Jap Story - La tela di Fontana
di
RunningRiot
genere
etero
Ho ancora il respiro affannato per la gran corsa. La cerco con gli occhi tra la gente seduta ai tavolini. Eccola lì, pantaloni etnici e camicetta bianca, che armeggia con l'iPhone. Mi starà mandando il centesimo WhatsApp, immagino. "Scusa Ludo, scusa-scusa-scusa". Alza gli occhi, mi sorride un leggero rimprovero. "Te le sei ricordate le chiavi, sì?". "Sì, sì... scusa ancora". "Non ti preoccupare... che ti è successo?". "Ma no, niente, ho incontrato una matta...". "Cioè?". "Una matta... come te la descrivo una matta?".
Già, Ludo, come te la descrivo?
*****
Te la descrivo come un luogo comune turistico, uno stereotipo. Solo che, invece di attraversare via del Tritone in fila indiana, se ne sta in fila alla biglietteria di Palazzo Reale. La giapponese con il trolley. Un classico. E molto classico è anche il vaffanculo che si becca. È arrivata un attimo prima di me. E ho pure avuto l'impressione che abbia allungato il passo, sta stronza. Perfetto, adesso tira pure fuori il telefono. Comincerà a fare video e fotografie. Qui, alla biglietteria. Vabbè, speriamo che si sbrighi, che non sia una di quelle che non capisce un cazzo e che ci mette mezz'ora. Speriamo che parli un po' di inglese. Speriamo pure che quello della biglietteria parli inglese, eh? Perché mica è detto... Carina, però. Capelli così neri non se ne vedono tanti, in giro. Tranne quelli tinti, ovviamente. E ha pure un bel culo. Ma magari sono i jeans.
- La mostra del Guggenheim, per favore...
Eh? Ma che, era sua quella voce? Con quell'accento milanese? Ma che cazzo...? Ma da dove spunta...? Boh, sticazzi.
- Signorina? ... Signorina?
- Eh?
- Deve fare il biglietto?
- Ah, no, scusi... Sì. Uno per il Guggen...
Bella è bella, eh? La mostra, dico. Cioè, non è proprio il mio genere preferito ma non le si può dire nulla. Oddio, no, una cosa si può dire. Va bene che è cibo per lo spirito ma cazzo, quindici euro per una cinquantina di opere, beh dai... In mezz'ora hai visto tutto, pure un'ora se vuoi fingere di essere una che ci capisce, va'... Con venti dollari a New York ti vedi tutto il museo. Pure meno, se sei una studentessa.
- Cosa ti è piaciuto di più?
Sobbalzo. Non dico che mi prende un colpo ma quasi, non mi ero accorta che ci fosse qualcuno alle mie spalle. E poi sta voce l'ho sentita, è la jap di prima.
- Il Kandinsky... - rispondo senza sapere nemmeno io perché lo faccio. Cazzo vuole mò questa?
- La montagna blu? ... mmm sì, il Picasso no?
- Il gatto e l'aragosta? 'nsomma, mica l'ho capito... cioè, il gatto mi sembra terrorizzato...
- Ahahahah... un po' e un po'. E' anche attratto dall'aragosta perché se la vorrebbe mangiare, ma ha paura delle chele...
Ma perché cazzo sto parlando con questa, ora? Beh, per educazione, no? Ospitalità, essere gentili con gli stranieri, ste cose qui che ti insegnano da piccola. Solo che questa mi sembra tutto fuorché straniera. E il trolley? L'avrà lasciato al guardaroba... E le foto? Perché non fa le foto? Vabbè, qui dentro non si potrà, ma i giapponesi avranno una deroga, no?
- La mia famiglia si è trasferita in Italia quando ero molto piccola, sono cresciuta qui - dice.
Eh? Cazzo fai, leggi nel pensiero? Andiamo bene...
- Sono abituata a quel tipo di sguardo - aggiunge con un risolino - mi chiamo Yuko, tu?
- Eh? Ah... Annalisa - rispondo.
- Allora? Solo Kandinsky? Gauguin no? E i giocatori di football? Van Gogh? Comunque nemmeno a me piace molto l'impressionismo... e nemmeno il post impressionismo. Ma sai perché volevo vedere questa mostra? Perché questa è la collezione Thannhauser, sai chi era? Era un filantropo che donò tutto al Guggenheim. I suoi figli erano morti e la sua famiglia, disse, si sarebbe estinta, volle farlo per dare un significato a tutta la sua vita da collezionista.
Ok, cara la mia occhi-mandorlati, io non lo sapevo, ma tu hai imparato a memoria il catalogo della mostra, eh? Dai, sincera.
- Ma tu sei una critica dell'arte? - domando.
- No, avevo l'audioguida ahahahah... tu non sei di qui, vero?
- Sono di Roma...
- E cosa ci fa una romana a Milano?
Un attimo, eh? Ma quando è stato, e come è stato, che questa qui ha preso il comando delle operazioni? Voglio dire, non prendetemi per una che se la tira o se ne sta sulle sue, o addirittura per una scontrosa. Ma proprio per niente! Mi piace incontrare gente nuova, anzi. Chiacchierare. Però una cosa è fare conoscenza un'altra è essere travolta e sottoposta a un interrogatorio.
- Uh... beh... sono venuta a trovare un'amica, maaa... beh, io ci ho fatto il master a Milano...
- Io invece vivo in Brianza, hai presente?
Beh sì, certo che ho presente. Sta qui sopra, per chi cazzo mi hai presa?
- Sono tornata oggi, ma non lo so se mi va di andare subito a casa... intanto, volevo vedere questa mostra, ci tenevo... magari mi cerco un posto per la notte e me ne resto a Milano, mi è sempre piaciuta Milano... a te no? Lo sai che sei davvero molto carina? Come ti sta bene quello scollo a barchetta, ti valorizza il collo anche se non ha bisogno di essere valorizzato...
Cioè, qualcuno faccia qualcosa, fermatela,chiamate la Protezione civile o questa non la smette piuuuuù.
- Eh? Ah, grazie...
- Io sono un po'... da viaggio, sai, ma posso essere meglio di così...
- Eh? Beh ma anche tu sei molto carina, dico davvero... non è per ricambiare il complimento...
