La tennista
di
Yuko
genere
saffico
Con una fatica occulta agli occhi del pubblico, ma una stanchezza che a lei sembrava racchiudere lo sforzo di una tribù di Tuareg nell'attraversamento del deserto, Annalisa si riportò a fondo campo avvolta nella canicola di quella metà pomeriggio.
Il sole martellava impietoso il suo corpo, facendole gocciolare la fronte nonostante il cappellino dalla lunga visiera.
Era sotto di 6-4 in quel match contro Simona Halep, la rumena, numero 2 del tennis mondiale.
Con uno sguardo apparentemente spensierato contemplò l'intera platea intorno al campo di terra rossa cercando qualcosa, un particolare, un segno che le richiamasse una presenza che invece si faceva implorare.
Stava perdendo un incontro che avrebbe potuto facilmente vincere, questo lo sapeva e le bruciava dentro.
'Odio le semifinali' pensò mentre faceva segno al raccattapalle di lanciarle alcune palline.
Senza ricordare che solo pochi secondi prima aveva passato in rassegna tutta la platea senza trovare ciò che cercava, con un gesto stanco, quasi sofferto, sollevò ancora lo sguardo aggiustandosi la visiera cercando un sostegno, un aiuto; ma ancora nulla.
Si sistemò una pallina sotto l'elastico delle mutandine, accompagnata da un mormorio del pubblico alle sue spalle, colmo di pruderie.
La gonnellina da tennis era veramente della lunghezza minima consentita per non essere richiamata dai giudici di linea.
Sapeva bene che quel gesto sarebbe stato immortalato dai fotografi che invece cercavano particolari piccanti nel tentativo di fornire qualche stimolo per quella semifinale femminile degli 'open' che sembrava chiusa troppo presto.
Annalisa con gesto posato lanciò sopra il capo la pallina giallo fluo.
Per un attimo il suo sguardo fu ferito da un lacerante raggio di sole, come una lama di luce a trafiggerle la vista.
Poi una piccola elevazione, un impercettibile salto per fiondare una sciabolata da quasi tre metri e mezzo di altezza, tanto poteva misurare con la sua racchetta Babolat, il braccio alzato dall'alto di tutti i suoi 176 centimetri di metratura.
Un proiettile, un fulmine di Giove che si avventa nel campo dell'avversaria.
L'antagonista si contorce verso la scia gialla in cui si trasforma la pallina nel suo campo visivo, ma la sua racchetta intuisce solo la traiettoria, senza incontrarla.
'Ace', pensa Annalisa in anticipo, girandosi per tornare a fondo campo, ma un urlo la inchioda: “Out!”
Si irrigidisce; con una lentezza misurata si gira e ritorna a rete.
Con aria annoiata indica al giudice di sedia la chiara impronta della pallina, sulla linea centrale, ma quello non accenna neanche ad un movimento del capo.
La sua irritante espressione inebetita non lascia speranza.
La bionda vichinga resta a guardarlo con aria di sfida, ma quello niente.
0-15 compare sul tabellone.
'Cazzo'
Questione di strategia. 'Non devi far trapelare le tue emozioni, Annalisa... non dare questo vantaggio alla tua avversaria!'
Si riporta alla battuta.
Con rabbia, un urlo roco, si scatena un'altra randellata che si spegne sul nastro della rete.
Il raccattapalle veloce drena via la sfera gialla.
Il silenzio intorno a lei è assordante, la tensione è al massimo.
Si sente una belva braccata sulla sabbia fine del Colosseo, sotto gli occhi di centinaia di romani assetati di sangue nella tarda Roma imperiale.
La seconda battuta si avventa nel campo dell'avversaria. Una secca risposta, Annalisa corre a rete, incrocia in controbalzo, la Halep cerca di superarla con un pallonetto.
Volée di dritto, ma la bionda viene superata da un passante incrociato.
0-30
“Merda!”
Sta andando tutto storto.
L'atleta romana rivolge uno sguardo quasi di implorazione intorno a sé. Si morde un labbro trattenendo un principio di lacrime.
È solo nervosismo.
Questo incontro non lo sta vincendo la Halep, lo sta perdendo lei.
Chi ha detto che il tennis è divertente?
Ecco, non in una semifinale degli open. Forse è stimolante, eccitante, intrigante, ma assolutamente non divertente.
È una battaglia all'ultimo sangue.
