Amsterdam - A letto con Debbie/3
di
Browserfast
genere
etero
Sono già mezza sveglia, ma finisce di svegliarmi il peso di un corpo che sia adagia accanto al mio. E anche l’odore di fresco e pulito. Sono abbastanza sicura di essere crollata sul letto nuda, questa mattina, quindi deve essere stata lei a infilarmi, non so come, sotto il lenzuolo. Apro gli occhi e la guardo.
– Buongiorno, si fa per dire… – mi fa sorridendomi e appoggiando le sue labbra sulle mie.
– Che ore sono?
– Le cinque… vuoi fare colazione o passi direttamente alla cena?
Le sorrido ancora mezza insonnolita, perché questa attenzione nei miei riguardi un po’ mi sorprende. Passo una mano sul suo accappatoio, come una carezza.
– Non lo so… posso avere un po’ di caffè con il latte? – le domando stiracchiandomi.
– Agli ordini! – mi dice un po’ prendendomi per il culo un po’ con affetto.
Scompare. Ne approfitto per andare al bagno a lavarmi i denti. Ci incrociamo dopo un po’ sulla porta della sua camera da letto. L’idea di caffelatte che avevo, quella cui sono abituata a Roma, scompare alla vista della tazza che ha in mano. Caffè solubile imbiancato da non so che cosa.
– Non ho il latte, dovrai accontentarti della panna…
Ringrazio, sedendomi sul letto a bere. Lei si distende, dopo un po’ faccio altrettanto. Mi sento osservata mentre finisco di bere. Il sapore del dentifricio in bocca rende indistinguibile il sapore di quell’intruglio.
– Come stai? – domanda arricciandomi una ciocca con un dito.
– Caffè a parte, benissimo, mai stata meglio – le rispondo sorridendo e posando la tazza per terra.
Mi sorride di rimando, accompagnando il sorrisino con uno sguardo che dice “stronzetta”. Poi mi afferra per la nuca e mi attira a sé, mi bacia. E stavolta è un bacio vero. Ho l’impulso di denudarla, lei mi lascia fare. C’è un ricordo di sesso fortissimo, ma non c’è davvero una voglia impellente tra di noi. Almeno non in questo momento, anche se ci scambiamo baci e carezze quasi roventi.
– Ti è piaciuto stanotte?
– Moltissimo – le rispondo – e a te?
– Anche di più… – ride – non dovresti, ma mi sorprendi sempre…
– Ti ho sorpresa? – le faccio stupita.
– Sì… e con te mi è piaciuto anche più che con Frederieke…
– Tipo? – chiedo.
– Per esempio nessuno mi aveva mai affondato la lingua nel culo – mi sussurra all’orecchio come se dovesse dirmi un segreto che nessun altro intorno può sentire.
Faccio un’aria da finta santarellina sorpresa a fare cose sconce, poi sono io a baciarla. E lei si lascia baciare. E accarezzare il seno.
– Cosa ti va di fare stasera? – mi domanda dopo un po’.
– A me andrebbe una bistecca, stasera – le faccio.
– Non stavo parlando della cena…
– Nemmeno io…
Ci mette due o tre secondi a decifrarmi. Poi, di colpo, mi sembra di avere di fronte mia sorella Martina. Non tanto fisicamente, perché da quel punto di vista – a parte l’essere strafighe – non potrebbero essere più diverse. Ma lo sguardo di falso e ironico rimprovero che mi lancia me lo lancerebbe di sicuro anche Martina. Così come la botta delle dita sulla mia fronte esprime ciò che esprimerebbe il coppino di Martina. Ovvero rimarcare il fatto che essendo più grandi di me possono zittirmi per il puro piacere di farlo. E anche il sarcastico e fintamente scandalizzato “sei davvero una piccola pervertita” di Debbie sono certa che me lo riserverebbe anche mia sorella. Magari mi direbbe “sei una zoccoletta”, con affetto. A Debbie non risponderei mai “sei più puttana di me” e lo sa. Come Martina sa che non le ricorderei di averla trovata in camera dopo che si era fatta sbattere da due maestri di sci. Non ne abbiamo più parlato, ma adesso mi verrebbe voglia di chiederle “come è prenderne uno davanti e uno di dietro, Martì? Chiedo per un’amica”.