Per essere sincera sono sincera, eh? Un po' omissiva, semmai. Perché la risposta completa dovrebbe essere: sei molto carina e hai anche un qualcosa che... peccato che sei una rompicoglioni!
- Dici davvero? - mi fa la jap.
- Non mento mai, al massimo mi sto zitta, ahahahah (oddio, come me la levo dalle palle questa?).
- Ti va di prendere una cosa al bar?
- Eeeeh... no, mi dispiace, ma ho un appuntamento con la mia amica...
Ecco, vediamo se così ti sganci.
- E dove sta ora la tua amica?
- Ah, boh, starà finendo di lavorare... - rispondo - ma devo andare a prendere la metro, non è vicino...
- In che zona? - insiste la jap.
- Uh... Porta romana, hai presente via Monte Nero?
- Ah, beh non è molto lontano...
- Eh, ma sono un po' in ritardo, devo pure fare un salto al bagno prima... - dico (e, cazzo, non voglio essere scortese ma spero proprio che l'abbia capita).
- Onestamente anche io, è tutto il giorno che me la tengo... hai per caso visto dov'è? (non molla mica, eh?)
- Direi di là... - le faccio indicando vagamente una direzione.
- Dai, andiamo... avete in programma qualcosa con la tua amica, stasera?
No, oddio, questa si vuole aggregare... Cazzo, cazzo, cazzo, cazzo! Ci mancava pure la giapponese che si sente sola. Meglio stare sul vago.
- Beh, non lo so... dipende molto da... veramente dovevamo uscire con il suo ragazzo, ma non so bene dove andiamo, forse da amici loro, non lo so...
- Tu non ce l'hai il fidanzato? - domanda mentre camminiamo.
- Eh? Oh, beh, è una storia lunga...
- Ahahahah... o ce l'hai o non ce l'hai... oppure sono lavori in corso?
- Ahahahah... no, no... diciamo che non ce l'ho...
Non ce l'ho il fidanzato, va bene? Sono una troia che se vuole un ragazzo se lo cerca ogni sera. Anzi, spero proprio che Ludo stasera non si veda con il suo e che ce ne andiamo a cercarcelo per una notte, il fidanzato. L’abbiamo fatto un sacco di volte. Una in più... Ma certo non lo vengo a dire a te, figlia del Sol levante.
- Il mio fidanzato è olandese... - mi informa la jap.
- Ah! - (e sticazzi?) - io ho un'amica olandese! (certo Annalì, daje pure corda)
- Ehi, deve essere una grande amica! - dice guardandomi e sorridendo.
- Perché? - non capisco se c'è un sottile velo di ironia nelle sue parole.
- Beh ti sono brillati gli occhi... - risponde ancora con un risolino.
- Ah... beh, sì... una grande amica. Peccato che ci vediamo poco... Mi sa che si va di qua...
Apre la porta del bagno per disabili. Sto per dirle "cazzo, ma non lo vedi che c'è il simbolo della..." che lei mi afferra per un braccio e mi tira dentro. Bruscamente, all'improvviso, con forza. Per un istante il mio corpo la segue dentro e la mia testa resta lì fuori, sento proprio il colpo di frusta sul collo. Se per caso eravate a Palazzo Reale e avete visto dei capelli biondi e svolazzanti sparire dietro la porta della toilette per disabili... beh, quella ero io.
Non faccio nemmeno in tempo a voltarmi che ha già blindato la porta. Non faccio nemmeno in tempo a dirle "sei matta?" che mi afferra la faccia tra le mani e mi bacia. La sua lingua mi fruga nella bocca rimasta mezza aperta per la sorpresa. Quando si stacca un filo di bava si allunga per qualche secondo prima di frantumarsi. Continuo ad avere la faccia tra le sue mani e penso di avere l'espressione di un pesce gatto preso all'amo. Cioè, non lo so che espressione ha un pesce gatto preso all'amo, ma non rompete il cazzo. E' per dire che sono esterrefatta.
- Sei matta? - ansimo. In realtà sono abbastanza sbigottita per avere la forza di dire altro.
- Sei bellissima... quanto mi piacciono i tuoi capelli gialli - risponde.
Che cazzo c'entra adesso, vorrei sapere. Cioè, per esempio, prima ti stavo dicendo che mi piaceva il Kandinsky blu ma mica me lo sono portato al cesso e ci ho passato la lingua sopra! Lei continua a guardarmi e a tenermi fermo il viso.
- Sei lesbica? - chiede.
- Eh? No! - rispondo di getto nemmeno so io il perché. Cioè, non mi pare quello il problema.
- Neanche io - dice un po’ trafelata prima di tuffarsi di nuovo con la lingua nella mia bocca.
Sì, ok. Me l'hai appena detto che ti fai trapanare da un olandese, ma allora questo come me lo spiego? Dopo qualche secondo, un'altra cosa che non so o che almeno non riesco a spiegarmi è perché, a mia volta, attorciglio la lingua alla sua e le tengo la mano sulla nuca. Cazzo, come bacia questa. E che sguardo... una tigre, una calamita. Me lo sento addosso anche adesso che teniamo gli occhi chiusi, sono bastati quei due-tre secondi dopo che mi ha baciata per la prima volta per... E che polipo! Mi ha già infilato una mano sotto la maglietta... no, dai, anche sotto il reggiseno no, i miei capezzoli sono... oh, cazzo!
- Che belle tette che hai, mi fanno morire le ragazze sottili e con le tette grandi! - mi ansima addosso prima di iniziare a slinguarmi il collo.
Ma io ti amo, cazzo, non andare mai più via! E non tanto per i milioni di brividi che mi stai regalando. Ma è la prima volta che mi dicono che ho le tette grandi! Sì, cioè, mi spiace molto per la grave alterazione delle capacità sensoriali di cui evidentemente soffri - vista e tatto, direi soprattutto - ma cazzo, è la prima volta che me lo dicono, giuro! E giuro anche che vorrei non avere il reggiseno, in questo momento. Ok, d'accordo, magari senza push up non avrebbe detto che ho le tette grosse, è vero. Però per come me le sta lavorando... cazzo, basta, che cazzo stiamo facendo? Se ci beccano ci si inculano. E nemmeno nel modo più piacevole.
