Vieni pure da dietro
di
Yuko
genere
etero
Vieni a letto e hai già quel sorrisino da manigoldo che adoro. Quell'espressione da ragazzino che ha in mente una monelleria.
Mi guardi malizioso, con quel sorrisetto che , ormai lo so, non promette nulla di buono.
Ti mordi il labbro.
Sotto i miei occhi il pigiama, ormai lievitato, la dice tutta sui programmi in onda per la prima serata.
Ti metti in ginocchio sul lettone, davanti a me e mi chiudi il libro che sto leggendo.
Ormai so già come va a finire. E sempre quel sorrisetto da schiaffi.
Cominci a baciarmi.
Ma sì, mi allungo verso di te, tu che ti protendi. Le tue mani sulla mia schiena seguono i contorni delle mie scapole, mi accarezzi in tutta la superficie.
Chiudo gli occhi e apro la bocca, iniziamo gli esercizi di lingua.
Mi stacco un attimo.
“Hey, che fervore! Cos'hai in mente stasera?”
Ma tu non rispondi. Del resto sono convinta che presto me lo farai sapere.
Mi tiri per la camicia da notte, io alzo il sedere e ti assecondo. L'indumento si solleva. Ora le tue mani possono circolare liberamente sulla mia pelle. Carezze delicate, mentre la tua lingua sembra voglia indagare ogni pertugio; il tuo respiro mi circonda.
Presto mi adagi sulle lenzuola e tu ti metti comodo di fronte a me.
Ecco, la tua mano mi si infila nelle mutandine e le carezze si contendono le mie chiappotte sode. Passi da una rotondità all'altra, indugiando tra la valle che le divide, ma ogni volta le tue dita avanzano e si approfondiscono.
Dal solco tra i glutei le tue dita mi esplorando la vulva, si immergono in zone umida e percepisci il mio grado di partecipazione, ma con le dita bagnate ritorni nel fondo valle, ti soffermi su un buchetto chiuso ed ermetico.
Lo accarezzi soltanto, ma ogni volta ci ripassi sopra con le dita dopo averle pucciate alla sorgente del piacere.
I tuoi propositi sono chiari e facilmente prevedibili.
Con l'altra mano mi infili davanti, ti perdi a giocare tra i peli, li accarezzi e li pettini, ma poi vieni risucchiato dal gorgo e affondi
“Queste ora danno fastidio” sussurri, in conflitto con le mie mutandine.
“Sì”, debbo convenire, “ora non servono più.
Mi aiuti a sfilarmele e osservi sorgere tra i tessuti gli astri del piacere, i simboli, i richiami del prossimo atto sessuale.
“Già che ci siamo...”
Mi sfilo la camicina da notte e giaccio nuda, completamente spoglia sotto i tuoi occhi.
Il seno si adagia di lato, sfiora il lenzuolo ed i capezzoli sono testimoni del mio desiderio.
Le gambe incrociate si oppongono solo momentaneamente al tuo sguardo.
Mi piace la gradualità, mi piace che ogni volta sia una progressiva conquista. Un rispettosa richiesta ed una accondiscendente risposta, un mutuo reciproco dono.
Mi scosti le gambe e contempli la mia vulva che mollemente si schiude. Le piccole labbra gonfie e lucide di liquidi preparatori.
La mano mi accarezza il seno, lo sfiora soltanto declinando sul ventre ed eclissandosi tra le cosce.
Le dita mi entrano dentro con un rumore schiumoso. Morbida ed umettata ti accolgo spalancando le labbra alla tua avanzata.
Ti sfili e mi cerchi il clitoride.
Adoro questi esami da trenta e lode di anatomia e fisiologia femminile.
Con le dita sposti le mucose ed accarezzi il piccolo vertice che ha conquistato la luce e le tue premure.
Mi fai gemere ed ansimare, il mio scioglimento inizia a colarmi fuori, scivolando sul lenzuolo, ma tu lo recuperi perchè non vada perso e disegni il percorso che hai già in mente.
Ritorni all'ingresso stretto, con nuovo ardore e nuovo muco.
E stavolta spingi lentamente e vinci l'elastica resistenza.
Ti inoltri nella stretta muscolare, nel buco liscio e tondo che collabisce al tuo dito.
Ti spingi dentro finchè il mio gemito ti dà la conferma che cercavi.
