Fragole e Champagne
di
Yuko
genere
saffico
La voce di una donna sensuale rimbomba annunciando l'arrivo del Freccia Rossa da Firenze – Bologna. Mi sono sempre chiesta se per annunciare i Freccia Rossa nelle stazioni assumano delle pornostar.
“È in arrivo sul quinto binario il treno interregionale Freccia Rossa proveniente da Firenze Bologna... aaaaaaahhhh! Allontanarsi dalla linea... aaaahhh... allontanarsi... hhh... cazzo, fammi finire! Allontanarsi dalla linea giallaaaaahhhhhhhh!”
Due occhi orientali scrutano impazienti la banchina, in cerca di un volto, un particolare.
“Di sicuro troverò io te, e non il contrario!” aveva chiosato Serena nell'ultima telefonata.
Ma io non rinuncio all'idea e cerco di identificarla tra la folla. Una donna sola, bagaglio minimo.
Gli uomini d'affari controllano i loro orologi e si affrettano a cercare qualche taxi sciamando giù dalle scale, aggiustandosi la cravatta ed i polsini delle camicie inamidate, secondo un rituale consolidato.
Due occhi furtivi cercano di riconoscere tratti asiatici tra le persone che aspettano in fondo alla banchina. Serena si affretta, non vuole farsi aspettare ed è impaziente.
Due occhi a mandorla, zigomi alti, capelli lunghi, lisci e neri.
Una ragazza cerca tra la folla.
Sarà lei?
“Vacca cane, è lei? Così giovane? Così alta?”
No, forse no, però... mica male! Eppure, altre donne asiatiche non... sì, forse è lei! Provo a sorriderle? Sta cercando qualcuno, o qualcuna...
Mentre Yuko si alza in punta di piedi, una donna le si avvicina di lato, del tutto fuori dal suo campo visivo.
Assurdo, si cerca con puntiglio e poi qualcuno ti si avvicina e neanche lo vedi.
Ci provo, sarà lei? Beh, in fondo che può succedere?
“Yuko?”
Abbasso lo sguardo e la vedo. Sorrido sciogliendomi in una tenerezza più morbida del burro.
“Sei tu?”
Annuisce. È lei.
Chiunque avrebbe risposto alla stessa maniera a quella ovvia domanda. Eppure è una domanda piena di sottintesi.
Lei sorride.
Le due donne si sorridono.
Si abbracciano, forte forte.
“Sei davvero tu...!”
“Serena! Non ti avrei mai riconosciuto! Sei diversissima dalle foto, sei più scura, credevo che fossi più riccia!”
“Tu invece... beh, non potevo sbagliare, eppure non osavo pensare che fossi tu. Anche tu, in foto sei diversa. Sei bellissima in quella foto, ma dal vivo, dal vivo...”
“Lo sapevo, hai degli occhi bellissimi, ma il sorriso...”
Serena si solleva sulle punte e si allunga in un bacio, resta indecisa, ma poi è la giapponese che le porge le labbra, arricciate, sporgenti, come un piccolo bocciolo.
Un tocco delicato, forse solo sfiorato. Un rossetto fucsia scuro si appoggia ad uno vermiglio.
Quel tanto per sentire il profumo dei rispettivi cosmetici.
Serena si guarda in giro, quanti l'avranno vista?
“Non importa, non ci vede nessuno. Qui a Milano puoi girare con le budella in mano e nessuno ti degno di uno sguardo.”
Le due si prendono per le mani e restano a guardarsi per quasi una settimana.
Non ci sono parole.
La donna discesa dal treno emette dei piccoli gridolini, ultrasuoni che solo i cani ed un udito allenato riescono a percepire. Intorno è tutto un latrare innervosito, ma la giapponese ha percepito. Si morde un labbro e resta a contemplare la donna d'affari risalita lungo la via Emilia.
La banchina è ormai vuota.
“Dai, mo! Dove mi porti, stellina?”
Yuko le risponde con uno sguardo di mistero. Alza le sopracciglia e il dito indice, ma non dice nulla.
Prende l'amica per mano e con passo deciso si allontana dai binari, attraversa i mosaici e infila una di quelle immense scalinate che portano ogni giorno i vari fiumi di persone nel delta alluvionale di piazza Duca d'Aosta.
I cani ricominciano a ringhiare infastiditi, Serena emette ultrasuoni.
L'aria ormai è tiepida in prossimità dell'ora di pranzo ed i luoghi di ristoro aprono i battenti lungo via Vittor Pisani esalando i loro aliti saturi di pietanze: pizze, patatine, sughi di pomodoro, kebab.
Serena cammina con gli occhi appiccicati all'orientale, che invece guarda dritta davanti a sè e procede con passo deciso. Solo ogni tanto una mielosa occhiata alla donna che traghetta per mano.
“Non mi vuoi proprio dire nulla?”
Nessuna parola, la jap scuote solo la testa.
L'altra ride e minaccia bonariamente con la mano tesa: “Ad dag quel!”
“Tu non dai proprio nulla!” si ferma Yuko e con un dito le tocca la punta del naso.
Sorride. Le mani si stringono forte. Emozioni e sudore.
I larghi viali conducono verso il sole di piazza della Repubblica, ma le due svoltano subito a destra e si fermano davanti all'insegna decorata: “Hotel Gallia Excelsior”
“Che te vegn un ch... Cinque stelle, cazzo!”
“Apperò!”
“Dicevo in segno di rispetto, veh?”
Giù risate.
“Va beh che sei una stellina, ma non avrai prenotato una suite in un albergo a cinque stelle, eh?”
“Tesoro, di reni ne ho solo due, e mi servono ancora. Sono ancora troppo giovane per andare in dialisi.”
“Che Dio at bandissa!”
Senza altre spiegazioni Yuko si infila decisa nella hall, lascia la mano dell'amica e si avvicina ad un cameriere in livrea che, solerte, le è subito venuto incontro. Poche parole, un paio di gesti di assenso e la nipponica ritorna nel vestibolo, racimola la manager e se la trascina in un luminoso attico con tende aperte su spaziose vetrate.
