Il personal trainer di mia figlia – Capitolo 4
di
duke69
genere
dominazione
Bruno si accomodò nella sedia dietro il banco della reception.
“Mettiti in ginocchio e comincia a leccarmi le scarpe, nel frattempo penserò alla migliore punizione da infliggerti. Vedi di fare un buon lavoro…le voglio vedere pulite e lucide!”
Mi inginocchiai immediatamente, come fossi un automa senza protestare e senza pensare a ciò che stavo facendo. Così piegata, il tubino si era un po’ ritirato lasciando il sedere completamente scoperto e facendo saltare le mollette che avevo sui capezzoli. Entrambi i seni erano usciti fuori e Bruno mostrava il suo compiacimento:
“Una vacca come te deve sempre mettere in mostra le tette!”
Dopo avermi fatto leccare le scarpe per una decina di minuti, mi impose di sollevarmi.
“Togliti il vestito! Oggi non prenderai cazzo e non ti concederò né di masturbarti né di toccarti in qualsiasi modo. Per tale ragione, al fine di ridurre al minimo le occasioni che avrai per sgrillettarti, ti sarà vietato anche andare al cesso, quindi, fino a stasera indosserai un panno!
Tieni! farai spesso uso di questi panni, e li indosserai ogni volta che te lo chiederò”.
Che umiliazione! Ero rossa di vergogna mentre prendevo il panno in mano e lo infilavo di fronte a lui. Mi sentivo estremamente a disagio con quella cosa addosso…Poi prese una clessidra e me la diede in mano.
“Tieni la clessidra con entrambe le mani. Le braccia devono essere ben tese dinnanzi a te perpendicolarmente a corpo. La clessidra pesa circa mezzo kilo e scandisce un tempo di mezzora. Dovrai rimanere immobile senza abbassare le braccia; ogni minuto residuo ti costerà un giorno di astinenza in più e nel frattempo farò in modo di masturbarti e stuzzicarti continuamente senza che tu possa raggiungere un solo orgasmo. Se riuscirai a reggere mezzora ti eviterai giorni di astinenza e soprattutto cinquanta sculacciate per chiappa.”
Crudele! dovevo resistere, avevo bisogno del suo cazzo: ero estremamente delusa, avevo accumulato ore di ansia già dal giorno precedente fino a quel momento, con l’aspettativa di farmi sbattere da lui per tutta la giornata. Quella eccitazione galoppante si era interrotta bruscamente nel sentire quelle parole.
La situazione era al limite dell’assurdo: io completamente nuda, al centro dell’atrio di una palestra, con un panno addosso e una clessidra tra le mani; lui in elegante vestito casual che mi girava intorno come un avvoltoio con la sua preda. La clessidra era leggera, ma con il trascorrere dei minuti diventava pesantissima. Le braccia tese cominciavano a tremare e il collo mi si irrigidiva quando nella clessidra più di metà della sabbia era passata nella parte bassa.
“Wow! Tra poco saranno trascorsi 20 minuti, è incredibile! pensavo cedessi prima ma, evidentemente la voglia di schizzare mentre vieni scopata dal mio cazzone è un forte incentivo alla tua resistenza.”
Dopo qualche minuto crollai e abbassai le braccia in segno di resa: mancavano sei minuti alla mezzora!
“Bene Barbara, allora dovrai osservare sei lunghi giorni di completa astinenza sessuale”.
“Perché mi fai questo? Io ti desidero…non ti piaccio?”
“Al contrario, mi piaci molto! Ma mi piace molto anche umiliarti e tenerti sulla corda! E comunque lo sai che piace anche a te, sei sempre bagnata! Adesso levati il panno e prendi quella racchetta da beach tennis”.
Sfilato il panno, presi la racchetta posta sul bancone e gliela porsi. Intanto, lui si era seduto in una panca che aveva spostato al centro dell’atrio.
“Mettiti in posizione, sopra di me con il culo ben in alto all’altezza delle mie cosce!”
Mi sdraiai in lungo sulla panca con la faccia verso il basso, come mi aveva ordinato.
“Dovrai abituarti spesso a questo trattamento: sono molto esigente e inevitabilmente commetterai sempre qualche mancanza, di conseguenza il tuo culone sarà costantemente rosso. Dimmi che hai capito troia!”