Esci ancora, con pazienza ritorni alla fontana che ora stilla di abbondanza.
E intanto mi baci. I miei gemiti rimbombano tra le tue guance e ancora tu alterni i tuoi percorsi, ed ogni volta mi prepari per la tua venuta.
Mi baci le tette, la tua lingua si alterna ai succhiotti sui capezzoli. Li nascondi tra le tue labbra e li liberi lentamente, li tiri e li allunghi.
E intanto, sempre, tenace, ostinato, il tuo dito raccoglie e mesce, e si spinge più in fondo, guadagna nuovi spazi.
Oggi la vulva farà da ancella, servirà, produrrà, decanterà di gesta e resterà in passiva ammirazione.
Due dita ora mi dilatano la parte più stretta. Dita filanti di muco limpido. Entrano, affondano, girano, allargano ed il mio gemito si prolunga perdendosi tra i miei sospiri.
E poi decidi che sono pronta, sono bagnata, lubrificata.
La lunga lavorazione posteriore ha scatenato anche da dietro una tempesta di secrezioni.
Ti abbassi verso le mie cosce e mi lecchi il piccolo pulpito che sporge agognante, tra le mucose che delicatamente hai spostato con le dita.
Piccolo puntino rosa grigio. Lo succhi e lo lecchi fino quasi a provocarmi gli spasimi dell'orgasmo, ma ti fermi al momento giusto.
“Vieni pure, da dietro”. Il visto di ingresso è in regola e i documenti sono a posto.
“Davvero? Lo vuoi?”
“Sì, lo voglio, ti voglio dietro.”
La punta sotto il pigiama sussulta ed il tuo sorriso mi scioglie di tenerezze.
Mi prendi i fianchi, mi accompagni e mi sollevi.
Mi giri.
Il mio sedere davanti ai tuoi occhi.
Mi innalzo sulle ginocchia e lo sollevo, abbasso la schiena ed abbraccio il cuscino in attesa.
Mi allarghi le cosce, le natiche si allargano e lui è lì.
Io, in questa posizione oscena ed esplicita, senza timore, nell'atto di fiduciosa donazione delle mie parti più intime ed esclusive.
E lui è lì, ti attira e ti chiama come un buco nero cosmico che attira materia ed energia.
Nero e scuro, insondabile ed invitante. Stretto e accogliente. Si impone alla tua attenzione.
Lo lecchi, ci spingi la lingua e lui cede, acconsente.
Ti prendi in mano il testimone, lo sento scivolarmi tra le labbra in cerca di olio.
Si muove e mi tocca il clitoride, si infila tra le labbra e mi percorre la fessura fino al suo apice. Poi lo sollevi quel tanto per entrare dove non trovi resistenza.
Mi riempio e ti restituisco un lungo sussurro che si perde nei tessuti del cuscino, una, due volte.
Raccogli le mie secrezioni, le gocce del piacere, poi ti avvicini di più alle mie cosce.
Sento il contatto delle tue gambe sulle mie, mentre ti alzi un poco per l'ingresso più alto.
Qui la porta non è spalancata, devi bussare e insistere, spingere ed allargare.
Ti sento all'entrata, forte e duro, entri ed esci, sposti e ti ritiri.
Ancora fai appello alle ghiandole vaginali e con le dita mi tocchi e sposti, con la viola ciliegia affondi e ti rivesti.
Riprovi, più convinto, più audace.
Spingi e d'incanto la porta si apre.
La muscolatura si distende e si stringe attorno al tuo passaggio,.
Ormai affondi senza più resistenza, il tuo incedere non trova ostacoli.
Questa tonalità diversa, quella sensazione leggermente dolorosa che viene presto compensata da un piacere inusuale.
La mente che lavora.
“Lo sto prendendo nel culo...”
Tu esci e rientri. Mi violi, mi possiedi per l'orifizio più raro.
Solo raramente, solo in certe condizioni, solo per certe occasioni.
Ma stanotte sì.
Sesso anale, entrami nel culo, sbattimi.
Ora il tuo ritmo è più deciso, il dolore è durato poco perchè sei stato paziente.
I miei gemiti si fondono con i tuoi grugniti di soddisfazione.
Entrata stretta, resistenza e piacere anomalo.
La tua donna piegata a pecora sotto di te.
Le terga per aria, il culo al vento.
Ti allunghi sui miei seni, mi stringi e mi attiri a te.