Si siedono ad un tavolino con vista sulla piazza, una tovaglia splendente di ricami in rilievo. Un raggio di sole ne fa scintillare la trama di broccato, come in un quadro barocco.
Serena spalanca gli occhi di stupore. Cosa avrà progettato l'asiatica per quel loro primo fugace incontro? Ma Yuko non si sbottona. Con un mezzo sorrisetto soddisfatto continua a fissare negli occhi la donna, pregustandosi le colorite esclamazioni.
Addirittura due camerieri si affaccendano ora al tavolo.
Compare un contenitore di cristallo strabordante di fragole rosse, due forchettine in argento, fini tovagliolini.
“Dio te stradòra!”
Due snelli flutes ed una vaschetta pure in argento con un collo che sporge, rivestimento dorato.
Quando i camerieri si allontanano, Serena si sporge sul tavolino, come per non farsi sentire.
“Ma Yuko! Sei impazzita? Cosa facciamo adesso?”
“Ti piace lo champagne?”
“A tal dèg!”
L'asiatica solleva la bottiglia, lievemente appannata.
Arancione dorato, senza troppi decori, con quella scritta bordeaux scuro.
“Krug grande cuvée.”
“Ca t' gnis un cancher! Qui ciapem la bala, Yuko!”
La donna del sol levante, che si stava trattenendo a fatica, esplode in una risata incontenibile, si piega a metà e scompare sotto il tavolo. Alcuni avventori agli altri tavoli si girano incuriositi, Serena si guarda intorno con un certo imbarazzo.
Una orientale che si strozza mentre ride, piegata in due, la testa tra le ginocchia in due corti jeans, i capelli che lambiscono il pavimento decorato.
La protagonista della lezione lessicale è rossa di imbarazzo, mentre l'altra ricompare sopra il livello del tavolo, di una sfumatura arancione che ricorda l'etichetta della bottiglia.
“Yuko, sei sicura che poi non dobbiamo dargli il culo, vero?”
I modenesi hanno un modo di fare, una parlata, di quelle metafore, che è praticamente impossibile restare seri. Un po' come i toscani; ma quelli sono oltre appennino e ormai in centro Italia. Di qua dal monte Cimone ci si sente più a casa, “caplet ad zuca” e “parsot e mlon”.
Yuko assume un piglio professionale, apre la bottiglia e riempie i due flutes, sotto gli occhi ormai liquidi dell'emiliana.
“Cin cin!”
“At voi bein!”
Il tempo si dilata mentre la donna della Ghirlandina si nutre di momenti e di particolari.
La nipponica regge lo stelo trasparente con due dita, il sole si rifrange nel perlage restituendo preziosi scintillii dal cristallo.
Il liquido finemente paglierino si muove nel bicchiere inclinato, incontro a tue tumide labbra color fucsia. Un bocciolo di rosa, le due labbra finemente increspate, appena appena aperte, nell'atteggiamento di un furtivo bacio.
Come una scena che si svolge al rallentatore il bordo regolare del cristallo si appoggia su un lenzuolo di morbido labbro, vi trova dimora.
Quelle labbra intensamente fucsia, in quella posizione come di suzione, come per baciare un capezzolo, morbide e corpose, e il bordo liscio e lucente del calice, adagiato come un pisello nel suo bacello. Una goccia del prezioso liquido entra in bocca e viene assaporata.
Serena non si è persa un microsecondo di questa scena, dilatata nello spazio, rallentata e riprodotta su uno schermo gigante.
Un'estasi, un coito, una sinfonia di piacevoli sensazioni.
Si morde le labbra e sente formicolii accarezzarle i seni, i capezzoli lievitare e una vibrazione trovare riposo tra gli inguini.
Yuko si è accorta di essere sotto la lente di ingrandimento. Deglutisce lo champagne e sorride all'amica.
“Tutto ok?” le chiede con uno sguardo incoraggiante.
“Ma boia d'un mond leder!”
Le due donne si guardano profondamente negli occhi, un sorriso scolpito sulle labbra.
Poi, come risvegliandosi da un sogno, Serena solleva il suo calice e assaggia il prezioso vino.
Sinfonia di aromi e retrogusto, delicato perlage, essenze selezionate.
Un universo di fini sapori le scorre sulla lingua mentre si perde nei boulevard di Parigi, in una primavera di sentori di fiori.
Una piccola traccia di rossetto vermiglio rimane sul bordo del flute, gemella di un'analoga sfumatura fucsia nel calice di fronte.
L'orientale non stacca lo sguardo dagli occhi che la fissano e prende con lentezza una fragola, ne avverte la fine porosità sotto i polpastrelli, la superficie liscia minutamente butterata di piccoli crateri.
Il rosso vermiglio e acceso.
Una fragranza di profumi si leva dalla fruttiera scintillante di riflessi.
Solo ora le due donne se ne rendono conto, come risvegliate nei sensi.
Un aroma, un profumo così intenso che lo percepiscono già respirandolo, sulle papille gustative.
Una carezza avvolgente.
O forse è l'effetto dello champagne, che sublima ed esalta il gusto della fragola.
L'orientale si porta il frutto alle labbra.
Quella forma allungata, come una lingua vivida, i contorni morbidi.
Per un attimo la visione si espande su una fragola rosso-fiaba protesa ed indirizzata verso due labbra fucsia leggermente aperte, pronte ad accoglierne il contatto.
Yuko sporge appena la lingua e lambisce l'apice della fragola, la punta della lingua scivola intorno al vertice smusso della fragola, come intorno ad un capezzolo gonfio.
Un movimento lento e ponderato.
Serena ha uno spasimo che le contrae lo stomaco e le bagna le mutandine, come un fiotto tiepido che le sgorga dalla vulva richiamando, nello stesso momento, un alito misto ad un gemito che le esala dalle labbra.
Lo sguardo fisso su quella lingua che lambisce la fragola e non demorde.
Sporge appena e quasi non si vede, ma con piccoli tocchi, la lingua morbida si fonde con la liscia superficie del frutto.
Tutto così peccaminoso, come una Eva che regge nelle mani il pomo del peccato.
