Acqua dell'Elba

di
genere
dominazione

Davanti lo specchio del bagno, ultimi preparativi prima di raggiungerLa. L’asciugamano mi cinge i fianchi, la doccia ha lenito il bruciore della pelle ma il mio corpo bolle. Dalla stanza proviene una voce attenuata, la televisione accesa a basso volume mentre mi aspetta distesa nel letto.
Il segno del costume evidenzia i seni nudi, sodi, colline morbide e magnetiche. A coprirla solo il tessuto trasparente di uno slip che lascia vagare la fantasia in pensieri dolcemente infernali.
Mi lavo i denti e la osservo attraverso il riflesso dello specchio. Sembra ascoltare la voce, ma i suoi occhi sono altrove. Gli sguardi si incrociano, ora sa che la osservo. Le piace. Sa cosa mi suscita vederla e ci gioca.

“Lentamente scivola, la tua mano su di te..” cit

Come per caso con una mano inizia a sfiorarsi il seno, accarezzandolo lieve. Immagino la sensazione che prova a contatto con quella morbidezza calda, disegnata dal sole. Le mie dita quasi provano quel piacere, le sento reagire e i polpastrelli diventano sensibili. L’altra mano disegna percorsi bollenti sul corpo, scendendo verso le profondità ancora coperta dal tenue velo. Si insinua sotto la stoffa, sfiora il tenero bottoncino che si risveglia strappandole un gemito appena accennato.

“Quel tanto che basta per trasformare ogni carezza in un gemito..” cit

Ora una corrente attraversa lo spazio che ci separa, particelle magnetiche che da lei raggiungono il vetro e rimbalzano nei miei occhi. La corrente scende impetuosa tra le mie gambe, risvegliando il mio sesso. Preme sulla stoffa dell’asciugamano mentre si erge. I suoi gemiti salgono mentre tormenta il suo tenero bottone, ormai diventato solido, visibile anche sotto la stoffa.
Scosta con gesto rapido lo slip e la bellezza del suo sesso è li, davanti a me. Senza pudori. Le labbra carnose del suo sorriso aperte a mostrarmi le sue profondità, bagnate di rugiada.
Le apre con due dita e il lieve rivolo dei suoi umori cola a dimostrare, se mai ve ne fosse bisogno, quanto il suo corpo apprezzi le sue stesse carezze. Ha gli occhi socchiusi. Tremo al pensiero di quali pensieri sorreggano la sua lussuria., quali corpi la portino in quella dannazione solitaria.
Affonda nella sua carne aperta e bagnata, le dita scompaiono nel suo corpo. Ad ogni affondo geme e si contorce, entra ed esce bagnando le labbra carnose ed il clitoride eretto come il mio membro.
Geme, ed ogni gemito è musica.

“Ti guardo accaldata contorcerti tra le lenzuola umide, golosa ed implacabile..”

Non ha pietà alcuna. Sa che la voglio. Che non desidero altro che gettarmi tra le sue cosce aperte e affondare nel suo corpo. Ma è chiaro che non sono nei suoi piani. Vuole solo torturarmi, eccitarmi fino alla follia e godere della mia sofferenza. Sofferenza alla quale mi consegno felice. Lo spettacolo del suo piacere è solo mio, preparato diretto ed interpretato da Lei, unica attrice.

“Forza fammi male finché vuoi..”

Seduto sulla poltrona di fronte al letto ho gettato via l’asciugamano, il mio sesso svetta teso e paonazzo. Lo prendo in mano e inizio la danza alternata che porterà me, come lei, al culmine del piacere. Muovo piano la mano, non voglio venire prima di aver assistito al compimento del suo rito. Voglio sentirla gridare, vedere la pulsazione della sua fessura che annuncia l’orgasmo. Voglio assistere al suo piacere. Sono pronto Dea crudele, uccidimi ora. Giungi al tuo Paradiso. Ti adoro mia Dea.
Mi esaudisci. Ti contrai e il grido soffoca il respiro, i capezzoli si ergono e il tuo viso trasfigura in quella vetta di godimento. Dove sei? Mi sembri tanto vicina ed irraggiungibile. Hai raggiunto il tuo Olimpo.
Ma non ti basta. Vuoi essere tu l’artefice unico del piacere questa sera. La mia mano scivola sul membro, ma tu mi fai cenno di avvicinarmi. Ti obbedisco docile, lascio la poltrona e risalgo dai tuoi piedi verso di te, lungo il sentiero che tu stessa mi indichi.
Ora ti impadronisci del mio sesso. Lo stringi, con evidente soddisfazione, soppesando nelle mani il doloroso piacere che la vista che mi hai concesso mi ha donato. Muovi la mano lenta, scoprendo il glande umido, guardandolo con un sorriso compiaciuto mentre l’altra mano sostiene i testicoli. Non ti fermare ti prego. Mi hai portato al limite delle porte dell’inferno e fatto risalire fino alla luce del cielo, ora completa la tua opera di morte e redenzione.

“Pioggia io sarò, per toglierti la sete e sole salirò, per asciugarti bene..”

Mi consegno a Lei del tutto. Annullo ogni resistenza e lascio che il piacere mi invada. Lo sente nella sua mano lo scorrere impetuoso del seme, lo vede uscire, getto potente, a bagnare la sua pelle ambrata. La tempesta ora è al culmine. Strie bianche ornano la sua pelle, una, due , tre. Raccoglie con le dita il frutto lattescente del mio corpo, lo porta alle labbra guardandomi negli occhi e lo lecca. Ultimo atto di questo rito, mi bacia con la lingua sapida dei nostri umori mescolati. Nessuna potrebbe portarmi tanto giù nell’abisso, solo Lei può farmi fare ciò che vuole come fosse frutto della mia volontà.
Sono suo, e Lei lo sa.
Ride, felice, mentre mi bacia stringendomi a sé. E’ lei la mia follia.

“Ma se vuoi, se tu vuoi, tra fango e neve, fango e neve impazzirò”
di
scritto il
2021-09-15
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