Caffè macchiato caldo
di
Yuko
genere
prime esperienze
Lunedì.
Lunedì di ritorno dalle vacanze, dal fresco della montagna al caldo afoso di Milano.
Lunedì dopo una notte nel frastuono delle feste per un europeo vinto. Chiasso fino alle tre di notte.
Con gesti consegnati alla memoria metto il caffè sul fornello.
Quella sensazione di sabbia negli occhi di chi ha dormito poco.
E bisogna trovare forza e motivazioni per riprendere il lavoro.
Mentre mi immagino le molecole d'acqua scomporsi in vapore per aggredire la polvere nera e trarne la bevanda tonica, da dietro due mani delicate mi prendono i seni.
Carezze e palpeggiamenti che non aiutano nell'idea di dedicarsi al lavoro nelle imminenti ore.
Le mani si infilano sotto la camicia da notte e ora la pelle dei seni e i capezzoli cedono all'assalto leggero di dita ossequiose.
Di più.
Da sotto il bordo succinto della camicina, qualcosa mi si infila tra le cosce e sale aderendo, cercando il contatto con la mia vulva assopita.
Il caffè sale gorgogliando e trova la sua destinazione in due tazze grandi, esalando respiri ricchi di aromi.
E come sale il caffè, sembra salire la barriera di un passaggio a livello telescopico che mi si allunga tra le cosce.
Tra poco mi sentirò come una ginnasta seduta su una trave d'equilibrio, fra un po' forse non toccherò più con la punta dei piedi, come in sella a un focoso destriero, sollevata da una forza che intuisco.
Tempo per una sveltina non ce n'è.
Eppure devo trovare forza e motivazioni, se no in pochi minuti mi ritrovo in ginocchio su una sedia, con la schiena piegata in avanti, a farmi gonfiare a 75 PSI, come le gomme della mia bicicletta da città, da dietro, ça va sens dire.
Genio e improvvisazione, cogliere l'attimo.
Prendo in mano la leva del cambio per non perderne il controllo. Mi giro e mi inginocchio.
L'amichetto è già ben sveglio e mi punta dritto tra gli occhi, come il dito accusatore di un impietoso pubblico ministero.
Le mie amorevoli labbra se ne prendono cura, il caldo umido della mia bocca lo accoglie e la mia lingua lo avvolge come una calda e umida trapunta.
Poche mosse fatte con perizia e già l'olandese consegna l'anima a un orchestra di archi celestiali.
O almeno questo si evince dalla sua espressione beata e paradisiaca.
Chiude gli occhi e mi mette le mani tra i capelli per guidarmi il capo nell'opera di lubrificazione del pistone.
Continuo con passione, circondata da manifestazioni di consenso e apprezzamento, finché il respiro si blocca, i suoi muscoli si irrigidiscono, sento caricare il moschetto prima dello sparo.
Ed ecco, rapida allontano la bocca e continuo con una mano.
Nell'altra è pronta la tazza di caffè, subito irrorata da due schizzi di seltz con sfumatura avorio.
Due getti di candida panna, come direttamente munta dal capezzolo di una mucca.
L'olandese si perde in rochi vocalizzi mentre guido il terzo schizzo nella tazza, giusto per quella schiumetta che fa tanto, all'occhio e alle labbra.
La quarta uscita del romanzo a puntate me la raccolgo in bocca e accompagno l'olandese al risveglio dal coma, senza trascurare inserti e appendici.
Con un lungo sospiro, alla fine, Ios riapre gli occhi, sotto la fronte arrossata e imperlata di sudore.
Il suo sguardo si focalizza su una ragazza orientale che mescola un caffè per amalgamare per bene la mescita di panna “bio”.
La donna avvicina il cucchiaino alle labbra e degusta con uno sguardo attento e l'espressione da fine intenditrice.
“Mmmm!” soddisfazione per la felice intuizione.
“Macchiato?” gli chiedo.
Lui si risveglia dal letargo. “Macchiato, che cosa?”
“Il caffè, vuoi uno schizzo di panna? Anche tu, intendo.”
Mi guarda senza capire. Mi chiedo cosa direbbe se un cucchiaino scomparisse tra le mie cosce, ritornando alla luce filante di miele incolore per tuffarsi nel suo caffè. Temo che stamattina non capirebbe.
“Uno schizzo di che?” chiede ancora mentre ripone l'arma nella custodia.
Gli sorrido maliziosa, ma non gli spiego nulla.
Mi gusto il caffè macchiato caldo.
