Io e Andrea. Capitolo tre

di
genere
trans

Io e Andrea. Capitolo tre
Entrati in albergo consegnai la bici prenotandola anche per il giorno dopo e salimmo in stanza. Poter guardarla in un contesto convenzionale mi dette immediatamente l’idea della normalità. La volevo, non per il sollazzo di un’avventura del fine settimana, ma per qualcosa di più che non sapevo ancora definire. Era vera, reale, non un’apparizione frutto dello smarrimento della mente. Andrea sorrise quasi per sdrammatizzare quel momento. Cavoli se era bella, anche con quel fiocco da due soldi usato per raccogliere i capelli nel tragitto in bicicletta. La solita camiciona e la piccola borsa che avrebbe dovuto contenere il necessario per quel fine settimana. Beh, oramai il sabato era andato e senza necessità di indossare molti abiti.
Chiese di usare il bagno per prima, ho bisogno di lavarmi i denti e di fare una bella doccia disse e depositata la borsa sul letto, estrasse una piccola trousse. Molleggiandosi con tre passi raggiunse il bagno, posò la mano sulla maniglia e si girò per regalarmi un sorriso. Richiuse e mi lasciò li, come un ebete a guardare la porta chiusa. Andrea era stata con me tutto il giorno e adesso condividevamo la stessa stanza ed il bagno con la prospettiva di stare assieme ciò che restava del fine settimana. Rimasi seduto sul letto tutto il tempo, ascoltando i rumori dell’acqua scorrere. Immaginavo di poterla vedere in quelle semplici cose, ma non sarebbe stato corretto, quindi non lasciai la mia postazione.
Quando Andrea uscì, avvolta nell’accappatoio, con un asciugamano sul capo a mo’ di turbante, mi lanciò uno sguardo interrogativo. Non mi ero mosso per prepararmi ad occupare a mia volta il bagno. Mi accorsi della defaillance e giustificai la mia inettitudine con la necessità di un momento di raccoglimento rimembrando le sensazioni vissute in quella giornata tanto attesa. Si sedette vicino a me, mi avvolse con un abbraccio e ci baciammo. Adesso sistemati mi disse staccandosi con garbo, ceniamo e poi sarò solo tua come non lo sono stata mai di nessuno. Mi sono consumata per prendere questa decisione, ma non poteva che essere così. Ogni mia fibra vibrava al ricordo del tuo sapore e quello che ho provato in quei dieci minuti in pineta, dilatandosi, ha riempito ogni momento delle mie giornate fino a ieri; adesso siamo insieme.
Nel futuro voglio provare tutte le fantasie che mi sono costruita pensandoti. Le intendo realizzare con calma, nella serenità che le desidererai anche tu, condividendole in ogni passaggio. E alzandosi mi prese per mano accompagnandomi in bagno. Ero quasi inebetito dalla prospettiva. Una bella doccia e una seconda rasatura per garantire baci e leccate meno abrasive, visto che già le si era manifestato un leggero arrossamento attorno alle labbra. Lei era liscia come una donna vera, liscia ed ancora incredibilmente profumata nonostante i ripetuti bagni in mare. Quando tornai in camera si era vestita con un tubino bianco ed un sandalo dal tacco altissimo che esaltavano la snellezza della figura.
Il gel brillava sui capelli raccolti e stirati nella crocchia alla base del cranio. Un rossetto vivace sottolineava la bocca carnosa e gli occhi come due carboni luccicavano impreziositi dietro il sipario del mascara. Meravigliosa, dissi fermandomi ad ammirarla ancora dentro la cornice della porta del bagno. Ma come potrò essere all’altezza di accompagnare tanta bellezza. Andrea rise di gusto, esortandomi ad indossare qualcosa di sportivo. Mi vestii di nero lucido, come piaceva a me nei momenti di grande briosità. Cenammo in un localino in riva al mare come due innamorati, e forse, anche se in quel momento non me ne rendevo conto, io lo ero veramente, e così lei, ma non bruciamo le pagine del racconto.
Mi raccontò che utilizzava i mezzi pubblici perché le avevano ritirato la patente per un eccesso di velocità, possedeva un’auto sportiva cabriolet, un po’ “villana” e le piaceva far vedere fin dove arrivava. Questo lato del carattere mi affascinava e contrastava un poco con la sua immagine eterea. Dopo cena uscimmo a passeggio e di comune accordo scivolammo verso la spiaggia disertando la passerella delle coppie tirate a lucido. Ci liberammo delle scarpe per camminare sul bagnasciuga, in silenzio, mano nella mano. Mi sembrava di conoscerla da sempre e di lei non sapevo nulla se non che la volevo con tutto me stesso, desideravo sentirne il calore, il profumo, il suono della voce e l’immagine del suo corpo nel mio campo visivo.
Rientrammo e dal momento che chiusi la porta iniziammo a perdere sul parquet i pochi capi d’abbigliamento arrivando nei pochi metri che separavano l’ingresso dal letto, completamente nudi, a parte immancabile tanga che sembrava far parte del suo corpo. Era un triangolino di pizzo bianco, uguale al reggiseno che avevo appena intravisto. Iniziammo a baciarci con una foga incredibile e una volta stesi, smise, pregandomi di fare piano, di gustarci assaporandolo quasi al rallentatore, ogni attimo di quella nostra prima notte. Sii gentile e delicato, non farmi male! mi sorprese molto quell’affermazione.
Iniziai ad accarezzarla con dolcezza e come aveva chiesto, “quasi al rallentatore”. Le venivano i brividi dal piacere e godere in quel modo del suo corpo mi esaltava. Iniziai a coprirle il volto di piccoli baci e fugaci carezze. Teneva gli occhi chiusi, aprendoli solo quando accostando le labbra mi invi