- Ti piace farti vedere il culo, vero? - mi sussurra sulle labbra.
Ci deve essere della telepatia tra noi, ok. Ma il punto non è questo. Il punto è che, cazzo, io non riesco proprio a starle dietro a questa, è una forsennata. Mi sta sempre un passo avanti. Cosa c'entra il culo? E perché me lo tocchi?
- Perché? - domando.
- Perché sennò non ti mettevi questi leggings... - mi fa stringendomi un po' una chiappa.
- Anche il tuo non è male... - le dico. E lo penso pure, sono sincera. Tuttavia lo dico più che altro per rispondere qualcosa.
Dai, cazzo, non mi puoi svitare i capezzoli e toccarmi il culo così. A parte il fatto che divento un lago, non possiamo restare qui, no? Te ne rendi conto, no? Ti rendi conto che vorrei un dito dentro, adesso? Ma chi cazzo sei? Da dove sei sbucata?
- Forse... ma il tuo è qualcosa di... lo sai che è da piazza della Scala che ti seguo?
Oddio, in che senso mi segui? Cioè, mi sei venuta dietro? Con il trolley e tutto il resto? E mi guardavi il culo? E io che facevo? Sono sicura che non facevo nulla... mi stavi dietro? Sì, lo ammetto, indosso questi leggings perché ho un culo da favola e mi piace che me lo guardino. Ma tu, quando hai deciso di rimorchiarmi? No, dai, cazzo, mi sento braccata. Cioè, io adoro sentirmi braccata, ma vorrei avere anche un po' di voce in capitolo. E invece... invece mi sa che non ho capito un cazzo dal principio.
- Che vuol dire? - domando mentre dentro di me si fa strada, in modo mooolto pericoloso, il desiderio che questa ci metta una mano dentro. Ai miei leggings, intendo.
- Ti sei incazzata quando mi sono messa in fila davanti a te alla biglietteria, vero? - domanda senza rispondere.
- Sì... - gemo. Ma obiettivamente, con una mano sulle tette e una sul culo inizio a fare parecchia fatica a rispondere.
- Meglio farti incazzare che essere ignorata... - sospira prima di infilarmi di nuovo la lingua in bocca.
Vorrei davvero dirle "che troia che sei". Così, in amicizia. Ma a parte il fatto che con una lingua altrui in bocca non posso dire nemmeno una parola, qui dentro non mi sento sicura per nulla, è la verità. Mi fermo un secondo per dirle "basta, piantiamola", ma credete che a lei gliene freghi qualcosa? Macché, mi infila di nuovo la lingua in bocca e stavolta tutte e due le mani mi finiscono sul culo. Mi stringe, mi struscia le tette addosso. Ogni tanto quando riprendiamo aria le sussurro "tu sei matta, tu sei matta...", ma intanto anche io comincio a strusciarmi su di lei. Un emisfero del mio cervello vorrebbe urlarle "basta, lasciami, andiamo via!", l'altro vorrebbe implorare "scopami subito". Nel frattempo, quasi in autonomia, le mie mani finiscono sotto la sua maglietta confermandomi l'impressione degli ultimi secondi: sta puttana non porta nemmeno il reggiseno. Lei si stacca un po' da me per consentire alle mie mani di fare il loro lavoro. Si contorce un po', mi offre il seno, si mordicchia il labbro in un sorriso soddisfatto. Le prendo un capezzolo tra le dita a forbice e stringo delicatamente, tiro delicatamente. Mi scocca un'occhiata che non ha bisogno di interpretazioni. Mi sa che non sono la sola che da un momento all'altro potrebbe supplicare "scopami subito". E' bella, cavolo. E ha davvero un bel paio di tette, tra l'altro.
- Quanto mi piace come me lo fai... - sussurra e, forse per la prima volta, non la sento tanto in controllo.
- Credevo che le giapponesi fossero piatte... - ansimo un po'.
- Perché? - dice prima di tornare a baciarmi - ce ne sono di tutti i... oh continua...
Per la prima volta ce l'ho in pugno. Cioè, ho le sue tette in pugno ma è la parte per il tutto, no? Come quando succhi bene-bene un cazzo e per qualche minuto il proprietario non capisce più nulla e tu sai di essere padrona delle sue sensazioni. Adorata samurai, vuoi essere la troia della ragazza dai capelli gialli?
- E quindi mi volevi scopare qui dentro, eh? - le domando cercando di condire con almeno un po' di ironia la mia eccitazione.
- No... davvero... - ansima anche lei - solo quando abbiamo parlato ho pensato che...
- Che...?
- Che dovevo averti subito... così mi fai venire... toccami ti prego - miagola sbottonandosi i jeans.
- Ma tu sei scema, qui non si può... - rispondo richiamando all'ordine la mano che stava già per infilarsi nelle sue mutandine. Sì, per fortuna mi sono bloccata, ho sentito dei rumori, è meglio filare e alla svelta.
- Perché no? - domanda cercando le mie labbra e la mia mano. Mi sa tanto che adesso è lei che vuole un lavoretto digitale.
- Ma perché no! - piagnucolo - oddio che cazzo fai?
- Devo farlo assolutamente! - sussurra abbassandomi leggings e mutandine e inginocchiandosi.
Tu sei pazza, porco Giuda. Non stiamo mica in disco, dove con la consumazione i ragazzi pagano anche il diritto a portarsi al bagno una troia per farsi succhiare il cazzo, come minimo. Lì è normale, lì se lo aspettano, quasi si offendono se non lo fai. Ma qui no, non nelle toilette di un museo, porca vacca. Qui ci arrestano. Ok, magari non ci arrestano ma facciamo una figura di merda. E io non ho nessuna voglia di fare una figura di merda.
Pensate che alla jap freghi qualche cosa? Ancora una volta no, macché, non gliene frega un cazzo! Sta pensando ad altro, è proprio su un altro pianeta.
- Mio dio, sembra una tela di Fontana! - esclama.
- Ma chi se ne strabatte il cazzo di Fontana! - piagnucolo ancora, cercando di fare meno rumore possibile - andiamo via!