“Si ho capito!”
“E allora di chi è il tuo culo?”
“Il mio culo è tuo!”
“No, dimentica l’aggettivo MIO e ripeti a voce alta, IL CULO DI BARBARA È TUO e ricordati di terminare sempre la frase con SIGNORE ogni volta che ti rivolgi a me!”
“IL CULO DI BARBARA È TUO, SIGNORE!”
“Molto bene! Vedrai che a tempo debito godrai e schizzerai come si addice ad una cagna come te…ma ora veniamo alla punizione: conterò io per non darti modo di prendere tempo. Le racchettate si succederanno rapidamente senza alternanza tra le due chiappe: colpirò solo una delle due convogliando in quella zona tutta l’energia, senza darti quindi il tempo di far riposare la parte”.
Oh Dio!!! La mia agitazione era alle stelle: stava per massacrarmi.
“Uno, due, tre, quattro, cinque...”
Dopo i primi colpi cominciai ad avvertire frequenti vampate di calore alle quali cominciarono ad aggiungersi fitte sempre più forti come se mi pungessero mille aghi. Poi finalmente arrivò alla fine.
“…quarantanove, cinquanta! Cazzo! Il contrasto tra la chiappa bianca e quella rossa è uno spettacolo! Ringraziami troia!”
Una lacrima solcava il mio viso mentre lo ringraziavo:
“Grazie, Signore!”
Nel frattempo ispezionava la mia passera e con le sue dita giocava con il clitoride e mi penetrava non incontrando la minima resistenza.
“Che puttana depravata! Godi anche con le racchettate…”
Mi sentivo sempre più umiliata, ma nonostante tutto mi rendevo conto che quella condizione era per me come naturale; il mio pensiero correva alla mia soddisfazione sessuale, alla voglia di poter abbracciare quel corpo muscoloso e sentire il suo membro dentro di me…ma dovevo aspettare.
Subito dopo Bruno partì con la seconda raffica di palettate, questa volta sull’altra natica. Non fiatai, benché il dolore fosse sempre più intenso.
“Brava Barbara! Ti sei comportata bene e allora ho deciso di premiarti: il tuo periodo di astinenza è dimezzato per cui sarà di tre giorni. E adesso mettiti in ginocchio e succhiami il cazzo!”
Era già in tiro con l’uccello che fuoriusciva dalla cerniera dei pantaloni. Lo presi in mano e lo portai alla bocca, quando mi bloccò:
“Prima mi devi chiedere il permesso…dovrò insegnarti le buone maniere…”
“Signore, posso succhiarti il cazzo?”
“Non va ancora bene, chiedilo pregandomi”
“Signore, ti prego posso succhiarti il cazzo?”
“Si, puoi. Ma senza aiutarti con le mani, fai tutto con la bocca e in modo lento perché rimarremo qui per un po’ di tempo”
Presi a leccarlo e succhiarlo con calma, di tanto in tanto lo ingoiavo fino a metà: era troppo grosso e lungo per prenderlo interamente in bocca fino alla gola. Poi mi fermò, si levò i pantaloni e si andò a sedere più comodo nella poltrona.
“Forza riprendi, stai a quattro zampe e tieni il culo alto, voglio ammirare il suo colorito rosso”
Non appena mi misi nella posizione ordinata mi sentii bruciare fortemente le natiche: Bruno mi aveva assestato una forte manata che mi fece ingoiare qualche centimetro in più del suo poderoso arnese.
“Ancora troia, fallo andare ancora di più in profondità…. oh siii così, vedrai che diventerai una bella gola profonda e godrai maggiormente nel farmi godere.”
Un altro fortissimo schiaffo arrivò sulle mie natiche. Le lacrime di dolore si confondevano con quelle derivanti dai conati che pian piano si intensificavano, quando Bruno forzava la mia testa verso la base del suo cazzo spingendolo sempre un po’ di più in profondità.
“Pausa, riprendiamo dopo…ora leccami le palle: voglio sentire la punta della lingua lambire ogni millimetro dei miei coglioni”
Feci quanto richiesto, non ce la facevo proprio più a tenere il suo membro in gola dopo venti minuti di stress continuo. Nel frattempo, Bruno aveva iniziato a stringermi il clitoride con due dita.
