La moglie ceduta ad un’asta particolare (parte 6)
di
Kugher
genere
sadomaso
Avendo cominciato a conoscerlo, non stupì l’interruzione del discorso da parte sua.
“Voglio vederti nuda”.
Senza esitazioni si alzò, si mise di lato e si spogliò.
Lei ed il marito avevano il cuore a mille.
Come se ci si trovasse di fronte ad una porta e, con quel gesto, la aprisse per varcare definitivamente la soglia.
Marianna tornò davanti a farsi ammirare.
Alberto la guardò come fosse un oggetto ma, quella volta, un oggetto che appartiene.
Al termine dell’esposizione, le ordinò di inginocchiarsi. Fu sufficiente il dito indice verso il pavimento.
Voleva fosse chiaro sin dai primi momenti cosa fosse per lei.
“Puliscimi la suola”.
Non accennò ad alzare il piede, quindi la schiava si stese a terra sulla schiena davanti a lei.
Alberto appoggiò un scarpa sui suoi seni, senza grazia e mise l’altra davanti alla sua bocca appoggiando il tacco nella parte alta dello sterno.
La schiava davanti aveva la tipica suola di una scarpa usata.
Il Padrone non aveva nemmeno avuto l’accortezza di mettere scarpe nuove sapendo cosa avrebbe voluto e questo le disse molto di quell’uomo.
Alberto, dal canto suo, non era tanto interessato alla pulizia della suola, quanto al voler vedere la decisione di quella schiava, se si trattasse di una che voleva solo giocare o era disposta a
fare tutto.
Occorre una certa dose di sottomissione per leccare la suola delle scarpe e lui la voleva vedere in lei questa propensione.
La ragazza non osò alzare gli occhi sui suoi, non ce la fece, attirati a stare verso il basso come dalla calamita della sottomissione che porta sguardo, ginocchia e capo a stare bassi.
Fosse riuscita ad alzarli, avrebbe visto che il Padrone non la stava degnando di uno sguardo, come fosse naturale per lui avere una giovane donna che si appresta a leccare la suola.
Prese quindi in mano il piede per agevolarlo nella posizione.
Non fu facile e le occorse un certo sforzo per iniziare a posare la lingua sulla suola, ma lo fece senza far trasparire nulla, conscia anche del fatto che, con buone probabilità, quello era un
esame che, comunque, la stava sempre più consegnando a colui che la calpestava.
Temeva sempre di più quell’uomo come Padrone. Le faceva paura. Era duro e severo, oltre a dimostrare di non avere alcuna considerazione di lei.
Alberto e suo marito intanto continuarono a dialogare ma anche Marco era eccitato mentre la bella moglie stava sotto i piedi dell’ospite.
Come se fosse la cosa più naturale, tolse il piede e mise davanti alla bocca l’altra scarpa.
Dopo alcuni minuti, nei quali la schiava aveva preso confidenza col nuovo sapore, Alberto aveva appoggiato entrambi i piedi sulla schiava, uno sui seni ed uno sul ventre.
Interrompendo una frase di Marco gli si rivolse con la sua consueta arroganza.
“Hai lo scudiscio o uso la mia cinghia?”.
A Marianna mancò un attimo il respiro, non tanto per quanto stava per accaderle, quanto per la repentinità della cosa che le fece presagire che davanti al Padrone non avrebbe mai potuto stare tranquilla ma sempre con un filo di tensione perché da un momento all’altro le cose avrebbero potuto cambiare, in peggio, ovviamente.
Il Padrone era passato da una situazione di dialogo quasi sereno ad una secca domanda che preannunciava dolore per lei.
Anche Marco si sentì il cuore in gola.
Alberto si alzò in piedi sulla ragazza che, visto il peso senza che se lo aspettasse, emise tutta l’aria con un leggero lamento.
Restò sopra e la guardò dalla sua posizione privilegiata, apprezzando che non si fosse lamentata e che fosse rimasta ferma subendo il suo volere.
Sapeva che le stava facendo male, e ne trasse molto piacere.
Soddisfatto dalla sua reazione e passività, aspettò ancora un attimo.
Nonostante le esperienze scambiste, Marco non aveva mai visto un altro uomo in piedi su sua moglie dal cui viso traspariva tutto lo sforzo.
Si sentiva il sesso duro.
Ormai sua moglie era stata consegnata in proprietà ad altra persona.
Le sensazioni vissute confermarono ciò che le fantasie gli avevano promesso.