Se vinci non hai vinto nulla, in una semifinale. Tutto è ancora da giocare e non puoi neanche cantare vittoria quando sai che dall'altra parte ti troverai la Ashleigh o la Osaka, le due forti tenniste che si stanno giocando la loro semifinale nel campo di fianco.
Sarebbe imprudente.
Se perdi neanche il ricordo di te rimarrà alla fine degli open.
Un respiro profondo.
Rapido scambio per il 15-30, ma il set va alla rumena, break, ed ora è al servizio.
Il set successivo serve solo a non perdere troppe energie e si ritrova 0-2.
La polvere rossa le richiama l'arena insanguinata del circo Massimo di Roma e lei è una gladiatrice che sta dissanguandosi.
Ma le urla della platea non si placano, mentre le sue forze l'abbandonano.
Impietosa, l'arena, chiede il suo supplizio senza scontare nulla, e per uscirtene nella vergogna devi aspettare la fine del match.
Un match tutt'altro che buttato via, ma ora tremendamente difficile.
Sempre in salita le semifinali. Mai un accenno di gloria.
Solo fatica per conquistarsi il duello finale.
Un match senza enfasi.
Simona Halep si posiziona a fondo campo mentre la bionda sistema l'incordatura della racchetta per trovare la calma.
Un cenno al raccattapalle e una pallina finisce sotto le mutandine.
Il sudore si raccoglie sulla maglietta, appiccicata al petto senza reggiseno.
I capezzoli si stagliano mentre raddrizza la schiena e si asciuga la fronte.
Come un flash vede tra la folla un cappello di paglia a tesa larga. Un nastro fucsia.
'Dove sei stata, maledetta jap!'
Un rapido pensiero scorre nella mente della tennista, all'interno del velo di sudore che le rende la fronte lucida.
Il caldo è infernale, il campo sembra una fornace ardente.
Le due tenniste si affrontano saltellando sui tizzoni roventi di questo campo che sembra raccogliere il calore del sole per restituirlo ai due corpi bagnati di sudore che combattono stancamente.
Le energie si liquefano nelle gocce di sudore che vengono raccolte dalla polvere indifferente.
Annalisa si toglie un attimo il cappellino, scuote i capelli biondi ed indirizza gli occhi verso la donna che, guardinga in mezzo al pubblico, scusandosi, prende posto nella prima fila di sedie.
Due occhi azzurri incrociano due occhi a mandorla.
Si gonfia il petto in un lungo sospiro.
La rumena, oltre la rete, si innervosisce per tutto questo rituale.
Strategie.
Il cappellino viene risistemato con dovizia, la coda bionda serrata nel laccetto.
Uno sguardo di sfida e una battuta di assaggio attraversa la rete.
Lungolinea della Halep e una sciabolata di rovescio taglia in diagonale tutto il campo avversario spegnendosi quasi nel corridoio.
15-0
Silenzio nel pubblico.
La dea bionda si allunga in tutta la sua altezza per una battuta che sembra più una schiacciata.
'Ace', e la rumena rischia di cadere, inseguendo una palla che esce dal campo prima che lei arrivi alla linea di mezzo.
30-0
Uno scambio da fondocampo sembra quasi concepito per sfiancare la resistenza morale più che quella fisica di Simona Halep e con il successivo 'ace' il gioco si chiude a zero per la rumena.
Gli applausi, poco convinti, sembrano solo invocare qualche emozione per questa semifinale che sembra consegnata ad una cronaca di fondopagina.
Col punteggio di 1-2 ed il servizio alla rivale, Annalisa capisce che in questo set si gioca la sua vera finale.
Finora ha regalato punti, ora è il momento di chiedere indietro qualcosa.
Il servizio della Halep è impietoso, e solo un balzo felino trasforma quello che poteva essere un 'ace' in un servizio vincente, ma il risultato non cambia.
La rumena ha capito che il bonus è finito ed ora, se vuole guadagnarsi la finale, dovrò lottare con le sue unghie smaltate di verde.
15-0
Il successivo servizio è più di studio e la secca risposta con rovescio a due mani dell'italiana scaraventa la palla di là della rete, dalla parte opposta dell'avversaria.
Rapida rincorsa e passante incrociato, ma Annalisa colpisce in controbalzo correndo a rete e restituendo un chop che si smorza prima di metà campo.
La pallina sembra fermarsi a mezz'aria, quasi come volesse ritornare a rete, rincorsa dalla rumena che si aspettava una risposta lunga.
Una corsa scomposta per un pallonetto, ma stavolta l'altezza della romana doma la traiettoria della palla e con un clamoroso smash è 15-15.