Va bene, sì, ce l'ho fatta così, ok? Che sembra incisa col bisturi. Mica sono la sola ad avercela così e comunque a me piace. La trovo, come dire, nobile. No, certo, in effetti che sembra un quadro di Fontana non me l'hanno mai detto. Cazzo, sto sudando. Chissà se un quadro di Fontana pulsa così... La verità è che non vedo una via d'uscita e sono quasi disperata. E se sono quasi disperata è perché sono di nuovo in sua balìa e troppo eccitata per non farle fare qualsiasi cosa abbia intenzione di fare. Ok, è ufficiale, sono io che ho sbroccato, non lei. Sta mignotta mi ha mandata fuori di testa.
- C'è anche un'altra fontana, qui... - ridacchia.
Non rispondo. O meglio, a parole non rispondo. Però respiro come un mantice e - oh porca troia, no! - le ho aperto anche le cosce davanti. Se non fossi appoggiata alle piastrelle del muro cadrei per terra. E che cazzo ci vuoi fare? Anche questo è così, ok? E' così da quando ero piccola, ok? Sporcavo le sedie e mi vergognavo. Non le mutandine, non le gonne o i pantaloni. Le sedie. O il bracciolo del divano su cui mi dondolavo. O il cuscino.
Lappa. Con lentezza. Ma che dico, con una esasperante lentezza. Lungo tuuuuutta la mia porta del piacere. Ho una scossa che quasi mi ammazza. Cerca il grilletto. Lo trova. Cristo di dio che lingua. E che voglia di mettermi a ululare. Tre volte. Tre di numero. Alla seconda sono già nell'iperspazio. Tremo e strizzo gli occhi.
Poi si ferma e mi dice "adesso siamo pari, tutte e due sull'orlo del precipizio". Credo che lo dica guardandomela, come se parlasse direttamente con lei. Quando si rialza ridacchia "sei buona!". Io sono spalmata sul muro, con leggings e mutandine abbassate a fondo coscia e con i brividi che mi scuotono dalla testa ai piedi.
- Dai, andiamo - mi fa avviandosi verso la porta.
No, un attimo, come? Che cazzo significa "andiamo"? Finisci, no? Giustiziami, cazzo! Non me ne frega più nulla di nulla, facciamolo qui! Daaaaiiiii! E poi come cazzo faccio a venirti dietro con le gambe che mi tremano in questo modo?
Niente, decide lei. Riapro gli occhi e la guardo, sempre con questo cazzo di sorriso. Dio se è sexy, dio se vorrei vederla nuda. Non tra qualche ora, eh? Adesso! Vorrei che ci teletrasportassero su un letto, vorrei vederla semisdraiata, ansimante, con i gomiti appoggiati sul lenzuolo e le gambe aperte, che mi dice "ora fammi vedere tu quanto sei brava" con quella voce carica di sesso, guardandomi con quegli occhi da tigre. Sfacciata, troia, centro del mondo e di ogni suo piacere.
La mano è sul maniglione mentre io mi affretto a coprirmi sussurrando "cazzo, aspetta un attimo!". Socchiude la porta, guarda a destra e a sinistra con fare circospetto, ripete "andiamo". Ok, siamo nel corridoio, due ragazze che tornano dai bagni, tutto normale. Troppo normale. Vorrei baciarla e sentirle il mio sapore sul muso. Ma siamo già in mezzo alla gente. Mi sento congestionata, mi sembra che mi guardino tutti. Come fa lei a essere così tranquilla? Io sono l'agitazione in persona, ho il cuore a 120 bpm. Oddio, cazzo, l'appuntamento con Ludovica, le chiavi di casa. Come cazzo facciamo adesso?
- Come facciamo ora? - le domando mentre recupera il trolley al guardaroba. Ho la testa che mi gira.
- Non lo so... - mi fa - io devo cercarmi un albergo, ricordi? Vieni con me?
- Ma io ho un appuntamento con la mia amica! - protesto - sono già in ritardo!
- Ah, ma era vero? Pensavo fosse una scusa per mollarmi lì... va bene, quindi...
- Aspetta, aspetta - la interrompo - dammi il tuo numero... e dammi un'ora di tempo, ti chiamo.
Registro "Iuko". "No, con la ipsilon", osserva lei. Ok, cazzo, Yuko. Le dico "ti chiamo" e scappo via verso la metro. Mi metto a correre proprio. Ho una voglia terribile di farmi un ditalino in mezzo a piazza Duomo.
*****
- No, cioè, matta ma simpatica, eh?
- Ma che faceva? - domanda Ludovica.
- Nulla... si è avvicinata eeee... mi ha spiegato tutta la mostra del Guggenheim... sai che è la donazione di un tizio che aveva perso i figli e che lo fece come ultimo atto della sua vita da collezionista?
- Ah... no, non lo sapevo... senti, io scappo, come rimaniamo per stasera? Avevi in mente qualcosa? Gigi voleva andare al cinema.
Beh sì, in effetti stamattina avevo in mente qualcosa. Avevo in mente di andare in giro io e te a fare le pazze, come ai vecchi tempi, altro che cinema. Poteva pure andarci da solo, il tuo Gigi, al cinema. Mi sa invece che tutte e due, a sto punto, abbiamo programmi diversi.
- Ah, no, ecco, volevo chiederti... ti dispiace se questa qui la invito a stare da me stanotte? Stava cercando un albergo, le ho detto di... se non ti va no, eh?
- Nel tuo letto? - domanda Ludo un po' sorpresa.
- Uh, beh sì, ci stiamo... - rispondo.
- Oh beh, per starci, una notte ci siete stati in tre ahahahah...
- Vabbè...
- Volevo dire al Gigi se veniva da me, stasera - dice.
La guardo, lei mi guarda. Ha un miscrosorrisino sulle labbra. Ce l'ho pure io. Va bene, Ludovica, non c'è bisogno di aggiungere altro.
- Non c'è proprio nessun problema per me, lo sai... e poi è casa tua.
- No, ma magari può dare fastidio alla tua amica - mi fa.
- Boh, non credo. E poi, ahò, in fin dei conti ha rimediato un letto gratis per stanotte ahahahah.
- Vabbè, io vado... mi fai morire quando fai la coatta.
