Io e mio fratello tre. Ricordo il giorno prima della partenza per l’Inghilterra.

di
genere
incesti


Io e mio fratello tre. Ricordo il giorno prima della partenza per l’Inghilterra.
La cucina era come sempre abbastanza sguarnita delle cose che abitualmente troveremmo nelle dispense di una famiglia cosiddetta normale. Mia madre latitante ed il padre più attento ai bisogni del suo pisello che a quelli alimentari suoi e del figli, non garantivano il dovuto approvvigionamento. Sicuramente Carlo aveva preso gli ingredienti giusti per i piatti del giorno prima per il resto non c’era altro. Rovistando in tutti gli armadietti e nel frigorifero riuscii a rintracciare il materiale necessario per preparare uova strapazzate, qualche biscotto, più che altro dispiegando il fondo di una decina di confezioni abbandonate semivuote nei fondi degli armadietti più in alto.
Così diversificati per formato e dimensioni, potevano rappresentare una finezza voluta nei vassoi, vicino ai quadretti di cioccolato ed alle vaschette di marmellata. Nella realtà, erano tutto quanto era rimasto in quella cucina alla deriva, saccheggiata da un adolescente affamato e denigrata dai genitori disinteressati. Andarmene era diventato urgente anche per quello, oltre all’esigenza di privacy, sentivo il bisogno di un po’ d’ordine e di stabilità. Disposi il tutto in due vassoi colorati e preparai caffè e latte caldo per entrambi. Trovai anche un paio di aranci malconci ma ancora buoni e feci una spremuta per lui.
A pranzo saremo andati fuori o forse sarebbe stato meglio approfittarne per uscire insieme a fare la spesa in modo da garantire la presenza di alimenti per Carlo almeno per qualche giorno. Consumai la parte del mio vassoio camminando avanti e indietro in cucina compilando una lista minima della spesa riguardo alcuni piatti apprezzati da mio fratello. Guanciale e spaghetti per la carbonara con pecorino grana e uova, delle sarde, del sugo al pomodoro, altri formati di pasta ecc.
Avevo appena vuotato il mio vassoio e stavo per andarmi a vestire quando il bell’addormentato entrò in cucina stiracchiandosi. Aveva un paio di boxer a righine, indossati rovesci e si massaggiava il torace scoperto come se quella manovra contribuisse al risveglio. Mi venne vicino per stamparmi un bacio sulla guancia e d’istinto lo strinsi tra le mie braccia. Rispose all’abbraccio ma mi affrettai a scioglierlo. Come il mio corpo aderì al suo, sentii crescere la carne di mezzo e non avevo intenzione di iniziare così la giornata.
Glielo dissi e lui sorrise. Fece colazione con voracità, avrebbe gradito ancora qualche altro biscotto ma alla notizia che la dispensa era completamente vuota. Accettò di buon grado l’idea di venire con me a fare la spesa. Al supermarket acquistammo il triplo di quello che avevo annotato. Scoprii così che in pratica viveva di piatti pronti surgelati, bastava scongelarli al microonde ed ultimarne la cottura seguendo le indicazioni ed i giochi erano fatti. Non ci avevo mai pensato, quando non usavo la mensa universitaria, mi spignattavo la solita pasta al burro, all’olio o al pomodoro.
Una volta a casa, trovammo il biglietto di papà: ho un impegno che i terrà fuori casa per un paio di giorni”. Amen! sperimentammo subito la lasagna, innaffiandola con del buon vino rosso. Non feci in tempo a riempire la lavastoviglie mentre lui passava la scopa elettrica dopo aver ripiegato la tovaglia, che me lo trovai col cazzo in tiro appoggiato al culo, morbidamente coperto da una leggerissima gonna in maglia. Mi girai per incontrare il suo sguardo e si ritrasse intimorito. Non volevo rimproverarti precisai. Finiamo qui e decidiamo il resto della giornata.
Convenne con me che sarebbe stato bene fare le cose fatte con calma e l’ideale sarebbe stato andare a letto presto la sera, (visto che l’indomani sarei uscita di casa alle sei), e fare l’amore finchè il sonno non avesse avuto ragione su di noi. Riordinammo con diligenza e disponemmo negli armadietti e nel frigorifero tutta la spesa. Il freezer lo avevamo riempito appena rientrati. Sembrava tutto chiaro, ma mentre ero in camera per vestirmi, arrivò con la scusa di un bottone difficile da far entrare nell’asola e con un’erezione monumentale che faceva assumere ai boxer (ancora rovesci), una immagine spaventosamente eccitante.