tava a baciarla. Non avevo mai fatto un’esperienza del genere. In spiaggia facevamo le classiche “limonate” con la lingua. Ora mi mordicchiava le labbra passando da sopra a sotto lentamente ma senza sosta, leccando con un languore struggente. A tratti attirava la lingua succhiandola, esortandomi a fare altrettanto quando offriva la sua.
Aveva il sapore di un frutto acerbo e più a lungo mi avvolgeva nel morbido miscuglio di quel bacio così elevato, più mi sentivo rapito abbandonandomi alle sue carezze. Non avevo mai trovato una donna così, (forse perché non era solo donna, ci ragionai col senno di poi). Le sue mani affusolate ma dal tocco deciso, si stavano appropriando del mio corpo, accarezzando il torace e l’addome, esplorando le cosce ed i glutei, senza mai esitare. Scorrevano come se ne conoscessero ogni forma e al contempo come se lo esplorassero per la prima volta. Non stavo certo in stand by, mi beavo accarezzando i piccoli seni. Morbidi con i capezzoli in erezione chiamavano le mie labbra ad un lavorìo di leccate e succhiotti. Fu quello cui mi dedicai appena Andrea diede tregua al bacio.
Scesi sul collo e scivolai al seno. Potevo guardarli e leccarne i capezzoli, impastarne la minuscola curvatura disegnandone i contorni con le mani e con la lingua. Andrea sospirava lievemente alle mie manovre accarezzandomi la testa quasi a mantenerla nella giusta posizione. Non sembravano protesi dalla consistenza, e questo spiegava l’erezione dei capezzoli e la sintonia tra la stimolazione ed il godimento che l’amata dimostrava alle mie attenzioni. Tornai a guardarla, mi sorrise rilassata socchiudendo gli occhi! Glieli chiusi con un bacio gustandone il calore dei bulbi sotto le palpebre e ancora, strisciando con la bocca le guance, le labbra, il collo e tornando alle tettine.
Lei, quasi immobile godeva di quei baci e carezze. Decisi quindi di esplorare l’area del proibito che ancora non avevo fatta mia; lentamente, accarezzando cosce e glutei, e baciando ogni centimetro fino all’ombelico e giù verso il monte di venere. Dovevo continuare scoprendo il totem nascosto e testando il mio livello di inibizione, dandole il tributo dovuto per l’attrazione che provavo verso quella creatura? Devo aver avuto un attimo di indecisione perché Andrea prese l’iniziativa mettendomi sdraiato e baciandomi dal collo giù giù fino al pube senza smettere di accarezzarmi. Concluse il percorso sul pezzo di carne pulsante che troneggiava completamente glabro tra le cosce, con la sua brava lacrima di commozione in attesa del suo turno.
Andrea se ne impossessò! Questo è il verbo giusto! Era da guardare, poggiata sui gomiti con una mano teneva il membro alla base, con le nocche ancorate al pube per non scivolare. Con l’altra giocava con lo scroto sorreggendolo mentre lo leccava o soppesandolo con lo sguardo perplesso. Sembrava stesse parlando con “l’altro me”! Qualche leccata all’asta e all’occhio lacrimoso, asportandone il liquido trasparente per tornare a ripetere la manovra per qualche tempo. Cambiando la presa alla base, alternava le mani e serrava la cappella con le labbra. Mi piace come mi riempie la bocca il tuo glande, disse alzando gli occhi dopo un certo tempo di quel gioco.
