Io e Andrea (capitolo uno)

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Io e Andrea Capitolo uno
I fine settimana al mare erano diventati un rito e la destinazione oramai scontata. Arrivavo alla località balneare molto nota per poi spostarmi per poco più di dieci chilometri verso una spiaggetta lunga circa cinquecento metri, abbracciata da una folta pineta, meta di bagnanti amanti come me del naturismo. Da quando ero bambino frequentavo gli stabilimenti balneari del centro e non avevo mai saputo dell’esistenza di quella spiaggia. Inoltre, avrò attraversato la pineta lunga decine e decine di chilometri percorrendone in bicicletta il sentieri interni segnati su tutte le mappe delle due regioni, ma non ho mai sospettato l’esistenza di quell’angolo di paradiso.
Una decina di anni fa, ebbi occasione di conoscere un collega della zona con il quale condividevamo la stessa passione per le uscite in canoa ed il naturismo. Mi chiamò per invitarmi a trascorrere un fine settimana nella sua villetta al mare ed aderii con entusiasmo all’invito. La costruzione si trovava a duecento metri dalla spiaggia nella cittadina venti chilometri a sud della zona che abitualmente frequentavo. Ci trovammo il pomeriggio del venerdì che trascorremmo in spiaggia con sua moglie e la figlioletta che camminava appena. La sera trascorse chiacchierando in famiglia e per l’indomani in programma venne introdotta la classica uscita in canoa che già facevo anche da solo.
Partimmo con le due canoe alle otto, dopo una robusta colazione, con tutto quanto serviva per stare fuori almeno quattro ore. Di strada ne macinavo molta da solo, in compagnia le cose vanno decisamente meglio, ci si sente più sicuri e protetti. Enrico pagaiava ad un ritmo discreto e tendevo a lasciargli decidere il ritmo una volta considerato che io avrei tenuto una media più elevata di battute, (per questo amavo uscire da solo); ma per stare in compagnia andava bene anche così. Si avanzava appaiati ad una certa distanza, mettendoci vicini solo per consumare uno snack o scambiare qualche battuta.
Sulla via del ritorno, Enrico iniziò ad avvicinarsi alla costa. Lo facevamo solo quando temevamo di incontrare la guardia costiera che in un paio di occasioni (da soli in periodi diversi), aveva minacciato di multarci perché non eravamo in regola. Guardandomi attorno non vidi nessuno e rispondendo al mio inespresso quesito, l’amico chiarì che avrebbe voluto farmi vedere una cosa. Continuammo a vogare per un’altra decina di minuti, poi mi invitò a guardare verso riva. A ridosso della pineta, riparata alla vista di chi transitava attraverso i suoi sentieri da una serie di dune coperte da vegetazione, una piccola spiaggia bianca con una ventina di ombrelloni molto distanti tra loro.
Non avviciniamoci si affrettò a dire l’amico, sono sicuramente tutti nudi, e quella che vedi, noi la chiamiamo “Paradise beach”, tu che vieni da anni in queste zone la conosci? Non voleva crederci, ma non ne avevo nemmeno mai sentito parlare. Mi propose di andare a prendere il sole già da quel pomeriggio se sua moglie non avesse avuto altre cose da fare. Vedrai, continuò, l’acqua è straordinariamente cristallina e la sabbia bianca. Era riuscito a stimolare la mia curiosità. A mezz’ora di bicicletta dalla solita spiaggia sempre affollata c’era da sempre un posto che avrebbe potuto appartenere ad un'altra area geografica, dove, valore aggiunto, si sarebbe potuto prendere il sole nudi! Era veramente un paradiso.
Sorridendo in automatico, diedi il mio consenso per la frequentazione pomeridiana. A casa Enrico si confrontò con la moglie e alle quattordici e trenta, armati di ombrellone e teli da spiaggia, eravamo in cammino attraverso la pineta per raggiungere paradise beach. La strada principale venne ben presto abbandonata percorrendo sentieri stretti per un tratto paralleli ed infine attraverso una serie di piccoli viottoli sabbiosi, ci trovammo di fronte ad una cartolina degna dei tropici. Pochissima gente, silenzio assoluto, sabbia bianca ed acqua trasparente. Non resistetti alla tentazione di bagnarmi subito almeno i piedi.
