Il vagabondo. (racconto di natale)
di
Lizbeth Gea
genere
sentimentali
Sapete c’è una categoria di persone che non vengono mai notate, eppure le vedete tutti i giorni. Vedono migliaia di gente, ma nessuna di esse li saluta. Ogni tanto ci date una mano per sentirvi meglio. Sono i vagabondi, e io appartengo a questa categoria.
Specialmente oggi che è Natale, dimostrate tutta la vostra ipocresia, fingete di essere più buoni, ma ancora una volta ci ignorate, anzi non vi importa nulla se moriamo dal freddo.
Cammino sempre tra le vie delle vostra città, respiro tra di voi, ma nessuno che mi chieda come sto. Per carità non lo pretendo, ma anche un semplice sorriso è apprezzato.
Soprattutto in questo periodo ci sentiamo i più soli dell’universo, quante luci, quanto sfarzo. Cogliamo ogni attimo della vostra agitazione, ma davvero vi piace il Natale, ma davvero vi piace fingere di essere più buoni. Buoni dove, semplicemente cercate di essere meglio degli altri.
Lo so le mie frasi sono cattive e arrabbiate e di questo vi chiedo scusa.
Cosa succede, poi, se ci innamoriamo di una incantevole donna. La mia si chiama Amelie ed è sposata. La vedo tutti i giorni recarsi al suo bar, la vedo servire i suoi clienti. A volte, quando riesco a raccimolare qualche spicciolo, entro e ordino un capuccino, solo per sentire la sua voce.
Lei mi tratta sempre con gentilezza, mi fa sentire come se fossi una persona normale, e spesso, quando chiude il suo bar, mi dona le briosche rimaste in giacenza.
Lo so, sono un illuso, lei non mi considerà mai. Non potrò mai baciare le sue labbra, non potrò mai sentire il suo respiro su di me.
Rimarrà per sempre un sogno e non credo ai miracoli.
Oggi però la vedo strana, non mi ha salutato con il solito sorriso, anzi sembra parecchio nervosa. Lo noto da ogni suo movimento. Nella mia testa penso che sia colpa delle festività e delle enorme massa di lavoro che gli capita sulle spalle. Decido di rimanese seduto sulla panchina, fuori dal suo locale, per tutto il giorno, voglio capire cosa sia successo. Sono così concentrato su di lei, che non noto neppure l’elemosina che mi viene elargita, mi potrebbero pure rubare quei miseri soldi, che me ne fregherei.
Giunge la sera, e vedo il marito arrivare tutto arruffato, entra e sbatte la porta dietro di se, le illuminazione natalizie traballano. Iniziano a litigare, gli ultimi clienti rimasti scappano, alcuni senza pagare. Le urla arrivano fino alla strada e io inizio ad agitarmi.
Vorrei intervenire, vorrei difenderla, ma non sono affari miei.
Continuano a litigare, lei gli da una spinta, lui gli da uno schiaffo. Io non ci vedo più, scattò in piedi e lascio il capello con i soldi sopra la panchina e corrò all’interno del locale.
Vedo il marito prendere in mano una decorazione natalizia rotta e minacciare sua moglie con quella. Tra insulti e gride, afferro per caso alcune parole.
“Ora torni a casa con me” – “Tu sei matto” – “Chi era quel tale con cui sei tornata a casa ieri sera” – Nessuno” – “Sei una troia come tutte le donne”
Io rimango immobile, lui è molto più forte di me. Vedo che la spinge contro il mobile dei liquori, e gli mette una mano sul collo.
Non sopporto più quella vista, mi scaglio contro di lui.
“E tu chi cazzo sei”
Non rispondo e gli do un pugno in faccia. Lui praticamente lo assorbe come una carezza, ma una cosa l’ho ottenuta, lascia la presa su sua moglie, la quale crolla in ginocchio dietro al balcone.
Mi spinge via – “Fai del bene a tutti, vattene”
“La devi lasciare in pace”
Si rivolge verso sua moglie – “Ma tu guarda, fai innamorare pure i pezzenti”
Io cerco di dagli un calcio, ma lui afferra al volo la mia gamba e mi fa finire per terra, batto la testa, ma, grazie all’adrenalina, mi rialzo al volo
Cerco ancora di dagli un pugno, ma nulla, ancora una volta mi anticipa e me ne molla uno lui in pieno viso, il mio naso inizia a sanguinare. Rimango stordito e lui torna da sua moglie.