- Coatta ce sarai te e tutti quelli del palazzo tuo... ok, magari ci vediamo dopo, a casa - le dico dandole un bacetto.
- Vorrai dire ci "sentiamo" a casa.... ahahahahah.
La guardo mentre si allontana, ondeggiando quel suo culo sempre un po' troppo grosso. Cara Ludovica, ogni volta non smetto di stupirmi per quanto sei troia.
CONTINUA
Già, Ludo, come te la descrivo?
*****
Te la descrivo come un luogo comune turistico, uno stereotipo. Solo che, invece di attraversare via del Tritone in fila indiana, se ne sta in fila alla biglietteria di Palazzo Reale. La giapponese con il trolley. Un classico. E molto classico è anche il vaffanculo che si becca. È arrivata un attimo prima di me. E ho pure avuto l'impressione che abbia allungato il passo, sta stronza. Perfetto, adesso tira pure fuori il telefono. Comincerà a fare video e fotografie. Qui, alla biglietteria. Vabbè, speriamo che si sbrighi, che non sia una di quelle che non capisce un cazzo e che ci mette mezz'ora. Speriamo che parli un po' di inglese. Speriamo pure che quello della biglietteria parli inglese, eh? Perché mica è detto... Carina, però. Capelli così neri non se ne vedono tanti, in giro. Tranne quelli tinti, ovviamente. E ha pure un bel culo. Ma magari sono i jeans.
- La mostra del Guggenheim, per favore...
Eh? Ma che, era sua quella voce? Con quell'accento milanese? Ma che cazzo...? Ma da dove spunta...? Boh, sticazzi.
- Signorina? ... Signorina?
- Eh?
- Deve fare il biglietto?
- Ah, no, scusi... Sì. Uno per il Guggen...
Bella è bella, eh? La mostra, dico. Cioè, non è proprio il mio genere preferito ma non le si può dire nulla. Oddio, no, una cosa si può dire. Va bene che è cibo per lo spirito ma cazzo, quindici euro per una cinquantina di opere, beh dai... In mezz'ora hai visto tutto, pure un'ora se vuoi fingere di essere una che ci capisce, va'... Con venti dollari a New York ti vedi tutto il museo. Pure meno, se sei una studentessa.
- Cosa ti è piaciuto di più?
Sobbalzo. Non dico che mi prende un colpo ma quasi, non mi ero accorta che ci fosse qualcuno alle mie spalle. E poi sta voce l'ho sentita, è la jap di prima.
- Il Kandinsky... - rispondo senza sapere nemmeno io perché lo faccio. Cazzo vuole mò questa?
- La montagna blu? ... mmm sì, il Picasso no?
- Il gatto e l'aragosta? 'nsomma, mica l'ho capito... cioè, il gatto mi sembra terrorizzato...
- Ahahahah... un po' e un po'. E' anche attratto dall'aragosta perché se la vorrebbe mangiare, ma ha paura delle chele...
Ma perché cazzo sto parlando con questa, ora? Beh, per educazione, no? Ospitalità, essere gentili con gli stranieri, ste cose qui che ti insegnano da piccola. Solo che questa mi sembra tutto fuorché straniera. E il trolley? L'avrà lasciato al guardaroba... E le foto? Perché non fa le foto? Vabbè, qui dentro non si potrà, ma i giapponesi avranno una deroga, no?
- La mia famiglia si è trasferita in Italia quando ero molto piccola, sono cresciuta qui - dice.
Eh? Cazzo fai, leggi nel pensiero? Andiamo bene...
- Sono abituata a quel tipo di sguardo - aggiunge con un risolino - mi chiamo Yuko, tu?
- Eh? Ah... Annalisa - rispondo.
- Allora? Solo Kandinsky? Gauguin no? E i giocatori di football? Van Gogh? Comunque nemmeno a me piace molto l'impressionismo... e nemmeno il post impressionismo. Ma sai perché volevo vedere questa mostra? Perché questa è la collezione Thannhauser, sai chi era? Era un filantropo che donò tutto al Guggenheim. I suoi figli erano morti e la sua famiglia, disse, si sarebbe estinta, volle farlo per dare un significato a tutta la sua vita da collezionista.
Ok, cara la mia occhi-mandorlati, io non lo sapevo, ma tu hai imparato a memoria il catalogo della mostra, eh? Dai, sincera.
- Ma tu sei una critica dell'arte? - domando.
- No, avevo l'audioguida ahahahah... tu non sei di qui, vero?
- Sono di Roma...
- E cosa ci fa una romana a Milano?
Un attimo, eh? Ma quando è stato, e come è stato, che questa qui ha preso il comando delle operazioni? Voglio dire, non prendetemi per una che se la tira o se ne sta sulle sue, o addirittura per una scontrosa. Ma proprio per niente! Mi piace incontrare gente nuova, anzi. Chiacchierare. Però una cosa è fare conoscenza un'altra è essere travolta e sottoposta a un interrogatorio.
- Uh... beh... sono venuta a trovare un'amica, maaa... beh, io ci ho fatto il master a Milano...
- Io invece vivo in Brianza, hai presente?
Beh sì, certo che ho presente. Sta qui sopra, per chi cazzo mi hai presa?
- Sono tornata oggi, ma non lo so se mi va di andare subito a casa... intanto, volevo vedere questa mostra, ci tenevo... magari mi cerco un posto per la notte e me ne resto a Milano, mi è sempre piaciuta Milano... a te no? Lo sai che sei davvero molto carina? Come ti sta bene quello scollo a barchetta, ti valorizza il collo anche se non ha bisogno di essere valorizzato...
Cioè, qualcuno faccia qualcosa, fermatela,chiamate la Protezione civile o questa non la smette piuuuuù.
- Eh? Ah, grazie...
- Io sono un po'... da viaggio, sai, ma posso essere meglio di così...
- Eh? Beh ma anche tu sei molto carina, dico davvero... non è per ricambiare il complimento...
Per essere sincera sono sincera, eh? Un po' omissiva, semmai. Perché la risposta completa dovrebbe essere: sei molto carina e hai anche un qualcosa che... peccato che sei una rompicoglioni!
- Dici davvero? - mi fa la jap.
- Non mento mai, al massimo mi sto zitta, ahahahah (oddio, come me la levo dalle palle questa?).