Chissà come reagirebbe. Quello che di sicuro non farebbe, e meno male, sarebbe ribaltarmi, salirmi sopra e infilarmi la lingua in bocca. Non lo farebbe nemmeno nel modo in cui lo fa adesso Debbie, con una specie di parodia di sesso violento con dentro voglia di giocare, più che altro.
Ve l’ho detto, il sesso aleggia nella stanza ma nessuna delle due ha in questo momento vuole davvero scopare. Anche se per qualche momento le nostre gambe si incastrano, i nostri sessi si strusciano, le nostre bocche mugolano con la lingua dell’una dentro l’altra. Ma davvero, in questo momento nessuna delle due ci pensa davvero. Lo so che magari non ci credete, ma se sentiste il mio “noooo… il solletico noooo” (in italiano, perché sono così sorpresa che non mi ricordo che si dice tickling) vi assicuro che ci credereste.
– Chi ti piacerebbe conoscere? – domanda.
– Adoro la delicatezza del verbo “conoscere”, ahahahahah – gli rispondo – beh… qualcuno chilometri zero…
– Uh?
– Intendevo dire un olandese…
Scoppia a ridere e poi domanda come vorrei che fosse questo olandese. E qui, sinceramente, improvviso. Potrei farle l’identikit di una paio di ragazzi che abbiamo visto ieri sera, invece improvviso. E mi sa proprio che improvviso bene.
– Vediamo… di viso non lo so, direi moro però, non biondo. Me lo vedo sul divano, con la camicia bianca tutta aperta, ancora abbronzato… con i pettorali a vista e un six pack di addominali molto definiti che si alzano e si abbassano piano… si alzano e si abbassano piano perché tu sei inginocchiata davanti a lui e gli stai succhiando il cazzo. Tra l’altro, visto che è una fantasia, io fino a quel momento non gliel’ho nemmeno visto ma a un certo punto tu ti rialzi per aggiustarti i capelli e ho campo libero, ho modo di vedere una vera e propria bestia dura, luccicante della tua saliva…
– E tu? – domanda con lo sguardo un po’ alterato.
– Aspetta, fammi finire… lui non è necessario che sia un premio Nobel per la fisica maaa… è convinto di avere davanti due iper-cretine che non vedono l’ora di farsi scopare da lui e dal suo bastone… perché è così che ci siamo presentate, due perfette cretine. Hai mai fatto un giochetto così?
– Più di una volta – risponde Debbie smontandomi un po’ perché pensavo di averle rivelato qualcosa di originale, ma si vede proprio che siamo gemelle – però ripeto, tu? Che fai?
– Io godo a guardarvi… a guardare sto scemo che pensa “però, mica male la puttanella” mentre invece sei tu che stai decidendo ogni momento del suo piacere… godo a guardare te che glielo succhi come una dea e mi rivedo… divinità in ginocchio.
– E basta? – chiede Debbie.
– E basta… Oddio, visto che è una fantasia, se proprio ci tieni, magari c’è un amico suo che mi sta scopando doggystyle da un quarto d’ora e io sono già al terzo orgasmo ahahahahah… ma in realtà a me andrebbe bene anche… No, aspetta, aspetta… ok, facciamo che sono due… visto che ci siamo a un certo punto potrei implorarli di venirti tutti e due in faccia, in bocca, sulle tette… che poi ci penso io a pulire, che dici? Prima pulisco te poi i loro cazzi da assassini… Che dici, Debbie?
Debbie chiaramente vacilla, ancora una volta anziché chiamarmi Sletje mi chiama Slet, e nel tono direi che c’è anche un po’ di ammirazione.
