Io e Giovanni Parte quinta

di
genere
trio

Io e Giovanni, parte quinta
Ci siamo sentiti ancora con Lucia per questioni di lavoro nei due pomeriggi successivi e ogni volta lei accennò a come non mi avesse mai visto così coinvolto in una storia d’amore con una persona diversa da quella che sarebbe diventata presto mia moglie. Nonostante continuassi ad affermare che ciò non avrebbe cambiato i miei progetti matrimoniali, sosteneva che avrei dovuto ripensarci perché la nuova scoperta avrebbe potuto portarmi ad un ripensamento postumo. Io non la pensavo così ovviamente, ma lei continuava a riproporre quell’adagio.
Con Giovanni continuavamo i nostri giochi quotidiani la sera e durante i pomeriggi riuscimmo a ricavarci un paio di spazi per recarci un pomeriggio in piscina termale ed uno per giocare a tennis. Solita trafila per gli itinerari in auto e a letto per la prima parte della serata. Quella settimana non vi fu spazio alcuno per Mara, l’altra scopamica, mentre con la mia fidanzata riuscimmo a stare insieme solo una volta perché il lavoro la tenne impegnata. Mi trovavo quindi ad avere più risorse del previsto. Non ebbi tempo per spenderle se non con l’onnipresente Giovanni, inoltre, cosciente del mio coinvolgimento emotivo, aprendo una nuova parentesi, “Lidia” stava giocando pericolosamente con la mia infatuazione.
La cosa non mi impensieriva, sono abituato ad una vita molto movimentata sessualmente, anche se un uomo non era mai entrato a far parte degli aspetti sentimentali, al massimo nella routine di giochi meccanici, funzionali alla soddisfazione nel passaggio tra una scopamica e l’altra. Era pure consentito dalla mia morale, il prestare la mia opera nella soddisfazione del desiderio dell’amico gay che aveva bisogno di un servizio di pronto intervento che chiedeva di poter averlo in bocca o in culo per una sera o un pomeriggio che il partner lo aveva lasciato solo senza il necessario supporto. Giovanni era diventato da subito tutta un’altra storia e lo sapevo ma lo avrei gestito; ne ero certo.
Arrivammo così al fatidico mercoledì pomeriggio. Giovanni mi attese alla fine di una mattinata di servizio molto nervosa. Dovetti fermarmi un’ora buona oltre il mio orario per aiutare il collega nel continuare l’assistenza al caso in questione. Quando uscii, nonostante la telefonata per rassicurarlo che avremmo comunque fatto in tempo e nulla era cambiato nella progettazione/realizzazione del pomeriggio, era terribilmente nervoso e continuando a guidare fino a casa di Lidia, non chiese nemmeno il solito pompino dell’autista. Lo lasciai sedimentare nel suo brodo approfittando della situazione per riposare un po’.
Trovammo Lidia che ci aspettava seduta. Fumava sulla panchina vicino all’ingresso, davanti a lei un parcheggio vuoto che Giovanni prontamente occupo, scendendo a salutarla senza nemmeno spegnere la macchina. Quanta premura, fu il commento di Lidia rivolto a me, mentre scendevo mollemente rilassato; non come qualcuno che a volte malamente saluta. Ne ridemmo entrambi, Giovanni non colse, e nemmeno si girò a spegnere e chiudere la macchina, vedendo che mi accingevo a farlo io. A braccetto con l’amica, si incamminarono verso l’androne.
Chiusi l’auto e li raggiunsi pochi secondi prima che arrivasse l’ascensore. Meno male che ti sei mosso, disse ironicamente Lidia, ti avremmo lasciato da solo se aspettavi un altro po’. Giovanni già stava accarezzando il fondoschiena dell’amica e sembrava non aver colto una parola di quanto ci eravamo detti. Solito famelico avvinghiamento appena si chiusero le porte dell’ascensore, con quel bacio mordi / succhia / lecca che avevo già visto la settimana prima. Stavolta però decisi di gettarmi nel gioco; subito mi strinsero nel cerchio allargando le braccia e rendendomi partecipe del mordi, lecca e succhia. Lidia trasmetteva un sapore di chemin gum alla fragola e Giovanni una freschezza di menta. In ogni modo la voracità con la quale ci scambiavamo baci e morsi aveva un non so ché di morboso che non approvavo perciò appena arrivato al piano ne approfittai per staccarmi.