- Ti va di prendere una cosa al bar?
- Eeeeh... no, mi dispiace, ma ho un appuntamento con la mia amica...
Ecco, vediamo se così ti sganci.
- E dove sta ora la tua amica?
- Ah, boh, starà finendo di lavorare... - rispondo - ma devo andare a prendere la metro, non è vicino...
- In che zona? - insiste la jap.
- Uh... Porta romana, hai presente via Monte Nero?
- Ah, beh non è molto lontano...
- Eh, ma sono un po' in ritardo, devo pure fare un salto al bagno prima... - dico (e, cazzo, non voglio essere scortese ma spero proprio che l'abbia capita).
- Onestamente anche io, è tutto il giorno che me la tengo... hai per caso visto dov'è? (non molla mica, eh?)
- Direi di là... - le faccio indicando vagamente una direzione.
- Dai, andiamo... avete in programma qualcosa con la tua amica, stasera?
No, oddio, questa si vuole aggregare... Cazzo, cazzo, cazzo, cazzo! Ci mancava pure la giapponese che si sente sola. Meglio stare sul vago.
- Beh, non lo so... dipende molto da... veramente dovevamo uscire con il suo ragazzo, ma non so bene dove andiamo, forse da amici loro, non lo so...
- Tu non ce l'hai il fidanzato? - domanda mentre camminiamo.
- Eh? Oh, beh, è una storia lunga...
- Ahahahah... o ce l'hai o non ce l'hai... oppure sono lavori in corso?
- Ahahahah... no, no... diciamo che non ce l'ho...
Non ce l'ho il fidanzato, va bene? Sono una troia che se vuole un ragazzo se lo cerca ogni sera. Anzi, spero proprio che Ludo stasera non si veda con il suo e che ce ne andiamo a cercarcelo per una notte, il fidanzato. L’abbiamo fatto un sacco di volte. Una in più... Ma certo non lo vengo a dire a te, figlia del Sol levante.
- Il mio fidanzato è olandese... - mi informa la jap.
- Ah! - (e sticazzi?) - io ho un'amica olandese! (certo Annalì, daje pure corda)
- Ehi, deve essere una grande amica! - dice guardandomi e sorridendo.
- Perché? - non capisco se c'è un sottile velo di ironia nelle sue parole.
- Beh ti sono brillati gli occhi... - risponde ancora con un risolino.
- Ah... beh, sì... una grande amica. Peccato che ci vediamo poco... Mi sa che si va di qua...
Apre la porta del bagno per disabili. Sto per dirle "cazzo, ma non lo vedi che c'è il simbolo della..." che lei mi afferra per un braccio e mi tira dentro. Bruscamente, all'improvviso, con forza. Per un istante il mio corpo la segue dentro e la mia testa resta lì fuori, sento proprio il colpo di frusta sul collo. Se per caso eravate a Palazzo Reale e avete visto dei capelli biondi e svolazzanti sparire dietro la porta della toilette per disabili... beh, quella ero io.
Non faccio nemmeno in tempo a voltarmi che ha già blindato la porta. Non faccio nemmeno in tempo a dirle "sei matta?" che mi afferra la faccia tra le mani e mi bacia. La sua lingua mi fruga nella bocca rimasta mezza aperta per la sorpresa. Quando si stacca un filo di bava si allunga per qualche secondo prima di frantumarsi. Continuo ad avere la faccia tra le sue mani e penso di avere l'espressione di un pesce gatto preso all'amo. Cioè, non lo so che espressione ha un pesce gatto preso all'amo, ma non rompete il cazzo. E' per dire che sono esterrefatta.
- Sei matta? - ansimo. In realtà sono abbastanza sbigottita per avere la forza di dire altro.
- Sei bellissima... quanto mi piacciono i tuoi capelli gialli - risponde.
Che cazzo c'entra adesso, vorrei sapere. Cioè, per esempio, prima ti stavo dicendo che mi piaceva il Kandinsky blu ma mica me lo sono portato al cesso e ci ho passato la lingua sopra! Lei continua a guardarmi e a tenermi fermo il viso.
- Sei lesbica? - chiede.
- Eh? No! - rispondo di getto nemmeno so io il perché. Cioè, non mi pare quello il problema.
- Neanche io - dice un po’ trafelata prima di tuffarsi di nuovo con la lingua nella mia bocca.
Sì, ok. Me l'hai appena detto che ti fai trapanare da un olandese, ma allora questo come me lo spiego? Dopo qualche secondo, un'altra cosa che non so o che almeno non riesco a spiegarmi è perché, a mia volta, attorciglio la lingua alla sua e le tengo la mano sulla nuca. Cazzo, come bacia questa. E che sguardo... una tigre, una calamita. Me lo sento addosso anche adesso che teniamo gli occhi chiusi, sono bastati quei due-tre secondi dopo che mi ha baciata per la prima volta per... E che polipo! Mi ha già infilato una mano sotto la maglietta... no, dai, anche sotto il reggiseno no, i miei capezzoli sono... oh, cazzo!
- Che belle tette che hai, mi fanno morire le ragazze sottili e con le tette grandi! - mi ansima addosso prima di iniziare a slinguarmi il collo.
Ma io ti amo, cazzo, non andare mai più via! E non tanto per i milioni di brividi che mi stai regalando. Ma è la prima volta che mi dicono che ho le tette grandi! Sì, cioè, mi spiace molto per la grave alterazione delle capacità sensoriali di cui evidentemente soffri - vista e tatto, direi soprattutto - ma cazzo, è la prima volta che me lo dicono, giuro! E giuro anche che vorrei non avere il reggiseno, in questo momento. Ok, d'accordo, magari senza push up non avrebbe detto che ho le tette grosse, è vero. Però per come me le sta lavorando... cazzo, basta, che cazzo stiamo facendo? Se ci beccano ci si inculano. E nemmeno nel modo più piacevole.
- Ti piace farti vedere il culo, vero? - mi sussurra sulle labbra.
Ci deve essere della telepatia tra noi, ok. Ma il punto non è questo. Il punto è che, cazzo, io non riesco proprio a starle dietro a questa, è una forsennata. Mi sta sempre un passo avanti. Cosa c'entra il culo? E perché me lo tocchi?