Continuò il pompino e mi parve chiaro lo facesse per il puro piacere di assaporare dimensioni e reazioni che il mio cazzo le trasmetteva. Si preoccupava che l’eccitazione non mi procurasse un’eiaculazione precoce, la rassicurai e riprese la sequenza del lecca, accarezza, soppesa e sega lappando e succhiando senza fretta ma con la determinazione di chi sa perfettamente cosa vuole e dove vuole arrivare. L’ho capito subito di trovarmi in un fronte nuovo a combattere schermaglie amorose mai provate prima. Andrea sembrava fragile ma dietro la dolcezza quasi verginale della giovane femmina che vedevo, c’era la determinazione di perseguire il godimento con le modalità tipiche del maschio.
Continuò così finché le mie carezze sempre più spinte, si stavano avvicinando alle rotondità dei glutei in cerca del pertugio proibito del piacere. Volevo mettermi alla prova, conoscere fino a che punto la differenza anatomica estrema avrebbe influenzato l’attrazione ed il desiderio che mi attanagliava dal momento che la vidi la prima volta. Sembrò comprendere le mie intenzioni e si stese al mio fianco in modo che non potessi avvicinarmi con il volto ai glutei o all’ingombro che teneva gelosamente nascosto tra le gambe, come se io non sapessi della sua esistenza. Non ancora mi disse, non sono pronta a farmi scoprire, almeno finché non avrai potuto sperimentare ciò che potrò donarti col mio corpo. Non ammise repliche e invitandomi alla posizione supina. Si mise a cavallo dell’addome.
Accettò che le accarezzassi i prorompenti globi dei glutei poggiando le mani sulle mie a guidarmi nei movimenti e scivolando a indirizzare la punta del cazzone verso l’ingresso ben lubrificato del suo culetto. Fu sufficiente esercitare una leggera pressione, ed il glande si trovò subito a suo agio entro l’umido pertugio che si aprì ubbidiente per catturare il cappellotto pulsante del mattarello. Si accomodò con pochi sapienti movimenti, adeguandosi sopra la mazza. Sei tanto amore mi disse. Sei proprio tanto, ma saprò farti mio tutto per tutto il tempo che vorrai! E lentamente lo fece entrare, con spinte misurate. Sentivo che si adattava e con piccoli movimenti lo faceva entrare sempre più in fondo.
Percepivo il calore di quell’affondo e guardandola con gli occhi semichiusi e lo sguardo rivolto verso l’alto con un’espressione estasiata, mi sembrava di non aver mai vissuto un’esperienza così intensa di piacere per una penetrazione con una donna ne tantomeno con un uomo che mi si fosse presentato come tale. Oramai Andrea si muoveva impalandosi in tutta la lunghezza con un ritmo sempre crescente, accompagnando ogni affondo con mugolii di piacere. Mi accarezzava il torace e mi succhiava le dita delle mani.
La lasciavo fare beandomi di quel trattamento finché lei mi chiese: ti piace? Cosa vorresti fare! Fu la lingua sciolta a dire: voglio scoparti! Sono cosa tua, rispose! Scopami come mi vuoi. Quasi mi pentii di quell’uscita, non sono abituato a comportarmi così. Faccio tutto quello che vogliono le mie/miei amanti ed il loro piacere diventa il mio; ma Andrea era sicuramente un’altra cosa. Le suggerii di sdraiarsi di schiena e mi accovacciai tra le sue gambe liberandola dal tanga. La proboscide svettò libera e lei tentò di nasconderla con la mano piena. La lasciai fare alzandole le gambe sulle mie spalle, esponendo il perineo ed il pertugio del piacere alla mercé del mio uccello che aspettava impaziente di essere invitato ad entrare.