Yuko avvicina la punta della fragola alle labbra, ne sugge un velo di aroma, come un piccolo bacio, e la riavvolge con la carezza della lingua. Lo sguardo pugnalato negli occhi della donna di fronte a lei.
Serena libera un piede dal sandalo ed alza la gamba, si allunga ed appoggia il piede tra le cosce dell'asiatica, già lievemente divaricate, si fa strada seguendo il tessuto liscio dei jeans e si assesta dove sente più caldo, dove le cosce si uniscono.
I jeans scivolano un poco sulla sedia e le cosce si allargano per agevolare la manovra. Sotto quel tessuto, insieme al calore, la vulva sta schiumando aromi di umidità.
Le dita smaltate del piede grattano la superficie ruvida dei calzoni, il calore che ne emerge è ben percepibile. Le cosce giapponesi si allargano per fare spazio.
“Fa a mod, nipponica!”
All'esterno dell'hotel un furgoncino blu si è fermato distante dall'ingresso principale, ma prossimo alle vetrate della salle à manger.
“Burton Logistica” la scritta arancione, ben contrastata e quasi in rilievo.
Il dirigente nonché commesso e unico dipendente, si carica di seggioline da giardino e mentre si avvicina all'ingresso secondario passa davanti alle vetrate del ristorante.
“Cazzo, ma quella so chi è!”
Pietrificato, dietro l'effimera cortina di riflessi, vede una giapponese che sta facendo un pompino ad una fragola. La vista si affila su una lingua che sporge tra le labbra e lecca con movimenti circolari la punta di una grossa fragola, rossa come il peccato, di un profumo così intenso che, Burton ne è sicuro, lo percepisce distintamente, pure lui, anche oltre il vetro.
“Porca troia, ne sono sicuro, è Yuko!”
Appoggia le seggioline che cominciano a pesare e si aggiusta il cappellino da baseball.
Dopo i primi attimi di sgomento, allarga la visuale e guarda sotto il tavolo.
Jeans corti e cosce nude, aperte e... un piede con le unghie smaltate che invoca rifugio tra le cosce, muove le dita in provocanti carezze sulla vulva dell'asiatica.
Segue a ritroso la gamba affusolata, supera i confini del bordo di una gonna leggera attaccata alla quale prende forma una bella donna abbronzata. Capelli castani finemente ondulati ed una coppa di champagne nella mano.
Le due donne si stanno guardando oltre una vaschetta argentata da cui spunta un collo. Un lievissimo alito di vapore bianco esce ancora dalla bottiglia, appena aperta su un vino spumante.
Completata la coreografia, lo sguardo del lavoratore ritorna sulla fragola, accuratamente vezzeggiata da una lingua che si percepisce calda ed umida.
Una progressiva tumescenza si fa strada nella tuta da lavoro, sgomitando tra mutande improvvisamente troppo strette.
Lo sguardo intenso della donna orientale non si discosta dalla sua compagna e quella lingua...
Quella lingua che avvolge la fragola, quelle labbra che ne succhiano delicatamente la punta.
Burton si sente quelle carezze direttamente sul glande e senza avvedersene si aggiusta il pacco, che stava soffrendo ripiegato in due.
“Lo sapevo! La prima volta che vengo a Milano! Dovevo aspettarmelo che sarebbe successo. Dovevo mettere i boxer.”
Yuko ha messo la fragola tra i denti, la accarezza; con i bianchi incisivi ne gratta delicatamente la superficie. Gli occhi magnetizzati nello sguardo dell'emiliana.
Serena si morde le labbra, le pupille oscillano tra la bocca della giovane, quelle labbra fucsia che masturbano la fragola, e lo sguardo, gli occhi scuri sotto le palpebre allungate nella piega orientale.
Muove le dita del piede tra le cosce della ragazza, avverte addirittura il bagnato inzuppare il tessuto dei jeans, proprio lì, sulla vulva, dove sta affondando le dita in quelle cosce aperte.
Burton deglutisce rumorosamente. Si accorge di essere rimasto a bocca aperta e si ritrova di colpo le fauci piene di saliva.
Lo sguardo calamitato.
Quei denti che scalfiscono appena la punta della fragola, quelle labbra gonfie e spesse che ne accarezzano la superficie, la lingua che la sfiora, punta contro punta, frutto di passione a contatto del frutto dal sapore di primavera.
L'erezione si fa strada come un soufflè che lievita nel forno.
Yuko all'improvviso morde la punta della fragola.
“Aaahh!” scappa d'istinto un piccolo urlo al commesso, che ha percepito quel morso sul proprio onore. Ma è solo una fallace impressione. Si guarda in giro. Nessuno ha sentito, nessuno lo sta guardando.
La giapponese indugia ora, le labbra arricciate mostrano gli incisivi macchiati dal sangue della fragola. Una stilla rossa geme dal frutto, e viene raccolta dalla punta della lingua, in una lenta e pietosa carezza.
Yuko assapora la fragola, ne distingue le componenti aromatiche, poi, con l'altra mano, guida il flute per un piccolo sorso di champagne.
“Davvero buone le fragole con lo champagne!” riprende il discorso come se non fosse stato interrotto, come se nel mezzo le due donne non si fossero concesse un orgasmo di lingue, di sapori e di sentori di donna eccitata.
“Aha!” risponde lentamente la regina della Ghirlandina, prendendo a sua volta una fragola ed avvicinandola alla bocca. Ne annusa l'aroma, la tocca con la lingua come poco prima aveva visto fare la donna di fronte, si dilunga a riconoscere con la punta le fini irregolarità sulla superficie del frutto, ne aspira voluttuosamente l'aroma cristallizzandolo alla base della lingua. Poi un sorso di nettare ed il morso del frutto.
Connubio inaspettato, estasi di sapori, il bianco secco si alterna al dolce e vaporoso aroma di fragola. Per un attimo le dita del piede si fermano dal continuo lavorio al cavallo dei calzoni. L'attenzione è rapita da quel valzer di sapori, sotto lo sguardo scuro ed esotico della ragazza del sole nascente.
Un'altra fragola, Serena mesce altro Krug nei due flutes sbeccati di rossetto.