Marianna in quel momento non aveva tempo per pensare, tutta concentrata sul dolore e sull’uso quale tappeto.
Finalmente scese.
“Voglio vederti nuda”.
Senza esitazioni si alzò, si mise di lato e si spogliò.
Lei ed il marito avevano il cuore a mille.
Come se ci si trovasse di fronte ad una porta e, con quel gesto, la aprisse per varcare definitivamente la soglia.
Marianna tornò davanti a farsi ammirare.
Alberto la guardò come fosse un oggetto ma, quella volta, un oggetto che appartiene.
Al termine dell’esposizione, le ordinò di inginocchiarsi. Fu sufficiente il dito indice verso il pavimento.
Voleva fosse chiaro sin dai primi momenti cosa fosse per lei.
“Puliscimi la suola”.
Non accennò ad alzare il piede, quindi la schiava si stese a terra sulla schiena davanti a lei.
Alberto appoggiò un scarpa sui suoi seni, senza grazia e mise l’altra davanti alla sua bocca appoggiando il tacco nella parte alta dello sterno.
La schiava davanti aveva la tipica suola di una scarpa usata.
Il Padrone non aveva nemmeno avuto l’accortezza di mettere scarpe nuove sapendo cosa avrebbe voluto e questo le disse molto di quell’uomo.
Alberto, dal canto suo, non era tanto interessato alla pulizia della suola, quanto al voler vedere la decisione di quella schiava, se si trattasse di una che voleva solo giocare o era disposta a
fare tutto.
Occorre una certa dose di sottomissione per leccare la suola delle scarpe e lui la voleva vedere in lei questa propensione.
La ragazza non osò alzare gli occhi sui suoi, non ce la fece, attirati a stare verso il basso come dalla calamita della sottomissione che porta sguardo, ginocchia e capo a stare bassi.
Fosse riuscita ad alzarli, avrebbe visto che il Padrone non la stava degnando di uno sguardo, come fosse naturale per lui avere una giovane donna che si appresta a leccare la suola.
Prese quindi in mano il piede per agevolarlo nella posizione.
Non fu facile e le occorse un certo sforzo per iniziare a posare la lingua sulla suola, ma lo fece senza far trasparire nulla, conscia anche del fatto che, con buone probabilità, quello era un
esame che, comunque, la stava sempre più consegnando a colui che la calpestava.
Temeva sempre di più quell’uomo come Padrone. Le faceva paura. Era duro e severo, oltre a dimostrare di non avere alcuna considerazione di lei.
Alberto e suo marito intanto continuarono a dialogare ma anche Marco era eccitato mentre la bella moglie stava sotto i piedi dell’ospite.
Come se fosse la cosa più naturale, tolse il piede e mise davanti alla bocca l’altra scarpa.
Dopo alcuni minuti, nei quali la schiava aveva preso confidenza col nuovo sapore, Alberto aveva appoggiato entrambi i piedi sulla schiava, uno sui seni ed uno sul ventre.
Interrompendo una frase di Marco gli si rivolse con la sua consueta arroganza.
“Hai lo scudiscio o uso la mia cinghia?”.
A Marianna mancò un attimo il respiro, non tanto per quanto stava per accaderle, quanto per la repentinità della cosa che le fece presagire che davanti al Padrone non avrebbe mai potuto stare tranquilla ma sempre con un filo di tensione perché da un momento all’altro le cose avrebbero potuto cambiare, in peggio, ovviamente.
Il Padrone era passato da una situazione di dialogo quasi sereno ad una secca domanda che preannunciava dolore per lei.
Anche Marco si sentì il cuore in gola.
Alberto si alzò in piedi sulla ragazza che, visto il peso senza che se lo aspettasse, emise tutta l’aria con un leggero lamento.
Restò sopra e la guardò dalla sua posizione privilegiata, apprezzando che non si fosse lamentata e che fosse rimasta ferma subendo il suo volere.
Sapeva che le stava facendo male, e ne trasse molto piacere.
Soddisfatto dalla sua reazione e passività, aspettò ancora un attimo.
Nonostante le esperienze scambiste, Marco non aveva mai visto un altro uomo in piedi su sua moglie dal cui viso traspariva tutto lo sforzo.
Si sentiva il sesso duro.
Ormai sua moglie era stata consegnata in proprietà ad altra persona.
Le sensazioni vissute confermarono ciò che le fantasie gli avevano promesso.
Marianna in quel momento non aveva tempo per pensare, tutta concentrata sul dolore e sull’uso quale tappeto.
Finalmente scese.
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