Qui avviene quello che non mi aspetto. E faccio male, perché con Debbie dovrei sempre aspettarmi di tutto. Avviene che cominciamo sul serio a scopare. Comincia tutto con un bacio. Che non è di quelli furibondi ma è di quelli, credetemi, che si capisce perfettamente dove ti porteranno. E infatti ci portano ad accarezzarci, baciarci e leccarci di tutto. Labbra, colli, spalle, seni, vagine, natiche, cosce… Tutto molto languido, almeno all’inizio. La discesa dal suo capezzolo appuntito giù giù per il suo ventre tremolante, il suo ombelico, il suo odore, le sue mani sui miei capelli.Lo scatto e il gridolino al contato della mia lingua sul suo grilletto. Il rantolo che accompagna il compasso delle sue gambe che si spalancano. E’ una sequenza che non dimenticherò mai. Come non dimenticherò mai come sia difficile tenerla ferma mentre la lappo, né la sua supplica: “Aspetta, aspetta… vieni qui ti prego, non voglio venire subito”. Mi bacia ancora, prende con la lingua ciò che è suo, il suo sapore. Mi mette le mani sul culo spingendo il suo ventre contro il mio e mi sussurra all’orecchio “davvero ne vorresti due?”. “Tu no?”, le rispondo. “Tu cosa vuoi?”, insiste. “Te l’ho detto, voglio vederti succhiare qualcuno…”. Debbie ha un lampo negli occhi, si morde le labbra e domanda ancora “solo quello?”. “Tutto quello che vuoi – le dico – ma quella è la prima cosa…”. Non so proprio perché mi sia incaponita con questa immagine di lei che spompina qualcuno ma francamente in un momento così non mi va nemmeno di spiegarglielo. E probabilmente nemmeno lei ha voglia di spiegazioni, perché si intrufola tra le mie gambe con le sue, iniziamo a strusciarci. Il suo sesso gonfio e bagnato scivola sul mio, mi porta a spasso per i giardini del piacere. Si avventa ancora sulla mia bocca, attorcigliando la sua lingua alla mia mentre sento le prime onde montarmi dentro e cerco di far basculare il bacino più che posso. Miliardi di brividi si scatenano quando i nostri capezzoli si incontrano. Si stacca dal bacio e mi fulmina guardandomi negli occhi. “Sei così bella…”, dice. E io vorrei risponderle “anche tu!”, vorrei persino dirle che sento di amarla, ma non riesco a fare niente di tutto questo. Riesco solo a dire ad alta voce “Debbie, Debbie!” prima che una scarica mi attraversi tutto il corpo facendo a pezzettini tutto intorno a noi. Quando riemergo mi sembra di essere in trance, con lei che si struscia sempre più velocemente a cercare il suo orgasmo ma che allo stesso tempo piagnucola “vieni ancora piccola, vieni ancora”. Ho un momento di lucidità e, boh, come vogliamo chiamarla? Una botta di anarchia? La spingo via, me la faccio rotolare accanto mentre lei mi guarda ansimante, sorpresa, frustrata. Con le braccia ripiegate verso l’alto quasi in segno di resa e la voce tremebonda.
– Che fai?
– Ti scopo, Debbie…
Le infilo due dita nella vagina e la sento lanciare un urletto. E poi sì, com’è vero Iddio la scopo con quelle. Veloce, con forza. Come quando voglio finire Serena e sentirla urlare. Come fanno i ragazzi con me quando oltrepassano il punto di non ritorno e vogliono solo esplodere ed inseminarmi. Come quando si sente il ciac-ciac dentro lo stagno caldo. Debbie sussulta e lancia un paio di urletti, dice “Annalisa…” con quella sua strana pronuncia e con gli occhi sbarrati. Poi le scatta il viso su un lato e quegli occhi si chiudono in uno spasmo più lungo degli altri, accompagnato da un urletto più lungo degli altri, con la bocca semispalancata. La sua vagina stringe le mie dita inzaccherate per secondi che sembrano interminabili, le sue labbra biascicano parole per me incomprensibili. Il suo ritorno è bello come la sua andata. E’ di una bellezza così intensa che mi si affaccia alla mente persino un pensiero triste: non vivrò mai più un momento come questo. Per scacciarlo la bacio lungamente e dolcemente sulle guance, sul collo, scendo fino all’incavo delle sue piccole mammelle, mi perdo nel suo odore e nel ritmo del suo respiro che piano piano torna normale. Lei sussurra “schatje.. schatje…” accarezzandomi i capelli.
All’improvviso mi abbasso tra le sue gambe e le do due lappate veloci alla fica ancora aperta e fradicia. Due di numero: slap-slap. Lei sussulta per la sorpresa e per un piacere in questo momento intollerabile. Lancia un urlo vero e proprio. Mi rialzo e le invio un sorriso impertinente.