Simona sa che d'ora in poi ogni punto sarà una lotta per la vita o la morte.
Tra gli applausi, ora più convinti, la bionda insegue con il suo sguardo ceruleo l'ombra sotto il cappello di paglia, quell'ombra che incornicia un viso venuto ad assistere alla sua vittoria.
Una donna tra il pubblico, un dolce palpitare di cuori, una simbiosi di emozioni e pensieri.
Battuta, corsa a rete e passante incrociato, come una rasoiata che trafigge come una stilettata di una medusa che brucia la pelle.
Su questo 15-30 Simona sa che sta perdendo la semifinale.
Non è con il servizio successivo, l'ultima ringhiata, che l'atleta dell'est, per un altro 'ace' consegnato alle cronache, si convince di aver ripreso in mano il match.
30-30, ma il game viene, poi, vinto dalla valchiria dell'Urbe.
2-2
Il game successivo lascia a zero la rumena, che ritorna al servizio sul 3-2 per l'italiana.
Qualcuno nel pubblico forse cominciava a pensare che la partita, forse riaperta, si sarebbe giocata nel terzo set, ma le due tigri che sulla polvere rossa si guardano oltre la rete, sanno bene che l'accesso alla finale è nel prossimo scambio di palle.
Una giapponese si sventola un ampio cappello di paglia per trovare lenimento dai caldi raggi del sole e sembra che le atlete in campo stiano solo aspettando che l'incauta spettatrice finisca il suo sipariettto per lasciare le due ragazze vestite di bianco come uniche protagoniste sotto i riflettori.
Il brusio del pubblico si smorza.
Un fulmine si sprigiona dalla racchetta della rumena, come a voler trapassare la bionda dagli occhi cerulei. Una risposta incerta facilita un passante incrociato.
Un tuffo per buttare in qualche modo la pallina oltre la rete e Annalisa finisce a terra.
Simona con due balzi è sulla palla e la risposta si spegne alle spalle della romana.
15-0
Annalisa si rialza tra gli applausi. Neanche Boris Becker.
Ma il tennista tedesco non aveva le tette sotto la maglietta ed ora in qualche modo bisogna sostituire l'indumento rosso di polvere appiccicata al sudore dell'atleta italiana.
Annalisa si avvicina al bordo campo dove si trova la sua borsa. Dal pubblico la donna col cappello di paglia le si fa incontro, mentre lei, con la massima noncuranza si toglie la maglietta rimanendo a petto nudo.
La scena è parzialmente coperta dalle ampie tese di paglia della giapponese che, senza sussurrare nulla, scambia un sorriso di intesa con la tennista.
Una passata di asciugamano sotto le ascelle ed il seno e una maglietta pulita copre un paio di tette di tutto rispetto.
Simona Halep finge tranquillità mentre armeggia con l'incordatura. Tira un sospiro profondo e scarica un nuovo bolide verso la romana.
“Out!”
Brusio tra il pubblico.
I più esperti intravedono in questo punto l'inversione irreversibile del match.
Al secondo servizio una battuta cauta per evitare un doppio fallo assolutamente da evitare.
Risposta violenta di Annalisa che corre a rete.
Disperato pallonetto, ma la bionda si innalza dove osano le aquile e sul campo della rumena arriva una 'cannella' che rischia di consegnare la pallina alle profondità dell'Ade.
La sfera gialla però, in una torsione estrema, rimbalza e finisce nel pubblico.
15-15
Ora è Simona a perdere la concentrazione. Doveva chiudere set e match quando era sul 2-0, e invece si ritrova sotto, col rischio di venire distanziata in caso di 'break'.
Qualcosa è successo che ha irrimediabilmente ribaltato l'assetto magnetico della partita.
'Se vado avanti così, non riuscirò ad arrivare alla fine' si trova a pensare cercando di capire se dosare le energie o provare a riprendere in mano il bandolo della matassa di questo incontro che solo ai meno esperti sembra ancora aperto.
Prova di forza, ma un doppio fallo massacra la tenuta psicologica della rumena.
Sul 15-30, una battuta non convincente consente uno scambio da fondo campo in cui il rovescio a due mani dell'italiana infila una serie di passanti incrociati che inducono un nuovo errore di Simona. Una smorzata a rete ed è 15-40.
Ora è la Halep a sistemarsi i capelli, a far prendere aria ad un viso troppo arrossato per essere solo sotto l'effetto del caldo solare.