Conoscevo a memoria i loro corpi e, anche se fare l’amore con Giovanni oramai era diventato pressoché una droga, in quel momento, avrei voluto staccarmi ed andarmene. Mi sentii in sovrappiù, Lidia mi lanciò il mazzo di chiavi per aprire la porta, senza staccare la bocca da quella di Giovanni, continuando a rovistargli con l’altra mano dentro i pantaloni da dove usciva il cappellotto turgido. Seguendo l’istinto, una volta aperta la porta, visto che non erano ancora usciti dall’ascensore, imboccai le scale e scesi i nove piani per guadagnare l’uscita. Non so cosa mi avesse preso ma mi parve la cosa da fare. Una volta nell’androne, trovai Giovanni che mi aspettava. Era serissimo e mi rimproverò per quello che avevo fatto.
Disse che se non ci fossi stato io non avrebbe avuto alcun senso quello che stava facendo con Lidia e che se me ne andavo io, allora se ne sarebbe andato anche lui. Quando gli dissi che mi ero sentito in più, mi prese per mano e trascinandomi nell’ascensore senza parlare, tornammo al piano attico dove l’amica era già entrata in casa. Non era sicuro di aver chiuso la macchina, mi giustificò Giovanni; e tornò ad insidiare Lidia rituffandosi nello stesso gioco appena lasciato in sospeso, lanciandomi delle occhiatacce. Tolsi la gonna a Lidia che come l’altra volta non portava biancheria intima e così senza la maglia il suo prosperoso corpo divenne la palestra di arrampicata dell’amico.
Lidia liberò abilmente Giovanni degli indumenti ed iniziarono subito un sessantanove da videoripresa. Giovanni mi guardava intenzionalmente per invitarmi a partecipare ed una volta nudo, mi avvicinai per farmi succhiare dall’amica, ma lei si alzò e condusse la bocca dell’amico al pompino. Gli accarezzava il mento mentre glielo infilava in bocca spingendogli la nuca per invitarlo al soffocone. Giovanni si lasciava fare e la donna, assicuratasi che la pratica fosse ben avviata, scese ad occuparsi del cazzo dell’amico. Ero in una posizione scomoda per qualsiasi manovra nei confronti dei miei partner e ad ogni tentativo di fare qualcosa, venivo placcato, perciò lasciai che decidessero il gioco da farsi.
L’amico sapeva come farmi godere, e come ho già lasciato chiaramente intendere, il solo vederlo succhiarmi il cazzo, indipendentemente dalle sensazioni fisiche che l’azione mi procurava, era sufficiente per farmi godere. La cosa continuò a loro piacere, mugugni e lamenti si confondevano mischiandosi assieme agli umori che colavano dalle bocche e dalla pagnottona di Lidia, violata dalle dita di Giovanni. Io dovevo controllarmi per non avere una eiaculazione precoce alla vista di tanta grazia perciò stavo concentratissimo. Dei tre, quella che continuava a godersi liberamente un orgasmo appresso all’altro, era Lidia, e lo verbalizzava per la nostra soddisfazione.
Sottolineando come solo lei volesse essere la regista dei nostri incontri, stese Giovanni supino e si sedette sul suo cazzo iniziando un lento su e giù e, coricandosi sul suo corpicino, quasi affogandolo tra i seni prosperosi che lui si affrettò a leccare e succhiare, mi esortò ad infilarla nel secondo canale già abbondantemente lubrificato. Come entrai, sentii in vagina il membro di Giovanni pulsare in contemporanea al lungo lamento di Lidia verbalizzato con un siiii….. adesso mi sento piena con questi due giovani stalloni, scopatemi piano e guai a chi pensa di sborrare prima che lo dica io!
Era serissima, voleva che durassimo, soprattutto Giovanni, che per la sua ipersensibilità ci avrebbe costretto ad una lunga pausa prima di ricominciare. Così tenemmo la nostra amante farcita dai cannoli finché lo desiderò, ubbidienti ai suoi ordini. Comandava infatti che uno dei due stesse fermo e ben piantato, mentre l’altro si muoveva e lei sbrodolava continuamente. Raccoglievo qualche manata di umori portandola a lubrificare il culo dove operava laborioso il mio cazzo eccitatissimo per il trattamento fisico (stretto tra l’ano caldo dell’amica) e psicologico (per il contatto con il cazzo pulsante dell’amico).