La risolleva, gli stappa la camicia.
“Visto, ora si che sei una puttana”
Cerco di riprendermi, vedo un boccale di birra sul balcone, l’afferro e gli lo sbatto in testa. Lui crolla a terra, inizia a sanguinare, si tocca la testa, si rialza.
Mi prende per il bavaro, mi scaraventa contro un tavolino, la mia testa sbatte contro uno spigolo, sento improvvisamente che perdo le forze, non riesco a tenere gli occhi aperti e diventa tutto buio.
Non so quanto tempo passa, quando riapro gli occhi non capisco dove mi trovo. Sento la testa sollevata, mi guardo in giro. Vedo un albero di Natale devastato. Ora ricordo, sono nel bar di Amelie, improvvisamente torna la paura. Cerco lo stronzo con lo sguardo. Non lo vedo, improvvisamente intravedo qualcosa di nero, sembra un reggiseno. Qualcuno mi accarezza i capelli.
“Ti sei svegliato” – è lei.
Mi alzo di scatto, ho un capogiro, ricado per terra. Ancora agitato, gli chiedo di suo marito.
“Calmati, qualcuno ha chiamato i carabinieri e lui se ne è andato a gambe levate”
Sento che mi bacia la fronte, sento il suo profumo.
“Non so cosa sarebbe successo senza di te”
Stavolta mi bacia in bocca, forse ho sognato.
Appena riprendo un po’ di forze, mi alzo in piedi. E faccio per andarmene.
“Ti prego rimani” – Mi sorride – “Ho paura di rimanere da sola, ho paura che torni”
Sono indeciso, l’amo, ma sono pur sempre un senza tetto, sono semplicemente un uomo inutile. Lei si avvicina, mi prende la mano tra le sue, mi sorride. Piange.
Ha paura, rimango, mi sento un eroe.
Lei compie dei semplici gesti, chiude la porta del bar, innesca l’allarme, va dietro al balcone e prepara un tè caldo per entrambi. Lo beviamo guardandoci imbarazzati.
E’ vero ci conosciamo da diverso tempo, ma è la prima volta che rimaniamo da soli e io ho paura di commettere i miei soliti errori. Lei non smette mai di accarezzarmi la mano, quella con cui ho sferrato il mio, terrificante, pugno contro suo marito.
Lei mi guarda come se mi interrogasse e mi chiedesse: e ora che facciamo.
Io rimarrei tutta la vita accanto a lei a guardare il suo triste sorriso. Dentro di me so che è già sposato, la sua sedia e si avvicina a me. Dalla sua camicia strappata, si intravede il suo meraviglioso seno. Da una parte sono incantato, dall’altra vorrei donare la mia giacca per coprirla, ma so, purtroppo, che puzza e sicuramente è piena di germi.
Il suo viso si avvicina, insicuro, verso il mio. Si morde la lingua, adoro quando lo fa. Ormai siamo a 5 cm di distanza come la vorrei baciare.
“Fallo”
“Come scusa”
“Lo so che sei innamorato di me, l’ho sempre saputo”
“E cosa vorrei fare, scusami”
“Baciarmi, lo so che muori dalla voglia di farlo” – La sua lingua desiderosa esce dalla sua bocca.
Non ho il coraggio, non posso, non in queste condizioni. L’iniziativa la prende lei, mi sfiora le mie labbra con le sue e sorride. Me le bacia, me le succhia. Io inizio ad agitarmi, devo andare via in qualche modo.
Lei mi trattiene, possibile che sia così debole, oppure semplicemente la desidero anch’io.
Vedo che chiude gli occhi, e sento la sua lingua penetrarmi, l’assaporo sulla mia. Sembra una vipera scatenata, mi perlustra il cavo orale.
Appena riesco a parlare – “Tuo marito potrebbe tornare”
“Non credo è un codardo e anche se fosse, chi se ne frega”
Continua a baciarmi, inizio ad eccitarmi, mi metto una mano sui pantaloni, non deve vedere la mia erezione. Lei si toglie la sua camicia ridotta a brandelli, e mi mostra quel meraviglioso seno, imprigionato in una dolcissima prigione.