Battuta aggressiva, passante d'incrocio, la rumena risponde e corre a rete, ma Annalisa è già a centro campo, due rapidissimi scambi sotto rete e di grinta ha la meglio la nostra.
“Sììììì!!!” urla la bionda stringendo il pugno e piegando il busto in un gesto di vittoria di cui si premurerà di scusarsi solo a fine match.
Dopo il break e al servizio sul 4-2, uno sguardo azzurro contempla con serenità le linee bianche spolverate di terra rossa, portandosi a fondo campo.
Due 'ace' di fila per trovarsi su un 30-0 che concede tranquillità alla tennista italiana e strappa gridolini di ammirazione da parte di un pubblico che non si aspettava un ribaltamento di fronte così impietoso.
Yuko si morde le labbra e stringe i pugni; soffre insieme alla bionda che, sulla graticola, ancora non ha finito di sfrigolare, ma non sente più il calore, o il sudore che le gocciola sulla schiena o fra i seni, freschi sotto la camicetta leggera, all'ombra dell'ampio cappello di paglia.
Solo un set ha seguito sul campo di fianco per seguire la connazionale Osaka, maltrattata dalla tennista australiana numero uno della classifica, per poi tornare alla partita tra l'amica e la numero 2 del mondo, appena in tempo ed in colpevole ritardo.
Ora è come se si ritrovasse in apnea, gemendo e soffrendo per ogni tonfo che si solleva dalle racchette, per ogni pallina giocata, lottata e conquistata con fatica e sudore.
Battuta lungolinea, al pelo della linea del corridoio, sgangherata risposta di Simona, passante incrociato, disperata rincorsa, risposta e chiusura a rete.
Un 40-0 che suona come il requiem di Mozart per la Halep.
Un silenzio carico di significato scende sul campo, rotto solo dal roco singhiozzo di Annalisa che allungatasi in tutta la sua altezza percuote la superficie terrestre con una meteora venuta dallo spazio.
Sarebbe stato un nuovo 'ace' se Simona Halep non fosse la seconda tennista del mondo.
La pallina ritorna smorzata oltre la rete, ma viene spedita nell'angolo opposto con una risposta così sbrigativa da sembrare umiliante, ed è 'gioco'.
'Ora inizia la fatica'. Annalisa tira un lungo sospiro.
È frizzante la sensazione della vittoria che si avvicina mentre dirigi il secondo set al 6-2, eppure non riesci a non pensare al supplizio da cui ti sei rialzata e che ora stai infliggendo impietoso alla tua avversaria.
Quell'umiliazione di soccombere palla dopo palla, battuta dopo battuta, in una cascata inarrestabile di punti, senza possibilità di un'esecuzione rapida e definitiva.
Morire lacrima dopo lacrima, goccia di sangue dopo goccia di sangue, senza la possibilità di abbattere il tuo re e consegnarti ad una pietosa resa.
Così devi morire e lasciarti morire davanti al tuo pubblico che geme e soffre con te, dovendo aspettare la fine di quel 6-0 al terzo set che ti rimuoverà dalla storia e dalle luci dei riflettori per innalzare la tua avversaria.
Mentre a te tocca essere trascinata per i piedi intorno alle mura di Troia, trascinata dalla biga di Achille, sotto gli occhi degli spettatori straziati dall'orrore.
Fino all'ultimo punto devi sottostare alla rivincita, alla passerella trionfale della tua avversaria, prima di ritirarti dal palco, dalla platea, vittima nella torrida arena, dissanguata nella lunga agonia.
Annalisa si stira la maglietta, il seno ne prorompe orgoglioso e gagliardo, la pelle lucida di sudore, le caviglie imbrattate dalla polvere rossa.
Si avvicina all'avversaria e le stringe la mano, uno scambio di sguardi, occhi umidi e labbra strette. 'Oggi è toccato a te, coraggio sorella, il mio cuore geme per te'.
Un saluto all'arbitro di sedia, una stretta di mano, un rapido inchino ai quattro lati del pubblico, per poi consegnarsi, stanca, sudata, accaldata e vittoriosa tra due braccia che tese, la risucchiano verso il pubblico.
Solo tra tre giorni sarà la volta di Ashleigh Barty. L'australiana, vittoriosa sulla giapponese Naomi Osaka, dovrà cimentarsi in un inedito scontro contro l'astro emergente dalle sabbie della città eterna.
Ma questo, solo tra tre giorni.
