Di guardia

di
genere
zoofilia

Avevo 19 anni al tempo, milioni di anni fa.
Era l’anno del militare e quella notte ero di guardia nella torretta.
Era una postazione sopraelevata, al limite nord di una parte di terreno incolto e assai isolato della caserma.
Un’altra notte della mia vita sprecata a fare la guardia al nulla.
Nel cielo una luna enorme, giallo polenta illuminava quasi a giorno la sterpaglia e più lontano, oltre la recinzione militare, i campi coltivati di alcune cascine della campagna circostante.
Sotto l’elmetto indossavo le cuffiette del mio walkman, e ascoltavo una delle musicassette che mi ero registrato con le mie canzoni preferite.
Era assolutamente proibito ma tanto nessuno sarebbe venuto mai fino a laggiù a rompermi le palle, troppo distante da tutto e da tutti.
Ogni tanto davo un’occhiata in giro, un po’ per sicurezza un po’ per vincere la noia.
A momenti mi prese un colpo quando vidi, in basso, i ciuffi d’erba muoversi.
Il primo pensiero fu quello di un finto agguato di qualche commilitone per cogliermi di sorpresa e farmi uno scherzo del cazzo, ma per fortuna mi accorsi subito che si trattava solo di un grosso cane che gironzolava annusando qua e là.
Quasi sicuramente era il cane di una delle tante cascine vicine che si era infilato sotto la recinzione perimetrale e si stava facendo un giro in cerca di qualche ratto di campagna o di qualche porcospino.
Mi tolsi le cuffiette e gli feci un fischio, alzò la testa e guardò in su perplesso, senza capire da dove venisse quel richiamo.
Fischiai nuovamente e quando mi individuò si mise a scodinzolare.
Sembrava un cane mansueto.
Decisi di scendere e provare ad avvicinarmi per fargli due coccole, era veramente grosso ma non sembrava per niente aggressivo.
I cani mi sono sempre piaciuti da morire, quelli grandi in modo particolare, forse addirittura troppo.
Non sono gay, mi piacciono solo le donne, ma i cani maschi mi attiravano da sempre un casino, chissà perché sono incredibilmente attratto dal loro cazzo dalla forma bizzarra.
Quando posai i piedi sul terreno lui era già lì che mi aspettava seduto.
Era un bel cagnone, dal pelo folto e duro, con due spalle possenti e un grosso testone dalla mascella quadrata.
La punta rosa del suo pene fuoriusciva dall’astuccio di peli.
Mi avvicinai, si rimise sulle quattro zampe e si avvicinò tranquillo, mi accovacciai e gli feci annusare il dorso della mano, parve apprezzare, perché mi diede una bella leccata.
Avvicinai il volto e mi feci leccare anche la faccia, mi stavo già eccitando.
Certo era veramente grosso, un meticcio dal pelo corto multicolore, un testone che ricordava quello dei molossi, ma leggermente meno quadrato, collo e spalle possenti ma vita sottile, si capiva che in cascina lo tenevano un po’ a stecchetto.
Gli feci dei grattini dietro la nuca, che furono molto apprezzati, sollevò la testa per il piacere, mentre gli parlavo, facendogli i complimenti per quanto fosse bello e maschio, gliela presi tra le mani e sfregai la mia faccia contro il suo muso umido, mi leccò nuovamente, questa volta tirai fuori anche la mia di lingua, in modo che venisse a contatto con la sua.
Un brivido mi risalì su per la spina dorsale mentre mi facevo leccare in bocca.
Aprii la bocca e lascia che mi leccasse per bene, mi stavo veramente eccitando.
Feci scorrere la mano lungo il suo dorso muscoloso e poi scesi per accarezzargli l’addome.
Arrivai a sfiorargli il pene che nel frattempo era ritornato completamente all’interno.
Mmmmmm doveva avere veramente un bel pezzo di carne nascosto là dentro, mi leccai le labbra senza rendermene conto e saggiai anche la consistenza dei testicoli.
Dio bono, aveva un paio di bocce grosse come palle da tennis!
Lui nel frattempo stava fermo e buono, cercando di capire quali fossero le mie intenzioni, mi guardava con la grossa testa inclinata da un lato, ma mi lasciava fare senza spaventarsi o peggio arrabbiarsi. Cominciai a fare andare la mia mano avanti e indietro sulla guaina di pelo che custodiva il pene, sussurrandogli dolcemente che era un bravo cane e che se mi avesse lasciato fare gli sarebbe piaciuto, che sarebbe piaciuto a entrambi.
Stimolato dalle mie manovre il cazzo sembrava ingrossarsi ma non in maniera significativa.
Decidi quindi di provare a farlo eccitare in un altro modo, cominciai a giocare con lui in maniera un po’ violenta, dandogli delle spinte e allontanandolo da me, finché anche lui non cominciò a giocare, rispondendo alle provocazioni e facendomi degli assalti gioiosi.
Io ero a quattro zampe e gli mostravo il sedere, ma ogni volta che si avvicinava mi giravo di scatto spingendolo via.
Finalmente si stava eccitando sul serio, il respiro diventava più rapido, produceva un sacco di bava e la lingua usciva dalle fauci, e non era l’unica cosa a uscire...
La punta rosa e lucida del suo pene aveva ricominciato a fare capolino.
Continuai a respingere i suoi attacchi facendolo uggiolare di voglia.
Poi mi fermai, mostrandogli il mio fondoschiena.
Si avvicinò e mi saltò in groppa mimando goffamente la monta.
Ora era veramente eccitato, e anche io non scherzavo.
Sentii la punta del suo pene battere ritmicamente contro il tessuto dei miei pantaloni mimetici.
Slacciai la cintura, sbottonai i pantaloni e me li sfilai lungo le cosce.
Ora il suo arnese mi puntava tra le mutande, gli schizzi caldi e liquidi con cui avrebbe lubrificato la vagina di una eventuale cagna mi inzupparono il tessuto degli slip.
Lui scendeva e mi rimontava in groppa guaendo e uggiolando sempre più eccitato, non capendo cosa ci fosse che non andava.
Gli dissi che era tutto perfetto e mi abbassai lentamente anche le mutande...



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scritto il
2020-02-12
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