- Perché? - domando.
- Perché sennò non ti mettevi questi leggings... - mi fa stringendomi un po' una chiappa.
- Anche il tuo non è male... - le dico. E lo penso pure, sono sincera. Tuttavia lo dico più che altro per rispondere qualcosa.
Dai, cazzo, non mi puoi svitare i capezzoli e toccarmi il culo così. A parte il fatto che divento un lago, non possiamo restare qui, no? Te ne rendi conto, no? Ti rendi conto che vorrei un dito dentro, adesso? Ma chi cazzo sei? Da dove sei sbucata?
- Forse... ma il tuo è qualcosa di... lo sai che è da piazza della Scala che ti seguo?
Oddio, in che senso mi segui? Cioè, mi sei venuta dietro? Con il trolley e tutto il resto? E mi guardavi il culo? E io che facevo? Sono sicura che non facevo nulla... mi stavi dietro? Sì, lo ammetto, indosso questi leggings perché ho un culo da favola e mi piace che me lo guardino. Ma tu, quando hai deciso di rimorchiarmi? No, dai, cazzo, mi sento braccata. Cioè, io adoro sentirmi braccata, ma vorrei avere anche un po' di voce in capitolo. E invece... invece mi sa che non ho capito un cazzo dal principio.
- Che vuol dire? - domando mentre dentro di me si fa strada, in modo mooolto pericoloso, il desiderio che questa ci metta una mano dentro. Ai miei leggings, intendo.
- Ti sei incazzata quando mi sono messa in fila davanti a te alla biglietteria, vero? - domanda senza rispondere.
- Sì... - gemo. Ma obiettivamente, con una mano sulle tette e una sul culo inizio a fare parecchia fatica a rispondere.
- Meglio farti incazzare che essere ignorata... - sospira prima di infilarmi di nuovo la lingua in bocca.
Vorrei davvero dirle "che troia che sei". Così, in amicizia. Ma a parte il fatto che con una lingua altrui in bocca non posso dire nemmeno una parola, qui dentro non mi sento sicura per nulla, è la verità. Mi fermo un secondo per dirle "basta, piantiamola", ma credete che a lei gliene freghi qualcosa? Macché, mi infila di nuovo la lingua in bocca e stavolta tutte e due le mani mi finiscono sul culo. Mi stringe, mi struscia le tette addosso. Ogni tanto quando riprendiamo aria le sussurro "tu sei matta, tu sei matta...", ma intanto anche io comincio a strusciarmi su di lei. Un emisfero del mio cervello vorrebbe urlarle "basta, lasciami, andiamo via!", l'altro vorrebbe implorare "scopami subito". Nel frattempo, quasi in autonomia, le mie mani finiscono sotto la sua maglietta confermandomi l'impressione degli ultimi secondi: sta puttana non porta nemmeno il reggiseno. Lei si stacca un po' da me per consentire alle mie mani di fare il loro lavoro. Si contorce un po', mi offre il seno, si mordicchia il labbro in un sorriso soddisfatto. Le prendo un capezzolo tra le dita a forbice e stringo delicatamente, tiro delicatamente. Mi scocca un'occhiata che non ha bisogno di interpretazioni. Mi sa che non sono la sola che da un momento all'altro potrebbe supplicare "scopami subito". E' bella, cavolo. E ha davvero un bel paio di tette, tra l'altro.
- Quanto mi piace come me lo fai... - sussurra e, forse per la prima volta, non la sento tanto in controllo.
- Credevo che le giapponesi fossero piatte... - ansimo un po'.
- Perché? - dice prima di tornare a baciarmi - ce ne sono di tutti i... oh continua...
Per la prima volta ce l'ho in pugno. Cioè, ho le sue tette in pugno ma è la parte per il tutto, no? Come quando succhi bene-bene un cazzo e per qualche minuto il proprietario non capisce più nulla e tu sai di essere padrona delle sue sensazioni. Adorata samurai, vuoi essere la troia della ragazza dai capelli gialli?
- E quindi mi volevi scopare qui dentro, eh? - le domando cercando di condire con almeno un po' di ironia la mia eccitazione.
- No... davvero... - ansima anche lei - solo quando abbiamo parlato ho pensato che...
- Che...?
- Che dovevo averti subito... così mi fai venire... toccami ti prego - miagola sbottonandosi i jeans.
- Ma tu sei scema, qui non si può... - rispondo richiamando all'ordine la mano che stava già per infilarsi nelle sue mutandine. Sì, per fortuna mi sono bloccata, ho sentito dei rumori, è meglio filare e alla svelta.
- Perché no? - domanda cercando le mie labbra e la mia mano. Mi sa tanto che adesso è lei che vuole un lavoretto digitale.
- Ma perché no! - piagnucolo - oddio che cazzo fai?
- Devo farlo assolutamente! - sussurra abbassandomi leggings e mutandine e inginocchiandosi.
Tu sei pazza, porco Giuda. Non stiamo mica in disco, dove con la consumazione i ragazzi pagano anche il diritto a portarsi al bagno una troia per farsi succhiare il cazzo, come minimo. Lì è normale, lì se lo aspettano, quasi si offendono se non lo fai. Ma qui no, non nelle toilette di un museo, porca vacca. Qui ci arrestano. Ok, magari non ci arrestano ma facciamo una figura di merda. E io non ho nessuna voglia di fare una figura di merda.
Pensate che alla jap freghi qualche cosa? Ancora una volta no, macché, non gliene frega un cazzo! Sta pensando ad altro, è proprio su un altro pianeta.
- Mio dio, sembra una tela di Fontana! - esclama.
- Ma chi se ne strabatte il cazzo di Fontana! - piagnucolo ancora, cercando di fare meno rumore possibile - andiamo via!
Va bene, sì, ce l'ho fatta così, ok? Che sembra incisa col bisturi. Mica sono la sola ad avercela così e comunque a me piace. La trovo, come dire, nobile. No, certo, in effetti che sembra un quadro di Fontana non me l'hanno mai detto. Cazzo, sto sudando. Chissà se un quadro di Fontana pulsa così... La verità è che non vedo una via d'uscita e sono quasi disperata. E se sono quasi disperata è perché sono di nuovo in sua balìa e troppo eccitata per non farle fare qualsiasi cosa abbia intenzione di fare. Ok, è ufficiale, sono io che ho sbroccato, non lei. Sta mignotta mi ha mandata fuori di testa.