Dentro di me matura la voglia di toccarlo e lo faccio con titubazione. Lo sfioro, guardo lei, lo stringo ancora di più e lei mi lascia fare. Pure io ho qualcosa imprigionato nei vestiti, ma non è così delicato.
E se non mi fossi ancora svegliato, e se tutto questo fosse un sogno.
Lei si slaccia pure il reggiseno e quella terza spavalda mi fissa. L’accarezzo. Gli lecco i capezzoli. Quante notti, sdraiato per terra, ho sognato questo momento.
Mentre io continuo a leccarla, lei mi sbottona i pantaloni lisi. Mi infila dentro una mano, me lo prende tra le sue dita e mi guarda stupefatta.
Sento la mia eccitazione scorrere nel mio corpo. Sento che gioca sulla mia cappella con il suo dito pollice. Le sue unghie mi graffiano.
Si siede sul tavolino, si alza la gonna, si sfila le mutandine, me le fa annusare.
“Ti piaccio” – Per me è una meraviglia, ma non riesco a dirlo.
Inizia a masturbarsi con le mutandine, le fa entrare dentro di se. Non capisco più nulla e non è per la botta in testa.
“Togliti i pantaloni” – Lo faccio subito, ormai la mia asta è esposta.
Lei allunga il suo piede destro e gioca con il mio cazzo, passa le dita tra le palle, mi accarezza il glande – “Segati per me”
Me lo prendo in mano, intanto lei passa l’alluce tra le mie chiappe e si insinua all’interno.
Siamo uno di fronte all’altra e ci masturbiamo. La voglio possedere deve essere mia, ma se mi faccio avanti, ho paura che mi denunci per violenza sessuale.
“Scopami” – I miei timori svaniscono.
Mi alzo in piedi e, con il cazzo in mano, mi avvicino alle sue gambe. Lei mi guarda accarezzandosi dolcelmente il seno e facendo penzolare le gambe dal tavolino, poi mi afferra il pene con la mano destra e lo spinge dentro di se.
Sento la mia cappella avvolta dal suo sesso, mi introduco dentro di lei, e spingo. Sono anni che non faccio sesso, praticamente da ragazzo. Ho paura di iaculare immediatamente, cerco di resistere.
Lei mi accarezza il viso, i suoi occhi esprimono tutta la sua dolcezza. Guardo intorno a me e vedo tutte le tracce rimaste da quel uragano di suo marito. “Che deficiente”
“Che hai detto” – Mi guarda incuriosita
“Nulla”
Gli afferro il seno e ogni volta che spingo il mio pene dentro di lei, spingo il suo seno verso la sua gola. Gli accarezzo i capezzoli duri. I miei movimenti son lenti, non ho la minima fretta.
I nostri sospiri sono lievi e lieti.
La faccio chinare sul tavolino e io mi sdraio sopra di lei. Le bacio il collo. Le passo le mie mani sulle sue braccia. Hanno i lividi delle percosse di prima, li lecco.
Le sue mani mi accarezzano la nuca, io faccio scorrere il mio pene lungo i suo 12 centrimetri di desiderio. Assaporo ogni contatto. E’ cosi lubrificata che scorre facilmente.
Avvicina la bocca al mio orecchio destro, mi succhia il lobo – “Voglio che mi fotti con passione, voglio che mi prendi con forza, ho bisogno di godere e dimenticare tutto”
Dentro di me non so se ne sono capace. Mi sfilo da lei, la lascio libera, la facciò alzare con la mia misera forza, poi la faccio girare di getto.
“Mani sul tavolino”
“Si padrone mio” – Ride.
Ora è messa a novanta, ha un sedere meraviglioso. Lo accarezzo, Lo sculaccio. Lo bacio e vedo la sua passera da vicino, la lecco. Stringo con le mani quel meraviglioso sedere tonico e infilo la lingua dentro di lei.
Appoggia il seno su quella superficia fredda e si allarga le chiappe da sola. Intuisco cosa voglia di me. Torno in piedi, e gli sbatto, ancora una volta, dentro il cazzo. Ma questa volta mi faccio più audace. I miei colpi sono piu sicuri, sono più decisi.