Mi afferri le spalle e ti infili fino al pelo.
La tua soddisfazione di vederti sparire nel mio buco più stretto, scomparire divorato, riemergere trascinandosi la mucosa scura e ritornare con forza.
Allungo una mano dietro e ti tocco il dorso, ti chiamo, ti chiedo e ti spingo dentro di me.
Mi protendo verso la tua corsa, mi dilato al tuo vittorioso passaggio.
Ti assecondo, mi dono e mi concedo. Puoi entrarmi dentro, da dove vuoi, da dove preferisci.
La mia mano scivola tra le mie cosce e da sotto ti accarezzo le parti destinate a rimane fuori. Fine rugosità, gonfia e rivestita di morbido pelo.
Tu spingi, ti affondi, corroborato dai miei segnali. Sarà un orgasmo anale, uno di quegli eventi non sempre scontati.
Ma stasera sì.
Mi accarezzo tra le cosce, il clitoride ci darà una mano.
Poi il calore aumenta, prende possesso del mio ventre. E tu ancora spingi, entri ed esci dal mio sedere.
I tuoi fianchi sbattono impetuosi sui miei glutei, trasmettendomi i colpi sul viso che accarezza il cuscino.
Ancora, ancora finchè ti sciogli dentro di me con una spinta prolungata che mi lascia senza fiato.
Due colpi ancora e ti seguo, selvaggia e domata, bestiolina che asseconda le tue voglie e i tuoi piaceri.
Spingi e ti fermi. Mentre ti svuoti io mi sento riempire.
Pasticcino giapponese imbottito di crema.
I miei fianchi si contraggono e ti sbattono contro i lombi, in movimenti che accompagnano il mio orgasmo.
Poi mi pieghi le ginocchia e mi sdrai, rimanendo dentro di me.
Conquistatore indomito, hai avuto la tua preda e adesso ci sciogliamo in morbide carezze, avvolti dalle lenzuola fresche.
Sempre dentro di me, sensazione di presenza continua, mentre le tue mani mi ritornano sui seni a cercare sensazioni di pelle liscia e tessuti morbidi sotto le tue carezze.
Ti tengo stretto al mio interno, mi contraggo e ti imprigiono, avvinto, assecondato.
E i nostri corpi sembrano una cosa sola.
Mi guardi malizioso, con quel sorrisetto che , ormai lo so, non promette nulla di buono.
Ti mordi il labbro.
Sotto i miei occhi il pigiama, ormai lievitato, la dice tutta sui programmi in onda per la prima serata.
Ti metti in ginocchio sul lettone, davanti a me e mi chiudi il libro che sto leggendo.
Ormai so già come va a finire. E sempre quel sorrisetto da schiaffi.
Cominci a baciarmi.
Ma sì, mi allungo verso di te, tu che ti protendi. Le tue mani sulla mia schiena seguono i contorni delle mie scapole, mi accarezzi in tutta la superficie.
Chiudo gli occhi e apro la bocca, iniziamo gli esercizi di lingua.
Mi stacco un attimo.
“Hey, che fervore! Cos'hai in mente stasera?”
Ma tu non rispondi. Del resto sono convinta che presto me lo farai sapere.
Mi tiri per la camicia da notte, io alzo il sedere e ti assecondo. L'indumento si solleva. Ora le tue mani possono circolare liberamente sulla mia pelle. Carezze delicate, mentre la tua lingua sembra voglia indagare ogni pertugio; il tuo respiro mi circonda.
Presto mi adagi sulle lenzuola e tu ti metti comodo di fronte a me.
Ecco, la tua mano mi si infila nelle mutandine e le carezze si contendono le mie chiappotte sode. Passi da una rotondità all'altra, indugiando tra la valle che le divide, ma ogni volta le tue dita avanzano e si approfondiscono.
Dal solco tra i glutei le tue dita mi esplorando la vulva, si immergono in zone umida e percepisci il mio grado di partecipazione, ma con le dita bagnate ritorni nel fondo valle, ti soffermi su un buchetto chiuso ed ermetico.
Lo accarezzi soltanto, ma ogni volta ci ripassi sopra con le dita dopo averle pucciate alla sorgente del piacere.
I tuoi propositi sono chiari e facilmente prevedibili.