- C'è anche un'altra fontana, qui... - ridacchia.
Non rispondo. O meglio, a parole non rispondo. Però respiro come un mantice e - oh porca troia, no! - le ho aperto anche le cosce davanti. Se non fossi appoggiata alle piastrelle del muro cadrei per terra. E che cazzo ci vuoi fare? Anche questo è così, ok? E' così da quando ero piccola, ok? Sporcavo le sedie e mi vergognavo. Non le mutandine, non le gonne o i pantaloni. Le sedie. O il bracciolo del divano su cui mi dondolavo. O il cuscino.
Lappa. Con lentezza. Ma che dico, con una esasperante lentezza. Lungo tuuuuutta la mia porta del piacere. Ho una scossa che quasi mi ammazza. Cerca il grilletto. Lo trova. Cristo di dio che lingua. E che voglia di mettermi a ululare. Tre volte. Tre di numero. Alla seconda sono già nell'iperspazio. Tremo e strizzo gli occhi.
Poi si ferma e mi dice "adesso siamo pari, tutte e due sull'orlo del precipizio". Credo che lo dica guardandomela, come se parlasse direttamente con lei. Quando si rialza ridacchia "sei buona!". Io sono spalmata sul muro, con leggings e mutandine abbassate a fondo coscia e con i brividi che mi scuotono dalla testa ai piedi.
- Dai, andiamo - mi fa avviandosi verso la porta.
No, un attimo, come? Che cazzo significa "andiamo"? Finisci, no? Giustiziami, cazzo! Non me ne frega più nulla di nulla, facciamolo qui! Daaaaiiiii! E poi come cazzo faccio a venirti dietro con le gambe che mi tremano in questo modo?
Niente, decide lei. Riapro gli occhi e la guardo, sempre con questo cazzo di sorriso. Dio se è sexy, dio se vorrei vederla nuda. Non tra qualche ora, eh? Adesso! Vorrei che ci teletrasportassero su un letto, vorrei vederla semisdraiata, ansimante, con i gomiti appoggiati sul lenzuolo e le gambe aperte, che mi dice "ora fammi vedere tu quanto sei brava" con quella voce carica di sesso, guardandomi con quegli occhi da tigre. Sfacciata, troia, centro del mondo e di ogni suo piacere.
La mano è sul maniglione mentre io mi affretto a coprirmi sussurrando "cazzo, aspetta un attimo!". Socchiude la porta, guarda a destra e a sinistra con fare circospetto, ripete "andiamo". Ok, siamo nel corridoio, due ragazze che tornano dai bagni, tutto normale. Troppo normale. Vorrei baciarla e sentirle il mio sapore sul muso. Ma siamo già in mezzo alla gente. Mi sento congestionata, mi sembra che mi guardino tutti. Come fa lei a essere così tranquilla? Io sono l'agitazione in persona, ho il cuore a 120 bpm. Oddio, cazzo, l'appuntamento con Ludovica, le chiavi di casa. Come cazzo facciamo adesso?
- Come facciamo ora? - le domando mentre recupera il trolley al guardaroba. Ho la testa che mi gira.
- Non lo so... - mi fa - io devo cercarmi un albergo, ricordi? Vieni con me?
- Ma io ho un appuntamento con la mia amica! - protesto - sono già in ritardo!
- Ah, ma era vero? Pensavo fosse una scusa per mollarmi lì... va bene, quindi...
- Aspetta, aspetta - la interrompo - dammi il tuo numero... e dammi un'ora di tempo, ti chiamo.
Registro "Iuko". "No, con la ipsilon", osserva lei. Ok, cazzo, Yuko. Le dico "ti chiamo" e scappo via verso la metro. Mi metto a correre proprio. Ho una voglia terribile di farmi un ditalino in mezzo a piazza Duomo.
*****
- No, cioè, matta ma simpatica, eh?
- Ma che faceva? - domanda Ludovica.
- Nulla... si è avvicinata eeee... mi ha spiegato tutta la mostra del Guggenheim... sai che è la donazione di un tizio che aveva perso i figli e che lo fece come ultimo atto della sua vita da collezionista?
- Ah... no, non lo sapevo... senti, io scappo, come rimaniamo per stasera? Avevi in mente qualcosa? Gigi voleva andare al cinema.
Beh sì, in effetti stamattina avevo in mente qualcosa. Avevo in mente di andare in giro io e te a fare le pazze, come ai vecchi tempi, altro che cinema. Poteva pure andarci da solo, il tuo Gigi, al cinema. Mi sa invece che tutte e due, a sto punto, abbiamo programmi diversi.
- Ah, no, ecco, volevo chiederti... ti dispiace se questa qui la invito a stare da me stanotte? Stava cercando un albergo, le ho detto di... se non ti va no, eh?
- Nel tuo letto? - domanda Ludo un po' sorpresa.
- Uh, beh sì, ci stiamo... - rispondo.
- Oh beh, per starci, una notte ci siete stati in tre ahahahah...
- Vabbè...
- Volevo dire al Gigi se veniva da me, stasera - dice.
La guardo, lei mi guarda. Ha un miscrosorrisino sulle labbra. Ce l'ho pure io. Va bene, Ludovica, non c'è bisogno di aggiungere altro.
- Non c'è proprio nessun problema per me, lo sai... e poi è casa tua.
- No, ma magari può dare fastidio alla tua amica - mi fa.
- Boh, non credo. E poi, ahò, in fin dei conti ha rimediato un letto gratis per stanotte ahahahah.
- Vabbè, io vado... mi fai morire quando fai la coatta.
- Coatta ce sarai te e tutti quelli del palazzo tuo... ok, magari ci vediamo dopo, a casa - le dico dandole un bacetto.
- Vorrai dire ci "sentiamo" a casa.... ahahahahah.
La guardo mentre si allontana, ondeggiando quel suo culo sempre un po' troppo grosso. Cara Ludovica, ogni volta non smetto di stupirmi per quanto sei troia.
CONTINUA
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