Le labbra accarezzano i frutti, i denti affondano nella cedevole consistenza della polpa matura evaporando l'aroma della primavera.
La lingua della manager si accarezza le labbra vermiglie e la donna scambia i due calici. Vuole sulle sua labbra il rossetto fucsia della sua compagna e offre la sua macchia di sangue per la lingua dell'altra.
Burton, all'esterno, si è messo una mano in tasca e lentamente dà l'olio ad un salsicciotto di cervo che richiede imperiosamente le sue attenzioni.
“Ti piace?” chiede Yuko all'amica, sporgendo ancora un poco il bacino alle carezze del piede che le tormenta i genitali esterni.
“Di mondi!” risponde l'altra, percependo i movimenti delle anche dell'asiatica ed affondando il piede nudo con più convinzione nel soffice giaciglio. Con la lingua tormenta la macchia di rossetto fucsia lasciato sul bicchiere dalla ragazza, come per nutrirsene, come in una metaforica carezza di lingua sulle labbra imbellettate della giovane orientale.
Un altra mescita riempie i calici. Nonostante le fragole, Yuko comincia a sentire la testa leggera, non avvezza agli alcoolici. E poi, in fondo, a parte le fragole sono entrambe digiune.
L'emiliana, rodata da fiumi di lambrusco di Sorbara, tiene botta e continua a grattare i calzoni con le dita del piede.
I sapori si alternano e si esaltano vicendevolmente. La fragole esacerbano la sfumatura brut del fine vino e il liquido citrino fa esplodere armoniche di sapore nel frutto che richiama il bacio della donna, il rosso cuore del sentimento più dolce.
Sarà l'alcool, sarà l'eccitazione di questo primo incontro. Sarà l'imperturbabile e continuo grattino delle dita smaltate sulla vulva della giovane.
Yuko comincia a presentare alcuni spasmi alla bocca dello stomaco, che le bloccano il respiro.
Non può più fermarsi e Serena se ne è perfettamente accorta. Spinge il piede nell'imbuto caldo e ormai francamente bagnato e intanto beve voluttuosamente un abbondante sorso di Krug dal calice.
Non bisogna fare casino, questo è chiaro nella mente della giapponese, forse l'ultimo pensiero lucido.
Un'ultima fragola, un ultimo sorso di brut ed è già ora di bloccare la bocca semiaperta. Gli occhi si chiudono, come un sipario su uno spettacolo teatrale, ma nessun gemito trapela oltre le corde vocali.
Le dita si artigliano sulla tovaglia e l'orgasmo raggiunge il suo apice.
Il respiro bloccato, poche scosse di diaframma, poi un calore che invade tutto il corpo, risale dalla vulva ai seni e poi al collo ed alla nuca. Le tempie pulsano mentre il respiro riprende affannoso.
Serena raccoglie tutti i frutti delle sue stimolazioni, trasformate in un profuso colliquare di secrezioni vaginali che le inumidiscono le dita del piede. Con lo sguardo ha catturato tutti i particolari dell'orgasmo che ha scosso la giovane dall'altra parte del tavolo, ed ora la vede sciogliersi nel torpore che chiederebbe un abbraccio.
Yuko riapre gli occhi con uno sguardo stuporoso, prende un'altra fragola nella mano tremante, ma non riesce ad avvicinarla alle labbra: il solo contatto le strapperebbe un gemito di piacere, tanto è aumentata la sensibilità erogena della sua bocca nei primi postumi dell'estasi.
Con sguardo come attonito guarda la sua compagna, incapace di proferire una sola parola, restituendole solo il suo respiro accelerato a testimonianza di quanto sta accadendo al di sotto dei suoi vestiti. I seni gonfi mostrano i capezzoli eccitati, sotto gli indumenti senza reggiseno.
Serena ritira il piede. Con una mano si tocca le dita del piede, sotto il tavolo, poi porta la mano al naso, per percepire la fragranza degli umori sessuali della donna asiatica.
Intenso profumo, forte impregnazione di vulva, una prestazione convincente.
Si rimette il sandalo e assapora, centellinandola, l'ultima stilla di champagne.
Un gesto di assenso di Yuko le conferma che ora si sente di nuovo in grado di reggere la posizione eretta.
Le due donne si alzano. Un piccolo colpo di tosse fa sgorgare un fiotto di muco nelle mutandine della imprenditrice, che si ferma un attimo, con un'espressione perplessa.
Gli slip di Yuko, invece, sono saturi. Una piccola verifica ispettiva conferma una scura macchia di bagnato al cavallo dei suoi jeans.
“Complimenti!”
Le due donne si sorridono e si prendono per mano, sorreggendosi in un'incerta posizione eretta. Alcool e orgasmo hanno reso precaria l'attività dei muscoli deputati alla posizione ortostatica.
“Andiamo alla cassa?” Chiede, come in un sussurro, premurosa, l'italiana.
“Già fatto!”
“Dio at bandissa!”
Sorrisi, le mani si stringono e trasmettono emozioni.
“E dove mi porti ora?”
“A scopare in un hotel a ore!”
Alcuni cani abbaiano nella hall, guardandosi intorno con fare inquieto, mentre i padroni ne tirano i guinzagli.
Nel frattempo anche Burton ha stappato la sua bottiglia, quella che si stava lucidando in tasca, e ne ha tratto copiosa schiuma che ora gli bagna le mani. Resta lì come inebetito, mentre gli ultimi schizzi si riversano stancamente nel tessuto dei calzoni.
Un uomo gli si avvicina. Un commesso del hotel.
“Burton?”
Lui alza lo sguardo, come stranito, come se dopo il raspone si trovasse in camera sua e venisse apostrofato da un chicchessia che chissà come e chissà perchè è comparso di fianco al suo letto.
Con gesto automatico estrae la mano dalla tasca, la allunga e stringe quella dell'inserviente che, dopo la stretta, avverte una strana sensazione di appiccicoso.
“È qui per le sedie? Venga, la accompagno ai giardini interni.”
Burton si riscuote, solleva le sedie e segue il cameriere. Nel naso un profumo di fragole e oriente.
Il cameriere si strofina le dita della mano.