– Vado a fare la doccia!
– Slet! – ride lei. Singhiozzando.
CONTINUA
– Buongiorno, si fa per dire… – mi fa sorridendomi e appoggiando le sue labbra sulle mie.
– Che ore sono?
– Le cinque… vuoi fare colazione o passi direttamente alla cena?
Le sorrido ancora mezza insonnolita, perché questa attenzione nei miei riguardi un po’ mi sorprende. Passo una mano sul suo accappatoio, come una carezza.
– Non lo so… posso avere un po’ di caffè con il latte? – le domando stiracchiandomi.
– Agli ordini! – mi dice un po’ prendendomi per il culo un po’ con affetto.
Scompare. Ne approfitto per andare al bagno a lavarmi i denti. Ci incrociamo dopo un po’ sulla porta della sua camera da letto. L’idea di caffelatte che avevo, quella cui sono abituata a Roma, scompare alla vista della tazza che ha in mano. Caffè solubile imbiancato da non so che cosa.
– Non ho il latte, dovrai accontentarti della panna…
Ringrazio, sedendomi sul letto a bere. Lei si distende, dopo un po’ faccio altrettanto. Mi sento osservata mentre finisco di bere. Il sapore del dentifricio in bocca rende indistinguibile il sapore di quell’intruglio.
– Come stai? – domanda arricciandomi una ciocca con un dito.
– Caffè a parte, benissimo, mai stata meglio – le rispondo sorridendo e posando la tazza per terra.
Mi sorride di rimando, accompagnando il sorrisino con uno sguardo che dice “stronzetta”. Poi mi afferra per la nuca e mi attira a sé, mi bacia. E stavolta è un bacio vero. Ho l’impulso di denudarla, lei mi lascia fare. C’è un ricordo di sesso fortissimo, ma non c’è davvero una voglia impellente tra di noi. Almeno non in questo momento, anche se ci scambiamo baci e carezze quasi roventi.
– Ti è piaciuto stanotte?
– Moltissimo – le rispondo – e a te?
– Anche di più… – ride – non dovresti, ma mi sorprendi sempre…
– Ti ho sorpresa? – le faccio stupita.
– Sì… e con te mi è piaciuto anche più che con Frederieke…
– Tipo? – chiedo.
– Per esempio nessuno mi aveva mai affondato la lingua nel culo – mi sussurra all’orecchio come se dovesse dirmi un segreto che nessun altro intorno può sentire.
Faccio un’aria da finta santarellina sorpresa a fare cose sconce, poi sono io a baciarla. E lei si lascia baciare. E accarezzare il seno.
– Cosa ti va di fare stasera? – mi domanda dopo un po’.
– A me andrebbe una bistecca, stasera – le faccio.
– Non stavo parlando della cena…
– Nemmeno io…
Ci mette due o tre secondi a decifrarmi. Poi, di colpo, mi sembra di avere di fronte mia sorella Martina. Non tanto fisicamente, perché da quel punto di vista – a parte l’essere strafighe – non potrebbero essere più diverse. Ma lo sguardo di falso e ironico rimprovero che mi lancia me lo lancerebbe di sicuro anche Martina. Così come la botta delle dita sulla mia fronte esprime ciò che esprimerebbe il coppino di Martina. Ovvero rimarcare il fatto che essendo più grandi di me possono zittirmi per il puro piacere di farlo. E anche il sarcastico e fintamente scandalizzato “sei davvero una piccola pervertita” di Debbie sono certa che me lo riserverebbe anche mia sorella. Magari mi direbbe “sei una zoccoletta”, con affetto. A Debbie non risponderei mai “sei più puttana di me” e lo sa. Come Martina sa che non le ricorderei di averla trovata in camera dopo che si era fatta sbattere da due maestri di sci. Non ne abbiamo più parlato, ma adesso mi verrebbe voglia di chiederle “come è prenderne uno davanti e uno di dietro, Martì? Chiedo per un’amica”.
