’è una marea di gente…
Perfetto. I cazzi nostri tanto vale metterli su Youtube d’ora in poi.
– Comunque, dai, avrà qualcosa, sennò mica li cambierebbe come le mutande…
– Ma sì, è chiaro, sennò non la chiameremmo il Terzo mistero di Trilli… non capisco cosa, ma qualcosa ce l’ha…
– Senti – domando – ma secondo te è molto da troia?
-Tu o lei?
– Io…
– Beh, sì… ma che te frega? Non te n’è mai fregato un cazzo! Semmai ero io che ti dicevo… Ma mica è per il numero, eh? E’ per il tuo modo di fare… Cioè, la cosa che mi fa impazzire di te è che sembra che non te ne freghi mai un cazzo di niente. Oddio, anche il numero, volendo. A diciassette io non ci arrivo nemmeno con il binocolo. In totale, intendo dire, non in nove mesi…
– Non arrivi a diciassette? – le domando, non so nemmeno io spinta da quale curiosità.
– Ahò, ma per chi mi hai presa?
– Stefà, e annamo… manco te sei Santa Maria Goretti!
– Ok, ok, la mignotta l’ho fatta pure io qualche… scusi mi fa timbrare?… qualche volta, ma io sono una troia a intermittenza, come dici te… Tu lo sei, come dire, strutturalmente, se capisci cosa voglio dire ahahahahah…. Vabbè, dai, quando ci vediamo? Perché non facciamo domenica a pranzo?
Le rispondo che mi pare una grande idea, ma lei un attimo dopo si tira indietro perché dice che ah, no, il polipo domenica la porta al mare. E così si ritorna sull’idea-aperitivo. Magari lo dico anche a Giovanna e a Serena, le propongo.
– Uh, certo! Come sta Serena? Come siete state in Sardegna?
– Bene, direi bene! – rispondo e aggiungo, senza cambiare tono di voce – ci siamo leccate la fica, lo sai?
– Ah… questa è una notizia.
Segue qualche secondo di silenzio. Un rumore sordo, forse lo scossone dell’autobus. Sorrido tra me e me perché so che sono queste le cose che la spiazzano ma che allo stesso tempo la intrigano di più. Che fanno vacillare il suo apparente cinismo.
– Sai una cosa, Annalì? – mi domanda mettendomi un po’ in tensione – pensavo che l’avremmo fatta io e te una cosa del genere…
– Gelosa? – le faccio un po’ preoccupata.
– Eh? Ah, no. No no no, scusa, no. E’ che stavo pensando… ti ricordi quella notte a casa dei tuoi al mare?
– Sì – rispondo laconica. Come faccio a non ricordarmela?
– Lì ho proprio pensato che stessi per provarci, me ne sono accorta.
– Da cosa te ne sei accorta, scusa? Dal morso sulla chiappa?
– No, no, da prima. Da come respiravi. Ti ricordi che stavamo al buio? Hai cambiato respiro e lì ho pensato “adesso questa mi mette una mano sulle tette oppure mi sale sopra”… scusi, scende alla prossima?… “oppure mi sale sopra e mi bacia”.
– Anche il tuo di respiro era un po’… ma perché non me l’hai detto? – domando con il tono di una che si sente, come faccio a farvelo capire, come una che si sente presa e spogliata in pieno giorno a piazza Navona (vabbè, se non ve l’ho fatto capire fa lo stesso).
– Perché aspettavo che me lo dicessi tu… – risponde.
– Vabbè, se ricapita te lo dico – le faccio cercando di recuperare un po’ di terreno su di lei – ti mollo perché sennò mi finisce il credito, bacio…
– Annalì…
– Eh…
– Non preoccuparti di nulla, ma di nulla proprio. Bacio…
Non so se la telefonata con Stefy sia servita a qualcosa. Forse no, o forse la metabolizzerò con più calma. Al momento ho l’impressione che il suo consiglio sia quello di, sì insomma rallentare un po’. L’avevo fatto, a giugno, quando mi ero tappata in casa per studiare e, se non ricordo male, a parte una scopata con Fabrizio, me ne ero stata buona. Ma non vorrei farlo così, come una cosa auto-imposta. Lo vorrei fare perché mi va, per recuperare il gusto di altre cose. Se ci penso bene, diciassette sono tanti, ma se ci penso ancora meglio e restringo il campo, solo nell’ultimo mese sono stati otto. No, dico, otto! E che cazzo, dai. Mi viene il dubbio che ci sia anche qualcosa di nevrotico sotto. Cioè, non posso dire di averla vissuta in questa maniera, anzi spesso mi sono divertita parecchio. Ma cazzo, darla a otto persone differenti in un mese è una bella media, ammetterete. Senza contare i pompini bislacchi e persino una masturbazione faccia a faccia con quel pittore bislacco di Mark. Si chiamava Mark? No, Martin. Senza contare che uno di questi otto mi ha anche fatto il culo e che a questi otto dovrei aggiungere Fabrizio, che proprio nuovo non è ma che, insomma, una bella castigata me l’ha data anche lui proprio l’altro giorno. E senza contare, infine, il mega ditalino di Tanita e gli orgasmi che ci siamo tirate fuori a vicenda io e Serena, che a un certo punto ci siamo pure chieste ma non è che siamo diventate lesbiche? Non che ci sarebbe nulla di male, eh? Così, giusto per saperlo.
Recuperare il gusto di fare altre cose, dicevo. Anche di starmene a casa con i miei, qualche volta, di conoscere gente diversa che non è interessata a me sotto questo profilo, o che magari sì, lo è, lo potrebbe essere, ma non può farsi avanti. Che ne so, uscire con mia sorella e il suo ragazzo, ogni tanto me lo propongono. Conoscere qualcuno dei loro amici, anche un figo da paura. Essere bella e desiderabile, a me piace essere guardata e desiderata, ma al tempo stesso trovo gusto anche nel sapere che tutto ciò che potrà fare quel figo da paura, che magari sta lì con la ragazza, è tornarsene a casa e spararsi una sega pensando alla sottoscritta. Oppure essere io a pensare al figo la sera prima di addormentarmi e sognarmelo tenendo IO la manina infilata nel pigiama. Perché no? Che male c’è? Ci sono anche queste cose nella vita, mica solo portami al cesso che ti faccio un pompino oppure sbattimi su questo tavolo… Ci sono anche altre forme di divertimento, il cinema, per dire, oppure starsene con le amiche a fare un po’ di innocente taglia-e-cuci. Che è una scemenza, d’accordo, ma mi diverte.
Sono quasi arrivata alla fermata del mio autobus che mi suona il WhatsApp. Lo sento solo perché ho tenuto il telefono in mano e non l’ho rimesso in borsa dopo la conversazione con Stefania. Penso che sia ancora lei che vuole aggiungere qualcosa, invece è Serena che mi dice che domani sera all’ex Dogana c’è DJ-Qualcuno e se mi va di andarci. Le rispondo di sì, d’impulso, perché il suo invito mi sembra proprio il cacio sui maccheroni. Mi piacerebbe una cosa così e un po’ di casino anche se non ho la minima idea di chi cavolo sia questo DJ-Qualcuno.
“Ma chissenefrega della musica, io voglio andare con te a caccia di ragazzi, è la risposta di Serena.
Ah, ecco, appunto.
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