Enrico mi esortò a camminare fino all’estremo lembo della spiaggia ed arrivati al punto dove piantammo l’ombrellone, mi spiegò, mentre ci mettevamo nudi, che in linea di massima c’era una suddivisione degli spazi per cui le famiglie si posizionavano nella parte destra (dove eravamo noi adesso), la parte centrale era riservata alle coppie scambiste mentre la punta estrema della sinistra era riservata ai single di qualsiasi genere fossero. Se vuoi facciamo un giro mi sussurrò Enrico all’orecchio. Sua moglie parve sentirlo e di rimando protestò verso la curiosità del marito che a suo avviso risultava morbosa ogni volta che poteva farsi un giro sul bagnasciuga a vedere il campionario della merce esposta sulla spiaggia.
Enrico sorrise e dando della moralista alla donna, fece cenno di precedermi nella passeggiata per illustrarmi il posto. Lo raggiunsi e camminando con l’acqua fino alle caviglie, godendone la trasparenza ed il riverbero di luce accresciuto dalle granelle bianche della sabbia, ci portammo verso il centro. Noi eravamo entrati un po’ dopo quindi non avevamo visto la parte più larga della spiaggia e da li non vedevamo ancora l’altro estremo. Facendo finta di non guardare con intenzione, Enrico mi fece notare un paio di coppie interessanti fra le cinque presenti. Tutta gente sui quaranta ma molto ben portati e accuratamente preparati, sembravano vere e proprie esibizioni, impossibile non accorgersene, comunque molto gradevoli.
Dai particolari che l’amico mi raccontava, capii che le sue frequentazioni alla spiaggia avevano sicuramente dato frutti anche nel doposole. Non glielo feci notare e lasciai che continuasse. Arrivammo alla posizione dei single e in questo tratto, in spiaggia crescevano cespugli di tamerici alla cui ombra si trovavano distesi prevalentemente giovani uomini seduti, apparentemente impegnati a leggere. Un paio di giovani ragazze distanziate di qualche metro, prendevano il sole meravigliosamente nude e quando Enrico si accorse che le stavo guardando si avvicinò sottolineando trattarsi di “lesbiche”. Sei esperto lo ammonii e lui si limitò a sorridere dandomi dell’ingenuo. Semplicemente penso che ognuno debba sentirsi libero di essere come si sente gli risposi, fino a che non inficia il bene comune.
Lo so, mi rispose, ma queste si danno un gran da fare. Volevo chiedergli se gli avessero insidiato la moglie, ma preferii lasciar perdere anche perché di commenti ben più piccanti ne ebbe verso ogni maschio steso sul suo asciugamano o per qualcuno di quelli accovacciati all’ombra delle tamerici. Tornammo sui nostri passi e dopo un paio d’ore disteso al sole, decisi di andare a farmi un bel bagno. Dovetti camminare un bel po’ per trovare la profondità sufficiente a nuotare e l’acqua al largo non era più trasparente come sulla riva. Il fondo sabbioso contribuiva ad una certa torbidità. Comunque quattro bracciate ristoratrici mi permisero di tornare sul mio telo mare pronto per una chiacchierata con i miei amici.
Passata l’ora del te, decisi di rifare la passeggiata sul bagnasciuga per curiosare, mi stuzzicava l’idea che potesse esserci qualche ghiotta occasione, non so di che genere, ma l’istinto mi spingeva a farlo. Chiesi se qualcuno mi accompagnava, ma erano semiaddormentati pertanto mi incamminai con i piedi immersi nell’acqua, con calma, gettando lo sguardo apparentemente distratto verso la spiaggia. I bagnanti erano i medesimi che avevo visto appena arrivato, ma nella parte dei single, a pochi metri dalla fine della spiaggia, vidi una cosa che mi procurò un autentico tuffo al cuore. Un corpo immobile, adagiato su uno striminzito asciugamano.
Improvvisamente avevo perso la razionalità. Mi incamminai diritto verso quell’apparizione, ma mi resi conto che sarebbe stato rischioso, se qualcuno mi avesse visto? Se la ragazza fosse sveglia e avesse gli occhi socchiusi? Decisi di fermarmi per qualche secondo a giocare con i piedi nell’acqua come se cercassi delle conchiglie, guardando con circospezione verso di lei che continuava a rimanere immobile. Un seno appena accennato su un corpo magro ma tonico. Gambe affusolate, capelli lunghi, corvini ed una abbronzatura perfetta. Non portava reggiseno ed indossava un tanga invisibile da coricata. Camminai sciabordando con noncuranza i piedi nell’acqua fino alle caviglie, portandomi all’altezza della ragazza poi, puntai verso di lei, se si fosse alzata avrei detto che pensavo di conoscerla e mi sarei scusato.