Questo si chiama unire l'utile al dilettevole.
Lunedì di ritorno dalle vacanze, dal fresco della montagna al caldo afoso di Milano.
Lunedì dopo una notte nel frastuono delle feste per un europeo vinto. Chiasso fino alle tre di notte.
Con gesti consegnati alla memoria metto il caffè sul fornello.
Quella sensazione di sabbia negli occhi di chi ha dormito poco.
E bisogna trovare forza e motivazioni per riprendere il lavoro.
Mentre mi immagino le molecole d'acqua scomporsi in vapore per aggredire la polvere nera e trarne la bevanda tonica, da dietro due mani delicate mi prendono i seni.
Carezze e palpeggiamenti che non aiutano nell'idea di dedicarsi al lavoro nelle imminenti ore.
Le mani si infilano sotto la camicia da notte e ora la pelle dei seni e i capezzoli cedono all'assalto leggero di dita ossequiose.
Di più.
Da sotto il bordo succinto della camicina, qualcosa mi si infila tra le cosce e sale aderendo, cercando il contatto con la mia vulva assopita.
Il caffè sale gorgogliando e trova la sua destinazione in due tazze grandi, esalando respiri ricchi di aromi.
E come sale il caffè, sembra salire la barriera di un passaggio a livello telescopico che mi si allunga tra le cosce.
Tra poco mi sentirò come una ginnasta seduta su una trave d'equilibrio, fra un po' forse non toccherò più con la punta dei piedi, come in sella a un focoso destriero, sollevata da una forza che intuisco.
Tempo per una sveltina non ce n'è.
Eppure devo trovare forza e motivazioni, se no in pochi minuti mi ritrovo in ginocchio su una sedia, con la schiena piegata in avanti, a farmi gonfiare a 75 PSI, come le gomme della mia bicicletta da città, da dietro, ça va sens dire.
Genio e improvvisazione, cogliere l'attimo.
Prendo in mano la leva del cambio per non perderne il controllo. Mi giro e mi inginocchio.
L'amichetto è già ben sveglio e mi punta dritto tra gli occhi, come il dito accusatore di un impietoso pubblico ministero.
Le mie amorevoli labbra se ne prendono cura, il caldo umido della mia bocca lo accoglie e la mia lingua lo avvolge come una calda e umida trapunta.
Poche mosse fatte con perizia e già l'olandese consegna l'anima a un orchestra di archi celestiali.
O almeno questo si evince dalla sua espressione beata e paradisiaca.
Chiude gli occhi e mi mette le mani tra i capelli per guidarmi il capo nell'opera di lubrificazione del pistone.
Continuo con passione, circondata da manifestazioni di consenso e apprezzamento, finché il respiro si blocca, i suoi muscoli si irrigidiscono, sento caricare il moschetto prima dello sparo.
Ed ecco, rapida allontano la bocca e continuo con una mano.
Nell'altra è pronta la tazza di caffè, subito irrorata da due schizzi di seltz con sfumatura avorio.
Due getti di candida panna, come direttamente munta dal capezzolo di una mucca.
L'olandese si perde in rochi vocalizzi mentre guido il terzo schizzo nella tazza, giusto per quella schiumetta che fa tanto, all'occhio e alle labbra.
La quarta uscita del romanzo a puntate me la raccolgo in bocca e accompagno l'olandese al risveglio dal coma, senza trascurare inserti e appendici.
Con un lungo sospiro, alla fine, Ios riapre gli occhi, sotto la fronte arrossata e imperlata di sudore.
Il suo sguardo si focalizza su una ragazza orientale che mescola un caffè per amalgamare per bene la mescita di panna “bio”.
La donna avvicina il cucchiaino alle labbra e degusta con uno sguardo attento e l'espressione da fine intenditrice.
“Mmmm!” soddisfazione per la felice intuizione.
“Macchiato?” gli chiedo.
Lui si risveglia dal letargo. “Macchiato, che cosa?”
“Il caffè, vuoi uno schizzo di panna? Anche tu, intendo.”
Mi guarda senza capire. Mi chiedo cosa direbbe se un cucchiaino scomparisse tra le mie cosce, ritornando alla luce filante di miele incolore per tuffarsi nel suo caffè. Temo che stamattina non capirebbe.
“Uno schizzo di che?” chiede ancora mentre ripone l'arma nella custodia.
Gli sorrido maliziosa, ma non gli spiego nulla.
Mi gusto il caffè macchiato caldo.
Questo si chiama unire l'utile al dilettevole.
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