Chissà come reagirebbe. Quello che di sicuro non farebbe, e meno male, sarebbe ribaltarmi, salirmi sopra e infilarmi la lingua in bocca. Non lo farebbe nemmeno nel modo in cui lo fa adesso Debbie, con una specie di parodia di sesso violento con dentro voglia di giocare, più che altro.
Ve l’ho detto, il sesso aleggia nella stanza ma nessuna delle due ha in questo momento vuole davvero scopare. Anche se per qualche momento le nostre gambe si incastrano, i nostri sessi si strusciano, le nostre bocche mugolano con la lingua dell’una dentro l’altra. Ma davvero, in questo momento nessuna delle due ci pensa davvero. Lo so che magari non ci credete, ma se sentiste il mio “noooo… il solletico noooo” (in italiano, perché sono così sorpresa che non mi ricordo che si dice tickling) vi assicuro che ci credereste.
– Chi ti piacerebbe conoscere? – domanda.
– Adoro la delicatezza del verbo “conoscere”, ahahahahah – gli rispondo – beh… qualcuno chilometri zero…
– Uh?
– Intendevo dire un olandese…
Scoppia a ridere e poi domanda come vorrei che fosse questo olandese. E qui, sinceramente, improvviso. Potrei farle l’identikit di una paio di ragazzi che abbiamo visto ieri sera, invece improvviso. E mi sa proprio che improvviso bene.
– Vediamo… di viso non lo so, direi moro però, non biondo. Me lo vedo sul divano, con la camicia bianca tutta aperta, ancora abbronzato… con i pettorali a vista e un six pack di addominali molto definiti che si alzano e si abbassano piano… si alzano e si abbassano piano perché tu sei inginocchiata davanti a lui e gli stai succhiando il cazzo. Tra l’altro, visto che è una fantasia, io fino a quel momento non gliel’ho nemmeno visto ma a un certo punto tu ti rialzi per aggiustarti i capelli e ho campo libero, ho modo di vedere una vera e propria bestia dura, luccicante della tua saliva…
– E tu? – domanda con lo sguardo un po’ alterato.
– Aspetta, fammi finire… lui non è necessario che sia un premio Nobel per la fisica maaa… è convinto di avere davanti due iper-cretine che non vedono l’ora di farsi scopare da lui e dal suo bastone… perché è così che ci siamo presentate, due perfette cretine. Hai mai fatto un giochetto così?
– Più di una volta – risponde Debbie smontandomi un po’ perché pensavo di averle rivelato qualcosa di originale, ma si vede proprio che siamo gemelle – però ripeto, tu? Che fai?
– Io godo a guardarvi… a guardare sto scemo che pensa “però, mica male la puttanella” mentre invece sei tu che stai decidendo ogni momento del suo piacere… godo a guardare te che glielo succhi come una dea e mi rivedo… divinità in ginocchio.
– E basta? – chiede Debbie.
– E basta… Oddio, visto che è una fantasia, se proprio ci tieni, magari c’è un amico suo che mi sta scopando doggystyle da un quarto d’ora e io sono già al terzo orgasmo ahahahahah… ma in realtà a me andrebbe bene anche… No, aspetta, aspetta… ok, facciamo che sono due… visto che ci siamo a un certo punto potrei implorarli di venirti tutti e due in faccia, in bocca, sulle tette… che poi ci penso io a pulire, che dici? Prima pulisco te poi i loro cazzi da assassini… Che dici, Debbie?
Debbie chiaramente vacilla, ancora una volta anziché chiamarmi Sletje mi chiama Slet, e nel tono direi che c’è anche un po’ di ammirazione.