La sento urlare, ma non son gli urli di prima. Questi sono urli di eccitazione, sono urli di gioia.
Gli metto le mani sul collo. Lo stringo. Spingo con tutta la forza che ho. La vedo sobbalzare.
“Più forte, spinti tesoro”
Il mio ritmo aumenta, gli accarezzo la schiena. Vedo che si sta masturbando il clito con le sue dita. Il suo seno schiacciato mi eccita. Inarco la schiena, il piacere si diffonde dentro di me.
Non so perché piango, è sicuramente gioia.
Gli afferro le gambe con le mani, lei ora sta volando, sento il rumore del suo seno, scorrere su quella lastra di metallo.
“Non ci credo sto per venire, sono mesi che non lo faccio” – le sue parole si sentono a stento.
Ne sono inebriato. La mia lucidità e la mia forza, viene sempre meno. Lascio le sue gambe, che crollano per terra, ho paura di averle fatto del male ma lei non si lamenta.
Anzi, appoggia le mani sul tavolino, inerca la schiena, il suo seno risplende, sembra un cobra.
“Spingi e lascialo dentroo” – Eseguo.
Vedo il suo volto girarsi, vedo i suoi meravigliosi occhi, vedo che la sua lingua esce lateralmente dalle labbra e se la morde. Gli afferro le tette. Le stringo.
Il suo fiato si smorza, sembra che abbia l’asma. La sento invocare dio e poi le sue braccia tremano e lei crolla sul tavolino. Non fiata, sembra che abbia raggiunto l’orgasmo. Io rimango immobile con il mio pene dentro di lei, non so che fare.
Improvvisamente scoppia a ridere. Si sfila il mio cazzo con la mano, si gira, mi guarda. Scende lentamente dal tavolino, e mi afferra il pene con due mani.
“Sapevo che era grosso, ma non così” – In realtà non è vero, e lo fa per farmi felice.
Se lo infila in bocca, lo succhia. Gli accarezzo i capelli. Lei si stringe le tette. Muoi dalla voglia di essere li in mezzo, ma come al solito non ho il coraggio di dire nulla.
Lei mi guarda con quei suoi occhi blu meravigliosi. Mi legge nel pensiero. Mi fa passare la cappella sul seno, sui capezzoli. La mia asta si introduce in automatico nel suo seno. Lei lo stringe. Io lo faccio scorrere dentro a quel paradiso. Sento i suoi muscoli stringermi. Lei lecca la mia cappella.
Sento i testicoli che si ritraggono, sento la prostata contrarsi, un fluido fuoriesce dalla cappella, non gli voglio venire in faccia, ma lei mi trattiene anzi esce la lingua in attesa.
Scoppio, tutto il mio sperma la invade. Lo ingoia, la mia crema arriva fino ai suoi occhi. Mi succhia la cappella con le sue labbra. La pulisce. La morde.
Mamma mia che scopata, scusate se lo dico, ma è vero.
Lei apre quella prigione tettorale. Rimango immobile con il cazzo floscio. Per la vergogna mi rimetto i pantaloni. Guardo la porta. Mi rendo conto di quello che è successo e di quello che ho appena fatto.
“Tu non hai fame”
“Cosa”
“E’ tardi e dopo tutto questo movimento mi è venuta fame” – Si pulisce lo sperma, si ricompone, ha ancora il seno al vento. Lei va sul retro, lasciandomi da solo, quello sarebbe il momento adatto per andarmene. Ma rimango li come un idiota. Lei torna dopo qualche minuti, indossa una maglietta e senza dire una parola, si dirige in cucina, dove prende un pandoro avanzato.
Torna da me, ne taglia una fetta da me e mi porge pure una bottiglia d’acqua, in effetti ho fame. Ci sediamo, e rimaniamo tutta la sera a parlare e trovo la cosa meravigliosa ancora di più del sesso. Sono anni che parlo da solo e finalmente lo posso fare con qualcuno. Tra l’altro una bella donna.
Come finirà questa storia, lo lascio decidere a voi. Magari è stato tutto un sogno, provocato dalla botta in testa, magari, dopo un po di tempi, lei mi ha assunto come suo aiutante, ha lasciato suo marito e noi siamo diventati amici. Oppure, sicuramente i più bastardi lo penseranno, non l’ho più rivista e lei è tornata da suo marito e ovviamente io non sono piu passato accanto a quel bar, per vergogna e per delusione.