“Prendi una molletta troia!”
Oh merda! Mi chiedevo che intenzioni aveva… La raccolsi da terra e gliela porsi.
“Alzati in piedi. Questa mollettina… farà compagnia …al tuo clitoride…ecco così!”
Mi piegai sulle gambe dal dolore fino che riuscii a sopportarlo; nonostante avessi scelto opportunamente le mollette, la sofferenza si faceva sentire.
“Ora continua a leccarmi le palle, rimettiti a quattro zampe, datti da fare e non fiatare qualsiasi cosa succeda. Parli solo se te lo dico io! È chiaro?”
“Si, Signore!”
Qualche minuto più tardi lo vidi prendere lo smartphone convinta stesse navigando sul web quando ad un certo punto lo sentii:
“Ciao Monica!”
Che bastardo! Continuava il suo gioco, godeva a mettermi in imbarazzo così mentre parlava con mia figlia, mi ficcava il suo uccello in bocca e forzava la mia testa contro, facendolo scivolare ben dentro fino in gola. Nonostante mi ritraessi, continuava a spingere e i conati di vomito si moltiplicavano.
“…si sto per rientrare, sono riuscito ad anticipare il volo e dovrei essere in città per l’ora di cena!”
La brutalità con cui Bruno mi faceva ingoiare il suo membro aumentò, quando decise di spingere la mia testa con una gamba, che aveva fatto incrociare all’altra facendola passare dietro il mio collo. Mi stava soffocando.
“Perfetto, ci vediamo a casa di tua mamma così racconto anche a lei del viaggio. Ah, Monica… non vedo l’ora di scoparti!”
Stronzo! Finalmente allentò la presa, fece una risata e salutò Monica. Quindi, senza fare commenti si alzò in piedi e senza togliermi il cazzo dalla bocca iniziò a stantuffare come se mi stesse scopando la bocca.
“Ok, andiamo dove possiamo stare più comodi”
Mi prese per i capelli forzandomi a sollevarmi e a seguirlo. Ci spostammo nel locale dedicato alla sauna, regolò il termostato e ripresi a spompinarlo. Lui era comodamente sdraiato in una panca di legno, mentre io ero ancora una volta in ginocchio.
“Ora cambiamo posizione, voglio testare le tue doti di pompinara passiva…”
Mi fece sdraiare supina nella panca facendomi mettere la testa oltre il bordo, quindi si posizionò dietro la mia testa e infilò il suo uccello spingendolo fino in fondo alla gola. Nel frattempo giocava con la molletta tirandomi il clitoride e strappandomi qualche urlo di dolore.
“Questa è la posizione migliore per farlo entrare fino alla radice.”
Martellava come un matto mentre la mia faccia era diventata una maschera di saliva e di quant’altro usciva dal mio stomaco. Il caldo ormai era insopportabile. Quando qualche decina di minuti dopo facemmo una pausa, ero irriconoscibile: il viso era scarlatto dallo sforzo e il sudore colava ovunque.
“Andiamo a fare una doccia. Ho preso due panini e sono quasi le due. Ho un po’ di fame e tu troia?”
“Si, ho un po’ di fame anch’io Signore”
Sotto la doccia si trasformò in una persona più gentile, mi aiutò a insaponarmi e ci baciammo a lungo.
Una volta asciugati, Bruno si rivestì e mi ordinò di rimettermi solo il panno.
“Hai mezzora di pausa, mangeremo i panini e tu berrai anche questi due litri di acqua. È diuretica per cui ogni volta che ti piscerai addosso me lo dovrai riferire. Hai capito?”
“Si, Signore”.
L’umiliazione continuava. Gli piaceva degradarmi ed io in fondo in fondo godevo di quello stato di sottomissione. Il primo litro scese con piacere considerando anche il tour de force della mattina, tra pompini e sauna. Rispettai la mezzora indicata, ma a stento mandai giù il secondo litro di acqua, che mi gonfiò visibilmente la pancia.
“Ora Barbara c’è un po’ di lavoro da fare: devi prendere quei pesi e spostarli nella parete di fronte ordinandoli sopra quei supporti. Quando finisci fai una corsetta di venti minuti sul tapis roulant.”