“Ma che cazzo ho toccato di appiccicoso?”
“È in arrivo sul quinto binario il treno interregionale Freccia Rossa proveniente da Firenze Bologna... aaaaaaahhhh! Allontanarsi dalla linea... aaaahhh... allontanarsi... hhh... cazzo, fammi finire! Allontanarsi dalla linea giallaaaaahhhhhhhh!”
Due occhi orientali scrutano impazienti la banchina, in cerca di un volto, un particolare.
“Di sicuro troverò io te, e non il contrario!” aveva chiosato Serena nell'ultima telefonata.
Ma io non rinuncio all'idea e cerco di identificarla tra la folla. Una donna sola, bagaglio minimo.
Gli uomini d'affari controllano i loro orologi e si affrettano a cercare qualche taxi sciamando giù dalle scale, aggiustandosi la cravatta ed i polsini delle camicie inamidate, secondo un rituale consolidato.
Due occhi furtivi cercano di riconoscere tratti asiatici tra le persone che aspettano in fondo alla banchina. Serena si affretta, non vuole farsi aspettare ed è impaziente.
Due occhi a mandorla, zigomi alti, capelli lunghi, lisci e neri.
Una ragazza cerca tra la folla.
Sarà lei?
“Vacca cane, è lei? Così giovane? Così alta?”
No, forse no, però... mica male! Eppure, altre donne asiatiche non... sì, forse è lei! Provo a sorriderle? Sta cercando qualcuno, o qualcuna...
Mentre Yuko si alza in punta di piedi, una donna le si avvicina di lato, del tutto fuori dal suo campo visivo.
Assurdo, si cerca con puntiglio e poi qualcuno ti si avvicina e neanche lo vedi.
Ci provo, sarà lei? Beh, in fondo che può succedere?
“Yuko?”
Abbasso lo sguardo e la vedo. Sorrido sciogliendomi in una tenerezza più morbida del burro.
“Sei tu?”
Annuisce. È lei.
Chiunque avrebbe risposto alla stessa maniera a quella ovvia domanda. Eppure è una domanda piena di sottintesi.
Lei sorride.
Le due donne si sorridono.
Si abbracciano, forte forte.
“Sei davvero tu...!”
“Serena! Non ti avrei mai riconosciuto! Sei diversissima dalle foto, sei più scura, credevo che fossi più riccia!”
“Tu invece... beh, non potevo sbagliare, eppure non osavo pensare che fossi tu. Anche tu, in foto sei diversa. Sei bellissima in quella foto, ma dal vivo, dal vivo...”
“Lo sapevo, hai degli occhi bellissimi, ma il sorriso...”
Serena si solleva sulle punte e si allunga in un bacio, resta indecisa, ma poi è la giapponese che le porge le labbra, arricciate, sporgenti, come un piccolo bocciolo.
Un tocco delicato, forse solo sfiorato. Un rossetto fucsia scuro si appoggia ad uno vermiglio.
Quel tanto per sentire il profumo dei rispettivi cosmetici.
Serena si guarda in giro, quanti l'avranno vista?
“Non importa, non ci vede nessuno. Qui a Milano puoi girare con le budella in mano e nessuno ti degno di uno sguardo.”
Le due si prendono per le mani e restano a guardarsi per quasi una settimana.
Non ci sono parole.
La donna discesa dal treno emette dei piccoli gridolini, ultrasuoni che solo i cani ed un udito allenato riescono a percepire. Intorno è tutto un latrare innervosito, ma la giapponese ha percepito. Si morde un labbro e resta a contemplare la donna d'affari risalita lungo la via Emilia.
La banchina è ormai vuota.
“Dai, mo! Dove mi porti, stellina?”
Yuko le risponde con uno sguardo di mistero. Alza le sopracciglia e il dito indice, ma non dice nulla.
Prende l'amica per mano e con passo deciso si allontana dai binari, attraversa i mosaici e infila una di quelle immense scalinate che portano ogni giorno i vari fiumi di persone nel delta alluvionale di piazza Duca d'Aosta.
I cani ricominciano a ringhiare infastiditi, Serena emette ultrasuoni.
L'aria ormai è tiepida in prossimità dell'ora di pranzo ed i luoghi di ristoro aprono i battenti lungo via Vittor Pisani esalando i loro aliti saturi di pietanze: pizze, patatine, sughi di pomodoro, kebab.
Serena cammina con gli occhi appiccicati all'orientale, che invece guarda dritta davanti a sè e procede con passo deciso. Solo ogni tanto una mielosa occhiata alla donna che traghetta per mano.
“Non mi vuoi proprio dire nulla?”
Nessuna parola, la jap scuote solo la testa.
L'altra ride e minaccia bonariamente con la mano tesa: “Ad dag quel!”
“Tu non dai proprio nulla!” si ferma Yuko e con un dito le tocca la punta del naso.
Sorride. Le mani si stringono forte. Emozioni e sudore.
I larghi viali conducono verso il sole di piazza della Repubblica, ma le due svoltano subito a destra e si fermano davanti all'insegna decorata: “Hotel Gallia Excelsior”
“Che te vegn un ch... Cinque stelle, cazzo!”
“Apperò!”
“Dicevo in segno di rispetto, veh?”
Giù risate.
“Va beh che sei una stellina, ma non avrai prenotato una suite in un albergo a cinque stelle, eh?”
“Tesoro, di reni ne ho solo due, e mi servono ancora. Sono ancora troppo giovane per andare in dialisi.”
“Che Dio at bandissa!”
Senza altre spiegazioni Yuko si infila decisa nella hall, lascia la mano dell'amica e si avvicina ad un cameriere in livrea che, solerte, le è subito venuto incontro. Poche parole, un paio di gesti di assenso e la nipponica ritorna nel vestibolo, racimola la manager e se la trascina in un luminoso attico con tende aperte su spaziose vetrate.
Si siedono ad un tavolino con vista sulla piazza, una tovaglia splendente di ricami in rilievo. Un raggio di sole ne fa scintillare la trama di broccato, come in un quadro barocco.