Gli sistemai l’abbottonatura della maglietta intima e non potei evitare di accarezzargli il cazzone durissimo. Lui arrossì anzi, divenne quasi viola. Gli feci appoggiare la mano sul mio perizoma e potè constatare dopo pochi secondi che già producevo liquidi. Si inginocchiò togliendosi la maglietta col collo abbottonato (sigh) e mi leccò per bene, invitandomi a sedermi sul letto. Dopo pochi minuti lo pregai di sdraiarsi a sua volta per un fantastico sessantanove. Quando avevo perso il conto degli orgasmi che quel trattamento mi procurò, lo sottoposi ad una sequenza di smanettamenti e succhiotti che lo fece esplodere riempiendomi la bocca.
Ovviamente lo condividemmo tutto. Oserei dire che glielo rimisi tutto in bocca, facendoglielo ingoiare mentre ci baciavamo come due affamati di sesso. In fondo, fratelli o no, lo eravamo proprio. Sgusciai rapida in doccia ed ancora più velocemente ne uscii vestendomi. Lui non si era ancora risvegliato dallo shock dell’orgasmo; così mi presi un paio d’ore per le ultime commissioni. Al rientro avremmo sicuramente continuato fino ad esaurire le forze. Era una promessa o una minaccia? Lui sorrise dichiarandosi d’accordo.
Fu così che visitai alcuni negozi per le ultime cose che non sapevo se avrei trovato in Inghilterra. Un paio di creme, calze della mia marca preferita e alcune saponette. Arrivai ad ora di cena ed il fratellino aveva ripetuto la scena della sera precedente. L’antipasto, con dei crostini spalmati di formaggio tenero sul quale aveva spezzettato olive verdi e filetti di prosciutto crudo., accompagnati da un vinello frizzantino fresco. Una spaghettata con speck e gorgonzola ed una insalata mista di valeriana, rucola e gentile, arricchita con gherigli di noci spezzettati, spicchi d’aranci ridotti a bocconcini una goccia di olio e aceto balsamico. Come dessert del gelato alla crema con un goccio di sambuca.
Ce la siamo giocata tutta ridendo per le battute su quello che pensavamo l’uno dell’altra e viceversa, prima del nostro incontro. Nostro padre non sarebbe passato per casa, meglio così. La cena durò più di un’ora, tanto fu rilassante e nel contempo eccitante. Lui continuava a sistemarsi l’uccello ed io mi asciugavo con il tovagliolo. Entrambi eccitatissimi da quella situazione. Alla fine, Carlo si era alzato con l’intento di servire il caffè ed io lo seguii per aiutarlo. Nessuno dei due arrivò alla mensola dove stazionava la macchinetta espresso con le capsule del caffè. Trovammo predisposto ad un invito irrinunciabile il tavolo sgombro della cucina.
Mi sedetti sul pianale con aria assassina stoppando Carlo tirandolo per la maglietta. Tutto si fermò e mentre le nostre bocche si cercarono fameliche, i sessi avvamparono come se tutto quello che poteva succedere, dovesse accadere adesso. Lo avvinghiai con le gambe attorno al bacino attirandolo in un abbraccio famelico che non ammetteva dinieghi. Direi proprio che quello che stavamo inscenando, non faceva presagire alcun ripensamento ne esitazioni. Ci baciammo avidamente facendo sparire al contempo ogni traccia di abbigliamento.
Carezze e baci continui facilitarono l’eccitazione e ci trovammo uniti. Il membro di Carlo in tutta lunghezza e spessore, mi allargò le viscere e sperimentò in quella posizione, ogni anfratto della mia tana del piacere. Mi sentivo ospitale, allargata all’inverosimile e scavata in profondità. A ben vedere in unità di misura sarà stato sicuramente venti cm o forse più. Mi sembrava di svenire per la foga che stavamo impiegando. Il gioco a chi dava e prendeva di più, non aveva precedenti e l’impegno che stavamo mettendo era pari forse all’amore fraterno che nutrivamo l’una per l’altro.
Prossimi alle vette più alte del piacere, Carlo, approfittando della morsa che lo stringeva ai fianchi, mi sollevò e l’asta si piantò prepotente nelle mie viscere. Coprì la breve distanza che ci separava dal letto e rovinammo sopra il materasso. Lì cominciò a martellarmi con una foga che sembrava prepotenza, ma non ero da meno nell’artigliargli i glutei puntando le unghie sulla morbida carne. Lui rallentava per un momento ma ai miei incitamenti continui riprendeva con rinnovato vigore. Era una scopata epocale, una di quelle che ti sogni ma non trovi la persona sufficientemente affidabile per procurartela in tutta sicurezza, senza correre il rischio che sfoci in una violenza psicofisica vera e propria.