Continua….
(Per eventuali commenti o suggerimenti contattatemi su dukeduke1069@yahoo.com)
“Mettiti in ginocchio e comincia a leccarmi le scarpe, nel frattempo penserò alla migliore punizione da infliggerti. Vedi di fare un buon lavoro…le voglio vedere pulite e lucide!”
Mi inginocchiai immediatamente, come fossi un automa senza protestare e senza pensare a ciò che stavo facendo. Così piegata, il tubino si era un po’ ritirato lasciando il sedere completamente scoperto e facendo saltare le mollette che avevo sui capezzoli. Entrambi i seni erano usciti fuori e Bruno mostrava il suo compiacimento:
“Una vacca come te deve sempre mettere in mostra le tette!”
Dopo avermi fatto leccare le scarpe per una decina di minuti, mi impose di sollevarmi.
“Togliti il vestito! Oggi non prenderai cazzo e non ti concederò né di masturbarti né di toccarti in qualsiasi modo. Per tale ragione, al fine di ridurre al minimo le occasioni che avrai per sgrillettarti, ti sarà vietato anche andare al cesso, quindi, fino a stasera indosserai un panno!
Tieni! farai spesso uso di questi panni, e li indosserai ogni volta che te lo chiederò”.
Che umiliazione! Ero rossa di vergogna mentre prendevo il panno in mano e lo infilavo di fronte a lui. Mi sentivo estremamente a disagio con quella cosa addosso…Poi prese una clessidra e me la diede in mano.
“Tieni la clessidra con entrambe le mani. Le braccia devono essere ben tese dinnanzi a te perpendicolarmente a corpo. La clessidra pesa circa mezzo kilo e scandisce un tempo di mezzora. Dovrai rimanere immobile senza abbassare le braccia; ogni minuto residuo ti costerà un giorno di astinenza in più e nel frattempo farò in modo di masturbarti e stuzzicarti continuamente senza che tu possa raggiungere un solo orgasmo. Se riuscirai a reggere mezzora ti eviterai giorni di astinenza e soprattutto cinquanta sculacciate per chiappa.”
Crudele! dovevo resistere, avevo bisogno del suo cazzo: ero estremamente delusa, avevo accumulato ore di ansia già dal giorno precedente fino a quel momento, con l’aspettativa di farmi sbattere da lui per tutta la giornata. Quella eccitazione galoppante si era interrotta bruscamente nel sentire quelle parole.
La situazione era al limite dell’assurdo: io completamente nuda, al centro dell’atrio di una palestra, con un panno addosso e una clessidra tra le mani; lui in elegante vestito casual che mi girava intorno come un avvoltoio con la sua preda. La clessidra era leggera, ma con il trascorrere dei minuti diventava pesantissima. Le braccia tese cominciavano a tremare e il collo mi si irrigidiva quando nella clessidra più di metà della sabbia era passata nella parte bassa.
“Wow! Tra poco saranno trascorsi 20 minuti, è incredibile! pensavo cedessi prima ma, evidentemente la voglia di schizzare mentre vieni scopata dal mio cazzone è un forte incentivo alla tua resistenza.”
Dopo qualche minuto crollai e abbassai le braccia in segno di resa: mancavano sei minuti alla mezzora!
“Bene Barbara, allora dovrai osservare sei lunghi giorni di completa astinenza sessuale”.
“Perché mi fai questo? Io ti desidero…non ti piaccio?”
“Al contrario, mi piaci molto! Ma mi piace molto anche umiliarti e tenerti sulla corda! E comunque lo sai che piace anche a te, sei sempre bagnata! Adesso levati il panno e prendi quella racchetta da beach tennis”.
Sfilato il panno, presi la racchetta posta sul bancone e gliela porsi. Intanto, lui si era seduto in una panca che aveva spostato al centro dell’atrio.
“Mettiti in posizione, sopra di me con il culo ben in alto all’altezza delle mie cosce!”
Mi sdraiai in lungo sulla panca con la faccia verso il basso, come mi aveva ordinato.
“Dovrai abituarti spesso a questo trattamento: sono molto esigente e inevitabilmente commetterai sempre qualche mancanza, di conseguenza il tuo culone sarà costantemente rosso. Dimmi che hai capito troia!”