La bionda si avvicina alla donna dal cappello di paglia che la accoglie tra amorevoli braccia.
Le bocche si avvicinano, la tesa del cappello copre alle fotocamere il furto di un bacio.
Il sole martellava impietoso il suo corpo, facendole gocciolare la fronte nonostante il cappellino dalla lunga visiera.
Era sotto di 6-4 in quel match contro Simona Halep, la rumena, numero 2 del tennis mondiale.
Con uno sguardo apparentemente spensierato contemplò l'intera platea intorno al campo di terra rossa cercando qualcosa, un particolare, un segno che le richiamasse una presenza che invece si faceva implorare.
Stava perdendo un incontro che avrebbe potuto facilmente vincere, questo lo sapeva e le bruciava dentro.
'Odio le semifinali' pensò mentre faceva segno al raccattapalle di lanciarle alcune palline.
Senza ricordare che solo pochi secondi prima aveva passato in rassegna tutta la platea senza trovare ciò che cercava, con un gesto stanco, quasi sofferto, sollevò ancora lo sguardo aggiustandosi la visiera cercando un sostegno, un aiuto; ma ancora nulla.
Si sistemò una pallina sotto l'elastico delle mutandine, accompagnata da un mormorio del pubblico alle sue spalle, colmo di pruderie.
La gonnellina da tennis era veramente della lunghezza minima consentita per non essere richiamata dai giudici di linea.
Sapeva bene che quel gesto sarebbe stato immortalato dai fotografi che invece cercavano particolari piccanti nel tentativo di fornire qualche stimolo per quella semifinale femminile degli 'open' che sembrava chiusa troppo presto.
Annalisa con gesto posato lanciò sopra il capo la pallina giallo fluo.
Per un attimo il suo sguardo fu ferito da un lacerante raggio di sole, come una lama di luce a trafiggerle la vista.
Poi una piccola elevazione, un impercettibile salto per fiondare una sciabolata da quasi tre metri e mezzo di altezza, tanto poteva misurare con la sua racchetta Babolat, il braccio alzato dall'alto di tutti i suoi 176 centimetri di metratura.
Un proiettile, un fulmine di Giove che si avventa nel campo dell'avversaria.
L'antagonista si contorce verso la scia gialla in cui si trasforma la pallina nel suo campo visivo, ma la sua racchetta intuisce solo la traiettoria, senza incontrarla.
'Ace', pensa Annalisa in anticipo, girandosi per tornare a fondo campo, ma un urlo la inchioda: “Out!”
Si irrigidisce; con una lentezza misurata si gira e ritorna a rete.
Con aria annoiata indica al giudice di sedia la chiara impronta della pallina, sulla linea centrale, ma quello non accenna neanche ad un movimento del capo.
La sua irritante espressione inebetita non lascia speranza.
La bionda vichinga resta a guardarlo con aria di sfida, ma quello niente.
0-15 compare sul tabellone.
'Cazzo'
Questione di strategia. 'Non devi far trapelare le tue emozioni, Annalisa... non dare questo vantaggio alla tua avversaria!'
Si riporta alla battuta.
Con rabbia, un urlo roco, si scatena un'altra randellata che si spegne sul nastro della rete.
Il raccattapalle veloce drena via la sfera gialla.
Il silenzio intorno a lei è assordante, la tensione è al massimo.
Si sente una belva braccata sulla sabbia fine del Colosseo, sotto gli occhi di centinaia di romani assetati di sangue nella tarda Roma imperiale.
La seconda battuta si avventa nel campo dell'avversaria. Una secca risposta, Annalisa corre a rete, incrocia in controbalzo, la Halep cerca di superarla con un pallonetto.
Volée di dritto, ma la bionda viene superata da un passante incrociato.
0-30
“Merda!”
Sta andando tutto storto.
L'atleta romana rivolge uno sguardo quasi di implorazione intorno a sé. Si morde un labbro trattenendo un principio di lacrime.
È solo nervosismo.
Questo incontro non lo sta vincendo la Halep, lo sta perdendo lei.
Chi ha detto che il tennis è divertente?
Ecco, non in una semifinale degli open. Forse è stimolante, eccitante, intrigante, ma assolutamente non divertente.
È una battaglia all'ultimo sangue.
Se vinci non hai vinto nulla, in una semifinale. Tutto è ancora da giocare e non puoi neanche cantare vittoria quando sai che dall'altra parte ti troverai la Ashleigh o la Osaka, le due forti tenniste che si stanno giocando la loro semifinale nel campo di fianco.