Specialmente oggi che è Natale, dimostrate tutta la vostra ipocresia, fingete di essere più buoni, ma ancora una volta ci ignorate, anzi non vi importa nulla se moriamo dal freddo.
Cammino sempre tra le vie delle vostra città, respiro tra di voi, ma nessuno che mi chieda come sto. Per carità non lo pretendo, ma anche un semplice sorriso è apprezzato.
Soprattutto in questo periodo ci sentiamo i più soli dell’universo, quante luci, quanto sfarzo. Cogliamo ogni attimo della vostra agitazione, ma davvero vi piace il Natale, ma davvero vi piace fingere di essere più buoni. Buoni dove, semplicemente cercate di essere meglio degli altri.
Lo so le mie frasi sono cattive e arrabbiate e di questo vi chiedo scusa.
Cosa succede, poi, se ci innamoriamo di una incantevole donna. La mia si chiama Amelie ed è sposata. La vedo tutti i giorni recarsi al suo bar, la vedo servire i suoi clienti. A volte, quando riesco a raccimolare qualche spicciolo, entro e ordino un capuccino, solo per sentire la sua voce.
Lei mi tratta sempre con gentilezza, mi fa sentire come se fossi una persona normale, e spesso, quando chiude il suo bar, mi dona le briosche rimaste in giacenza.
Lo so, sono un illuso, lei non mi considerà mai. Non potrò mai baciare le sue labbra, non potrò mai sentire il suo respiro su di me.
Rimarrà per sempre un sogno e non credo ai miracoli.
Oggi però la vedo strana, non mi ha salutato con il solito sorriso, anzi sembra parecchio nervosa. Lo noto da ogni suo movimento. Nella mia testa penso che sia colpa delle festività e delle enorme massa di lavoro che gli capita sulle spalle. Decido di rimanese seduto sulla panchina, fuori dal suo locale, per tutto il giorno, voglio capire cosa sia successo. Sono così concentrato su di lei, che non noto neppure l’elemosina che mi viene elargita, mi potrebbero pure rubare quei miseri soldi, che me ne fregherei.
Giunge la sera, e vedo il marito arrivare tutto arruffato, entra e sbatte la porta dietro di se, le illuminazione natalizie traballano. Iniziano a litigare, gli ultimi clienti rimasti scappano, alcuni senza pagare. Le urla arrivano fino alla strada e io inizio ad agitarmi.
Vorrei intervenire, vorrei difenderla, ma non sono affari miei.
Continuano a litigare, lei gli da una spinta, lui gli da uno schiaffo. Io non ci vedo più, scattò in piedi e lascio il capello con i soldi sopra la panchina e corrò all’interno del locale.
Vedo il marito prendere in mano una decorazione natalizia rotta e minacciare sua moglie con quella. Tra insulti e gride, afferro per caso alcune parole.
“Ora torni a casa con me” – “Tu sei matto” – “Chi era quel tale con cui sei tornata a casa ieri sera” – Nessuno” – “Sei una troia come tutte le donne”
Io rimango immobile, lui è molto più forte di me. Vedo che la spinge contro il mobile dei liquori, e gli mette una mano sul collo.
Non sopporto più quella vista, mi scaglio contro di lui.
“E tu chi cazzo sei”
Non rispondo e gli do un pugno in faccia. Lui praticamente lo assorbe come una carezza, ma una cosa l’ho ottenuta, lascia la presa su sua moglie, la quale crolla in ginocchio dietro al balcone.
Mi spinge via – “Fai del bene a tutti, vattene”
“La devi lasciare in pace”
Si rivolge verso sua moglie – “Ma tu guarda, fai innamorare pure i pezzenti”
Io cerco di dagli un calcio, ma lui afferra al volo la mia gamba e mi fa finire per terra, batto la testa, ma, grazie all’adrenalina, mi rialzo al volo
Cerco ancora di dagli un pugno, ma nulla, ancora una volta mi anticipa e me ne molla uno lui in pieno viso, il mio naso inizia a sanguinare. Rimango stordito e lui torna da sua moglie.