Serena spalanca gli occhi di stupore. Cosa avrà progettato l'asiatica per quel loro primo fugace incontro? Ma Yuko non si sbottona. Con un mezzo sorrisetto soddisfatto continua a fissare negli occhi la donna, pregustandosi le colorite esclamazioni.
Addirittura due camerieri si affaccendano ora al tavolo.
Compare un contenitore di cristallo strabordante di fragole rosse, due forchettine in argento, fini tovagliolini.
“Dio te stradòra!”
Due snelli flutes ed una vaschetta pure in argento con un collo che sporge, rivestimento dorato.
Quando i camerieri si allontanano, Serena si sporge sul tavolino, come per non farsi sentire.
“Ma Yuko! Sei impazzita? Cosa facciamo adesso?”
“Ti piace lo champagne?”
“A tal dèg!”
L'asiatica solleva la bottiglia, lievemente appannata.
Arancione dorato, senza troppi decori, con quella scritta bordeaux scuro.
“Krug grande cuvée.”
“Ca t' gnis un cancher! Qui ciapem la bala, Yuko!”
La donna del sol levante, che si stava trattenendo a fatica, esplode in una risata incontenibile, si piega a metà e scompare sotto il tavolo. Alcuni avventori agli altri tavoli si girano incuriositi, Serena si guarda intorno con un certo imbarazzo.
Una orientale che si strozza mentre ride, piegata in due, la testa tra le ginocchia in due corti jeans, i capelli che lambiscono il pavimento decorato.
La protagonista della lezione lessicale è rossa di imbarazzo, mentre l'altra ricompare sopra il livello del tavolo, di una sfumatura arancione che ricorda l'etichetta della bottiglia.
“Yuko, sei sicura che poi non dobbiamo dargli il culo, vero?”
I modenesi hanno un modo di fare, una parlata, di quelle metafore, che è praticamente impossibile restare seri. Un po' come i toscani; ma quelli sono oltre appennino e ormai in centro Italia. Di qua dal monte Cimone ci si sente più a casa, “caplet ad zuca” e “parsot e mlon”.
Yuko assume un piglio professionale, apre la bottiglia e riempie i due flutes, sotto gli occhi ormai liquidi dell'emiliana.
“Cin cin!”
“At voi bein!”
Il tempo si dilata mentre la donna della Ghirlandina si nutre di momenti e di particolari.
La nipponica regge lo stelo trasparente con due dita, il sole si rifrange nel perlage restituendo preziosi scintillii dal cristallo.
Il liquido finemente paglierino si muove nel bicchiere inclinato, incontro a tue tumide labbra color fucsia. Un bocciolo di rosa, le due labbra finemente increspate, appena appena aperte, nell'atteggiamento di un furtivo bacio.
Come una scena che si svolge al rallentatore il bordo regolare del cristallo si appoggia su un lenzuolo di morbido labbro, vi trova dimora.
Quelle labbra intensamente fucsia, in quella posizione come di suzione, come per baciare un capezzolo, morbide e corpose, e il bordo liscio e lucente del calice, adagiato come un pisello nel suo bacello. Una goccia del prezioso liquido entra in bocca e viene assaporata.
Serena non si è persa un microsecondo di questa scena, dilatata nello spazio, rallentata e riprodotta su uno schermo gigante.
Un'estasi, un coito, una sinfonia di piacevoli sensazioni.
Si morde le labbra e sente formicolii accarezzarle i seni, i capezzoli lievitare e una vibrazione trovare riposo tra gli inguini.
Yuko si è accorta di essere sotto la lente di ingrandimento. Deglutisce lo champagne e sorride all'amica.
“Tutto ok?” le chiede con uno sguardo incoraggiante.
“Ma boia d'un mond leder!”
Le due donne si guardano profondamente negli occhi, un sorriso scolpito sulle labbra.
Poi, come risvegliandosi da un sogno, Serena solleva il suo calice e assaggia il prezioso vino.
Sinfonia di aromi e retrogusto, delicato perlage, essenze selezionate.
Un universo di fini sapori le scorre sulla lingua mentre si perde nei boulevard di Parigi, in una primavera di sentori di fiori.
Una piccola traccia di rossetto vermiglio rimane sul bordo del flute, gemella di un'analoga sfumatura fucsia nel calice di fronte.
L'orientale non stacca lo sguardo dagli occhi che la fissano e prende con lentezza una fragola, ne avverte la fine porosità sotto i polpastrelli, la superficie liscia minutamente butterata di piccoli crateri.
Il rosso vermiglio e acceso.
Una fragranza di profumi si leva dalla fruttiera scintillante di riflessi.
Solo ora le due donne se ne rendono conto, come risvegliate nei sensi.
Un aroma, un profumo così intenso che lo percepiscono già respirandolo, sulle papille gustative.
Una carezza avvolgente.
O forse è l'effetto dello champagne, che sublima ed esalta il gusto della fragola.
L'orientale si porta il frutto alle labbra.
Quella forma allungata, come una lingua vivida, i contorni morbidi.
Per un attimo la visione si espande su una fragola rosso-fiaba protesa ed indirizzata verso due labbra fucsia leggermente aperte, pronte ad accoglierne il contatto.
Yuko sporge appena la lingua e lambisce l'apice della fragola, la punta della lingua scivola intorno al vertice smusso della fragola, come intorno ad un capezzolo gonfio.
Un movimento lento e ponderato.
Serena ha uno spasimo che le contrae lo stomaco e le bagna le mutandine, come un fiotto tiepido che le sgorga dalla vulva richiamando, nello stesso momento, un alito misto ad un gemito che le esala dalle labbra.
Lo sguardo fisso su quella lingua che lambisce la fragola e non demorde.
Sporge appena e quasi non si vede, ma con piccoli tocchi, la lingua morbida si fonde con la liscia superficie del frutto.
Tutto così peccaminoso, come una Eva che regge nelle mani il pomo del peccato.
Yuko avvicina la punta della fragola alle labbra, ne sugge un velo di aroma, come un piccolo bacio, e la riavvolge con la carezza della lingua. Lo sguardo pugnalato negli occhi della donna di fronte a lei.