Sarebbe imprudente.
Se perdi neanche il ricordo di te rimarrà alla fine degli open.
Un respiro profondo.
Rapido scambio per il 15-30, ma il set va alla rumena, break, ed ora è al servizio.
Il set successivo serve solo a non perdere troppe energie e si ritrova 0-2.
La polvere rossa le richiama l'arena insanguinata del circo Massimo di Roma e lei è una gladiatrice che sta dissanguandosi.
Ma le urla della platea non si placano, mentre le sue forze l'abbandonano.
Impietosa, l'arena, chiede il suo supplizio senza scontare nulla, e per uscirtene nella vergogna devi aspettare la fine del match.
Un match tutt'altro che buttato via, ma ora tremendamente difficile.
Sempre in salita le semifinali. Mai un accenno di gloria.
Solo fatica per conquistarsi il duello finale.
Un match senza enfasi.
Simona Halep si posiziona a fondo campo mentre la bionda sistema l'incordatura della racchetta per trovare la calma.
Un cenno al raccattapalle e una pallina finisce sotto le mutandine.
Il sudore si raccoglie sulla maglietta, appiccicata al petto senza reggiseno.
I capezzoli si stagliano mentre raddrizza la schiena e si asciuga la fronte.
Come un flash vede tra la folla un cappello di paglia a tesa larga. Un nastro fucsia.
'Dove sei stata, maledetta jap!'
Un rapido pensiero scorre nella mente della tennista, all'interno del velo di sudore che le rende la fronte lucida.
Il caldo è infernale, il campo sembra una fornace ardente.
Le due tenniste si affrontano saltellando sui tizzoni roventi di questo campo che sembra raccogliere il calore del sole per restituirlo ai due corpi bagnati di sudore che combattono stancamente.
Le energie si liquefano nelle gocce di sudore che vengono raccolte dalla polvere indifferente.
Annalisa si toglie un attimo il cappellino, scuote i capelli biondi ed indirizza gli occhi verso la donna che, guardinga in mezzo al pubblico, scusandosi, prende posto nella prima fila di sedie.
Due occhi azzurri incrociano due occhi a mandorla.
Si gonfia il petto in un lungo sospiro.
La rumena, oltre la rete, si innervosisce per tutto questo rituale.
Strategie.
Il cappellino viene risistemato con dovizia, la coda bionda serrata nel laccetto.
Uno sguardo di sfida e una battuta di assaggio attraversa la rete.
Lungolinea della Halep e una sciabolata di rovescio taglia in diagonale tutto il campo avversario spegnendosi quasi nel corridoio.
15-0
Silenzio nel pubblico.
La dea bionda si allunga in tutta la sua altezza per una battuta che sembra più una schiacciata.
'Ace', e la rumena rischia di cadere, inseguendo una palla che esce dal campo prima che lei arrivi alla linea di mezzo.
30-0
Uno scambio da fondocampo sembra quasi concepito per sfiancare la resistenza morale più che quella fisica di Simona Halep e con il successivo 'ace' il gioco si chiude a zero per la rumena.
Gli applausi, poco convinti, sembrano solo invocare qualche emozione per questa semifinale che sembra consegnata ad una cronaca di fondopagina.
Col punteggio di 1-2 ed il servizio alla rivale, Annalisa capisce che in questo set si gioca la sua vera finale.
Finora ha regalato punti, ora è il momento di chiedere indietro qualcosa.
Il servizio della Halep è impietoso, e solo un balzo felino trasforma quello che poteva essere un 'ace' in un servizio vincente, ma il risultato non cambia.
La rumena ha capito che il bonus è finito ed ora, se vuole guadagnarsi la finale, dovrò lottare con le sue unghie smaltate di verde.
15-0
Il successivo servizio è più di studio e la secca risposta con rovescio a due mani dell'italiana scaraventa la palla di là della rete, dalla parte opposta dell'avversaria.
Rapida rincorsa e passante incrociato, ma Annalisa colpisce in controbalzo correndo a rete e restituendo un chop che si smorza prima di metà campo.
La pallina sembra fermarsi a mezz'aria, quasi come volesse ritornare a rete, rincorsa dalla rumena che si aspettava una risposta lunga.
Una corsa scomposta per un pallonetto, ma stavolta l'altezza della romana doma la traiettoria della palla e con un clamoroso smash è 15-15.
Simona sa che d'ora in poi ogni punto sarà una lotta per la vita o la morte.