La risolleva, gli stappa la camicia.
“Visto, ora si che sei una puttana”
Cerco di riprendermi, vedo un boccale di birra sul balcone, l’afferro e gli lo sbatto in testa. Lui crolla a terra, inizia a sanguinare, si tocca la testa, si rialza.
Mi prende per il bavaro, mi scaraventa contro un tavolino, la mia testa sbatte contro uno spigolo, sento improvvisamente che perdo le forze, non riesco a tenere gli occhi aperti e diventa tutto buio.
Non so quanto tempo passa, quando riapro gli occhi non capisco dove mi trovo. Sento la testa sollevata, mi guardo in giro. Vedo un albero di Natale devastato. Ora ricordo, sono nel bar di Amelie, improvvisamente torna la paura. Cerco lo stronzo con lo sguardo. Non lo vedo, improvvisamente intravedo qualcosa di nero, sembra un reggiseno. Qualcuno mi accarezza i capelli.
“Ti sei svegliato” – è lei.
Mi alzo di scatto, ho un capogiro, ricado per terra. Ancora agitato, gli chiedo di suo marito.
“Calmati, qualcuno ha chiamato i carabinieri e lui se ne è andato a gambe levate”
Sento che mi bacia la fronte, sento il suo profumo.
“Non so cosa sarebbe successo senza di te”
Stavolta mi bacia in bocca, forse ho sognato.
Appena riprendo un po’ di forze, mi alzo in piedi. E faccio per andarmene.
“Ti prego rimani” – Mi sorride – “Ho paura di rimanere da sola, ho paura che torni”
Sono indeciso, l’amo, ma sono pur sempre un senza tetto, sono semplicemente un uomo inutile. Lei si avvicina, mi prende la mano tra le sue, mi sorride. Piange.
Ha paura, rimango, mi sento un eroe.
Lei compie dei semplici gesti, chiude la porta del bar, innesca l’allarme, va dietro al balcone e prepara un tè caldo per entrambi. Lo beviamo guardandoci imbarazzati.
E’ vero ci conosciamo da diverso tempo, ma è la prima volta che rimaniamo da soli e io ho paura di commettere i miei soliti errori. Lei non smette mai di accarezzarmi la mano, quella con cui ho sferrato il mio, terrificante, pugno contro suo marito.
Lei mi guarda come se mi interrogasse e mi chiedesse: e ora che facciamo.
Io rimarrei tutta la vita accanto a lei a guardare il suo triste sorriso. Dentro di me so che è già sposato, la sua sedia e si avvicina a me. Dalla sua camicia strappata, si intravede il suo meraviglioso seno. Da una parte sono incantato, dall’altra vorrei donare la mia giacca per coprirla, ma so, purtroppo, che puzza e sicuramente è piena di germi.
Il suo viso si avvicina, insicuro, verso il mio. Si morde la lingua, adoro quando lo fa. Ormai siamo a 5 cm di distanza come la vorrei baciare.
“Fallo”
“Come scusa”
“Lo so che sei innamorato di me, l’ho sempre saputo”
“E cosa vorrei fare, scusami”
“Baciarmi, lo so che muori dalla voglia di farlo” – La sua lingua desiderosa esce dalla sua bocca.
Non ho il coraggio, non posso, non in queste condizioni. L’iniziativa la prende lei, mi sfiora le mie labbra con le sue e sorride. Me le bacia, me le succhia. Io inizio ad agitarmi, devo andare via in qualche modo.
Lei mi trattiene, possibile che sia così debole, oppure semplicemente la desidero anch’io.
Vedo che chiude gli occhi, e sento la sua lingua penetrarmi, l’assaporo sulla mia. Sembra una vipera scatenata, mi perlustra il cavo orale.
Appena riesco a parlare – “Tuo marito potrebbe tornare”
“Non credo è un codardo e anche se fosse, chi se ne frega”
Continua a baciarmi, inizio ad eccitarmi, mi metto una mano sui pantaloni, non deve vedere la mia erezione. Lei si toglie la sua camicia ridotta a brandelli, e mi mostra quel meraviglioso seno, imprigionato in una dolcissima prigione.