Mi fermai letteralmente sopra quel corpo che mi teneva li come se fossi incapace di muovermi, con il cuore che accelerava i battiti alla vista di quel volto con le ciglia lunghe e nere e quelle labbra che avrei voluto baciare subito. Un sentimento di attrazione magnetica che mi inquietava oltremodo, avrei voluto svegliarla. Lo sguardo si posò appena al triangolino verde del tanga, infinitesimale, mi aveva stregato quel volto incorniciato dai neri capelli trattenuti da un banalissimo cerchiello nero. Non riuscivo staccarmene, per fortuna lei non accennava a muoversi e l’addome piatto si muoveva impercettibilmente con il ritmo del respiro di chi dorme. Non so quanto rimasi li, ma ad un certo punto mi scossi e decisi di tornare sui miei passi continuando a girarmi fino a che la visione fu fuori dal mio campo visivo.
Quell’immagine però, fissa nella mia mente e non mi permise di pensare ad altro per l’ora successiva. Il pomeriggio si stava consumando ed io mi rodevo per non essere solo. I miei amici leggevano e chiacchieravano, mi coinvolgevano in conversazioni dove rispondevo come un automa. Fisicamente ero li ma la mia mente continuava a stare sui fotogrammi di poche ore prima e che adesso stavano fuori dal mio campo visivo. Andammo a bagnarci e vedendo che tornavano subito agli asciugamani, ne approfittai per fare altri due passi e quasi corsi per quel centinaio di metri che mi separavano da quello che mi sembrava un sogno. Era ancora li, aveva solo spostato una mano sull’addome piatto.
Non ebbi il coraggio di appoggiare lo sguardo come la prima volta, mi accovacciai ad un metro da lei nell’atteggiamento di chi deve togliersi qualcosa tra le dita di un piede, e rimasi così qualche secondo prima di tornare sui miei passi con gli occhi immersi nel sogno. Fossi stato solo avrei atteso seduto che aprisse gli occhi per starle vicino e appellarmi al destino, ma non era così e lentamente senza voltarmi tornai al mio asciugamano. Erano passate da poco le diciannove e anche se il sole splendeva ancora alto, le poche persone che occupavano paradise beach se ne stavano andavano in silenzio. I miei amici si spostarono cinque minuti per fare pipi ed al ritorno, chiesi se vi fossero servizi igienici in quel posto. Sorridendo, risposero che con tutti i cespugli che la pineta offriva appena fuori dai sentieri, non mancava certo la privacy.
Loro si sedettero e tornarono a leggere, concordammo che ci saremmo mossi per tornare verso le venti per cui mi alzai alla ricerca del mio cespuglio. Lo trovai con facilità e appena soddisfatta la funzione vescicale, mi incuriosì l’evidente snodarsi di piccoli sentieri fra le tamerici, che continuavano con quelli tra gli arbusti fino a sotto gli alberi. Iniziai a percorrerne uno che in qualche decina di passi mostrò le prime persone alla ricerca di occasioni, erano uomini attempati perlopiù in sovrappeso che mi guardavano manifestando interesse. Girai i tacchi per tornare sui miei passi, non era la prima volta che mi imbattevo in una situazione del genere.
Verso la fine del bosco, eccola apparire, avanzava nella mia direzione con un foulard che le copriva il corpo dal seno al pube. L’apparizione mi fece tremare le ginocchia e battere il cuore a mille. Camminava sorridendo e quando mi fu vicino mostrandomi il collo appena sotto il mento mi chiese di guardare i danni compiuti dall’insetto che l’aveva appena punta. Presentava solo un puntino rosso niente più, la rassicurai, lei mi accarezzò la mano e accostandosi mi porse la bocca. Era come una calamita con una sbarra di ferro. Mi lasciai sciogliere da quel miracolo accarezzando quel corpo minuscolo caldo e abbronzato che mi veniva offerto al di sopra di ogni aspettativa, le mani non arrivarono mai al monte di Venere!