“Si ho capito!”
“E allora di chi è il tuo culo?”
“Il mio culo è tuo!”
“No, dimentica l’aggettivo MIO e ripeti a voce alta, IL CULO DI BARBARA È TUO e ricordati di terminare sempre la frase con SIGNORE ogni volta che ti rivolgi a me!”
“IL CULO DI BARBARA È TUO, SIGNORE!”
“Molto bene! Vedrai che a tempo debito godrai e schizzerai come si addice ad una cagna come te…ma ora veniamo alla punizione: conterò io per non darti modo di prendere tempo. Le racchettate si succederanno rapidamente senza alternanza tra le due chiappe: colpirò solo una delle due convogliando in quella zona tutta l’energia, senza darti quindi il tempo di far riposare la parte”.
Oh Dio!!! La mia agitazione era alle stelle: stava per massacrarmi.
“Uno, due, tre, quattro, cinque...”
Dopo i primi colpi cominciai ad avvertire frequenti vampate di calore alle quali cominciarono ad aggiungersi fitte sempre più forti come se mi pungessero mille aghi. Poi finalmente arrivò alla fine.
“…quarantanove, cinquanta! Cazzo! Il contrasto tra la chiappa bianca e quella rossa è uno spettacolo! Ringraziami troia!”
Una lacrima solcava il mio viso mentre lo ringraziavo:
“Grazie, Signore!”
Nel frattempo ispezionava la mia passera e con le sue dita giocava con il clitoride e mi penetrava non incontrando la minima resistenza.
“Che puttana depravata! Godi anche con le racchettate…”
Mi sentivo sempre più umiliata, ma nonostante tutto mi rendevo conto che quella condizione era per me come naturale; il mio pensiero correva alla mia soddisfazione sessuale, alla voglia di poter abbracciare quel corpo muscoloso e sentire il suo membro dentro di me…ma dovevo aspettare.
Subito dopo Bruno partì con la seconda raffica di palettate, questa volta sull’altra natica. Non fiatai, benché il dolore fosse sempre più intenso.
“Brava Barbara! Ti sei comportata bene e allora ho deciso di premiarti: il tuo periodo di astinenza è dimezzato per cui sarà di tre giorni. E adesso mettiti in ginocchio e succhiami il cazzo!”
Era già in tiro con l’uccello che fuoriusciva dalla cerniera dei pantaloni. Lo presi in mano e lo portai alla bocca, quando mi bloccò:
“Prima mi devi chiedere il permesso…dovrò insegnarti le buone maniere…”
“Signore, posso succhiarti il cazzo?”
“Non va ancora bene, chiedilo pregandomi”
“Signore, ti prego posso succhiarti il cazzo?”
“Si, puoi. Ma senza aiutarti con le mani, fai tutto con la bocca e in modo lento perché rimarremo qui per un po’ di tempo”
Presi a leccarlo e succhiarlo con calma, di tanto in tanto lo ingoiavo fino a metà: era troppo grosso e lungo per prenderlo interamente in bocca fino alla gola. Poi mi fermò, si levò i pantaloni e si andò a sedere più comodo nella poltrona.
“Forza riprendi, stai a quattro zampe e tieni il culo alto, voglio ammirare il suo colorito rosso”
Non appena mi misi nella posizione ordinata mi sentii bruciare fortemente le natiche: Bruno mi aveva assestato una forte manata che mi fece ingoiare qualche centimetro in più del suo poderoso arnese.
“Ancora troia, fallo andare ancora di più in profondità…. oh siii così, vedrai che diventerai una bella gola profonda e godrai maggiormente nel farmi godere.”
Un altro fortissimo schiaffo arrivò sulle mie natiche. Le lacrime di dolore si confondevano con quelle derivanti dai conati che pian piano si intensificavano, quando Bruno forzava la mia testa verso la base del suo cazzo spingendolo sempre un po’ di più in profondità.
“Pausa, riprendiamo dopo…ora leccami le palle: voglio sentire la punta della lingua lambire ogni millimetro dei miei coglioni”
Feci quanto richiesto, non ce la facevo proprio più a tenere il suo membro in gola dopo venti minuti di stress continuo. Nel frattempo, Bruno aveva iniziato a stringermi il clitoride con due dita.