Con l'altra mano mi infili davanti, ti perdi a giocare tra i peli, li accarezzi e li pettini, ma poi vieni risucchiato dal gorgo e affondi
“Queste ora danno fastidio” sussurri, in conflitto con le mie mutandine.
“Sì”, debbo convenire, “ora non servono più.
Mi aiuti a sfilarmele e osservi sorgere tra i tessuti gli astri del piacere, i simboli, i richiami del prossimo atto sessuale.
“Già che ci siamo...”
Mi sfilo la camicina da notte e giaccio nuda, completamente spoglia sotto i tuoi occhi.
Il seno si adagia di lato, sfiora il lenzuolo ed i capezzoli sono testimoni del mio desiderio.
Le gambe incrociate si oppongono solo momentaneamente al tuo sguardo.
Mi piace la gradualità, mi piace che ogni volta sia una progressiva conquista. Un rispettosa richiesta ed una accondiscendente risposta, un mutuo reciproco dono.
Mi scosti le gambe e contempli la mia vulva che mollemente si schiude. Le piccole labbra gonfie e lucide di liquidi preparatori.
La mano mi accarezza il seno, lo sfiora soltanto declinando sul ventre ed eclissandosi tra le cosce.
Le dita mi entrano dentro con un rumore schiumoso. Morbida ed umettata ti accolgo spalancando le labbra alla tua avanzata.
Ti sfili e mi cerchi il clitoride.
Adoro questi esami da trenta e lode di anatomia e fisiologia femminile.
Con le dita sposti le mucose ed accarezzi il piccolo vertice che ha conquistato la luce e le tue premure.
Mi fai gemere ed ansimare, il mio scioglimento inizia a colarmi fuori, scivolando sul lenzuolo, ma tu lo recuperi perchè non vada perso e disegni il percorso che hai già in mente.
Ritorni all'ingresso stretto, con nuovo ardore e nuovo muco.
E stavolta spingi lentamente e vinci l'elastica resistenza.
Ti inoltri nella stretta muscolare, nel buco liscio e tondo che collabisce al tuo dito.
Ti spingi dentro finchè il mio gemito ti dà la conferma che cercavi.
Esci ancora, con pazienza ritorni alla fontana che ora stilla di abbondanza.
E intanto mi baci. I miei gemiti rimbombano tra le tue guance e ancora tu alterni i tuoi percorsi, ed ogni volta mi prepari per la tua venuta.
Mi baci le tette, la tua lingua si alterna ai succhiotti sui capezzoli. Li nascondi tra le tue labbra e li liberi lentamente, li tiri e li allunghi.
E intanto, sempre, tenace, ostinato, il tuo dito raccoglie e mesce, e si spinge più in fondo, guadagna nuovi spazi.
Oggi la vulva farà da ancella, servirà, produrrà, decanterà di gesta e resterà in passiva ammirazione.
Due dita ora mi dilatano la parte più stretta. Dita filanti di muco limpido. Entrano, affondano, girano, allargano ed il mio gemito si prolunga perdendosi tra i miei sospiri.
E poi decidi che sono pronta, sono bagnata, lubrificata.
La lunga lavorazione posteriore ha scatenato anche da dietro una tempesta di secrezioni.
Ti abbassi verso le mie cosce e mi lecchi il piccolo pulpito che sporge agognante, tra le mucose che delicatamente hai spostato con le dita.
Piccolo puntino rosa grigio. Lo succhi e lo lecchi fino quasi a provocarmi gli spasimi dell'orgasmo, ma ti fermi al momento giusto.
“Vieni pure, da dietro”. Il visto di ingresso è in regola e i documenti sono a posto.
“Davvero? Lo vuoi?”
“Sì, lo voglio, ti voglio dietro.”
La punta sotto il pigiama sussulta ed il tuo sorriso mi scioglie di tenerezze.
Mi prendi i fianchi, mi accompagni e mi sollevi.
Mi giri.
Il mio sedere davanti ai tuoi occhi.
Mi innalzo sulle ginocchia e lo sollevo, abbasso la schiena ed abbraccio il cuscino in attesa.
Mi allarghi le cosce, le natiche si allargano e lui è lì.
Io, in questa posizione oscena ed esplicita, senza timore, nell'atto di fiduciosa donazione delle mie parti più intime ed esclusive.
E lui è lì, ti attira e ti chiama come un buco nero cosmico che attira materia ed energia.
Nero e scuro, insondabile ed invitante. Stretto e accogliente. Si impone alla tua attenzione.