Tra gli applausi, ora più convinti, la bionda insegue con il suo sguardo ceruleo l'ombra sotto il cappello di paglia, quell'ombra che incornicia un viso venuto ad assistere alla sua vittoria.
Una donna tra il pubblico, un dolce palpitare di cuori, una simbiosi di emozioni e pensieri.
Battuta, corsa a rete e passante incrociato, come una rasoiata che trafigge come una stilettata di una medusa che brucia la pelle.
Su questo 15-30 Simona sa che sta perdendo la semifinale.
Non è con il servizio successivo, l'ultima ringhiata, che l'atleta dell'est, per un altro 'ace' consegnato alle cronache, si convince di aver ripreso in mano il match.
30-30, ma il game viene, poi, vinto dalla valchiria dell'Urbe.
2-2
Il game successivo lascia a zero la rumena, che ritorna al servizio sul 3-2 per l'italiana.
Qualcuno nel pubblico forse cominciava a pensare che la partita, forse riaperta, si sarebbe giocata nel terzo set, ma le due tigri che sulla polvere rossa si guardano oltre la rete, sanno bene che l'accesso alla finale è nel prossimo scambio di palle.
Una giapponese si sventola un ampio cappello di paglia per trovare lenimento dai caldi raggi del sole e sembra che le atlete in campo stiano solo aspettando che l'incauta spettatrice finisca il suo sipariettto per lasciare le due ragazze vestite di bianco come uniche protagoniste sotto i riflettori.
Il brusio del pubblico si smorza.
Un fulmine si sprigiona dalla racchetta della rumena, come a voler trapassare la bionda dagli occhi cerulei. Una risposta incerta facilita un passante incrociato.
Un tuffo per buttare in qualche modo la pallina oltre la rete e Annalisa finisce a terra.
Simona con due balzi è sulla palla e la risposta si spegne alle spalle della romana.
15-0
Annalisa si rialza tra gli applausi. Neanche Boris Becker.
Ma il tennista tedesco non aveva le tette sotto la maglietta ed ora in qualche modo bisogna sostituire l'indumento rosso di polvere appiccicata al sudore dell'atleta italiana.
Annalisa si avvicina al bordo campo dove si trova la sua borsa. Dal pubblico la donna col cappello di paglia le si fa incontro, mentre lei, con la massima noncuranza si toglie la maglietta rimanendo a petto nudo.
La scena è parzialmente coperta dalle ampie tese di paglia della giapponese che, senza sussurrare nulla, scambia un sorriso di intesa con la tennista.
Una passata di asciugamano sotto le ascelle ed il seno e una maglietta pulita copre un paio di tette di tutto rispetto.
Simona Halep finge tranquillità mentre armeggia con l'incordatura. Tira un sospiro profondo e scarica un nuovo bolide verso la romana.
“Out!”
Brusio tra il pubblico.
I più esperti intravedono in questo punto l'inversione irreversibile del match.
Al secondo servizio una battuta cauta per evitare un doppio fallo assolutamente da evitare.
Risposta violenta di Annalisa che corre a rete.
Disperato pallonetto, ma la bionda si innalza dove osano le aquile e sul campo della rumena arriva una 'cannella' che rischia di consegnare la pallina alle profondità dell'Ade.
La sfera gialla però, in una torsione estrema, rimbalza e finisce nel pubblico.
15-15
Ora è Simona a perdere la concentrazione. Doveva chiudere set e match quando era sul 2-0, e invece si ritrova sotto, col rischio di venire distanziata in caso di 'break'.
Qualcosa è successo che ha irrimediabilmente ribaltato l'assetto magnetico della partita.
'Se vado avanti così, non riuscirò ad arrivare alla fine' si trova a pensare cercando di capire se dosare le energie o provare a riprendere in mano il bandolo della matassa di questo incontro che solo ai meno esperti sembra ancora aperto.
Prova di forza, ma un doppio fallo massacra la tenuta psicologica della rumena.
Sul 15-30, una battuta non convincente consente uno scambio da fondo campo in cui il rovescio a due mani dell'italiana infila una serie di passanti incrociati che inducono un nuovo errore di Simona. Una smorzata a rete ed è 15-40.
Ora è la Halep a sistemarsi i capelli, a far prendere aria ad un viso troppo arrossato per essere solo sotto l'effetto del caldo solare.
Battuta aggressiva, passante d'incrocio, la rumena risponde e corre a rete, ma Annalisa è già a centro campo, due rapidissimi scambi sotto rete e di grinta ha la meglio la nostra.