Come appoggiai la cappella sull’invaso, sentii lo stimolo a spingermi tutto dentro alternando piccole retromarce fino a sentirlo completamente ingoiato. Andrea adesso mi guardava e la bellezza nell’unione dei nostri corpi sembrava trasfigurarla, quasi rendendola trascendente. La penetravo rallentando il ritmo per raccogliere ogni respiro di quei momenti. Si lasciava dominare con totale sottomissione. Quando spingevo fino in fondo per sentirmi tutto suo o per farla tutta mia (non capivo la differenza), la vedevo trattenere il fiato ed a tratti arrossire fino ad infiammarsi o impallidire sospendendo il respiro.
Talvolta subito dopo l’affondo con un filo di voce ripeteva: sei tanto amore mio, sei tanto. Senza però accennare a sottrarsi alla schermaglia amorosa. Ero rapito e confuso tra le sensazioni fisiche che dall’uccello rimbalzavano al cervello ampliandosi a dismisura e quelle emozionali che si sviluppavano guardando quel volto che sembrava trasmettere tutto il piacere di ciò che i nostri corpi si procuravano, ma al di là del possesso, oltre la fisicità. L’autentica unione di eros e thanatos. L’amore fisico che arrivato alla perfezione assoluta nell’unione di due corpi e due anime, ha tuttavia vita breve e la sua conclusione porterà, alla fine di tanta gioia. Un po’ come morire.
Ci guardavamo e le nostre bocche si univano in quel bacio per me nuovo che Andrea mi aveva insegnato. Era come se volessimo mangiarci con tutto quel succhiarci e leccarci la lingua e le labbra. Un modo di fare l’amore appassionato che mi inebriava e avrei voluto continuare ancora e ancora, ma mi resi conto che lei stava sudando e sbiancava. Con un filo di voce mi stava chiedendo di smettere. Non ce la faceva più. Vieni amore, ti prego, riempimi con il piacere che goda del calore nelle mie viscere. Mi sento venir meno, ti prego. Nessuna mai si era espressa così nell’amore. Non faticai molto a soddisfare la sua richiesta. In pochi minuti le donai tutto il mio sperma.
Andrea mi artigliò con le gambe ai fianchi, lasciandomi solo dopo essersi versata, con un paio di colpi di sega, un’abbondante spruzzata di sperma sull’addome piatto. Ero al limite mi confessò, mi sento aperta come non mai e mi pregò di osservare lo sfintere. In effetti era ancora beante e ciononostante non usciva una goccia della sborra che le avevo versato. Le diedi qualche puffetto a piene mani per stimolarlo a reagire e lei scherzando lo fece pulsare, ma rimaneva beante. Andrea lo accarezzò e chiuse le gambe, ma era veramente aperto quell’anello del piacere. Domani mattina vedrò di recuperare promise! Ci prenderemo tutto il tempo che ci serve le dissi abbracciandola. Ora che ti ho trovata, non ti lascerò scappare e la baciai a modo mio.
Si lasciò limonare con lascivia ed un minuto dopo dormiva come una bambina. Il cazzone barzotto appoggiato al pancino piatto, oscenamente presente su quel corpicino da adolescente. La coprii con il lenzuolo e rimasi a guardarla per un po’ poi mi stesi vicino e abbracciandole il seno mi lasciai vincere dal sonno.
scritto il
2022-03-07
2 . 4 K
visite
1
voti
valutazione
9
il tuo voto

Continua a leggere racconti dello stesso autore

racconto precedente

Io e Andrea: Capitolo due

racconto sucessivo

Io e Andrea. Capitolo quattro
Segnala abuso in questo racconto erotico

Commenti dei lettori al racconto erotico

cookies policy Per una migliore navigazione questo sito fa uso di cookie propri e di terze parti. Proseguendo la navigazione ne accetti l'utilizzo.