Serena libera un piede dal sandalo ed alza la gamba, si allunga ed appoggia il piede tra le cosce dell'asiatica, già lievemente divaricate, si fa strada seguendo il tessuto liscio dei jeans e si assesta dove sente più caldo, dove le cosce si uniscono.
I jeans scivolano un poco sulla sedia e le cosce si allargano per agevolare la manovra. Sotto quel tessuto, insieme al calore, la vulva sta schiumando aromi di umidità.
Le dita smaltate del piede grattano la superficie ruvida dei calzoni, il calore che ne emerge è ben percepibile. Le cosce giapponesi si allargano per fare spazio.
“Fa a mod, nipponica!”
All'esterno dell'hotel un furgoncino blu si è fermato distante dall'ingresso principale, ma prossimo alle vetrate della salle à manger.
“Burton Logistica” la scritta arancione, ben contrastata e quasi in rilievo.
Il dirigente nonché commesso e unico dipendente, si carica di seggioline da giardino e mentre si avvicina all'ingresso secondario passa davanti alle vetrate del ristorante.
“Cazzo, ma quella so chi è!”
Pietrificato, dietro l'effimera cortina di riflessi, vede una giapponese che sta facendo un pompino ad una fragola. La vista si affila su una lingua che sporge tra le labbra e lecca con movimenti circolari la punta di una grossa fragola, rossa come il peccato, di un profumo così intenso che, Burton ne è sicuro, lo percepisce distintamente, pure lui, anche oltre il vetro.
“Porca troia, ne sono sicuro, è Yuko!”
Appoggia le seggioline che cominciano a pesare e si aggiusta il cappellino da baseball.
Dopo i primi attimi di sgomento, allarga la visuale e guarda sotto il tavolo.
Jeans corti e cosce nude, aperte e... un piede con le unghie smaltate che invoca rifugio tra le cosce, muove le dita in provocanti carezze sulla vulva dell'asiatica.
Segue a ritroso la gamba affusolata, supera i confini del bordo di una gonna leggera attaccata alla quale prende forma una bella donna abbronzata. Capelli castani finemente ondulati ed una coppa di champagne nella mano.
Le due donne si stanno guardando oltre una vaschetta argentata da cui spunta un collo. Un lievissimo alito di vapore bianco esce ancora dalla bottiglia, appena aperta su un vino spumante.
Completata la coreografia, lo sguardo del lavoratore ritorna sulla fragola, accuratamente vezzeggiata da una lingua che si percepisce calda ed umida.
Una progressiva tumescenza si fa strada nella tuta da lavoro, sgomitando tra mutande improvvisamente troppo strette.
Lo sguardo intenso della donna orientale non si discosta dalla sua compagna e quella lingua...
Quella lingua che avvolge la fragola, quelle labbra che ne succhiano delicatamente la punta.
Burton si sente quelle carezze direttamente sul glande e senza avvedersene si aggiusta il pacco, che stava soffrendo ripiegato in due.
“Lo sapevo! La prima volta che vengo a Milano! Dovevo aspettarmelo che sarebbe successo. Dovevo mettere i boxer.”
Yuko ha messo la fragola tra i denti, la accarezza; con i bianchi incisivi ne gratta delicatamente la superficie. Gli occhi magnetizzati nello sguardo dell'emiliana.
Serena si morde le labbra, le pupille oscillano tra la bocca della giovane, quelle labbra fucsia che masturbano la fragola, e lo sguardo, gli occhi scuri sotto le palpebre allungate nella piega orientale.
Muove le dita del piede tra le cosce della ragazza, avverte addirittura il bagnato inzuppare il tessuto dei jeans, proprio lì, sulla vulva, dove sta affondando le dita in quelle cosce aperte.
Burton deglutisce rumorosamente. Si accorge di essere rimasto a bocca aperta e si ritrova di colpo le fauci piene di saliva.
Lo sguardo calamitato.
Quei denti che scalfiscono appena la punta della fragola, quelle labbra gonfie e spesse che ne accarezzano la superficie, la lingua che la sfiora, punta contro punta, frutto di passione a contatto del frutto dal sapore di primavera.
L'erezione si fa strada come un soufflè che lievita nel forno.
Yuko all'improvviso morde la punta della fragola.
“Aaahh!” scappa d'istinto un piccolo urlo al commesso, che ha percepito quel morso sul proprio onore. Ma è solo una fallace impressione. Si guarda in giro. Nessuno ha sentito, nessuno lo sta guardando.
La giapponese indugia ora, le labbra arricciate mostrano gli incisivi macchiati dal sangue della fragola. Una stilla rossa geme dal frutto, e viene raccolta dalla punta della lingua, in una lenta e pietosa carezza.
Yuko assapora la fragola, ne distingue le componenti aromatiche, poi, con l'altra mano, guida il flute per un piccolo sorso di champagne.
“Davvero buone le fragole con lo champagne!” riprende il discorso come se non fosse stato interrotto, come se nel mezzo le due donne non si fossero concesse un orgasmo di lingue, di sapori e di sentori di donna eccitata.
“Aha!” risponde lentamente la regina della Ghirlandina, prendendo a sua volta una fragola ed avvicinandola alla bocca. Ne annusa l'aroma, la tocca con la lingua come poco prima aveva visto fare la donna di fronte, si dilunga a riconoscere con la punta le fini irregolarità sulla superficie del frutto, ne aspira voluttuosamente l'aroma cristallizzandolo alla base della lingua. Poi un sorso di nettare ed il morso del frutto.
Connubio inaspettato, estasi di sapori, il bianco secco si alterna al dolce e vaporoso aroma di fragola. Per un attimo le dita del piede si fermano dal continuo lavorio al cavallo dei calzoni. L'attenzione è rapita da quel valzer di sapori, sotto lo sguardo scuro ed esotico della ragazza del sole nascente.
Un'altra fragola, Serena mesce altro Krug nei due flutes sbeccati di rossetto.
Le labbra accarezzano i frutti, i denti affondano nella cedevole consistenza della polpa matura evaporando l'aroma della primavera.
La lingua della manager si accarezza le labbra vermiglie e la donna scambia i due calici. Vuole sulle sua labbra il rossetto fucsia della sua compagna e offre la sua macchia di sangue per la lingua dell'altra.