“Sììììì!!!” urla la bionda stringendo il pugno e piegando il busto in un gesto di vittoria di cui si premurerà di scusarsi solo a fine match.
Dopo il break e al servizio sul 4-2, uno sguardo azzurro contempla con serenità le linee bianche spolverate di terra rossa, portandosi a fondo campo.
Due 'ace' di fila per trovarsi su un 30-0 che concede tranquillità alla tennista italiana e strappa gridolini di ammirazione da parte di un pubblico che non si aspettava un ribaltamento di fronte così impietoso.
Yuko si morde le labbra e stringe i pugni; soffre insieme alla bionda che, sulla graticola, ancora non ha finito di sfrigolare, ma non sente più il calore, o il sudore che le gocciola sulla schiena o fra i seni, freschi sotto la camicetta leggera, all'ombra dell'ampio cappello di paglia.
Solo un set ha seguito sul campo di fianco per seguire la connazionale Osaka, maltrattata dalla tennista australiana numero uno della classifica, per poi tornare alla partita tra l'amica e la numero 2 del mondo, appena in tempo ed in colpevole ritardo.
Ora è come se si ritrovasse in apnea, gemendo e soffrendo per ogni tonfo che si solleva dalle racchette, per ogni pallina giocata, lottata e conquistata con fatica e sudore.
Battuta lungolinea, al pelo della linea del corridoio, sgangherata risposta di Simona, passante incrociato, disperata rincorsa, risposta e chiusura a rete.
Un 40-0 che suona come il requiem di Mozart per la Halep.
Un silenzio carico di significato scende sul campo, rotto solo dal roco singhiozzo di Annalisa che allungatasi in tutta la sua altezza percuote la superficie terrestre con una meteora venuta dallo spazio.
Sarebbe stato un nuovo 'ace' se Simona Halep non fosse la seconda tennista del mondo.
La pallina ritorna smorzata oltre la rete, ma viene spedita nell'angolo opposto con una risposta così sbrigativa da sembrare umiliante, ed è 'gioco'.
'Ora inizia la fatica'. Annalisa tira un lungo sospiro.
È frizzante la sensazione della vittoria che si avvicina mentre dirigi il secondo set al 6-2, eppure non riesci a non pensare al supplizio da cui ti sei rialzata e che ora stai infliggendo impietoso alla tua avversaria.
Quell'umiliazione di soccombere palla dopo palla, battuta dopo battuta, in una cascata inarrestabile di punti, senza possibilità di un'esecuzione rapida e definitiva.
Morire lacrima dopo lacrima, goccia di sangue dopo goccia di sangue, senza la possibilità di abbattere il tuo re e consegnarti ad una pietosa resa.
Così devi morire e lasciarti morire davanti al tuo pubblico che geme e soffre con te, dovendo aspettare la fine di quel 6-0 al terzo set che ti rimuoverà dalla storia e dalle luci dei riflettori per innalzare la tua avversaria.
Mentre a te tocca essere trascinata per i piedi intorno alle mura di Troia, trascinata dalla biga di Achille, sotto gli occhi degli spettatori straziati dall'orrore.
Fino all'ultimo punto devi sottostare alla rivincita, alla passerella trionfale della tua avversaria, prima di ritirarti dal palco, dalla platea, vittima nella torrida arena, dissanguata nella lunga agonia.
Annalisa si stira la maglietta, il seno ne prorompe orgoglioso e gagliardo, la pelle lucida di sudore, le caviglie imbrattate dalla polvere rossa.
Si avvicina all'avversaria e le stringe la mano, uno scambio di sguardi, occhi umidi e labbra strette. 'Oggi è toccato a te, coraggio sorella, il mio cuore geme per te'.
Un saluto all'arbitro di sedia, una stretta di mano, un rapido inchino ai quattro lati del pubblico, per poi consegnarsi, stanca, sudata, accaldata e vittoriosa tra due braccia che tese, la risucchiano verso il pubblico.
Solo tra tre giorni sarà la volta di Ashleigh Barty. L'australiana, vittoriosa sulla giapponese Naomi Osaka, dovrà cimentarsi in un inedito scontro contro l'astro emergente dalle sabbie della città eterna.
Ma questo, solo tra tre giorni.
La bionda si avvicina alla donna dal cappello di paglia che la accoglie tra amorevoli braccia.
Le bocche si avvicinano, la tesa del cappello copre alle fotocamere il furto di un bacio.
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