Per la scena successiva, volle vederci abbracciati a baciarci, io non mi facevo problemi, ma Giovanni tentennava, questa posizione irritò la donna che voleva eccitarsi ulteriormente davanti a quella scena. Quando finalmente l’amico acconsentì stendendosi al mio fianco, avvicinandosi fino a baciarmi timidamente. Lidia gli si mise accanto, ben visibile, con due dita si dilatava la figa e masturbandosi con vigore lo incitava a baciarmi. Giovanni partì per la tangente esibendosi in un bacio appassionato e vorace al contempo, mai avevamo provato una cosa del genere, mi stava letteralmente togliendo il fiato. Lidia emetteva suoni inconsulti ad ogni orgasmo; al posto delle due dita, adesso stava usando un dildo mostruoso, lungo e grosso come i nostri due cazzi messi assieme.
Quando Giovanni se ne accorse, si mise subito in ginocchio e togliendole bruscamente la mano dal dildo, iniziò ad accarezzare le grandi labbrone dilatate dal paracarro e scopandola fin dove possibile in profondità, le strappava grida di piacere/dolore accompagnate da brividi ed orgasmi scuotenti. Erano una simbiosi perfetta, lei si lasciava fare e lui sembrava in un’estasi di goduria, guardava la figa allargata e la accarezzava con una mano mentre con l’altra la pompava lentamente fino a dove raggiunta la massima profondità, tremori percorrevano tutto il corpo della donna e poi ancora ed ancora finché non arrivava l’orgasmo con grida smorzate e frasi spezzate, imprecazioni e offese dirette al suo amante.
Quando decise che era sazia di quel gioco, da brava regista qual era, tolse il dildo dalla pagnottona che rimase per qualche istante aperta come se quel torrione di silicone fosse stato parte di lei, e adesso le mancasse; ma quando chiuse le gambe tutto sembrò tornare alla normalità. Brandendo il dildo grondante di umori, e sicuramente ancora caldo, la vidi placcare Giovanni stendendolo supino e mentre lo baciava, infilandogli il dildo fra le gambe cercava di farsi strada verso il culetto. Non ci credevo, ma l’amico alzò le gambe piegandole e la donna, si mise davanti a lui strofinandogli il mostro sullo sfintere, Lui non batteva ciglio, si lasciava fare e lei iniziò un massaggio che ne ero certo, avrebbe rotto il culetto del mio amico.
Non andò così, la donna dopo averlo massaggiato a dovere, tolse la pressione sullo sfintere e premiò Giovanni per averla assecondata, con un accenno di pompino. Quando Lidia cambiò gioco, le disse che avrebbe potuto tranquillamente provare a farlo passare! Lidia si limitò a sorridere, magari un’altra volta rispose. Si stese supina a gambe divaricate e si posizionò la testa di Giovanni tra le cosce per una sana mangiata di figa. Mi bastò uno sguardo per capire che voleva il mio cazzo in bocca per quel nuovo quadretto del trio oramai consolidato. Lei sottolineava con un lamento ogni orgasmo, infilandosi il cazzo in gola e Giovanni lappando la figa dell’amica a bocca piena o mordicchiandole i labbroni o la clitoride, si era alzato sulle ginocchia per potersi smenazzare il cazzone.
Bella bagnata dalla leccatona di Giovanni, mi invitò ad entrare e accomodandomi nel calore della pagnotta larga calda e madida di umori, iniziai a scopare lentamente, senza fretta, il mio cazzone era ben poca cosa rispetto al paracarro che la aveva allargata solo pochi minuti prima e la sua invasione era ancora percepibile. Lucia sembrò capire cosa stavo pensando e si impegnò in una serie di contrazioni vaginali perfettamente apprezzabili che mi eccitarono oltremodo mentre le procurarono un ulteriore orgasmo. Mi accarezzava la schiena ed allargando le gambe arrivava a toccarmi i glutei, spalmandomi lo sfintere con gli umori che si prelevava tra le gambe. La cosa non mi lasciava tranquillo.
Ed il motivo di tante attenzioni venne verbalizzato dopo pochi minuti di quell’attento massaggio; è arrivato il momento di far provare al tuo amico fino a che punto sei disposto a donarti. Con queste parole invitò Giovanni ad appoggiare la cappella al mio sfintere caldo e lubrificato e con tutte le attenzioni che poteva, entrare. Ero timoroso, il mio cazzo si andava ammosciando, speravo che la cosa dissuadesse la donna nella sua sodomitica regia, invece per tutta risposta, sfilandosi dalla mia “monta”, si mise a sedere accomodando la mia testa come un cuscino sulla sua pancia calda e morbida. Guidando con le mani il cazzo di Giovanni sulla mia rosetta che andava allargandosi.