La mia dea raccolti i capelli con un elastico, si impossessò della mazza che pulsava indolente già fuori dal costume da bagno e la brandiva segando e leccando l’asta, succhiando e baciando la cappella con una dedizione che mi procurava brividi di piacere. Il suo sguardo cercava il mio dopo ogni tentativo di affondarselo in gola. Quegli occhi inondati di lacrime da godimento mi scuotevano dall’estasi attirandola ancora in piedi per baciarle la bocca che aveva il sapore della mia carne. Mi chiamo Andrea, dimmi cosa ti piacerebbe. Fai quello che vuoi risposi, solo vederti è per me un premio. Ero in estasi, incapace di qualsiasi reazione. Perso in quella parentesi che non sapevo come si fosse aperta e non avrei mai voluto chiudere.
Andrea continuava alternando le sue attenzioni tra la mia bocca ed il cazzo ed io riuscivo solo a rubarle qualche bacio sul collo, sui capezzoli che coronavano i piccoli seni gustando l’aroma ed il profumo di quella creatura che pareva divina. Ti ho visto quando sei entrato in cerca di un cespuglio mi confessò ed ho atteso che tornassi nella speranza che non cedessi alla tentazione dei battoni nella radura, e rideva tornando alle cure del mio arnese che gradiva con un’erezione pazzesca. Loro non meritano tanta meraviglia e rideva alzando lo sguardo con quei grandi occhi neri. Non me la sentivo ancora di confessarle quanto l’avevo desiderata guardandola in spiaggia, era troppo bello averla li.
Aveva lasciato il foulard e indossava solo il minuscolo triangolino. Voglio almeno accarezzarti e baciare anch’io la tua grazia esordii, ma non mollò la presa chiedendomi di venire. Il servizio che mi dedicava era incredibile per intensità e perfezione di stimoli e abbassando gli occhi mentre le . stavo anticipando il sopraggiungere dell’orgasmo incipiente, notai che dal minuscolo triangolino di tessuto, usciva un cazzo dalle discrete dimensioni che Andrea segava velocemente. La cosa non influenzò minimamente il sentimento nei suoi confronti e quando le annunciai che stavo sborrando, accolse tutto ingoiandone ogni goccia ed estraendo il cazzo ancora turgido ma privo anche dell’ultimo residuo di sperma in uretra, tanto lo aveva succhiato,
Io ho sborrato con te confessò mostrandomi la mano bagnata delle ultime gocce. Spero non ti abbia dato fastidio scoprire come sono. La rassicurai, veramente non faceva alcuna differenza per me e continuai a baciarla finché non mi disse di dover scappare per prendere il mezzo pubblico e tornare a casa. Devo rivederti le confessai, il fatto di perderla mi inquietava. Era perplessa. Le chiesi se c’erano impedimenti, ma disse di essere libera. Il tempo stringeva! Le proposi di annotarsi il mio numero di telefono e qualora avesse deciso di rivedermi, mi avrebbe chiamato.
Mi fa paura l’accaduto! Aveva acceso un fuoco che ardeva incendiandomi il cervello. Ci scambiammo un ultimo lunghissimo ed intenso bacio mentre con la destra accarezzavo a conchiglia il cazzo ancora barzotto che teneva nascosto tra le gambe e con la sinistra disegnavo i contorni dei glutei sodi guizzanti, insinuando la carezza fino allo sfintere che Andrea mi offriva muovendosi lasciva. Appena le bocche si staccarono mi accarezzò il membro turgido e pulsante e al monito di “tienilo a bada mentre esci da qui, che troppa gente lo potrebbe trovare interessante”. Accennò ad andarsene ripetendo che ero stato la cosa più bella che avesse mai potuto desiderare, e che anche se non voleva avere rapporti stabili per il momento, ci avrebbe pensato.
La pregai per l’ennesima volta di tenermi presente e seguendola con lo sguardo la vidi incamminarsi flessuosa come un giunco coperta da una camicia leggera comparsa da chissà dove che si fermava a pochi centimetri sotto il costume. Si era sciolta i capelli corvini che le scendevano sulle spalle e con un lungo ciuffo sopra gli occhialoni neri. Non riuscivo a pensarla uomo, era donna desiderabile e femminile in ogni tratto, se non fosse per quel cazzone che avevo visto sborrare per poi tornare a nascondersi tra le lunghe gambe. Che esperienza, il cuore mi batteva ancora a mille e continuavo a rivedere il film di quello che era accaduto pochi minuti prima. Mi fermai poco fuori, sul sentiero per la spiaggia, ed a occhi chiusi mi rividi ancora una volta il film.
Quello che era successo sembrava molto più che un caso e, ne ero sicuro, per l’intensità dell’accaduto, avrebbe avuto un seguito.
scritto il
2022-02-12
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