Una banconota da cento euro
di
Margie
genere
esibizionismo
Mi hai promesso “il peggio”. Ora sono qui davanti a te, nuda. Mi sfiori i piercing. Mugolo, ansimo... una pausa? Carogna, non si fa così. È vero, sono la tua puttana. La tua puttana fradicia: me lo mostri passandomi le dita fra le grandi ali della mia farfalla. Accosti le dita bagnate al mio naso, mi mostri il succo denso che da me hai estratto. Sento il mio odore e una scarica di adrenalina, non la prima. Mi trattieni, devo aspettare. Perché, fottutissima carogna? Fammi venire, rendimi libera, per un attimo, poi sarò di nuovo pronta ad essere la tua troia. Mi mostri la banconota da cento con cui mi hai comprata. Un simbolo, non un obolo. Un simbolo, non un limite. E adesso voglio di più. No, non una somma più grande, ma esser di più la tua puttana. Per la voglia sono indolenzita. Mi tocchi anelli e barrette, creando fitte brevi di dolore ed estreme di voglia. Apri la valigia. Tiri fuori un vestito, mi dici. Se fosse della mia taglia sarebbe piuttosto succinto. Ma la taglia è più piccola e mi si vede quasi tutto, soprattutto le tette, di lato è tutto aperto. Mi vedo così agghindata nella mente prima che nello specchio. Credo di essere prossima all'orgasmo. So che manca tantissimo perché si realizzi. Mi fai vestire. Più esattamente: mi fai indossare quel poco e usciamo. Feroce calore d'inizio pomeriggio estivo. Gareggia col calore dentro di me.
Sono scalza. Sai che mi piace sentire le piante dei piedi appoggiarsi per terra senza protezione di suole. Sai anche che effetto mi fa. Mi ricordi che mi hai pagata. Come farò a resistere alla tentazione di darmi piacere da me, con te accanto? Siamo all'aperto, asfalto, ciottoli medievali. Non voglio incontrare nessuno, mi vergogno dell'abito, ma soprattutto della mia espressione, quella che ho visto rispecchiarsi passando davanti a una vetrina. Se questa mia espressione fosse una parola sarebbe “sfondami”. L'asfalto mi stuzzica i piedi, piccole scosse che si diffondono qua e là per il mio corpo. Tante piccole scosse che diventano anch'esse padrone di me. Mi sembra che le ali della mia farfalla tremino fin quasi a farmi volare. Rari passanti mi vedono e scuotono la testa. Nella mia testa, invece, una gran confusione di voglie e di bisogni, che smembrano i miei tentativi di dissimulazione. Ti sussurro in un orecchio la mia supplica. In risposta mi parli dei palazzi lungo la via, me li indichi. Carogna. Mi farei sbattere in ognuno, a morte. Condannami a morire di piacere. Una volta morta potrai riprenderti la tua banconota, quella grazie alla quale ora sono la tua puttana. Stiamo rientrando. Adesso sono all'inferno, un coro che arde, una fontana occlusa. Sto per scoppiare quando la porta della nostra camera si apre. I tuoi pantaloni per terra. Non serve la mia bocca, adesso, se non per implorarti. Non ti serve la mia bocca, adesso, lo so per certo, anche se pensare è un'attività che potrei svolgere soltanto in un'altra galassia. Mi prendi un anello e tiri un po': urlo di voglia. Entri in me e mi sbatti, mi punisci: il tuo potere mi esalta, il mio bisogno mi fa giocare coi piercing. Fondendo stimoli e conseguenze. Vorticano attorno a me stanza e letto, finestre e porte. La fine e l'inizio, la pace e la guerra, la morte e la vita, il nero e il bianco. Il serpente Kundalini. I miei capezzoli martoriati, le
gonfie labbra della mia passera stanno scoppiando; il loro fragore occulterà queste mie grida. Come sempre si cancella i mondo, l'unica realtà sta nel tuo penetrarmi, l'unica mia parola non è un'implorazione ma una serie di rantoli, mentre tremo schizzando, mentre vibro attendendo il tuo orgasmo. Il tuo orgasmo: la mia corona di regina delle troie.
Sul letto l'amore liquido dei nostri profumi densi. Dentro di me, dove maggiore è il calore, l'attesa che tu riprenda quella banconota da cento e me la rimetta in mano, serpente Kundalini, dicendomi: “Ora che ti ho pagata fai ciò che voglio io”. Fra poco lo farai, lo so. Fra poco lo farai perché ne ho bisogno, ancora. Aspetterai che io ritrovi la coscienza? Oppure cederai a me, come se t'avessi dato una banconota da cento per riceverti dentro?
Sono scalza. Sai che mi piace sentire le piante dei piedi appoggiarsi per terra senza protezione di suole. Sai anche che effetto mi fa. Mi ricordi che mi hai pagata. Come farò a resistere alla tentazione di darmi piacere da me, con te accanto? Siamo all'aperto, asfalto, ciottoli medievali. Non voglio incontrare nessuno, mi vergogno dell'abito, ma soprattutto della mia espressione, quella che ho visto rispecchiarsi passando davanti a una vetrina. Se questa mia espressione fosse una parola sarebbe “sfondami”. L'asfalto mi stuzzica i piedi, piccole scosse che si diffondono qua e là per il mio corpo. Tante piccole scosse che diventano anch'esse padrone di me. Mi sembra che le ali della mia farfalla tremino fin quasi a farmi volare. Rari passanti mi vedono e scuotono la testa. Nella mia testa, invece, una gran confusione di voglie e di bisogni, che smembrano i miei tentativi di dissimulazione. Ti sussurro in un orecchio la mia supplica. In risposta mi parli dei palazzi lungo la via, me li indichi. Carogna. Mi farei sbattere in ognuno, a morte. Condannami a morire di piacere. Una volta morta potrai riprenderti la tua banconota, quella grazie alla quale ora sono la tua puttana. Stiamo rientrando. Adesso sono all'inferno, un coro che arde, una fontana occlusa. Sto per scoppiare quando la porta della nostra camera si apre. I tuoi pantaloni per terra. Non serve la mia bocca, adesso, se non per implorarti. Non ti serve la mia bocca, adesso, lo so per certo, anche se pensare è un'attività che potrei svolgere soltanto in un'altra galassia. Mi prendi un anello e tiri un po': urlo di voglia. Entri in me e mi sbatti, mi punisci: il tuo potere mi esalta, il mio bisogno mi fa giocare coi piercing. Fondendo stimoli e conseguenze. Vorticano attorno a me stanza e letto, finestre e porte. La fine e l'inizio, la pace e la guerra, la morte e la vita, il nero e il bianco. Il serpente Kundalini. I miei capezzoli martoriati, le
gonfie labbra della mia passera stanno scoppiando; il loro fragore occulterà queste mie grida. Come sempre si cancella i mondo, l'unica realtà sta nel tuo penetrarmi, l'unica mia parola non è un'implorazione ma una serie di rantoli, mentre tremo schizzando, mentre vibro attendendo il tuo orgasmo. Il tuo orgasmo: la mia corona di regina delle troie.
Sul letto l'amore liquido dei nostri profumi densi. Dentro di me, dove maggiore è il calore, l'attesa che tu riprenda quella banconota da cento e me la rimetta in mano, serpente Kundalini, dicendomi: “Ora che ti ho pagata fai ciò che voglio io”. Fra poco lo farai, lo so. Fra poco lo farai perché ne ho bisogno, ancora. Aspetterai che io ritrovi la coscienza? Oppure cederai a me, come se t'avessi dato una banconota da cento per riceverti dentro?
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