Lo lecchi, ci spingi la lingua e lui cede, acconsente.
Ti prendi in mano il testimone, lo sento scivolarmi tra le labbra in cerca di olio.
Si muove e mi tocca il clitoride, si infila tra le labbra e mi percorre la fessura fino al suo apice. Poi lo sollevi quel tanto per entrare dove non trovi resistenza.
Mi riempio e ti restituisco un lungo sussurro che si perde nei tessuti del cuscino, una, due volte.
Raccogli le mie secrezioni, le gocce del piacere, poi ti avvicini di più alle mie cosce.
Sento il contatto delle tue gambe sulle mie, mentre ti alzi un poco per l'ingresso più alto.
Qui la porta non è spalancata, devi bussare e insistere, spingere ed allargare.
Ti sento all'entrata, forte e duro, entri ed esci, sposti e ti ritiri.
Ancora fai appello alle ghiandole vaginali e con le dita mi tocchi e sposti, con la viola ciliegia affondi e ti rivesti.
Riprovi, più convinto, più audace.
Spingi e d'incanto la porta si apre.
La muscolatura si distende e si stringe attorno al tuo passaggio,.
Ormai affondi senza più resistenza, il tuo incedere non trova ostacoli.
Questa tonalità diversa, quella sensazione leggermente dolorosa che viene presto compensata da un piacere inusuale.
La mente che lavora.
“Lo sto prendendo nel culo...”
Tu esci e rientri. Mi violi, mi possiedi per l'orifizio più raro.
Solo raramente, solo in certe condizioni, solo per certe occasioni.
Ma stanotte sì.
Sesso anale, entrami nel culo, sbattimi.
Ora il tuo ritmo è più deciso, il dolore è durato poco perchè sei stato paziente.
I miei gemiti si fondono con i tuoi grugniti di soddisfazione.
Entrata stretta, resistenza e piacere anomalo.
La tua donna piegata a pecora sotto di te.
Le terga per aria, il culo al vento.
Ti allunghi sui miei seni, mi stringi e mi attiri a te.
Mi afferri le spalle e ti infili fino al pelo.
La tua soddisfazione di vederti sparire nel mio buco più stretto, scomparire divorato, riemergere trascinandosi la mucosa scura e ritornare con forza.
Allungo una mano dietro e ti tocco il dorso, ti chiamo, ti chiedo e ti spingo dentro di me.
Mi protendo verso la tua corsa, mi dilato al tuo vittorioso passaggio.
Ti assecondo, mi dono e mi concedo. Puoi entrarmi dentro, da dove vuoi, da dove preferisci.
La mia mano scivola tra le mie cosce e da sotto ti accarezzo le parti destinate a rimane fuori. Fine rugosità, gonfia e rivestita di morbido pelo.
Tu spingi, ti affondi, corroborato dai miei segnali. Sarà un orgasmo anale, uno di quegli eventi non sempre scontati.
Ma stasera sì.
Mi accarezzo tra le cosce, il clitoride ci darà una mano.
Poi il calore aumenta, prende possesso del mio ventre. E tu ancora spingi, entri ed esci dal mio sedere.
I tuoi fianchi sbattono impetuosi sui miei glutei, trasmettendomi i colpi sul viso che accarezza il cuscino.
Ancora, ancora finchè ti sciogli dentro di me con una spinta prolungata che mi lascia senza fiato.
Due colpi ancora e ti seguo, selvaggia e domata, bestiolina che asseconda le tue voglie e i tuoi piaceri.
Spingi e ti fermi. Mentre ti svuoti io mi sento riempire.
Pasticcino giapponese imbottito di crema.
I miei fianchi si contraggono e ti sbattono contro i lombi, in movimenti che accompagnano il mio orgasmo.
Poi mi pieghi le ginocchia e mi sdrai, rimanendo dentro di me.
Conquistatore indomito, hai avuto la tua preda e adesso ci sciogliamo in morbide carezze, avvolti dalle lenzuola fresche.
Sempre dentro di me, sensazione di presenza continua, mentre le tue mani mi ritornano sui seni a cercare sensazioni di pelle liscia e tessuti morbidi sotto le tue carezze.
Ti tengo stretto al mio interno, mi contraggo e ti imprigiono, avvinto, assecondato.
E i nostri corpi sembrano una cosa sola.
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