Dentro di me matura la voglia di toccarlo e lo faccio con titubazione. Lo sfioro, guardo lei, lo stringo ancora di più e lei mi lascia fare. Pure io ho qualcosa imprigionato nei vestiti, ma non è così delicato.
E se non mi fossi ancora svegliato, e se tutto questo fosse un sogno.
Lei si slaccia pure il reggiseno e quella terza spavalda mi fissa. L’accarezzo. Gli lecco i capezzoli. Quante notti, sdraiato per terra, ho sognato questo momento.
Mentre io continuo a leccarla, lei mi sbottona i pantaloni lisi. Mi infila dentro una mano, me lo prende tra le sue dita e mi guarda stupefatta.
Sento la mia eccitazione scorrere nel mio corpo. Sento che gioca sulla mia cappella con il suo dito pollice. Le sue unghie mi graffiano.
Si siede sul tavolino, si alza la gonna, si sfila le mutandine, me le fa annusare.
“Ti piaccio” – Per me è una meraviglia, ma non riesco a dirlo.
Inizia a masturbarsi con le mutandine, le fa entrare dentro di se. Non capisco più nulla e non è per la botta in testa.
“Togliti i pantaloni” – Lo faccio subito, ormai la mia asta è esposta.
Lei allunga il suo piede destro e gioca con il mio cazzo, passa le dita tra le palle, mi accarezza il glande – “Segati per me”
Me lo prendo in mano, intanto lei passa l’alluce tra le mie chiappe e si insinua all’interno.
Siamo uno di fronte all’altra e ci masturbiamo. La voglio possedere deve essere mia, ma se mi faccio avanti, ho paura che mi denunci per violenza sessuale.
“Scopami” – I miei timori svaniscono.
Mi alzo in piedi e, con il cazzo in mano, mi avvicino alle sue gambe. Lei mi guarda accarezzandosi dolcelmente il seno e facendo penzolare le gambe dal tavolino, poi mi afferra il pene con la mano destra e lo spinge dentro di se.
Sento la mia cappella avvolta dal suo sesso, mi introduco dentro di lei, e spingo. Sono anni che non faccio sesso, praticamente da ragazzo. Ho paura di iaculare immediatamente, cerco di resistere.
Lei mi accarezza il viso, i suoi occhi esprimono tutta la sua dolcezza. Guardo intorno a me e vedo tutte le tracce rimaste da quel uragano di suo marito. “Che deficiente”
“Che hai detto” – Mi guarda incuriosita
“Nulla”
Gli afferro il seno e ogni volta che spingo il mio pene dentro di lei, spingo il suo seno verso la sua gola. Gli accarezzo i capezzoli duri. I miei movimenti son lenti, non ho la minima fretta.
I nostri sospiri sono lievi e lieti.
La faccio chinare sul tavolino e io mi sdraio sopra di lei. Le bacio il collo. Le passo le mie mani sulle sue braccia. Hanno i lividi delle percosse di prima, li lecco.
Le sue mani mi accarezzano la nuca, io faccio scorrere il mio pene lungo i suo 12 centrimetri di desiderio. Assaporo ogni contatto. E’ cosi lubrificata che scorre facilmente.
Avvicina la bocca al mio orecchio destro, mi succhia il lobo – “Voglio che mi fotti con passione, voglio che mi prendi con forza, ho bisogno di godere e dimenticare tutto”
Dentro di me non so se ne sono capace. Mi sfilo da lei, la lascio libera, la facciò alzare con la mia misera forza, poi la faccio girare di getto.
“Mani sul tavolino”
“Si padrone mio” – Ride.
Ora è messa a novanta, ha un sedere meraviglioso. Lo accarezzo, Lo sculaccio. Lo bacio e vedo la sua passera da vicino, la lecco. Stringo con le mani quel meraviglioso sedere tonico e infilo la lingua dentro di lei.
Appoggia il seno su quella superficia fredda e si allarga le chiappe da sola. Intuisco cosa voglia di me. Torno in piedi, e gli sbatto, ancora una volta, dentro il cazzo. Ma questa volta mi faccio più audace. I miei colpi sono piu sicuri, sono più decisi.
La sento urlare, ma non son gli urli di prima. Questi sono urli di eccitazione, sono urli di gioia.
Gli metto le mani sul collo. Lo stringo. Spingo con tutta la forza che ho. La vedo sobbalzare.