Qui avviene quello che non mi aspetto. E faccio male, perché con Debbie dovrei sempre aspettarmi di tutto. Avviene che cominciamo sul serio a scopare. Comincia tutto con un bacio. Che non è di quelli furibondi ma è di quelli, credetemi, che si capisce perfettamente dove ti porteranno. E infatti ci portano ad accarezzarci, baciarci e leccarci di tutto. Labbra, colli, spalle, seni, vagine, natiche, cosce… Tutto molto languido, almeno all’inizio. La discesa dal suo capezzolo appuntito giù giù per il suo ventre tremolante, il suo ombelico, il suo odore, le sue mani sui miei capelli.Lo scatto e il gridolino al contato della mia lingua sul suo grilletto. Il rantolo che accompagna il compasso delle sue gambe che si spalancano. E’ una sequenza che non dimenticherò mai. Come non dimenticherò mai come sia difficile tenerla ferma mentre la lappo, né la sua supplica: “Aspetta, aspetta… vieni qui ti prego, non voglio venire subito”. Mi bacia ancora, prende con la lingua ciò che è suo, il suo sapore. Mi mette le mani sul culo spingendo il suo ventre contro il mio e mi sussurra all’orecchio “davvero ne vorresti due?”. “Tu no?”, le rispondo. “Tu cosa vuoi?”, insiste. “Te l’ho detto, voglio vederti succhiare qualcuno…”. Debbie ha un lampo negli occhi, si morde le labbra e domanda ancora “solo quello?”. “Tutto quello che vuoi – le dico – ma quella è la prima cosa…”. Non so proprio perché mi sia incaponita con questa immagine di lei che spompina qualcuno ma francamente in un momento così non mi va nemmeno di spiegarglielo. E probabilmente nemmeno lei ha voglia di spiegazioni, perché si intrufola tra le mie gambe con le sue, iniziamo a strusciarci. Il suo sesso gonfio e bagnato scivola sul mio, mi porta a spasso per i giardini del piacere. Si avventa ancora sulla mia bocca, attorcigliando la sua lingua alla mia mentre sento le prime onde montarmi dentro e cerco di far basculare il bacino più che posso. Miliardi di brividi si scatenano quando i nostri capezzoli si incontrano. Si stacca dal bacio e mi fulmina guardandomi negli occhi. “Sei così bella…”, dice. E io vorrei risponderle “anche tu!”, vorrei persino dirle che sento di amarla, ma non riesco a fare niente di tutto questo. Riesco solo a dire ad alta voce “Debbie, Debbie!” prima che una scarica mi attraversi tutto il corpo facendo a pezzettini tutto intorno a noi. Quando riemergo mi sembra di essere in trance, con lei che si struscia sempre più velocemente a cercare il suo orgasmo ma che allo stesso tempo piagnucola “vieni ancora piccola, vieni ancora”. Ho un momento di lucidità e, boh, come vogliamo chiamarla? Una botta di anarchia? La spingo via, me la faccio rotolare accanto mentre lei mi guarda ansimante, sorpresa, frustrata. Con le braccia ripiegate verso l’alto quasi in segno di resa e la voce tremebonda.
– Che fai?
– Ti scopo, Debbie…
Le infilo due dita nella vagina e la sento lanciare un urletto. E poi sì, com’è vero Iddio la scopo con quelle. Veloce, con forza. Come quando voglio finire Serena e sentirla urlare. Come fanno i ragazzi con me quando oltrepassano il punto di non ritorno e vogliono solo esplodere ed inseminarmi. Come quando si sente il ciac-ciac dentro lo stagno caldo. Debbie sussulta e lancia un paio di urletti, dice “Annalisa…” con quella sua strana pronuncia e con gli occhi sbarrati. Poi le scatta il viso su un lato e quegli occhi si chiudono in uno spasmo più lungo degli altri, accompagnato da un urletto più lungo degli altri, con la bocca semispalancata. La sua vagina stringe le mie dita inzaccherate per secondi che sembrano interminabili, le sue labbra biascicano parole per me incomprensibili. Il suo ritorno è bello come la sua andata. E’ di una bellezza così intensa che mi si affaccia alla mente persino un pensiero triste: non vivrò mai più un momento come questo. Per scacciarlo la bacio lungamente e dolcemente sulle guance, sul collo, scendo fino all’incavo delle sue piccole mammelle, mi perdo nel suo odore e nel ritmo del suo respiro che piano piano torna normale. Lei sussurra “schatje.. schatje…” accarezzandomi i capelli.
All’improvviso mi abbasso tra le sue gambe e le do due lappate veloci alla fica ancora aperta e fradicia. Due di numero: slap-slap. Lei sussulta per la sorpresa e per un piacere in questo momento intollerabile. Lancia un urlo vero e proprio. Mi rialzo e le invio un sorriso impertinente.
– Vado a fare la doccia!
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