Sbrodolavo continuamente, il susseguirsi degli orgasmi era accompagnato da una colonna sonora di lamentazioni e verbalizzazioni del piacere degne di un sapere enciclopedico, rumori corporei di sfregamento e iperlubrificazione e l’esibizione di angolazioni dei nostri corpi con lo scopo di offrire l’uno all’altra (e viceversa), l’opportunità di favorire al massimo la penetrazione. In questo gioco ero maestra e quando le mani del fratellino non sapevano più come girarmi per agevolare ulteriormente la penetrazione, mi misi a quattro zampe, col bacino extra ruotato verso di lui e le spalle appoggiate al letto.
Lo sentii mugugnare, quasi ruggire ed il suo piccolo scroto che prima stava quasi arrampicato all’asta, adesso sbatteva sul mio perineo ad ogni affondo. Lo aiutavo assecondando ogni movimento, mi sentivo appagata di quell’amplesso che vivevo come il più approfondito rapporto dell’amore fraterno. Mai mi sono sentita così appagata nel sentirmi ”Sorella”. Gli spostai la mano dal fianco sinistro e gliela feci scivolare verso l’addome, poco sotto il fianco verso l’ombelico. Ad ogni colpo, la punta del suo meraviglioso cazzo diventava apprezzabile alla palpazione del mio pancino. Carlo la accarezzò e spinse roteando lo strumento invitandomi ad apprezzarlo assieme a lui.
L’orgasmo arrivò con una prepotenza unica inondandomi la vagina già di per se fradicia di umori. Carlo vi appoggiò il viso a bocca aperta, premendo e succhiando avidamente, ben intenzionato a bere tutta la sua roba ed anche di più. Lo rovesciai mettendomi sopra lui che insisteva nel suo progetto. Cingendomi la schiena e continuando a premere a stampo la fessura dilatata sulla sua bocca. Io mi impossessai della sua carne ancora bella soda per ingoiarla ingordamente fino ad estrarre le ultime gocce di quella sborrata epocale. Ritornò in tiro e dopo pochi minuti mi regalò un’altra bella eruzione di calda crema.
Dal canto mio ero in preda ad una serie di orgasmi che mi scuotevano tutta. Sembrava non voler smettere mai, ma dopo pochi minuti il turgido pistone divenne dapprima barzotto e pochi minuti dopo sentivo la bocca piena di una barra calda, umida e spugnosa. Non pulsava più e anche se continuava a riempirmi piacevolmente la bocca. Sentivo che non emozionavo più il suo padrone con le mie attenzioni. Lo lasciai scivolare fuori e si appoggiò al ventre piatto del mio amante che mi stava accarezzando tutta con le sue calde mani forti. Mi stesi al suo fianco e ci stringemmo silenziosi in un lungo abbraccio. Pochi minuti dopo sentii allentarsi la stretta e il respiro del fratellino si trasformò in un russare sommesso. Che tenerezza infinita. Rimasi li per un tempo indefinito a guardarlo, poipresi sonno a mia volta.
Ci svegliammo verso le tre, dovevamo pur dirci qualcosa prima di partire. Io dovevo trovarmi con Denis all’aeroporto e saremmo partiti per le sette. Discutemmo con Carlo alcuni aspetti organizzativi relativamente alla gestione di questa casa, la nostra. Lui voleva continuare ad abitare qui, dove lo avremmo sempre trovato, qualsiasi cosa decidessero i nostri genitori. Continuavamo ad accarezzarci scambiandoci piccoli baci ma alla fine del discorso, eccitati al punto giusto, ci abbandonammo ad un canonico missionario con sborrata conclusiva. Così Carlo si addormentò, col cazzo dentro ed io, ascoltavo la sborra uscire lentamente mentre l’orgasmo provato mi regalava gli ultimi sussulti di piacere.
Mi addormentai in tempo per sentire che il cazzone barzotto del fratellino scivolava lentamente fuori dal mio corpo. Quando suonò la sveglia eravamo ancora così. Carlo si scostò, entrammo in doccia per lavarci a vicenda. Ci saremmo rivisti alla prima vacanza. Preferii non avere l’incombenza del saluto in aeroporto, alla partenza. Ci baciammo li, nudi e bagnati, mi inginocchiai per un veloce pompino e subito dopo ricambiò con un partecipato cunnilinguo. Gli chiesi il permesso di raccontare la nostra storia a Denis e si dimostrò d’accordo. Chiamai un taxi e partii.
Se vuoi leggere il mio nuovo romanzo “PADRE E FIGLIO” lo troverai sui Kindle di Amazon per pochi centesimi, e mi sosterrai nell’attività di scrittore. Ho deciso infatti di non pagare i promoter e di pubblicare in autonomia affidandomi al mio pubblico. Lo rintraccerai utilizzando il mio nome. Grazie, Trozzai Gotusva

scritto il
2024-06-08
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