“Più forte, spinti tesoro”
Il mio ritmo aumenta, gli accarezzo la schiena. Vedo che si sta masturbando il clito con le sue dita. Il suo seno schiacciato mi eccita. Inarco la schiena, il piacere si diffonde dentro di me.
Non so perché piango, è sicuramente gioia.
Gli afferro le gambe con le mani, lei ora sta volando, sento il rumore del suo seno, scorrere su quella lastra di metallo.
“Non ci credo sto per venire, sono mesi che non lo faccio” – le sue parole si sentono a stento.
Ne sono inebriato. La mia lucidità e la mia forza, viene sempre meno. Lascio le sue gambe, che crollano per terra, ho paura di averle fatto del male ma lei non si lamenta.
Anzi, appoggia le mani sul tavolino, inerca la schiena, il suo seno risplende, sembra un cobra.
“Spingi e lascialo dentroo” – Eseguo.
Vedo il suo volto girarsi, vedo i suoi meravigliosi occhi, vedo che la sua lingua esce lateralmente dalle labbra e se la morde. Gli afferro le tette. Le stringo.
Il suo fiato si smorza, sembra che abbia l’asma. La sento invocare dio e poi le sue braccia tremano e lei crolla sul tavolino. Non fiata, sembra che abbia raggiunto l’orgasmo. Io rimango immobile con il mio pene dentro di lei, non so che fare.
Improvvisamente scoppia a ridere. Si sfila il mio cazzo con la mano, si gira, mi guarda. Scende lentamente dal tavolino, e mi afferra il pene con due mani.
“Sapevo che era grosso, ma non così” – In realtà non è vero, e lo fa per farmi felice.
Se lo infila in bocca, lo succhia. Gli accarezzo i capelli. Lei si stringe le tette. Muoi dalla voglia di essere li in mezzo, ma come al solito non ho il coraggio di dire nulla.
Lei mi guarda con quei suoi occhi blu meravigliosi. Mi legge nel pensiero. Mi fa passare la cappella sul seno, sui capezzoli. La mia asta si introduce in automatico nel suo seno. Lei lo stringe. Io lo faccio scorrere dentro a quel paradiso. Sento i suoi muscoli stringermi. Lei lecca la mia cappella.
Sento i testicoli che si ritraggono, sento la prostata contrarsi, un fluido fuoriesce dalla cappella, non gli voglio venire in faccia, ma lei mi trattiene anzi esce la lingua in attesa.
Scoppio, tutto il mio sperma la invade. Lo ingoia, la mia crema arriva fino ai suoi occhi. Mi succhia la cappella con le sue labbra. La pulisce. La morde.
Mamma mia che scopata, scusate se lo dico, ma è vero.
Lei apre quella prigione tettorale. Rimango immobile con il cazzo floscio. Per la vergogna mi rimetto i pantaloni. Guardo la porta. Mi rendo conto di quello che è successo e di quello che ho appena fatto.
“Tu non hai fame”
“Cosa”
“E’ tardi e dopo tutto questo movimento mi è venuta fame” – Si pulisce lo sperma, si ricompone, ha ancora il seno al vento. Lei va sul retro, lasciandomi da solo, quello sarebbe il momento adatto per andarmene. Ma rimango li come un idiota. Lei torna dopo qualche minuti, indossa una maglietta e senza dire una parola, si dirige in cucina, dove prende un pandoro avanzato.
Torna da me, ne taglia una fetta da me e mi porge pure una bottiglia d’acqua, in effetti ho fame. Ci sediamo, e rimaniamo tutta la sera a parlare e trovo la cosa meravigliosa ancora di più del sesso. Sono anni che parlo da solo e finalmente lo posso fare con qualcuno. Tra l’altro una bella donna.
Come finirà questa storia, lo lascio decidere a voi. Magari è stato tutto un sogno, provocato dalla botta in testa, magari, dopo un po di tempi, lei mi ha assunto come suo aiutante, ha lasciato suo marito e noi siamo diventati amici. Oppure, sicuramente i più bastardi lo penseranno, non l’ho più rivista e lei è tornata da suo marito e ovviamente io non sono piu passato accanto a quel bar, per vergogna e per delusione.
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