“Prendi una molletta troia!”
Oh merda! Mi chiedevo che intenzioni aveva… La raccolsi da terra e gliela porsi.
“Alzati in piedi. Questa mollettina… farà compagnia …al tuo clitoride…ecco così!”
Mi piegai sulle gambe dal dolore fino che riuscii a sopportarlo; nonostante avessi scelto opportunamente le mollette, la sofferenza si faceva sentire.
“Ora continua a leccarmi le palle, rimettiti a quattro zampe, datti da fare e non fiatare qualsiasi cosa succeda. Parli solo se te lo dico io! È chiaro?”
“Si, Signore!”
Qualche minuto più tardi lo vidi prendere lo smartphone convinta stesse navigando sul web quando ad un certo punto lo sentii:
“Ciao Monica!”
Che bastardo! Continuava il suo gioco, godeva a mettermi in imbarazzo così mentre parlava con mia figlia, mi ficcava il suo uccello in bocca e forzava la mia testa contro, facendolo scivolare ben dentro fino in gola. Nonostante mi ritraessi, continuava a spingere e i conati di vomito si moltiplicavano.
“…si sto per rientrare, sono riuscito ad anticipare il volo e dovrei essere in città per l’ora di cena!”
La brutalità con cui Bruno mi faceva ingoiare il suo membro aumentò, quando decise di spingere la mia testa con una gamba, che aveva fatto incrociare all’altra facendola passare dietro il mio collo. Mi stava soffocando.
“Perfetto, ci vediamo a casa di tua mamma così racconto anche a lei del viaggio. Ah, Monica… non vedo l’ora di scoparti!”
Stronzo! Finalmente allentò la presa, fece una risata e salutò Monica. Quindi, senza fare commenti si alzò in piedi e senza togliermi il cazzo dalla bocca iniziò a stantuffare come se mi stesse scopando la bocca.
“Ok, andiamo dove possiamo stare più comodi”
Mi prese per i capelli forzandomi a sollevarmi e a seguirlo. Ci spostammo nel locale dedicato alla sauna, regolò il termostato e ripresi a spompinarlo. Lui era comodamente sdraiato in una panca di legno, mentre io ero ancora una volta in ginocchio.
“Ora cambiamo posizione, voglio testare le tue doti di pompinara passiva…”
Mi fece sdraiare supina nella panca facendomi mettere la testa oltre il bordo, quindi si posizionò dietro la mia testa e infilò il suo uccello spingendolo fino in fondo alla gola. Nel frattempo giocava con la molletta tirandomi il clitoride e strappandomi qualche urlo di dolore.
“Questa è la posizione migliore per farlo entrare fino alla radice.”
Martellava come un matto mentre la mia faccia era diventata una maschera di saliva e di quant’altro usciva dal mio stomaco. Il caldo ormai era insopportabile. Quando qualche decina di minuti dopo facemmo una pausa, ero irriconoscibile: il viso era scarlatto dallo sforzo e il sudore colava ovunque.
“Andiamo a fare una doccia. Ho preso due panini e sono quasi le due. Ho un po’ di fame e tu troia?”
“Si, ho un po’ di fame anch’io Signore”
Sotto la doccia si trasformò in una persona più gentile, mi aiutò a insaponarmi e ci baciammo a lungo.
Una volta asciugati, Bruno si rivestì e mi ordinò di rimettermi solo il panno.
“Hai mezzora di pausa, mangeremo i panini e tu berrai anche questi due litri di acqua. È diuretica per cui ogni volta che ti piscerai addosso me lo dovrai riferire. Hai capito?”
“Si, Signore”.
L’umiliazione continuava. Gli piaceva degradarmi ed io in fondo in fondo godevo di quello stato di sottomissione. Il primo litro scese con piacere considerando anche il tour de force della mattina, tra pompini e sauna. Rispettai la mezzora indicata, ma a stento mandai giù il secondo litro di acqua, che mi gonfiò visibilmente la pancia.
“Ora Barbara c’è un po’ di lavoro da fare: devi prendere quei pesi e spostarli nella parete di fronte ordinandoli sopra quei supporti. Quando finisci fai una corsetta di venti minuti sul tapis roulant.”
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