Sentivo quel palo di carne farsi strada. L’amico non proferiva parola, la donna incalzandolo a spingere piano, dimostrava di non voler demordere dalle sue intenzioni e inesorabilmente sentii che il cazzone dell’amico era dentro di me, caldo e pulsante. Cercai di aspettare, (come più volte avevo sentito i miei amanti), per capire quando una volta adattato lo sfintere, avrei iniziato a sentire piacere. Fu inutile, sentivo quel corpo estraneo dentro il mio corpo, enorme ed ingombrante. Sapevo che era il mio amato amico Giovanni, e cercai disperatamente di provare a goderne, ma fu tutto inutile.
Il dolore scemava pian piano, Lidia aveva usato anche una pomata anestetica, ma non riuscivo a provare piacere, sopportavo la manovra perché sentivo che lui stava godendo, e dopo alcuni minuti, l’amico scivolò sopra la mia schiena e mi chiese dove avessi voluto sentire il suo piacere. Gli risposi di donarmelo dove meglio desiderava e lui rispose che voleva lasciarlo nel mio corpo, come amava sentirselo lui. Dopo poco percepii chiaramente l’esplosione dell’orgasmo ed i cinque caldi fiotti che invadevano l’intestino. Rimase ancora fermo dentro di me e mi sentii a disagio per non aver manifestato il minimo apprezzamento per quello che aveva fatto.
Lui mi chiedeva di sborrarmi dentro ed io mi sono limitato ad acconsentire. Come per farmi perdonare, allungai le mani e accarezzandogli i glutei lo invitai a rimanere in quella posizione.
In realtà non vedevo l’ora di espellere quell’enorme corpo estraneo e anche se amavo l’amico, non riuscivo capacitarmi di come Giovanni riuscisse a godere di tutti gli assalti che il mio cazzone gli procurava, comprese le abbondanti sborrate. L’amico aveva capito che non avevo gradito la pratica, si tolse subito e mi sussurrò all’orecchio le sue scuse per non essersene accorto prima. Balbettai qualcosa che si perse tra il cambiamento coreografico di Lidia che mi invitò a stendermi supino e con Giovanni, in tandem, mi procurarono un rilassante orgasmo orale, leccando ogni goccia del mio piacere.
Salutammo Lidia ringraziando per l’ospitalità, anche a lei risultò chiaro che la scena della mia sodomizzazione aveva portato una nube scura all’episodio del pomeriggio e nel congedarci, disse che la prossima volta sarebbe stato meglio evitare passi falsi per non rovinare il piacere del terzetto. Io minimizzai dicendo che ognuno doveva fare la sua parte ed era giusto così, ma in cuor mio ero da una parte soddisfatto di aver fatto provare all’amico quell’emozione anche se dall’altra, rimanevo amareggiato per il sentimento di frustrazione vissuto dall’inizio alla fine. Quasi una violenza senza nessuna forma di piacere che non sia quello di aver voluto fare provare all’amico, il possesso di quella parte del mio corpo che lui mi donava abitualmente.
Anche quella sera Giovanni dormì da me e ci rimase fino al mattino dopo. Uscimmo a cena con dei miei colleghi/e di lavoro e tornammo a casa in silenzio. Nel lettone mi venne vicino e ci addormentammo senza più toccare l’argomento. Poco dopo le due mi alzai per mingere, lui era sveglio e quando tornai a letto mi accarezzò la patta sopra lo slippino, sapendo che l’uccello avrebbe subito preso il volo. Si chinò a leccarlo per qualche secondo e girandosi prono si offrì perché mi unissi al suo corpo per godere di noi come era solito fare. Era il suo modo per rimettere le cose a posto senza tante spiegazioni, non era abile con le parole soprattutto nel verbalizzare emozioni così forti. Volle che restassimo uniti il più possibile e riuscì ad addormentarsi ruotando sul fianco, appena il membro uscì dal suo corpo.
Lo tenni abbracciato a me, ma rimasi sveglio molto tempo ancora a pensare come quel rapporto stesse assorbendo quasi tutte le mie energie affettive, senza che vi fosse un reale progetto futuro che lo giustificasse. Quando il sonno mi portò via non lo saprei dire, non avevo raggiunto alcuna conclusione. La mattina dopo sotto la doccia riferendoci i piani reciproci per la giornata, come sempre non facemmo alcun cenno ai nostri simposi amorosi che però inevitabilmente poi si sarebbero realizzati. Come evolverà la storia?
scritto il
2021-12-04
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