Burton, all'esterno, si è messo una mano in tasca e lentamente dà l'olio ad un salsicciotto di cervo che richiede imperiosamente le sue attenzioni.
“Ti piace?” chiede Yuko all'amica, sporgendo ancora un poco il bacino alle carezze del piede che le tormenta i genitali esterni.
“Di mondi!” risponde l'altra, percependo i movimenti delle anche dell'asiatica ed affondando il piede nudo con più convinzione nel soffice giaciglio. Con la lingua tormenta la macchia di rossetto fucsia lasciato sul bicchiere dalla ragazza, come per nutrirsene, come in una metaforica carezza di lingua sulle labbra imbellettate della giovane orientale.
Un altra mescita riempie i calici. Nonostante le fragole, Yuko comincia a sentire la testa leggera, non avvezza agli alcoolici. E poi, in fondo, a parte le fragole sono entrambe digiune.
L'emiliana, rodata da fiumi di lambrusco di Sorbara, tiene botta e continua a grattare i calzoni con le dita del piede.
I sapori si alternano e si esaltano vicendevolmente. La fragole esacerbano la sfumatura brut del fine vino e il liquido citrino fa esplodere armoniche di sapore nel frutto che richiama il bacio della donna, il rosso cuore del sentimento più dolce.
Sarà l'alcool, sarà l'eccitazione di questo primo incontro. Sarà l'imperturbabile e continuo grattino delle dita smaltate sulla vulva della giovane.
Yuko comincia a presentare alcuni spasmi alla bocca dello stomaco, che le bloccano il respiro.
Non può più fermarsi e Serena se ne è perfettamente accorta. Spinge il piede nell'imbuto caldo e ormai francamente bagnato e intanto beve voluttuosamente un abbondante sorso di Krug dal calice.
Non bisogna fare casino, questo è chiaro nella mente della giapponese, forse l'ultimo pensiero lucido.
Un'ultima fragola, un ultimo sorso di brut ed è già ora di bloccare la bocca semiaperta. Gli occhi si chiudono, come un sipario su uno spettacolo teatrale, ma nessun gemito trapela oltre le corde vocali.
Le dita si artigliano sulla tovaglia e l'orgasmo raggiunge il suo apice.
Il respiro bloccato, poche scosse di diaframma, poi un calore che invade tutto il corpo, risale dalla vulva ai seni e poi al collo ed alla nuca. Le tempie pulsano mentre il respiro riprende affannoso.
Serena raccoglie tutti i frutti delle sue stimolazioni, trasformate in un profuso colliquare di secrezioni vaginali che le inumidiscono le dita del piede. Con lo sguardo ha catturato tutti i particolari dell'orgasmo che ha scosso la giovane dall'altra parte del tavolo, ed ora la vede sciogliersi nel torpore che chiederebbe un abbraccio.
Yuko riapre gli occhi con uno sguardo stuporoso, prende un'altra fragola nella mano tremante, ma non riesce ad avvicinarla alle labbra: il solo contatto le strapperebbe un gemito di piacere, tanto è aumentata la sensibilità erogena della sua bocca nei primi postumi dell'estasi.
Con sguardo come attonito guarda la sua compagna, incapace di proferire una sola parola, restituendole solo il suo respiro accelerato a testimonianza di quanto sta accadendo al di sotto dei suoi vestiti. I seni gonfi mostrano i capezzoli eccitati, sotto gli indumenti senza reggiseno.
Serena ritira il piede. Con una mano si tocca le dita del piede, sotto il tavolo, poi porta la mano al naso, per percepire la fragranza degli umori sessuali della donna asiatica.
Intenso profumo, forte impregnazione di vulva, una prestazione convincente.
Si rimette il sandalo e assapora, centellinandola, l'ultima stilla di champagne.
Un gesto di assenso di Yuko le conferma che ora si sente di nuovo in grado di reggere la posizione eretta.
Le due donne si alzano. Un piccolo colpo di tosse fa sgorgare un fiotto di muco nelle mutandine della imprenditrice, che si ferma un attimo, con un'espressione perplessa.
Gli slip di Yuko, invece, sono saturi. Una piccola verifica ispettiva conferma una scura macchia di bagnato al cavallo dei suoi jeans.
“Complimenti!”
Le due donne si sorridono e si prendono per mano, sorreggendosi in un'incerta posizione eretta. Alcool e orgasmo hanno reso precaria l'attività dei muscoli deputati alla posizione ortostatica.
“Andiamo alla cassa?” Chiede, come in un sussurro, premurosa, l'italiana.
“Già fatto!”
“Dio at bandissa!”
Sorrisi, le mani si stringono e trasmettono emozioni.
“E dove mi porti ora?”
“A scopare in un hotel a ore!”
Alcuni cani abbaiano nella hall, guardandosi intorno con fare inquieto, mentre i padroni ne tirano i guinzagli.
Nel frattempo anche Burton ha stappato la sua bottiglia, quella che si stava lucidando in tasca, e ne ha tratto copiosa schiuma che ora gli bagna le mani. Resta lì come inebetito, mentre gli ultimi schizzi si riversano stancamente nel tessuto dei calzoni.
Un uomo gli si avvicina. Un commesso del hotel.
“Burton?”
Lui alza lo sguardo, come stranito, come se dopo il raspone si trovasse in camera sua e venisse apostrofato da un chicchessia che chissà come e chissà perchè è comparso di fianco al suo letto.
Con gesto automatico estrae la mano dalla tasca, la allunga e stringe quella dell'inserviente che, dopo la stretta, avverte una strana sensazione di appiccicoso.
“È qui per le sedie? Venga, la accompagno ai giardini interni.”
Burton si riscuote, solleva le sedie e segue il cameriere. Nel naso un profumo di fragole e oriente.
Il cameriere si strofina le dita della mano.
“Ma che cazzo ho toccato di appiccicoso?”
0
voti
voti
valutazione
0
0
Continua a leggere racconti dello stesso autore
racconto precedente
Orgasmoracconto sucessivo
Notte di guardia
Commenti dei lettori al racconto erotico